4. IL CIMITERO
Il giorno successivo, dopo colazione, Lisa portò i figli e Thomas al cimitero di New Orleans, un viaggio di un'ora e mezza. Guidò senza permettere ad Angus di toccare il volante, non perché non si fidasse ma perché doveva tenersi occupata. Stare accanto a Thomas rendeva evidente una debolezza che aveva cercato per anni di occultare, comprimere e condensare dentro di sé, come l'abito di troppo in una valigia. Guardare Thomas era ripercorrere la perdita, rivedere i particolari di un'infanzia felice, rivivere il giorno in cui sua sorella era partita per San Francisco e riascoltare nella mente le telefonate. Thomas aveva l'orribile potere di innescare il pianto.
L'automobile passava per le strade e gli occupanti piangevano i resti lasciati da Katrina negli alberi spezzati e nelle parish, dove si vedevano le fondamenta scoperte delle case. New Orleans che giace sotto il livello del mare e nelle vicinanze del lago Pontchartrain, dritta sulla rotta degli uragani stagionali: Thomas aveva sentito parlare dei guai della città quando non aveva idea di chi fosse Amily, e che lei fosse sepolta lì dove gli antenati dei Soto erano approdati dalla Spagna.
L'auto di Lisa si fermò nel parcheggio riparato da vecchi alberi che avevano resistito a Katrina, e scese dopo gli altri.
Thomas osservò la cinta scrostata che nessuno aveva ancora riparato e ridipinto, e scivolò col suo passo militare in un cimitero antico con angeli di pietra corrosi, tombe dalle forme severe e troppi alberi. Un anno prima, senza dirlo a nessuno, era tornato a visitare la tomba di Amily Tina Soto in solitudine, come faceva Scott Bowman ogni anno dal 1993.
Lisa percorse la strada famigliare. I figli tacevano, Thomas guardava il cielo di un azzurro tenue: di pomeriggio sarebbe arrivata l'umidità.
La tomba di Amy era in parte ombreggiata dal grosso noce: simbolo, per chi ne voleva vedere uno, della longevità del ricordo. I fiori freschi e bianchi nel vaso lasciavano intendere che la signora Soto li aveva appena cambiati e sistemati.
I visitatori recitarono o pensarono le loro preghiere senza spezzare la quiete della mattina. Thomas, quando concluse a testa bassa, pensò a Eddy e alle scorte di cibo. Gli aveva lasciato l'acqua e programmato il distributore automatico. Non aveva voluto chiedere a nessuno, non ad Alexander che aveva il suo daffare con il lavoro né tantomeno ai vicini di casa.
Amy avrebbe voluto essere seppellita con Cookie. Il gatto era stato l'unico testimone che l'aveva vegliata mentre la ragazza si decomponeva. Thomas ne era sicuro, e avrebbe voluto domandare perché David Slade non l'avesse ammazzato – gli assassini uccidono animali, in special modo gatti, – dove fosse il gatto durante lo stupro e dove i Soto l'avessero piazzato dopo che era morto, se l'avessero sepolto in giardino o dato alla nettezza urbana.
A un certo punto Lisa si mosse. «Voi, andate dal fiorista che ho visto fuori e comprate delle fresie per la zia». Allungò il denaro.
«Di che colore le vuoi, ma'? Se facciamo noi finisce come l'ultima volta che non ti va bene. Non ti va bene niente di quello che decidiamo."
Lisa mangiò un poco del rossetto matte che aveva sulle labbra. «Bianche. La nonna non vuole fiori colorati.»
I due fratelli si allontanarono col passo indolente, le braccia ciondoloni. Indossavano calzoni stretti con il risvolto e magliette di Hollister, una blu e una verdeazzurra.
«Vieni, Tom.» Lisa s'incamminò fra le tombe per tornare al cancello d'ingresso. All'auto, aprì il bagagliaio. Dentro c'era la scatola di un minimarket, una di quelle che con un gesto si ripiegano e con un altro si compongono.
«Alcune cose che prima non potevamo toccare, che la polizia ci aveva detto di conservare nelle buste, adesso non servono più. Prima che arrivassi sono andata dai miei genitori e ho pulito la stanza di Amy. Ho detto che era inutile tenere tante cianfrusaglie e di scegliere quello che volevano tenere. Il resto l'ho preso io e ho buttato l'inutilizzabile.» Tolse la scatola e la resse contro il petto.
Thomas pensò che Lisa fosse della tipologia dei coraggiosi e degli incoscienti, di coloro che si liberavano degli oggetti dei morti per non ripercorrere infinite volte il cerchio del lutto, l'uroboro senza una fine e inattaccabile. Un cerchio che, tuttavia, aveva un inizio nel momento in cui il serpente si ficcava in bocca la coda.
