Capitolo LXII
"Hanno rotto il cazzo con 'sta storia di Parthenias, Maremma maiala!", esclamò Dante incrociando le braccia davanti al petto, "Prima di tutto, non è una cosa da femminuccia essere gentili e schivi. Punto secondo, te parthenias non lo sei da un pezzo, quindi che cazzo vogliono?".
Virgilio abbozzò un sorriso compiaciuto e continuò a sistemare il caos di quella che aveva cominciato a considerare camera sua.
"Babe, tecnicamente io so' ancora..." provò ad obiettare lanciando uno sguardo fugace allo schermo del cellulare.
"Adesso non stiamo a sottilizzare: mi sono preso la tua verginità, muahahah!" lo interruppe il fiorentino, fingendo poi una risata malvagia.
Il romano trattenne un risolino divertito: quando si ubriacava, il suo ragazzo sapeva essere davvero sboccato ed esplicito, ma in un modo così infantile e buffo da farlo sembrare più adorabile che volgare. Non erano state tante le volte in cui lo aveva visto in quello stato, dal momento che Niccolò lo teneva sempre lontano dal telefono per evitare altre "situazioni alcoliche" da gestire, ma in quelle rare occasioni non aveva potuto fare altro che innamorarsi anche di quel lato del suo amato.
"Esattamente, quanto cazzo hai bevuto da Boccaccio?" gli chiese.
"Poco, Maremma bucaiola!", rispose l'altro sbuffando, "Giusto quanto serve per trovare il coraggio di videochiamarti alle dieci di sera!".
"Ringrazia che tu' fratello sta a dormi' fori, altrimenti cor cazzo che me potevi chiama" fece il maggiore spostando il cellulare, così da poter riordinare anche il comò.
"E perdermi questo spettacolo divino! Maremma maiala!", imprecò il minore alzando di un'ottava il timbro di voce, "Ma proprio lì lo devi mettere il telefono?".
"Pe' forza, altrimenti me 'mpiccia", rispose Virgilio con un'espressione disgustata, cercando di capire a quando risalisse esattamente l'incarto della Girella che aveva trovato là in mezzo, "Perché?".
"Perché al momento vedo solo le tue mutande. E un pezzo di ombelico, ma soprattutto le tue mutande. Non che mi dispiaccia, capiamoci, ma già normalmente è difficile darmi un contegno, quindi...".
"Va be', va be', mo lo aggiusto", ridacchiò con una certa malizia spostando il cellulare, "Ecco, mo puoi vede' 'sta faccia brutta: contento?".
"Moltissimo, anche se, a quanto pare, anche la tua faccia mi arrapa troppo", commentò Dante con lo sguardo fisso su di lui, "Poi io non mi devo preoccupare degli stuoli di ragazzine adoranti che ti vengono dietro, no?".
"Amo', nun fatte veni' 'ste paranoie!", lo rassicurò il romano, smettendo un attimo di riordinare per concentrarsi sul discorso, "Prima de tutto perché so' gay, quinni 'sti problemi nun te li devi proprio fa' a prescinne...".
"Ma loro non lo sanno che sei gay e fidanzato, quindi possono...".
"Possono che? 'n cazzo, Babe: io c'ho occhi solo pe' te", lo interruppe con dolcezza, "Le altre - gli altri - nun me li 'nculo de pezza, 'n tutti i sensi. E poi nun me se fila nessuno, quinni statte carmo".
"Amore, senti, non farmi incazzare che ho bevuto e poi svalvolo", riprese il fiorentino con una certa stizza, ignorando completamente quanto il suo ragazzo avesse detto fino a qualche istante prima, "Sei bono, sei gentile, sei premuroso. Sei pure simpatico e scrivi meglio di chiunque altro io conosca. Quindi, non mi rompere il cazzo e credi a me: tu hai una fila dietro che manco la Muraglia Cinese!".
"Io nun te voglio rompe' er cazzo. Però er culo sì, quello me piace troppo" se ne uscì il maggiore con una nonchalance civettuola.
Il ragazzino rimase per un istante in silenzio, senza parole, stupido da quella battuta sessualmente interessante e squallida.
"Lo so che ti piace il mio culo: mi hai sfondato l'altro giorno, ricordi?".
Virgilio ebbe un flash della nottata in questione e di come avessero sfruttato il regalo dei suoi amici per il suo amato. "Ho sgravato, ve'?". Abbassò lo sguardo con un certo imbarazzo, cominciando a preoccuparsi seriamente di essere andato troppo oltre.
"No, amore mio, no". Gli occhi del toscano si fecero improvvisamente più luminosi e timidi. "Mi è piaciuto molto, sul serio! Ma non ho camminato decentemente per un giorno e mezzo, quindi ci sono stati degli strascichi alquanto spiacevoli".
"Me dispiace" si scusò l'uno sentendosi in colpa.
