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Capitolo XXXV

Andare a quella dannata festa era stata l'idea più orribile che avesse mai avuto in vita sua. Seduto scompostamente su un vecchio divanetto foderato di verde, Orazio osservava con un certo disgusto la scena che aveva davanti, stringendo in mano la sua lattina di birra ghiacciata.

Era da solo, completamente abbandonato a sé stesso, anche se quello stanzone era così affollato che farsi strada era praticamente impossibile. Quello schizzato di Virgilio era rimasto a casa a far finta che tutto non stesse andando a puttane e che fosse perfettamente normale passare il venerdì sera a svolgere grafici probabili, il tutto per non cagliare di nuovo quella domenica. Properzio, poi, aveva tanto rotto il cazzo per quella ragazzetta insulsa e adesso la stava evitando perché forse l'aveva messa incinta? Certo, certo, avrebbe fatto la persona responsabile e blablabla, ma l'aveva lasciata da sola, come era lui in quel momento.

Mecenate, il suo bellissimo Mecenate, ballava sgraziatamente in mezzo a tutta quella calca, palesemente alticcio per i suoi standard. Con lui c'era quel Batillo, quel primino del cazzo che se l'era conquistato nell'arco di pochissimo. Orazio avrebbe voluto odiarlo, trovargli un difetto, uno solo, ma non ci riusciva proprio: il suo amore gliel'aveva presentato e gli aveva dato l'impressione di essere la creatura più buona e innocente sulla faccia della terra. Forse troppo? Probabilmente sì, ma era poco più di un ragazzino. Ed era bello, doveva riconoscerlo, con quel fisico slanciato e la faccetta buffa. No, non poteva odiarlo, non ne aveva motivo. Ma spesso non serve una scusa per odiare qualcuno.

Si alzò e, reggendosi un po' a fatica sulle gambe barcollanti, si diresse pigramente verso la zona bar per prendersi qualcosa da bere. 

"Balli molto bene!" urlò Batillo per sovrastare la musica a palla.

"Da che pulpito!" gli fece eco Mecenate sorridendogli.

Non era la prima volta che ballava con un ragazzo, ma non gli era mai capitato di sentirsi così: complice anche tutto quello che si era scolato, aveva la testa vuota e leggera, sgombra dallo schifo che l'aveva occupata nelle ultime settimane; avvertiva un forte calore alla guance e il sangue gli pulsava nelle vene con una potenza tale che poteva chiaramente percepirlo.

Davanti ai suoi occhi lucidi per l'alcol, quel ragazzino si muoveva con la sua grazia divina e gli lanciava sguardi che lo accendevano sempre di più. Era venuto a quella festa solo perché molto probabilmente ci sarebbe stato anche lui, glielo aveva confessato non appena si erano incrociati all'ingresso, e questo non faceva altro che eccitare ancora di più la sua immaginazione. 

La musica cambiò all'improvviso e dalle casse uscì una melodia più dolce, ma il brusio generale di disapprovazione fu prontamente messo a tacere dalla padrona di casa.

"Se balla 'n lento e ve dovete pure sta zitti!" urlò Saffo, decisamente ubriaca, mentre trascinava sulla pista da ballo una ragazzina con due grosse trecce nere.

I bet you feel it now, baby. Especially since we've only known each other one day.

Mecenate tirò a sé Batillo e gli cinse i fianchi con sicurezza. Il ragazzino arrossì un po', sorpreso da tutta quella improvvisa veemenza, e gli cinse il collo.

"Ciao" disse ridacchiando il maggiore cominciando ad ondeggiare al ritmo della musica, gli occhi piantati in quelli del suo compagno di ballo.

"Ciao" rispose l'altro sorridendo.

I loro corpi si strusciavano l'uno contro l'altro, vibrando per l'elettricità che li percorreva ancora e ancora, facendo loro desiderare qualcosa di più.

The water's getting colder, let me in your ocean, swim. Out in California, I've been forward stroking, swim.

