Capitolo XXX
"Ma che c'avete tutti e tre, eh?" borbottò stranito Orazio pulendosi la bocca sporca di salsa allo yoghurt con la manica della felpa.
Se ne stavano seduti al solito tavolino malandato da Anu, a mangiarsi i loro kebab nella speranza di migliorare quella pessima giornata, cominciata con un compito a sorpresa di fisica. Virgilio, Mecenate e Properzio tenevano con una mano il loro pranzo, non curandosi del cibo che colava dalla stagnola, mentre muovevano velocemente il pollice dell'altra sullo schermo dei loro cellulari, con gli occhi spalancati e fissi come se fossero stati sotto ipnosi. Orazio aveva provato più di una volta a distoglierli da quegli affari demoniaci provando a discutere un po' su come avrebbero passato le vacanze di Pasqua, ma ogni sforzo era stato vano: i suoi amici erano completamente assorti nelle loro chat.
"Ma niente, che vuoi?" gli fece seccato Properzio senza nemmeno alzare lo sguardo.
"Voglio che mettete giù quei cazzo de' telefoni e me ascoltate 'n attimo, mortacci vostra!" sbottò l'altro esasperato.
"Guarda che te sento pure se sto a scrive' 'n messaggio, eh" commentò Virgilio.
"Ma è 'na cosa seria, raga! Daje che è importante! Eh beh dateme retta 'n attimo! Mecena', pure te! Ma co' chi te stai a messaggia' da du' ore?".
"Co' uno" rispose laconico il diretto interessato, rendendosi conto solo dopo della tempesta che aveva appena scatenato.
"Uno chi?" domandò subito Properzio ammiccandogli.
"Se chiama Batillo, sta ar biennio" continuò Mecenate con una certa ritrosia.
"E da quanto va avanti 'sta storia?" intervenne Orazio con distaccata freddezza, la fronte aggrottata come se stesse ragionando.
"Ma che storia e storia! Ce semo beccati 'n bidelleria e m'ha invitato a vede' 'e prove de danza sue. Ieri sera ce so' ito e...".
"E te sei preso 'na cotta, avemo capito", lo interruppe Virgilio, sul suo viso si era dipinto un sorrisetto malizioso, "Ma almeno 'sto tizio è gay o...".
"Penso de sì. Ce semo tenuti 'a mano ar ritorno, quinni penso de sì" ammise il suo amico imbarazzato.
"E com'è 'sto tipo?" lo interrogò Orazio con un tono inquisitorio che non sfuggì agli altri.
"Riccetto, bassino, c'ha er fisico da ballerino, raga. Che ve devo di'?".
"Ma è simpatico?" insistette.
"Ma sì, dai. Diciamo che è un po' timido, però c'ha 'sta faccetta da furetto co' 'sto sorriso che...".
"Quinni te piace!".
Il modo in cui Orazio pronunciò quelle tre parole fece raggelare il sangue ai tre, che avevano ormai smesso di chattare con i loro amori per rivolgere tutta la loro attenzione a quella conversazione che, ormai, stava precipitando.
"Ma che te rode er culo?" domandò Mecenate cominciando a scaldarsi.
"No, perché?" chiese Orazio fingendo di cadere dalle nuvole.
I due si scambiarono un'occhiata velenosa, serpentina, uno sguardo affilato che non avevano mai sfoderato tra di loro.
"Perché te stai a comporta' come 'no stronzo, ecco perché! Te dico che pe' 'na volta ho beccato uno che me 'nteressa e che se 'nteressa a me non pe' 'er giornalino e quer coglione de Augusto e te me risponni così a cazzo!".
"Ma chi t'ha risposto a cazzo, Mecena'!".
"Te, deficie'! Ma che c'hai?".
"Nun c'ho un cazzo, che c'ho? Mo me stai a fa' strani' te!".
"Raga, boni" intimò sottovoce Virgilio notando gli sguardi preoccupati che Anu lanciava loro da dietro il bancone.
"Ma te sto a fa' strani' de che? C'hai problemi se esco pe' 'na volta co' uno?".
"Ma vaffanculo, stronzo!" imprecò il ragazzo prendendo le sue cose e filando via.
Virgilio e Properzio si guardarono stupiti e un po' confusi: che cosa era appena successo? Il loro amico cercava sempre di farli uscire con qualcuno per cagliare e rompeva tanto le scatole che dovevano fare sesso più spesso, ma, adesso che la cosa sembrava realizzarsi davvero per tutti e quattro, se la prendeva in quel modo? Mecenate rimase a fissare incredulo e arrabbiato la porta a vetri del locale e osservò sparire lentamente il suo migliore amico in fondo alla via.
"Dopo lo chiamo e provo a parlacce" fece Virgilio per rassicurare gli altri.
"Ma mo che è 'sta cosa?" domandò Mecenate ancora turbato.
"E che ne so?", commentò Properzio, "Io so solo che ar bar dell'università nun ce va più: me l'ha detto Cinzia".