"A me no" disse sfacciatamente l'altro.
Il romano tirò un sospiro di sollievo, ma si ripromise di usare molto più lubrificante la prossima volta. Fece per dire una romanticheria pecoreccia delle sue, ma non ne ebbe il tempo.
"E comunque continuo ad avere ragione io!" aggiunse il minore impuntandosi.
"Percepisco 'na certa gelosia ecco, eh" sospirò il maggiore sorridendo maliziosamente e con un certo compiacimento.
"Ripeto: se fossi molto meno fantastico e arrapante, non avrei di certo questi problemi!", si giustificò, "E poi mi manchi, stupido idiota, dunque invidio perfino l'aria che respiri!".
"Te amo pure io, Babe" sorrise il romano mandandogli un bacio.
"Sì, sì, va beh", lo sbolognò il toscano arrossendo leggermente, "Tu ci vai alla fine alla festa di Catullo e Saffo?".
"Nun lo saccio: è un bordello ecco!", cominciò a raccontare il suo amato, "Dopo 'a satira Mecenate e Orazio c'hanno tutti cor fiato addosso e girano strane voci sulle vite sessuali loro...".
"Del tipo?" domandò Dante mangiucchiandosi una pellicina spuntata dal nulla.
"Roba strana, meglio che nun c''o sai: me so' sentito mori' dentro io. Comunque, co' 'st'aria che tira, nun so se ce vanno e io nun c'ho tutta 'sta voglia de sentimme 'a gente che me dà d''a verginella timorosa".
"Ho deciso che ti salvo così!", esclamò l'altro improvvisamente entusiasta, "Verginella timorosa. Con una zucchina. O forse è meglio una melanzana? Sì, una melanzana, decisamente!".
"Aoh, nun ce prova'! Daddy nun se tocca!" si oppose Virgilio allarmato.
"Ma perché quei dementi hanno dovuto dirtelo!" si lamentò il ragazzino squagliandosi sulla sedia, il suo imbarazzo aveva raggiunto un livello tale che si poteva percepire perfino a Roma.
"A me Daddy nun dispiace! Certo, cozza 'n po' co' Parthenias, ma sticazzi!".
"Sei un coglione. Sul serio, se proprio un coglione", sospirò scuotendo il capo, "Ma ti amo anche per questo".
"Te amo pure io".
"Però intanto alla festa mi ci mandi da solo, coglione!".
Virgilio sbatté le palpebre con aria perplessa un paio di volte mentre elaborava l'informazione nascosta in quegli insulti amorevoli da alcol. "Ma che te ce vieni? Cioè, tu' nonno te ce manna?".
"Sì e ho anche intenzione di venire a dormire da te, nudo e ubriaco come un verme" confermò Dante godendosi l'espressione buffa del suo fidanzato.
"Allora ce vengo pure io" cambiò subito idea, pregustando già la sensazione dei loro corpi l'uno addosso all'altro sotto alle coperte.
"Ah, perché?" domandò il toscano con falsa innocenza.
"Perché ce stai te, cretino!", rispose il romano alzando gli occhi al cielo, "Te giuro, so du' giorni che c'ho 'na voglia assurda de baciatte che tu nun c'hai idea!".
"Lieto che la frustrazione sessuale sia condivisa".
"Vaffanculo!".
"Ti amo pure io", ridacchiò con una certa soddisfazione il minore, "Non so come farò a non starti appiccicato come una cozza!".
"E tu accollate, qual è er problema?" chiese Virgilio riprendendo a sistemare.
"Che sei ancora nell'armadio, zucchero" rispose Dante con una certa saccenza, come se la sua risposta fosse ovvia.
Il maggiore si ritrovò a sorridere come un ebete. "Come cazzo me hai chiamato?".
"Zucchero: problemi?".
"No, no, affatto. D'altro canto è risaputo che sono il tuo Sugar Daddy".
Il minore si lasciò andare ad un suono rauco carico di frustrazione e imbarazzo. "Perché te le devo servire su un piatto d'argento?".
"Perché è così che funziona, Babe", ridacchiò il romano con una serietà piuttosto ambigua, "Te fai er pudico innocente, io so' er bovaro pervertito: perfettamente bilanciato, come tutto dovrebbe esse'".
"Dopo questa io attacco", sentenziò il fiorentino basito, "Anche perché domani ho il compito di greco sul perfetto e dovrei dormire. Quindi, amore mio, ti abbandono e buonanotte".
Il suo fidanzato fece per dire qualcosa - avrebbe voluto sentire il suo cicaleccio ancora per un po' - ma il ragazzino aveva già chiuso la videochiamata e sul cellulare apparve una foto di loro due, scattata il giorno del loro appuntamento ai giardini di Villa Borghese.
"Quer demente se salva solo perché lo amo da mori'" si ritrovò a pensare Virgilio, mentre nella sua testa cominciava a prendere forma un nuovo piano.
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