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DELIRIUM

Eccomi qui con una nuova recensione. La storia di Delirium, pubblicata da Lou_Marie_Allie, l'ho finita di leggere prima di dicembre, ma ci ho messo del tempo per scrivere un giudizio essendomi concentrata in primis sulla revisione e stesura del mio "romanzo".

Delirium però è stata... come dire... una lettura a doppio taglio. Quando lessi la trama, la prima volta, mi colpì subito: era una storia che volevo assolutamente leggere! Rileggendola, però, dopo aver letto l'ultima riga del libro mi è sembrata acerba, buttata giù "male", più simile a una sinossi per un film al cinema che a un libro da trovare da Feltrinelli.

Per semplificare cosa intendo partirei dallo spiegare cosa definisce il romanzo thriller. In linea di massima è un genere che come punto di forza nella narrazione, per accattivare il lettore, utilizza una continua suspense, un continuo tener alta la tensione del racconto con una linea narrativa piuttosto complessa. Io solitamente leggo romanzi Thriller più legati all'aspetto investigativo-poliziesco (esempi citabili sono il Codice da Vinci di Dan Brown) e mai mescolati al genere psicologico; infatti, non riesco a fornire nessuna opera da confrontare, se parliamo esclusivamente di libri.

Più facile, invece, è etichettare la trama di Delirium e il suo svolgimento come uno dei tanti film americani – volutamente esagerati di azione - targati come Thriller. Questo tipo di pellicola è un genere che, personalmente, mi infastidisce: troppo irrealistico, troppo "what the fuck". Anche Delirium in alcuni punti l'ho trovato troppo irrealistico, soprattutto nella parte finale.

Partiamo dall'inizio: Il nostro protagonista è Nicholas, un giovane ragazzo di ventiquattro anni del South Side di Chicago, che lascia annegare nell'alcool il dolore per la perdita della fidanzata Ruth e la piccola Leah, sua figlia, avvenuta circa sei mesi prima degli eventi narrati a causa di un incidente stradale. Il personaggio di Nicholas mi piaceva parecchio all'inizio; forse per la forte somiglianza che ho riscontrato tra il giovanotto e uno dei miei personaggi maschili principali: in un certo senso vivono dinamiche simili.

Il libro parte molto in sordina poiché ci vuole ben chiarire il dolore di Nicholas: ha perso la sua famiglia, non se ne fa una ragione, si sente responsabile perché quella mattina al volante c'era lui e si lascia andare sempre più giù, sempre più in profondità. Inizia a bere, credo faccia solo quello da mattina a sera, smette di presentarsi a lavoro, vive nella trascuratezza più assoluta. Nessun familiare a sostenerlo e manca quindi all'interno della narrazione quel background familiare – importante – che andrebbe a giustificare un silenzio assoluto: mi domando, Nicholas viene da una casa-famiglia? La sua adolescenza è stata legata a un affidamento dietro l'altro? Ha chiuso i ponti con i suoi familiari perché era una famiglia inadeguata o, semplicemente, sono morti con un ago piantato nel braccio?

Un minimo di sostegno, però, all'improvviso appare. Dal niente ci viene presentato Rex, ex delinquente ora con la testa sulle spalle, amico di infanzia del nostro protagonista, che dopo SEI mesi di silenzio si interessa a sapere se il suo migliore amico sia vivo o morto. Questo è stato uno dei buchi di trama che ho riscontrato nella lettura. Tornando a Rex, ragazzo di origine ispanica (messicana?), posso dire che rappresenta il personaggio che l'autrice è meglio riuscita a costruire. Coerente nelle azioni, coerente nel supportare e aiutare l'amico. Inoltre, nell'amicizia tra Rex e Nicholas ho rivisto l'amicizia tra il mio protagonista maschile e il suo migliore amico. Due aspetti minori che ho comunque ben apprezzato.

Ma iniziamo a toccare i punti dolenti dell'opera. La storia inizia lenta, quasi in contrasto con la definizione di Thriller - come spiegato sopra - ma per il mio personalissimo gusto è un ottimo modo per avvicinare il lettore allo stato psicologico, devastato, di Nicholas: la pesantezza di sopravvivere a giorni tutti uguali; il forte bisogno di mettere in pausa ogni cosa e tornare indietro fino al momento in cui la tua vita si è spaccata e la rabbia verso sé stessi e quella contro gli altri che continuano a vivere la propria vita come se nulla li scalfisse. Tutto questo è stato ben presentato sin dal presente opprimente del protagonista – perennemente in lotta con il desiderio di farla finita anche lui – fino a tutti quei squarci di felicità con Ruth e Leah, vissuti attraverso i suoi flashback.

E poi... poi il libro di Delirium si è tramutato in un film.

Gli avvenimenti scorrono veloci, uno dietro l'altro, e la suspense arranca a tenerci con il fiato sospeso. Ad ogni modo, ho avuto l'impressione che l'antagonista, De Falco, si sia svegliato dopo un letargo durato sei mesi e che solo allora si sia ricordato del rancore verso il protagonista e abbia deciso di movimentare un po' l'andazzo della trama. Grazie antagonista per aver rispettato il lutto di Nicholas, sei un cattivo compassionevole! No, non ci siamo! Anche questo, a mio avviso, è un buco di trama: in sei lunghi mesi al lettore non si anticipa nessun segnale, nessun dubbio o pensiero di Nicholas, nessun sospetto da parte di almeno uno dei protagonisti, che quell'incidente non sia stato un caso.

