Capitolo LXI
"Ma è un'impressione mia o ce stanno tutti a fissa'?" chiese sottovoce Orazio, girando il suo cappuccino per far sciogliere per bene lo zucchero.
Mancavano ancora cinque minuti alla campanella della prima ora, ma l'atrio era insolitamente gremito di gente, che faceva la fila alle macchinette e chiacchierava vicino al ventilatore della bidelleria. Sembravano intenti a fare tutt'altro, ma il ragazzone aveva come la sensazione che gli sguardi fossero puntati su loro quattro, per qualche assurdo motivo.
"Che te stai a fa' paranoico pure te come Tiberio, Ora'?" ci scherzò su Properzio, bevendo quello che sarebbe stato solo il primo caffè della giornata.
"No, te giuro", insistette, "Me sento propio fissato!".
"Ma hai dormito 'ste notti? Nun è che c'hai 'e fisse da 'nsonnia cronica?" domandò Virgilio lanciando un'occhiata maliziosa a Mecenate.
"Ho dormito, ho dormito, mortacci tua!", gli rispose seccato il suo amico, "Poi nun c'hai avuto 'ste cose te, che nun hai dormito pe' mesi, te pare che ce le tengo io pe' 'n weekend mezzo 'n bianco?".
"Daje, Ora'", esclamò il biondino con aria stanca, "Mo nun te 'mpunta'! Chi cazzo vuoi che ce se 'nculi de lunedì mattina alle otto, su!".
Il suo fidanzato avrebbe avuto da ridire su quel punto, visto quanto era accaduto quel fine settimana, ma si morse la lingua e si costrinse a tacere.
"Raga, eccove! Mortacci vostra!" imprecò qualcuno alle loro spalle con una voce decisamente alterata.
I quattro si voltarono e videro Catullo e Saffo correre verso di loro con una certa preoccupazione, facendo ballare i loro zaini da una parte all'altra.
"Mo che cazzo è successo?" sospirò Virgilio alzando gli occhi al cielo.
"Come state? Tutto be'?", chiese la ragazza con dei modi troppo premurosi per essere i suoi, "Se lo becco lo scrocio, quer cojone testa de cazzo!".
"Noi stemo bene", rispose Orazio confuso, "Ma de che cazzo state a parla'?".
"Ma porca puttana!", esclamò di nuovo Catullo con rinnovata angoscia, "Ma che nun l'avete ancora letta?".
"Ma che?" domandò Properzio facendo segno di stringere.
"'a satira de Giovenale, quella che è uscita sur giornalino de 'sta settimana! L'ha pubblicata ieri sera, quell'encefalico!".
Mecenate scosse la testa in segno di diniego e guardò con una certa ansia i suoi amici. Sapeva perfettamente di aver provocato Ovidio con la storia del fanzine e con la discussione che avevano avuto qualche settimana prima, ma non credeva che avrebbe mai potuto nuocergli più quanto non lo avesse già fatto.
Ma si era completamente dimenticato di Giovenale. Certo, non si era pentito di averlo cacciato via - era razzista, misogino e omofobo, non voleva averci nulla a che fare - ma forse avrebbe dovuto temere le sue satire. In quei pochi versi che aveva letto, infatti, aveva trovato una rabbia e una sagacità mai viste prima: se avesse voluto vendicarsi in qualche modo, le sue parole sarebbero state pugnali ben affilati.
Catullo tirò fuori il cellulare e andò velocemente sul sito della scuola, dove veniva pubblicata ogni due settimane la versione online del giornalino scolastico, e mostrò il pezzo in questione ai diretti interessati.
Ascolterò soltanto per sempre?
Batillo mi ha straziato tante volte
con le sue lacrime, fino a perdere la voce,
e io non potrò mai vendicarmi?
Quello piange per le sue sventure,
l'altro sorride, e i non debbo protestare?
Ecco perché io non posso tacere
di fronte alla disperazione di un amico,
ammesso che voi abbiate il tempo
e la voglia di ascoltare le mie ragioni.
"Ma amico da quanno, che quer demente è più omofobo de mi' padre e Cacciaguida messi 'nsieme?" commentò esterrefatto Virgilio.
"Ma più che altro me stupisce che quer primino der cazzo sia ito a piagne' da Giovenale" disse Orazio a denti stretti.
"'namo avanti a legge', pe' piacere?" li zittì Mecenate stringendo forte i pugni nelle tasche.
Quando quell'invertito rammollito
è ammirato come un Augusto in virtù
di un'antica amicizia (sempre che così io possa
chiamarla), ah, è difficile non scrivere satire!
Come si possono trovare le parole per dire
la bile che mi brucia a secco il fegato?
Guardatelo, questo traditore del suo pupillo:
dopo averlo sedotto senza alcun ritegno,
va dicendo di essere attratto dal suo
migliore amico (di nuovo, bel concetto
d'amicizia ha, quell'effemminato!)