"Ma che cazzo m'è preso? Mecenate che frequenta finalmente qualcuno è 'na bella cosa: perché mo c'ho solo voglia de spacca' 'ca cosa?".
Orazio buttò lo zaino per terra e si sbracò sul letto sospirando. Si sentiva un po' in colpa per la scenata che aveva fatto e sicuramente si sarebbe scusato, non appena quell'orribile sensazione se ne fosse andata via.
"Ma che problemi c'ho? Pe' anni è morto dietro a quer coglione de Augusto e stavamo pace, mica me veniva 'sta voglia de corcallo de botte! Okay, se lo becco sicuro che lo corco, ma perché gliè dà del frocio dietro, 'sto 'ncefalico! Mo ce sta 'sto ballerino der cazzo, sembra uno a posto, uno che sicuro gli more dietro e se lo vole scopa', però me ce rode er culo? Ma che cazzo de problemi c'ho, mortacci mia?".
Non voleva pensarci in quel momento, era ancora troppo arrabbiato, e decise che mettersi a fare la traduzione di greco non sarebbe stato male per distrarsi un po'. Si mise alla scrivania e avviò in riproduzione casuale la sua playlist, pronto a cimentarsi con quell'Antigone tanto ostica da tradurre, pronto a non pensare a Mecenate.
Anche se tu non vuoi seppellirlo, è fratello mio e anche tuo.*
Mecenate era come un fratello per lui: erano cresciuti insieme, si prestavano i vestiti, erano imbattibili insieme a Fifa e riuscivano a guardarsi tutto Lo Hobbit in un solo giorno, mangiando schifezze e pane elfico fino alla nausea. Voleva che si sentisse amato e che trovasse qualcuno che potesse dargli tutto l'amore che meritava, visto che i suoi genitori era come se non esistessero. Lo voleva, lo voleva davvero, ma quel Batillo, anche se nemmeno lo conosceva, non riusciva proprio a farselo piacere un minimo, quanto bastasse per non odiare l'idea che uscisse con il suo migliore amico, che gli tenesse la mano.
In quale luogo della mente sei mai?*
"Bella domanda, Isme'! Bella domanda" si ritrovò a commentare sottovoce sfogliando il vocabolario.
Perché con Augusto no e con Batillo sì? Certo, erano due cose completamente diverse: Augusto era etero da fare schifo, quindi Mecenate non avrebbe mai avuto una chance con lui, ma con Batillo le cose sembravano aver preso una buona piega e, con ogni probabilità, si sarebbero messi insieme.
Hai un cuore ardente per le cose agghiaccianti.*
Avrebbe potuto spiare un po' quel ragazzino, giusto per vedere chi era davvero. Magari era un serial killer psicopatico che voleva uccidere il suo Mecenate.
Il suo Mecenate. Suo.
Si meravigliò di aver pensato a lui come a qualcosa che gli appartenesse: non era decisamente normale come cosa, né lontanamente sana.
Suo. Perché suo? Non era proprietà di nessuno, né tantomeno sua.
Suo. Suo. Suo.
Sì, era suo, in qualche modo. Gli voleva un bene dell'anima e avrebbe preso a botte chiunque lo avesse ferito.
Non sono nata per condividere l'odio, ma l'amore.*
Amore. Che ne poteva sapere Antigone dell'amore, quello vero? Non si è sposata con Emone, è morta vergine come una martire. Certo, amava suo fratello, su questo non c'era dubbio, ma non era la stessa cosa che amare qualcuno, volerlo proteggere a tutti i costi, non volersi staccare da lui. Orazio amava Virgilio come se fossero venuti al mondo dallo stesso ventre, non come aveva amato Pirra o Lidia o Cloé.
E Mecenate? Il ragazzo si sorprese a non saper davvero dove collocarlo in tutto ciò: in effetti, a pensarci bene, non era equiparabile a quel fissato con le api.
"Che cazzo, Anto'! Mortacci tua e mia!" borbottò sottovoce.
Suo cugino aveva ragione: non amava allo stesso modo Virgilio e Mecenate. Con il primo era una cosa veramente fraterna, con il secondo, invece, era qualcosa di diverso, di profondo. Aveva sempre avuto come l'impressione che le loro anime si completassero a vicenda, ma non l'aveva mai visto in chiave amorosa, in chiave erotica.
Cominciò a rivalutare tutta la sua vita con una nuova prospettiva: i momenti più belli li aveva passati con quei due matti - era vero - ma, quando le cose si mettevano davvero male o aveva bisogno che qualcuno gli reggesse i capelli mentre vomitava l'anima, aveva sempre e solo cercato Mecenate; quando aveva sofferto per Pirra, era stato felice di averlo con sé a San Valentino; quando aveva scoperto che Augusto e Ovidio lo stavano riducendo ad una merda, il primo impulso era stato quello di impalarli sull'Appia, il secondo quello di stringere forte a sé quella testa bionda.
"Cazzo, me piace Mecenate!" realizzò all'improvviso, sorpreso e spaventato da quella verità venuta finalmente a galla.
* versi tratti dal prologo dell'Antigone di Sofocle (traduzione mia)
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro