Capitolo XVIII
"Gradisce un altro po' di tè, Lord Rocci?" chiese con fare fintamente solenne Paolina versando il nulla nella tazzina.
Orazio era contento di stare con i suoi cugini e aveva sperato di andare al bar universitario con Antonio per potergli far vedere quella Pirra di cui parlavano spesso negli ultimi tempi, ma avevano fatto i conti senza l'oste: sua madre doveva assolutamente finire chissà quale relazione per il lavoro e suo padre si doveva vedere con alcuni colleghi, quindi toccava a loro due intrattenere la bambina. Si erano inventati quella pagliacciata del tè e delle principesse, complice anche il fatto che Paolina fosse venuta col suo vestito giallo da Belle.
"Ma i tuoi amici nun fanno 'na capatina?" domandò Antonio, che non ne poteva più di quella messa in scena infantile.
"Virgilio sta a Firenze, Mecenate dovrebbe arriva' a momenti" gli rispose il cugino facendo finta di bere, parlando sottovoce per non farsi sentire dalla bambina.
"Com'è er poeta sta a Firenze?".
Orazio stava per rivelargli la verità, ma pensò che non era il caso di fare outing al suo migliore amico, così inventò una scusa e fece cadere il discorso.
"Toc toc" disse qualcuno bussando alla porta.
"Parli der diavolo...".
"Chi è? Chi è?" chiese Paolina.
Mecenate entrò nella stanza e fu accolto dalla bambina, che urlò il suo nome correndogli incontro. Il ragazzo la afferrò al volo e la prese in braccio, cercando di non farsela scivolare a causa del tessuto simil-plastica del vestito.
"Ma come semo belle, eh" commentò sorridendo Mecenate, che ci sapeva proprio fare con i bambini.
"Lo so! Hai visto che bello il vestito! E Antonio non me lo voleva nemmeno far mettere!" esclamò soddisfatta Paolina.
"E perché?".
"Provaci tu a portare 'na creatura 'o bagno co' quell'affare", rispose con voce secca il fratello, "Spoiler: è 'na rottura 'e cazzi!".
"Giochi con noi, vero?", continuò l'altra ignorandolo e senza aspettarsi un no, "Sarai il mio principe azzurro!".
"Perché lui e nun io? So' tu' cugino, oh" si lamentò Orazio, anche se la cosa non gli dava affatto fastidio.
"Perché ha dei bei capelli, mi pare ovvio! Se vuoi un principe azzurro pure tu c'è Lord Rocci!".
"Ci sarei pure io, eh" intervenne Ranieri.
"Ma non essere stupido", ridacchiò la bambina, "Tu ce l'hai già il principe azzurro!".
Gli sguardi pieni di sorpresa di Mecenate e Orazio si fissarono sul napoletano, che dal canto suo sembrava proprio sul punto di saltare addosso alla sorella per scannarla.
"Che è 'sta storia?" domandò subito il cugino.
Seguì una breve pausa carica di tensione, poi Antonio confermò un po' controvoglia: "Sto co' nu guaglione".
"E da quanno?".
"'nu po'".
"Un po' quanto?".
Ranieri lo fulminò con uno sguardo feroce, in cui si poteva leggere chiaramente quanto si trovasse in difficoltà in quel momento. Tacque, rifiutandosi di dare maggiori dettagli su quella cosa che era nata da poco e che aveva sconvolto la sua vita, distruggendo tutte le sue certezze e facendogli nascere forti inquietudini sul suo futuro. Ma non aveva fatto i conti con quell'allodola di sua sorella.
"Da dopo Capodanno", cominciò infatti a raccontare inserendosi nella conversazione con la sua voce cantilenante e infantile, "Lui è così gentile e ogni volta mi porta anche dei fiorellini! E scrive anche delle cose tristi, o almeno credo siano tristi, dato che Antonio piange. Però scrive anche delle cose simpatiche e quelle le capisco!"
"Ma staje zitta!" le urlò il fratello.
La bambina ci rimase male e, mettendo il broncio, si fece abbracciare da Mecenate, che assisteva a quella scenetta sentendosi malissimo per Antonio: era sempre orribile quando qualcuno ti faceva outing, anche se senza cattiveria e con delle persone che sicuramente avrebbero preso bene la cosa.
"Ma se può sape' chi è?" chiese Orazio.
"Giacomo" sospirò l'altro abbassando lo sguardo.
Un silenzio glaciale calò nella stanza e l'aria divenne opprimente. Tra i due cugini cominciò un dialogo non verbale, fatto di occhiate eloquenti ed espressioni che avevano significato solo per loro. Il romano era a dir poco esterrefatto per quel risvolto tragicomico: Antonio, suo cugino, che avrebbe potuto conquistare chiunque con una sola occhiata, si era innamorato di quello storpio di Leopardi, che di bello non aveva assolutamente niente. Il napoletano, invece, si sentiva assediato dagli occhi dell'altro, come se li rimproverassero per essersi lasciato vincere da quel ragazzo così dolce e tranquillo.
