6. L'OSPITE INDESIDERATO
«Non dirmi che c'è un altro visitatore del Mondo Altrove in casa.»
Mae, in mezzo al salotto con gli occhi chiusi, lasciò le mani a vagare nell'aria. La destra si mosse verso il punto dove il fumo scuro era passato attraverso il soffitto.
«Laggiù c'era qualcosa. Non è Amy.»
Thomas non aveva spiegato la natura della chiamata. Lasciò che la medium traesse le sue conclusioni da sé mentre visitava l'appartamento.
«Non è Amy» ripeté lei.
«Dalla sessione EVP non è uscito niente.»
«C'è una cosa che non ti ho detto quando ti ho spiegato i fenomeni spiritici.»
Thomas porse un tè in bottiglia che Mae rifiutò.
«Non ti ho parlato dell'attaccamento.»
«Ho sentito che ne parlavate fra voi. Servono a questo le protezioni, quando si entra nei luoghi infestati. E mi avete detto che la fede in Dio è l'armatura che devo indossare.»
«Sei stato toccato da vicino da un'entità che è rimasta con te abbastanza tempo per averti... modificato l'anima. Non spaventarti, non voglio dire che sei corrotto.»
«Ma lo sono.»
«In un certo senso hai sviluppato la capacità, no, la sensibilità di percepire la presenza degli spiriti. Aggiunta alla piacevolezza della tua indole...»
«Riguarda l'appartamento?»
«No, in questo caso credo di no. Penso che... penso che una delle entità del casermone ti abbia seguito.»
«Vuoi dire che sono pelo di cane per le pulci?»
Mae emise una risata femminile, breve e dolce. «Alcuni spiriti possono essere parassiti e di certo non chiedono il permesso per attaccarsi a un vivente. A volte lo fanno perché si sentono soli e smarriti. A volte è una particolare energia che li attrae, come nel tuo caso. Altre ancora sono spiriti malevoli che vogliono far passare un brutto periodo alla vittima.»
«Amy mi ha reso ricettivo all'energia paranormale.»
«Forse sì, è così. A Sausalito abbiamo registrato un saluto e ho visto un'ombra girarci attorno. Avevo pensato che volesse comunicare con me, che mi studiasse, invece temo abbia scelto te.»
"Dunque si ricomincia", pensò Thomas, e non nel modo in cui avrebbe voluto. Guardò il quaderno di Amy appoggiato al tavolino di fianco al portagioie bianco.
«E che tipo è il nuovo inquilino? Innocuo o dannoso?» Thomas ne sapeva troppo da che aveva cominciato. Non sottovalutava alcun indizio che potesse dare il nome giusto alle diverse entità. Continuava a temere i vampiri psichici e il poltergeist. Ultimamente, poi, era venuto a conoscenza degli spiriti elementali corrotti che non avevano sembianze né umane né animali. Erano spiriti nell'accezione pura del termine, nati inoffensivi dal fuoco, dall'acqua, dalla terra e dall'aria e trasformatisi a causa di ciò che era capitato loro nei luoghi in cui esistevano.
«Non so inscatolarlo con esattezza.» Mae usava una gestualità da medium fatta di dita sfregate, tocchi sul corpo, lunghe pause, scuotimenti di testa. «Se dovessi azzardare, direi che appartiene agli uomini ombra.»
«Uno di quelli che stazionavano nella tua camera quando eri piccola, se ricordo bene. Cosa dovrei fare?»
«Capire cosa vuole.»
«È un maschio o una femmina, per sapere.»
«Le ombre non hanno un sesso chiaro. La maggior parte è maschile.» Mae si abbassò per accarezzare il gatto grigio e scrutò il cielo fuori della finestra. «Alcuni sostengono che noi parliamo di continuo coi morti con la parte inconscia dell'anima.»
Thomas annuì e si sedette sulla poltrona. Fissò lo stereo, indeciso se riavviare la riproduzione del cd che stava ascoltando prima che la medium citofonasse. Aveva portato un'entità nella casa dei Clark, un'entità che non era Amy. Scosse la testa. Lo disse.
«È uno dei segni dell'attaccamento, sentirsi seguiti e osservati. Con l'andar del tempo si prova un'oppressione sempre più marcata.»
«Lisa mi ha dato un po' di cose di Amy.»
Mae non rispose.
«C'è una cosa che vorrei dare a te, se l'accetti.» Thomas spinse il portagioie verso la ragazza.
«Grazie, ne sono onorata.»
«Era pieno di anelli di metallo.»
«Molto bello.» Mae prese il portagioie fra le mani, l'aprì e lo trovò vuoto. Annusò l'odore del fantasma e lo chiuse. «Ha appiccicato dei ritagli e passato una mano di vernice trasparente. Era brava nel découpage, mi piace. Ho qualche collana e un braccialetto da sistemare.»
Il canto degli uccelli all'esterno cullava le parole.
"Voglio parlare di lei", pensò Thomas, e avvertì il corpo irrigidirsi. Era un pensiero inusuale per lui, che tornava da una parte della mente su cui sentiva di non avere controllo.
Mae non poteva leggere nel pensiero.
Thomas disse: «Da dove cominciamo? È nella stanza adesso?».
«No.»
«Vuoi restare a dormire per capire se si mostra?»
«Devo avvisare Jack.»
.............................................
L'orologio da polso di Thomas, con la cassa spessa di metallo, segnava le undici quando al quarto piano si udirono passi pesanti. Thomas e Mae lasciarono il divano; lui spense la tv e si scontrò con il tavolino facendo traballare i bicchieri vuoti. S'incamminarono per le scale senza correre per non disturbare i vicini. Arrivarono alla porta e Mae vi poggiò le mani e sentì che era fredda sotto i palmi.
«Hanno fatto sostituire la vecchia porta di legno con una blindata», disse Thomas.
«C'è nessuno?» disse Mae.
Thomas toccò il braccio della medium, mise l'indice vicino all'orecchio. I passi si avviavano giù per le scale.
«È un buontempone.»
«Non va bene, è di quelli che si spostano quando ti avvicini troppo.»
Ridiscesero e rientrarono nell'appartamento. Videro di sfuggita una figura nera che camminando con un passo allungato si dirigeva in camera da letto; Thomas dovette dominare uno dei terrori che nemmeno l'abitudine poteva piegare.
Seguirono l'ombra con il registratore acceso. In camera scoprirono che il cassetto del comodino dove Thomas teneva gli strumenti per sondare l'occulto era stato aperto.
Lui vide il Mel Meter e la Spirit Box 11. «Forse vuole comunicare con questa.» Trafficò e accese la Spirit Box.
«Vogliamo solo capire perché sei entrato qui» disse Mae. «Lo sento, vaga per la stanza, è vicino alla finestra.»
Thomas fece sporgere lo strumento in direzione delle tende e il rumore di una radio da sintonizzare s'interruppe per un istante, quasi un sussulto.
«...pietra», scandì una voce profonda.
«È un uomo.» Thomas premette la Spirit Box contro il petto per attutire le scariche statiche. «Stai dicendo che sei stato tu a lanciare il ciottolo quando eravamo nell'edificio a Sausalito?» Mosse la Spirit Box a sinistra e a destra, le fece compiere un'ellisse.
«Puoi dirci il tuo nome?» Mae premette le dita sulle tempie.
«Ha aperto lui il cassetto? Ha abilità da poltergeist?»
«Potrebbe avere energia sufficiente per muovere gli oggetti senza essere un'entità malevola.»
Udirono un peso che cadeva in salotto. Si precipitarono, e Thomas si accorse che la fotografia di Amy che teneva sul ripiano della cucina quando c'erano ospiti in casa, e doveva usare il tavolino, era caduta in avanti col sostegno rivolto al soffitto.
«Bastardo!» Thomas lanciò nelle mani di Mae la Spirit Box. «Non t'azzardare a toccare le mie cose!» Andò a raddrizzare il portafoto. «Non ci metto niente a chiamare un prete per esorcizzarti.»
La Spirit Box ebbe un altro sussulto e ne uscì una frase dove le sillabe appiccicate, pronunciate velocemente, la rendevano intelligibile.
Non si udì nessun'altra risposta; Mae percepì che l'appartamento si vuotava e dalla mente si levava un peso che fino a poco prima le aveva strizzato le tempie. «Se n'è andato.» Spense il registratore.
«Meglio. Ormai so come devo comportarmi con i maleducati. Dico loro di andarsene e di uscire dal corpo se dovessero entrare.»
«Hai ancora il software di pulitura del suono che istallò Hudson?»
«Vado a prendere il pc.»
Thomas collegò il registratore al computer portatile e scaricò la traccia. Mae isolò la voce del fantasma, una serie di picchi bassi che si distinguevano dalla mappatura del tono umano. Il tracciato ricordò a Thomas la prova del poligrafo.
«Ascoltiamo.»
Etlami.
«Non ho capito un accidente. Rimandala.»
La linea del cursore si spostò percorrendo i picchi bassi.
Etuami.
«E tu ami? Che diavolo dice?» Per un attimo, Thomas temette di sentirsi spiattellata in faccia l'infatuazione irragionevole e impossibile per Amily Soto.
Dovettero ascoltare la traccia trenta volte con gli occhi chiusi, con la mano a tappare un orecchio, dopo aver accostato la finestra e atteso che passasse un'ambulanza, prima di capire che l'entità aveva gridato con una voce che conteneva una nota irritata: E tu ascoltami!
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