L'attenzione di Mecenate fu catturata da quella bocca piccola e leggermente screpolata, con le labbra dischiuse di quel rosa pallido così invitante. Tremavano leggermente, trepidavano in attesa di qualcosa, di un bacio. I loro nasi si sfioravano dolcemente, i loro volti si stavano avvicinando in maniera quasi impercettibile, i loro respiri si fondevano in quei millimetri che li separavano.

World is on my shoulder, keep your body open, swim.

Mecenate si fece coraggio e baciò Batillo sulle labbra, con delicatezza, con dolcezza, mentre la sua mano lo teneva fermo per la nuca. Il minore sussultò, il suo cuore sembrava volergli esplodere nel petto. Senza nemmeno staccarsi, seguì un altro bacio e poi un altro ancora, le loro teste danzavano per potersi assaggiare meglio a vicenda. Per quei brevi minuti, il maggiore non pensò a nient'altro che al gusto di alcol e fragole di quella bocca, alla sensazione di quel corpo caldo premuto sul suo, a quell'esaltante pace che lo pervadeva.

"Mecena', scusa la rottura de cojoni, ma Orazio sta a sbocca' l'anima ner cesso" li interruppe bruscamente Catullo, sentendosi un po' in colpa.

"Mortacci sua" imprecò sottovoce Mecenate.

"Ha sforato proprio a 'sta botta. Saffo dice che s'è scolato mezza vodka da solo".

Il suo sguardo si posò sul volto di quel ragazzino che gli piaceva così tanto e che lo stava silenziosamente supplicando di restare. Avrebbe voluto cedere e riprendere da dove erano stati fermati, ma Orazio era il suo migliore amico.

"Me dispiace" gli disse prima di seguire Catullo nel corridoio.

"Ma possibile che nun se regola mai? Che c'ha 'n capoccia? C'ha problemi de core?" commentò preoccupato Catullo indicando la porta del bagno.

"Ma che cazzo ne so io, ultimamente sta scoglionato. Ce penso io, nun te preoccupa" lo rassicurò l'altro sospirando.

Orazio era inginocchiato per terra e abbracciava il water con entrambe le braccia, la testa china nel cesso mentre vomitava.

"Che cazzo!", borbottò non appena vide entrare il suo amato nella stanza, "Nun me serve er babysitter".

"'nfatti 'o vedo proprio!" esclamò infastidito il ragazzo avvicinandosi a lui per tenergli i capelli lontani dal volto.

"Vattene!" gli ordinò prima che un rigurgito lo costringesse a tacere.

"Cor cazzo! Guarda te come stai messo!".

"Vattene ho detto! Vattene a fanculo!" ripeté Orazio iniziando a piagnucolare.

"Ma quanto cazzo hai bevuto?" chiese il biondino strappando della carta igienica per ripulirgli la faccia.

"Ma te ne vuoi anna', mortacci tua!", gridò con occhi pieni d'ira, "Vattene dar cosetto tuo, Batillo. O come cazzo se chiama!".

Mecenate non diede ascolto alle urla del suo amico, sapendo bene come si arrabbiasse per qualsiasi cosa quando era così ubriaco. Si mise in ginocchio accanto a lui e cercò di levargli un rivolo di vomito rimasto fermo sul mento.

"Nun me devi tocca', porca puttana! Hai capito?" esclamò afferrando con forza il polso dell'altro e allontanandolo con violenza dalla sua faccia.

"Ma se può sape' che c'hai? Me stai a rompe' er cazzo: 'a pazienza mia c'ha 'n limite!".

Orazio scoppiò improvvisamente a ridere e gettò il capo all'indietro. Le risate gli squassavano il petto e il suo volto aveva un sorriso strano, inquietante.

Mecenate si spaventò e arretrò lentamente, cominciando a prendere in considerazione l'idea di chiamare i rinforzi. Non gli era mai capitato di vederlo in quello stato: l'aveva visto delirante per la febbre, a pezzi per l'ennesimo rifiuto, nero per la rabbia, malinconico per l'alcol, stremato per i tiri mancini del Fato, ma mai con un ghigno del genere, mai con quella disperazione negli occhi.

"Proprio nun ce arrivi, ve'? Eppure sei così sveglio!", rise amaramente asciugandosi una lacrima, "Me piaci, porca puttana!".

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