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Capitolo XLVII

Ricordava bene quel posto. C'era già stato altre volte. Le pareti intonacate di bianco. Le mattonelle grigie che risuonavano sotto ai suoi passi veloci. L'odore pungente del disinfettante. Il continuo vocio di sottofondo.

Virgilio teneva lo sguardo fisso davanti a sé mentre attraversava l'ennesimo corridoio uguale a tutti gli altri. Si sforzava con tutto se stesso di mantenere la calma, di non andare nel panico. Il suo Dante gli stringeva forte la mano e gli ripeteva qualcosa di rassicurante. O almeno così sembrava dal tono di voce, visto che non lo stava minimamente ascoltando.

Orazio e Mecenate erano andati a parcheggiare e, con ogni probabilità, considerate le scarse doti del biondino al volante, ci avrebbero messo un'eternità.

Avrebbe voluto averli con sé. Era loro grato per non averlo fatto guidare in quello stato. L'unica cosa che gli rimbombava nella testa era che sua nonna aveva avuto un infarto. Il terzo. In molti non sopravvivono ad uno solo, il suo cuore di certo non avrebbe retto il terzo. L'idea che la sua Marzietta potesse morire - perché  doveva essere ancora viva - lo attanagliava e lo gettava in uno stato di angoscia terribile. Il pensiero di poterla perdere per sempre gli impediva di respirare normalmente, era come un pugnale che gli tagliasse la gola e gli trafiggesse il cuore. No, non poteva essere, non doveva essere.

"Virgilio!".

Il suo nome giunse come ovattato alle sue orecchie, come se provenisse dalla sua stessa testa.

"Virgilio!".

Era una voce femminile, a lui nota. Una voce che gli ricordava la sua infanzia, gli ricordava di pomeriggi passati a giocare a Mario Kart e a bere cioccolata calda.

"Virgilio!" lo chiamò di nuovo la donna sbracciandosi per farsi vedere meglio.

Fu allora che la riconobbe.

"Sei venuta pure te?" le chiese sorpreso con voce tremante.

"Ovvio che sono venuta! Ma vuoi scherzare! C'è anche Marco, ma sta cercando di far stare calmo tuo padre".

"Grazie pe' esse' venuti" disse sforzandosi di non commuoversi.

L'altra notò con quanta tenacia il migliore amico di suo figlio stesse soffrendo internamente e, sospirando con una certa aria di rimprovero, lo abbracciò stretto.

Tra quelle braccia che sapevano di casa, Virgilio non seppe più trattenersi: cominciò a piangere sommessamente, stringendola a sua volta.

"Hai sue notizie? Sai se... Insomma, se lei è..." chiese farfugliando tra i singhiozzi.

Nemmeno era in grado di dirla, quella frase. Insomma, se lei è già morta? Avrebbe dovuto essere già pronto a quell'evenienza da un pezzo: erano anni che la sua salute era precaria, era già successo che si precipitasse in ospedale perché si era sentita male. Perché non si era abituato? Perché non aveva ancora trovato una strategia per ovviare a quel senso d'angoscia che gli opprimeva il petto?

"L'hanno presa in tempo: andrà tutto bene" lo confortò la donna accarezzandogli i riccioli biondi con dolcezza, come aveva fatto centinaia di volte da quando era solo un bambino.

"Se dovesse... Se dovesse... Io...".

"Non accadrà, tesoro: okay?". Gli diede un bacio sul capo. "Non ci pensare: è in ottime mani, le migliori. Se la caverà. In fondo è la nostra Marzia: lotterà fino all'ultimo, non si arrenderà prima del tempo".

Dante assistette a quella scena sentendosi un po' di troppo, ma non aveva la minima intenzione di andarsene: aveva conosciuto anche lui Marzia, le aveva voluto bene sin da subito e sapeva quanto fosse importante per il suo amato, visto che gli aveva fatto sia da madre sia da padre. Non era sicuro di che cosa avesse dovuto fare di fronte a tutto quel dolore, soprattutto davanti a qualcuno che, molto probabilmente, non sapeva che Virgilio fosse gay.

Il suo istinto infatti, gli urlava di abbracciarlo e baciarlo, di accarezzarlo mentre lo rassicurava, mentre gli ripeteva ancora e ancora che sua nonna era una donna forte e ce l'avrebbe fatta. Fargli capire che non era da solo, che non doveva nascondersi davanti a lui, che aveva qualcuno con cui condividere quel mostro che gli tormentava l'anima. Però non poteva, non davanti a lei. Chissà chi era quella donna.

Il romano tirò su col naso un paio di volte e si ricompose, per quanto gli era possibile. Fece un passo indietro e si passò velocemente le mani sulle guance per asciugarsi le lacrime. Si voltò e incrociò lo sguardo perso del suo fiorentino, che li guardava con aria interrogativa. Per un momento, pensò di mentire e raccontare una balla colossale: era emotivamente a pezzi e non aveva voglia di dare troppe spiegazioni. Ma era anche troppo scosso per fregarsene del giudizio altrui e sforzarsi di mentirle, non gliene fregava più di tanto.

"Dante, lei è Claudia, 'a madre de Orazio. Cla', lui è Dante, er ragazzo mio".

Il toscano strabuzzò gli occhi, non aspettandosi qualcosa del genere. Era la prima volta che veniva presentato come il suo fidanzato e il modo in cui aveva detto er ragazzo mio era stato così dolce che, per un istante, credette seriamente di svenire.

Anche Claudia, all'inizio, ne fu sorpresa e corrugò le sopracciglia, ma subito dopo il suo volto si illuminò di gioia.

"Oh, non sapevo avessi un ragazzo", commentò sorridendo, "Ma d'altronde non so nemmeno con chi esca sempre mio figlio, quindi direi che dovrei tenermi un po' più aggiornata!".

"Ma guarda", le disse Virgilio, "Manco io so' co' chi cazzo esca, quinni nun sei te".

"Comunque è un piacere conoscerti, Dante" aggiunse prima di tendergli la mano.

"Il piacere è mio, signora" mormorò l'altro leggermente imbarazzato.

Claudia fece per dire qualcosa, ma venne interrotta dal tuonare bonario di suo marito.

"Stanno tornando: erano andati a parlare con il cardiologo" spiegò ai ragazzi indicandoli dall'altra parte del corridoio.

Non appena vide il volto tremendamente serio di suo padre, Virgilio prese per mano Dante e si parò istintivamente davanti a lui. Ricordava fin troppo bene come era andata a finire l'ultima volta e sapeva ancora meglio quanto fosse stato rischioso portare il suo amato con lui al Gemelli, ma non se n'era curato più di tanto, almeno non fino a quel momento. Era il suo ragazzo, in fondo, ed era più che giusto che lo volesse al suo fianco in situazioni come quelle. Non aveva nulla di cui rimproverarsi, non aveva fatto nulla di male. Eppure conosceva suo padre e, dal modo in cui i suoi occhi lampeggiarono quando li vide insieme, seppe che c'era una tempesta in arrivo.

E, in effetti, ai lampi seguirono i tuoni.

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