«Forse sarà difficile portarlo in aereo.»
«Metterò le cose nella borsa termica, c'è spazio.»
«Dò tutto a te, tieni quello che vuoi, se lo vuoi. Il resto puoi darlo via.»
«Grazie.»
I due fratelli tornarono con un mazzo di fresie bianche che la madre approvò.
«Vieni con me, Tim, andiamo a sistemarle. Non ci metteremo molto.»
Angus si appoggiò all'auto e tirò fuori l'iPhone per controllare i suoi affari. Thomas s'infilò gli occhiali scuri, il lucore biancastro del giorno gli feriva gli occhi. Attesero in silenzio che Lisa e Timothy finissero; poi i quattro risalirono in auto e passarono davanti alla casa dei Soto.
«Non ci fermiamo?» domandò Angus.
«Non oggi. Ci andremo per il compleanno del nonno a settembre.»
Thomas guardava davanti a sé la strada orlata di alberi con i tendaggi di muschio spagnolo, e ringraziò la donna nella mente. Sarebbe tornato alle prossime ferie per visitare la città e vagare nel negozio di dischi dove si era fermato l'ultima volta.
L'auto proseguì fino all'aeroporto di Baton Rouge. Thomas trasse da sotto il sedile il borsone con dentro la borsa termica ripiegata e prese la scatola dal portabagagli.
Angus e Timothy non fecero domande, anche se sarebbe stato lecito. Timothy non si accorse nemmeno della scatola, impegnato com'era a messaggiare a un tizio della sua squadra.
«Fai buon viaggio. E se non ti è di disturbo chiamaci quando arrivi» disse Lisa.
«Lo farò. Salutatemi l'agente Clark.» Senza togliersi gli occhiali, Thomas sorrise mentre si staccava da loro. Sedette nel terminal per attendere il volo, doveva aspettare meno di venti minuti.
Lisa lo salutò di nuovo con la mano e disse ai figli di uscire. Rimasto solo, Thomas aprì la scatola per spostare quello che conteneva nella borsa termica vuota e nel borsone. C'era un portagioie laccato con un motivo floreale, la cui custodia interna traboccava di anelli d'acciaio. Alcuni erano avvolti dalla patina del disuso e screziati di verderame. Thomas ne sollevò uno, ne annusò l'odore e lo rimise giù. Quelli d'acciaio erano rimasti perfetti.
Chiuse il portagioie e riportò l'attenzione sulla scatola; di fianco era stato incastrato un malloppo di fotografie avvolto nella plastica e legato con un elastico. Sotto un fazzoletto. Trovò strano che Lisa gli avesse regalato un fazzoletto, ma quando lo toccò percepì l'odore di fiori e miele che anticipava le apparizioni di Amy. Sotto scovò una boccetta a metà di profumo Thierry Mugler Angel che emanava note di caramello e zucchero filato, una fragranza femminile. Posizionato in verticale, un quaderno con la copertina stropicciata che s'intravedeva essere a righe. Thomas lo tenne da parte mentre posizionava parecchi cd sulla sedia accanto a lui, poiché nessuno si era ancora seduto. Accavallò le gambe, sollevò gli occhiali sulla testa e prese il quaderno. Lo aprì e osservò la scrittura discreta e tondeggiante di Amily. Testi di canzoni dei primi anni Novanta; ritagli d'immagini di cantanti e personaggi famosi; una foto, scattata da chissà chi, della ragazza al parco, che teneva in mano un contenitore di bolle di sapone e le soffiava in aria. Era una polaroid d'epoca dai colori sbiaditi. Le bolle erano state colorate con i pennarelli e sotto la fotografia fissata con pezzi di scotch ingiallito la data 10 novembre 1991, una bella giornata d'autunno!
Scorrendo le pagine, Thomas notò fiori incollati a formare delle cornici e disegni infantili del gatto Cookie. In una pagina c'era l'impronta di un dito e la dicitura: Josiah Thompson, anni 5, cioccolato alle spezie.
Il potere della nostalgia di torcere i visceri era ineguagliabile. Thomas esaminò il tabellone: i passeggeri del volo stavano per essere imbarcati. Chiuse il quaderno, lo mise via, raccolse i bagagli e si sistemò in fila, una retta esigua di gente che andava o tornava per lavoro, per lui uomini senza volto.
Dormì durante il viaggio di ritorno, ignaro di un vuoto d'aria all'esterno e di uno spiffero all'interno che gli soffiò sulle braccia nude.
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