"Devo andare in bagno" annunciò Paolina.
"Jamme, su" disse alzandosi in piedi suo fratello.
"No, voglio Mecenate!".
"Nun te impuntare".
"Tranquillo, ce penso io", lo rassicurò l'altro, "Almeno così potete parla' normalmente. 'namo piccole'!".
Non appena il vestito giallo della bambina scomparve nel corridoio e quello strano duo si chiuse la porta alle spalle lasciandoli soli, Orazio e Antonio cominciarono a discutere a bassa voce per non farsi sentire dagli altri.
"Che problemi tieni? Il tuo migliore amico è gay e tuttappost, però scopri che sto co' 'nu guaglione e sbianchi!" esordì Ranieri seccato.
"Ma nun fa' er cojone", gli rispose il cugino, "Er problema nun è che sei gay!".
"Bisessuale, cugi'", lo corresse, "'e ragazze me piacciono".
"Ma stai co' uno".
"Sto co' 'nu guaglione, ma me piacciono pure 'e femmone: se chiama bi-sessualità pe' nu motivo!".
"Va be', comunque, er fatto che me turba è che stai co' Giacomo Leopardi!", riprese il romano con enfasi, "Manco du' mesi fa eri tutto no, semo solo amici e mo state 'nsieme! Ma poi co' Leopardi, 'nto'! Er gobbo!".
"Virtù non luce in disadorno ammanto", intervenne il napoletano arrabbiato, "Sarà pure un mezzo scarrafone, ma cu isso sto bene e me fa senti' amato!".
"E tu lo ami?".
"Penso 'e sì, nun me spiego altrimenti".
"Bel casino, cugi'" commentò Orazio.
"Bel casino 'na minchia, Ora'! Nun te cambia nulla! I genitori mie l'hanno pigliata bene e 'o munno sticazzi! Solo tu te staje complessando!".
"Nun me sto a complessa', Anto'!".
"Te staje complessando sì, cugi'! Perché sai benissimo che, si io e Leo ci simme messi 'nsieme, allora pure te e Mecenate potreste...".
"Potreste 'n cazzo, Anto'! Mo me sta a fa' strani'!", urlò il romano per poi ritornare a sussurrare, "Io e Mecenate semo solo amici, come io e Virgilio".
"Nun è vero, Ora'! Virgilio sarà pure 'nu bravo guaglione, però è tutto ragione, co' 'e fisse sue 'e perfezionismo. Ed è pure introverso, capirai! Però tu e Mecenate vi pigliate perché avit 'o stesso carattere: siete estroversi, vi piace flirtare, pure si quell'altro è scarso, e site scialli. E poi isso te guarda diversamente, nun comm guarda me e Virgilio: è 'a stessa luce ca' brilla negli occhi 'e Leo quando ci vediamo. Probabilmente manco isso ne è consapevole, però...".
"Però stai a spara' 'n sacco de cazzate: semo solo amici" pose fine al discorso il romano sentendo i passettini di Paolina lungo il corridoio, ma c'era qualcosa nella sua voce che lasciava intendere che nella sua testa quel capitolo aveva ancora bisogno di una degna conclusione.
Mecenate rientrò visibilmente provato, seguito dalla ragazzina, che teneva con una mano quella del suo principe azzurro e con l'altra la gonna del vestito.
"C'avevi ragione comunque: quell'affare è 'no strumento der demonio! Se lo reggi da 'na parte casca dall'altra! Come hai fatto a portalla ar cesso 'n treno?" domandò Mecenate.
"E 'ca cosa te tengo ritt?" rispose sarcastico Antonio.
Il ragazzo ebbe come l'impressione che Orazio lo stesse fissando in maniera strana, ma non ci fece caso e diede la colpa alla discussione che aveva avuto con suo cugino: non era riuscito a captarne quasi nulla, ma dalle espressioni dipinte sulle facce di quei due era facilmente intuibile che non si fossero chiariti del tutto e che ci fosse qualcosa di irrisolto.
"Adesso possiamo giocare ai principi e alle principesse?" chiese ingenuamente Paolina sedendosi sul tappeto e riprendendo la sua tazzina.
"E va be'" sospirò Orazio pensando che fingere di essere un alto aristocratico lo avrebbe distratto da quanto appena accaduto.
Ma ancora non sapeva che, non appena quell'amabile pulce che è il questioning si mette in un orecchio, non c'è verso di scacciarla via se prima non si è trovata una risposta al dubbio amletico di cui è portatrice sana.
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