No, niente di tutto questo: succede solo che, improvvisamente, un giorno l'antagonista si decide a informare il nostro protagonista che la sua vendetta va, sì, servita fredda ma che allo stesso tempo si è pure rotto di aspettare. E man a mano che i capitoli scorrevano sotto i miei occhi la trama iniziava ad aprirsi al mondo dell'irrealtà dei film d'azione americani: era iniziata una caccia all'uomo e io non avevo più in mente quel Nicholas somigliante al mio protagonista; ma un Nicholas versione Liam Neeson nei panni di Bryan Mills protagonista di Taken – Io vi troverò. Chi di voi non conosce la famosa citazione: «Se lasciate andare mia figlia, la storia finisce qui. Non verrò a cercarvi, non vi darò la caccia. Ma se non lo farete, io vi cercherò. Vi troverò... e vi ucciderò.»

Ed è a questo punto che ho sentito l'amarezza che provo ogni qualvolta acquisto un libro per cui ho aspettative altissime, la cui sinossi mi ha convinto a mettere mano al portafogli per poi ritrovarmi, da metà in avanti, con una storia mediocre che vorrei abbandonare e che ad ogni riga mi rammenta di aver buttato alle ortiche i miei pochi soldi. Questo problema non è da attribuire alla storia in sé, in questo caso, ma a come è stata basata la struttura della narrazione. Informazioni assenti, un accadimento quasi forzato dietro l'altro e le scelte, le azioni dei protagonisti che hanno coerenza solo nei film americani.

Con informazioni assenti mi riferisco all'errore più grave dell'intera struttura narrativa. L'autrice non ha mostrato, ma solo raccontato rapidamente il passato di Nicholas come membro di una gang di quartiere; impedendo al lettore di ragionare su chi possa avercela così tanto con il protagonista. Il background fondante dei personaggi viene solo sfiorato, citato, come flashback di un film per l'appunto. Gli accadimenti li ho trovati forzati poiché non sono riuscita a capire perché l'antagonista abbia voluto aspettare sei mesi per iniziare a "perseguitare" Nicholas; davvero, avrei accettato al limite che l'evento scatenante per mettere la pulce nell'orecchio al protagonista fosse a un anno esatto dalla morte di Ruth e Leah, un monito per non dimenticare. Altra cosa che non ho apprezzato è che sia lo psicoterapeuta a insinuare il primo dubbio in Nicholas sul fatto che magari quello non sia stato un incidente casuale ma provocato da qualcun'altro.

Il finale della storia mi ha lasciata incredula, basita. Ed è stata la parte peggiore, secondo me, dell'intera vicenda: l'antagonista negli ultimi capitoli si instupidisce permettendo al suo avversario di arrivare al lieto fine e far prevalere il suo obiettivo finale, vendicare la morte della sua famiglia. Ora analizzerò analiticamente il finale, suggerendo di immaginare un plot twist più coerente.

Il protagonista si trova le mani legate al volante di un'auto il cui abitacolo è pieno di gas di scarico; fin qui va bene, è stato stordito, e l'antagonista vuole far passare la morte di Nicholas come un suicidio. Aspetto di verosimiglianza.

Il protagonista si riprende, si desta dal suo stordimento; ecco, non so se sia fattibile, lui è comunque stordito e i polmoni in questo lasso di tempo si saranno riempiti di fumo. Ma nei film americani succede.

Ora Nicholas deve liberarsi, ma è legato al volante con fascette da elettricista. Riesce in qualche modo a raggiungere il parasole con la bocca e da lì scivola un provvidenziale coltello. Esso è l'aiuto che occorreva al nostro protagonista per salvarsi: l'arma cadendo non lo ferisce, né rimbalza sulle gambe di Nicholas per poi cadere sul tappetino dell'abitacolo, diventando impossibile da raggiungere. Avrebbe avuto più senso che fosse arrivato uno dei suoi amici ad aiutarlo.

Nicholas si libera e raggiunge De Falco, il nostro antagonista, e assistiamo al vero e proprio scontro finale, dove il buono vince e ha la sua vendetta, il suo riscatto.

Consiglierei ai miei lettori questa storia?

No, soprattutto agli amanti del genere Thriller-psicologico.
Ci sono stati molti errori di trama, secondo me, per questo motivo non mi sento di consigliare in toto la storia così com'è adesso. Se l'inizio riesce a prendere perché l'aspetto psicologico depressivo di Nicholas è ben costruito, con l'andare avanti dei capitoli la storia comincia a stancare, quasi ad annoiare; e posso dirlo con cognizione di causa, visto che l'incipit della mia storia è simile: il mio "bad boy" si lascia menare volontariamente come se non ci fosse un domani, e io da autrice man mano che revisiono e rileggo quanto ho scritto capisco che il lettore si potrebbe stancare con un inizio troppo, troppo lento (indipendentemente da una trama complessa e non lineare come la mia). Tornando alla storia recensita, nella seconda parte, quando subentra l'aspetto thriller, il ritmo si velocizza producendo l'effetto opposto: molti eventi stridono tra loro, essi capitano perché la trama deve andare avanti, ma sono privi di compattezza narrativa. Avrei preferito, inoltre, che venissero trattate in maniera più approfondita le altre due tematiche psicologiche sfiorate: il disturbo dissociativo di personalità e quello post-traumatico da stress. Mi aspettavo venissero analizzate, appunto, con coerenza e non solo raschiando la superficie. Se l'autrice nella revisione lavorasse su quegli aspetti di vero-somiglianza che vengono a mancare, specialmente nella seconda parte, potrebbe uscire un buon prodotto.

Voi l'avete letto? Cosa pensate di questa opera, voglio sentire i vostri pareri?
Concordate con me o no?


Giudizio Personale: ★★ ☆☆☆ (due stelline su cinque)


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