"Ma che stronzate spara 'sto qui!" esclamò Properzio indignato.
"Nun so' stronzate: io e Mecenate stamo 'nsieme", ammise il ragazzone osservando il suo amato con una certa preoccupazione, "Piuttosto come s'è permesso 'sto encefalico de...".
"Potemo fini' 'sto cazzo de strazio, porca puttana!" imprecò sottovoce il biondino con le lacrime agli occhi.
Non avrebbe mai creduto che Batillo avrebbe osato un colpo così basso. Un conto era farlo sentire un verme quando erano soli, perfino quel tu mi fai pena era accettabile, per quanto lo stesse davvero tormentando giorno e notte. Ma spifferare tutto a Giovenale e sputtanarlo davanti all'intera comunità scolastica, quella stessa gentaglia che lo bersagliava da anni, quello sì che era stata una coltellata alla schiena.
Non poteva credere che stesse accadendo sul serio: ora tutta la scuola sapeva di quello che aveva fatto, ora tutti quanti sapevano che lui amava Orazio. E qualcosa gli diceva che il peggio doveva ancora arrivare.
"Ma da quanno state 'nsieme, scusa?", domandò Saffo al ragazzone, "Nun pe' famme i cazzi vostra, eh, ma...".
"Poi te dico quello che te pare" la fermò l'altro. Avrebbe voluto abbracciare Mecenate, fargli percepire la sua vicinanza, il suo sdegno, la sua rabbia per quel gesto meschino, ma aveva paura che qualcuno potesse vederli. "Amo', respira: lo corco de botte quer...".
"Finimo de legge' 'sta cosa e famola finita" lo interruppe il suo amato con voce rotta.
E non debbo raccontare queste cose?
Chissà quanti altri poveri giovinetti
ha avuto al suo fianco, sdraiato
indolentemente, checca senz'ossa
che si fa chiamare Mecenate! La tua onestà
è lodata da tutti, eppure di onesto in te
non c'è neppure il sangue!*
"Questo è 'n colpo basso! 'sto cojone!" pensò Orazio, ma rimase di nuovo in silenzio, limitandosi ad osservare con una sofferenza atroce l'andare in frantumi dell'anima del destinatario di quell'abominio.
Ma chi può vivere tra questa corruzione
insaziabile, con questo frocio miserabile,
questo maniaco ancora in fasce?
Una verginella (piccolo Parthenias!)
che neppure sa dar voce ai suoi pensieri!
"Hanno rotto er cazzo co' 'sta storia, mortacci loro!" borbottò Virgilio, cercando di nascondere il suo essere ferito per riguardo del suo migliore amico.
Un sadico che non ha saputo star attento
e che con una scopata si è rovinato la vita!
"Io nun so' sadico!", obiettò Properzio furioso, "Me piace er sadomaso, ma mica so' 'n sadico der cazzo!".
Un pervertito puttaniere che, dopo aver
spezzato il cuore ad un infinito numero
di vergini, ha deciso di esplorare l'altra
metà dell'umanità (tanto gli fremono
le palle nei pantaloni, le fanciulle non
bastano a saziare le sue voglie indicibili)!**
Orazio impietrì, stringendo forte le labbra per non urlare. Stavolta gli occhi che sentiva puntati su di sé erano veri: i suoi amici lo guardavano con aria afflitta, il suo ragazzo sembrava urlargli silenziosamente Me dispiace, cazzo!.
"Ma te che hai detto a Batillo?" riuscì a domandare con un filo di voce.
"Che c'eravamo baciati", gli rispose il biondino mentre i sensi di colpa cominciavano ad attorcigliarsi attorno al suo stomaco, "Nun t'ho fatto outing, se è questo che...".
"No, nun stavo a pensa' a quello", lo rassicurò accompagnando quelle parole con un cenno sconfortato della mano, "Cazzo, quanto devi esse' bastardo pe' esse' gay e fa' outing? E te ce uscivi pure, co' 'st'essere".
Mecenate abbassò lo sguardo, si vergognava troppo per sostenere il suo.
"Stai bene?" chiese Saffo al ragazzone posandogli una mano sul braccio.
"No che nun 'sto bene, Sa'", sbottò bruscamente l'altro, "Quer verme m'ha fatto outing, porca puttana! Mo tutti sanno che so' bisessuale: so' ufficialmente entrato ner club dei mezzi froci e me romperanno li cojoni a vita!".
*Nota storica: alcune fonti riportano "Cilnio" come nomen della madre e ai tempi girava voce che Mecenate fosse il frutto di una relazione adultera.
**Nota filologica: questa satira (scritta da me, ovviamente) è la fusione dei contenuti di Satirae I, in cui Giovenale critica l'amore di Mecenate per il lusso (il passo ha anche una valenza sessuale) e rivendica il suo diritto di fare satira per sfogarsi, e di Satirae II, in cui il poeta si scaglia molto duramente contro l'omosessualità maschile.
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