Capitolo XIII
"Chi cazzo è Alessi?" chiese Orazio quasi gridando.
Lui e Mecenate guardavano confusi Virgilio, che invece sembrava perfettamente a proprio agio. Il loro amico aveva, infatti, passato la notte ad organizzare il suo coming out nei minimi particolari e tutto stava procedendo secondo i piani.
"Uno" rispose con aria vaga.
"Uno che te voi scopa'" lo corresse Orazio.
"Sì" disse Virgilio tranquillamente.
"Ma questo è etero?" domandò Mecenate andando dritto al sodo.
"A quanto pare" sospirò l'altro.
"Beh, che dire", riprese Mecenate sbracandosi sulla sedia girevole, "Benvenuto ner club dei gay che vanno dietro agli etero. Te avverto: è 'na merda".
"Ma da quand'è che va avanti 'sta storia?", cominciò ad interrogarlo Orazio, che voleva assolutamente saperne di più, "Io so' anni che cerco 'na figa pe' te e mo me dici che te piace er cazzo? Che c'avevi paura de diccello?".
"Ma no, che te pare!", esclamò Virgilio divertito dalla stupidità del suo amico, "Stavo tranquillo perché quer cojone là è gay, quinni mica potevate pijavvela a male".
"Er cojone comunque t'ha passato er compito de greco, 'nfame" lo interruppe Mecenate sarcastico.
"Er fatto è che l'ho capito praticamente 'n 'ste settimane, quinni nun è che c'ho avuto tutto 'sto tempo pe' divvelo".
"E vuoi già fa' coming out co' mezzo monno?", domandò allibito Mecenate, "Te stai fori!".
"Ma no che nun lo faccio: mica so' scemo!".
Virgilio, infatti, ricordava bene quanto avesse sofferto Mecenate dopo il suo coming out con la comunità scolastica: finché era stato in un ambiente protetto, con le persone che lo amavano e lo accettavano per quello che era, non aveva mai avuto problemi con il suo orientamento sessuale; ma tutto era cambiato con le battutine e le scritte nei bagni e, anche se il suo amico non lo voleva proprio ammettere, sapeva benissimo che questo continuava a ferirlo anche se faceva tanto il duro.
Lui, d'altro canto, aveva appena capito di essere gay e doveva ancora abituarsi alla cosa: per tutti quegli anni aveva creduto di non essere in grado di innamorarsi a causa della sua razionalità e ora si ritrovava non solo a bruciare dentro, ma anche per qualcuno del suo stesso sesso! Era tutto completamente nuovo per lui e doveva ancora comprendere bene come muoversi in questo territorio inesplorato prima di uscire allo scoperto.
"Guarda che se pubblico 'sta cosa te faccio fa' coming out: mica so' scemi che pensano che Alessi sia femmina" obiettò Mecenate.
"E te pubblicalo cor mio pseudonimo, no?" rispose Virgilio.
"E da quanno te c'hai 'no pseudonimo?" chiese Orazio.
"Da mo: pubblicame come Coridone" disse l'altro.
"Certo, perché cor cognome de tu' madre nun te sgama nessuno" commentò l'altro sarcastico.
"Ma chi ce pensa? Giusto voi che me conoscete, se no sticazzi!" esclamò Virgilio, che aveva previsto anche quella replica.
"Va be', fa 'n po' come te pare", sospirò Mecenate cominciando a ricopiare al pc il testo, "Comunque, se può sape' chi è 'sto Alessi o no?".
"Se siete 'ntelligenti ce arrivate" li stuzzicò divertito.
"Mortacci tua e de chi nun te ce manna!", imprecò Orazio bonario, "Ma almeno lo conoscemo?".
"Te sì, Mecenate boh".
"Ma viene a scola da noi?" intervenne Mecenate.
"No" rispose Virgilio mettendosi comodo sul letto per godersi meglio lo spettacolo delle menti brillanti dei suoi amici al lavoro.
"Allora va ar tecnico?".
"None".
"E che cazzo, Virgi'!", sbottò Orazio, "Ma armeno è de Roma?".
"No" ridacchiò l'altro.
"Allora che cazzo ne potemo sape' noi, scusa!" esclamò il suo amico.
"Ma che è quello che stava da Catullo? Quello vestito da angelo dico" chiese Mecenate.
"Sì. Vedi che se ve 'mpegnate siete pure 'ntelligenti" commentò l'altro.
"Ma veramente te sei 'nnamorato de Dante Alighieri, Virgi'?", domandò quasi urlando Orazio illuminandosi in volto, "Io lo sapevo! Io lo sapevo che facevo bene a shippavve! Ma com'è annata? Mo ce devi di' tutto!".
E così Virgilio iniziò a raccontare dal principio: parlò della chiacchierata da Ovidio, di quello che era successo da Catullo, di come quel ragazzino gli avesse scritto il suo numero sul braccio e della videochiamata per parlare dell'Eneide.
"Ammazza, oh! Videochiamata: questa è 'na cosa seria eh!" disse Orazio entusiasta.
"Ma che roba seria e roba seria: questo sta co' una!" lo contraddisse Virgilio.
"Però secondo me 'n po' gliè piaci. Te guardava 'n modo strano" fece Mecenate continuando a battere la poesia al computer.
"Aveva bevuto, su!" lo giustificò Virgilio.
"Ma chiedeglie de usci' pare brutto?", domandò Orazio, "Pure 'na cosa scialla, mica 'n appuntamento galante. Tipo domenica".
"Domenica è San Valentino, scemo: quello c'avrà da fa' co' la tipa" rispose l'altro alzando gli occhi al cielo.
"Damme er cellulare tuo" gli ordinò Orazio.
"Pe' facce che?" gli domandò Virgilio cominciando a preoccuparsi.
"O me lo dai te o me lo pijo io: vedi 'n po' te".
Il ragazzo rimase fermo e muto: questo non era nei piani. Cercò con lo sguardo il suo telefono, ma non lo trovò: probabilmente era sepolto da qualche parte nel casino di camera sua. Ma non fu tanto la sua ubicazione a preoccuparlo: i suoi due amici, infatti, si stavano scambiando degli sguardi che non presupponevano nulla di buono.
"Mecena', ora!" gridò Orazio buttandosi sopra a Virgilio e bloccandolo a terra come quando erano bambini.
Virgilio cercò di divincolarsi e tirò una gomitata a vuoto nella speranza di fargli mollare la presa, ma non c'era nulla da fare contro la stazza e gli anni di karate dell'altro. Mecenate stava frugando un po' ovunque, sotto ai libri, in mezzo ai carteggi sparsi sul comò, e alla fine trovò il suo tesoro: il cellulare di Virgilio, abbandonato sul comodino vicino alla carta di una merendina.
"Che cazzo volete fa', 'nfami?" domandò arrabbiato il ragazzo.
"Chiama' Dante, me pare ovvio!", rispose Mecenate sbloccando il telefono, "Come l'hai segnato?".
"Mollalo! E daje raga!".
"Nome e cognome. Manco 'n coricino. Che tristezza, fattelo di'!" commentò l'altro avviando la chiamata.
Gli squilli in vivavoce erano una pugnalata nello stomaco, un attacco per la mente programmatrice di Virgilio: quello non era assolutamente nei piani. Orazio lo lasciò andare, ma non fece in tempo ad attaccare che la cadenza toscana del suo amato già risuonava nella stanza.
"Ehi, ciao. Non pensavo mi chiamassi" esordì Dante dall'altra parte della linea.
Virgilio uccise con lo sguardo i suoi amici e poi rispose: "Neanche io 'n realtà pensavo de chiamatte, ma così va la vita!".
Mecenate si coprì il volto con una mano per l'esasperazione, mentre Orazio scosse il capo con disappunto.
"Comunque", riprese il ragazzo dopo essersi schiarito la voce, "Te volevo chiede 'na cosa".
"Dimmi. Che posso fare per te?" domandò con una certa solerzia Dante.
Orazio fece un gesto osceno e Mecenate riuscì a trattenere all'ultimo una risata: quei due erano veramente degli idioti.
Virgilio fece un bel respiro profondo. Non era poi così difficile: doveva solo chiedergli di vedersi e prendersi una cosa domenica, una cosetta rapida e indolore, un'impresa che aveva già portato a termine centinaia di volte. Ma quella era la prima volta che la persona in questione era Dante.
"Senti, che te va de vedecce domenica pe' 'na cosa?" disse tutto d'un fiato, come se avesse voluto strappare via un cerotto.
"Sì, certo, volentieri! Tanto ho rotto con Gemma, quindi mi sono liberato da tutte quelle cose romantiche che si devono fare a San Valentino" rispose l'altro entusiasta.
"Te sei mollato?" domandò Virgilio per avere conferma, cercando di mantenere il contegno che Orazio e Mecenate avevano chiaramente perso, viste le loro silenziose manifestazioni di gioia.
Dante aveva lasciato Gemma, era libero ora: certo, questo non significava che sarebbe caduto tra le sue braccia, ma forse la sua situazione non era disperata come credeva.
"Okay. Vengo io su da te?" propose Virgilio.
"Va bene. Poi fammi sapere quando arrivi a Santa Maria Novella, almeno ti vengo a prendere".
"Okay. Allora ciao" lo salutò.
"Ciao. Ci vediamo dopodomani!" esclamò il ragazzino prima di riattaccare.
"Chi c'aveva ragione? Io, ovviamente!" si vantò Orazio.
Virgilio si rese conto solo in quel momento di aver trascorso quei cinque minuti della chiamata trattenendo il fiato ogni volta che il suo amato parlava, tanto che ogni frase che era uscita dalla sua bocca era sembrata quasi sospirata.
"Nun cantiamo vittoria troppo presto, eh", commentò Mecenate ritornando al pc, "Ce sta 'n treno che parte domenica alle dieci: che faccio, compro?".
"Compra, tanto i dati della PostPay dovrebbero esse' già 'nseriti" gli disse Virgilio.
"Fatto. E dar barbiere quanno ce vai?", continuò il ragazzo, "Sembra che c'hai 'n nido 'n capoccia".
"Detto poi da quello che nun ce va da tre anni" commentò Orazio a mezza bocca.
"A me i capelli lunghi stanno bene, a lui no: è 'n dato de fatto".
"Mo come funziona? Che faccio? Gli compro dei fiori?" domandò Virgilio confuso.
"Sì, magari gliè fai pure 'a serenata!", gli rispose ironico Orazio, "Ma che ne so! Io vado appresso alla figa! Mecena', te che dici?".
"Te risulta che c'abbia esperienza co' gli appuntamenti?" chiese con lo stesso tono sarcastico l'altro.
"Allora cerca su WikiHow: Come comportarsi ad un appuntamento cor tizio che me piace. Però la versione gay, eh: nun credo che a 'sto tonto serva mettesse er push up o quelle cose strane" ordinò Orazio senza nemmeno consultare Virgilio.
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