Capitolo I
Era l'ultimo anno di superiori e il Circolo stava per lasciarsi finalmente alle spalle il terrore di ogni studente: l'esame di maturità. Ognuno stava cercando di capire quale fosse lo scopo della propria vita: Mecenate era finalmente il direttore del giornalino scolastico e sognava di fondarne uno tutto suo un giorno, anche se sembrava più facile a dirsi che a farsi; Orazio si godeva gli ultimi mesi di libertà prima di andare all'accademia militare dandosi alla pazza gioia, sperando che, se non ci avesse pensato più di tanto, le sue domande senza risposta sarebbero andate vie per sempre; Properzio, invece, non aveva occhi se non per la sua Cinzia e passava dal piangere intere notti, quando si lasciavano bruscamente dopo l'ennesima lite, al nascondersi con lei nei luoghi più impensabili per amoreggiare senza essere visti, evitando di mettere in discussione se quel rapporto fosse tossico o meno.
Ma né il giornale, né le feste, neppure l'amore sembravano interessare Virgilio: aveva come l'impressione di non avere un posto nel mondo e temeva di essere destinato o ad occupare quello di qualcun altro o a non averne uno. Si sentiva come quando, da ragazzino, giocava con i suoi amici al gioco delle sedie: la musica si fermava e tutti correvano ad accaparrarsi un posto, mentre lui rimaneva lì in piedi e veniva eliminato. Certi pensieri, però, preferiva metterli da parte e ignorarli, illudendosi che tutto si sarebbe sistemato da solo: aveva diciotto anni e tutto il tempo del mondo per trovare la sua strada. Nel frattempo, si dedicava allo studio e alla scrittura, oltre che a divertirsi con gli amici di sempre: il Circolo si riuniva tutti i venerdì dopo le lezioni a casa sua e passavano il pomeriggio a giocare a Fifa, ad aiutare Mecenate a correggere le bozze del giornalino, visto che lui era lentissimo e riceveva in continuazione articoli via mail, e a discutere su come avrebbero passato il weekend.
"Ovidio dà una festa stasera", iniziò Properzio non appena ebbero finito la partita, "Io ce devo anna' pe' Cinzia. Se volete veni' bene, se no fate come ve pare".
"Io da quello nun ce vado" mise subito le cose in chiaro Virgilio con tono lapidario.
"Virgi', ragiona 'n po'", cercò di smuoverlo Orazio con il suo solito buonumore, "Ce sta sempre 'n sacco de alcol e de figa da lui. Va be' che è 'n cojone egocentrico e tutto er resto, però le feste le sa organizza'!".
"Può esse' pure 'n baccanale, ma io da quello nun ce vado pe' principio, va be'?" si impuntò in maniera infantile Virgilio, ferito nell'orgoglio.
"Mado', l'articolo t'è rimasto proprio ecco, eh", commentò Mecenate toccandosi la gola, "Lo sai che quello è 'n cretino e manco l'avrà fatto co' cattiveria, scemo com'è".
"Scemo che scemo, però 'ntanto m'ha sputtanato davanti a tutti" borbottò l'altro.
"Mo nun fa' er tragico: ha scritto du' righe pe' spiega' perché nun gl'è piaciuta l'Eneide, mica t'ha detto de calatte 'e braghe" continuò Orazio alzando gli occhi al cielo.
"Punto primo, le du' righe so venti. Punto secondo, ce sta modo e modo de dille le cose: un conto è 'nsulta' a caso e un conto è spiega' co' civiltà e da' critiche costruttive" gli rispose a tono l'amico.
"Virgi', te la stai a pija' troppo sur personale", intervenne Properzio, conoscendo bene quanto fosse permaloso Virgilio, "Se te 'ncazzi nun cambia niente: ormai er dado è tratto e amen".
"Io comunque alla festa ce devo anna' pe' forza, quinni vedi te se vuoi resta' da solo de venerdì sera perché te sei 'mpuntato come un regazzino de tre anni o se vuoi esse' ragionevole e veni' co' noi. Poi fai come cazzo te pare, eh" disse Mecenate.
Virgilio ci rifletté su un secondo. Gli era costata una grande fatica trovare il coraggio di pubblicare sul giornalino scolastico il primo capitolo della sua storia: lui non voleva, ma Mecenate sapeva essere molto convincente e Orazio e Properzio si erano alleati contro di lui, quindi alla fine, complice qualche bicchiere di troppo, aveva ceduto. Tutto sembrava andare bene, i suoi compagni avevano anche cominciato a chiedergli per quando sarebbe stata pronta la seconda parte, ma poi era arrivato Ovidio ad insultarlo e a dire in giro che la sua Eneide non era altro che la fanfiction sfigata di un patito di Omero: la vergogna era stata troppo grande e aveva deciso che non avrebbe più fatto leggere nulla dei suoi scritti. Però non aveva la minima voglia di passare la serata con i compiti di matematica e molto probabilmente si sarebbe pentito di non essere andato: gli costava ammetterlo, ma il suo odioso rivale era davvero il re delle feste.
"Mado' che palle che siete", sospirò non molto convinto della sua decisione, "Va be', vengo. Però io co' Ovidio nun ce parlo, chiaro?".
"Vedi che quanno vuoi ragioni" esultò Orazio dandogli uno scappellotto amichevole.
"Ma te perché devi veni' pe' forza? Che 'mpicci c'hai? Spiegate 'n po'" chiese Properzio a Mecenate lanciandogli un'occhiata maliziosa.
"Ce sta pure Augusto" rispose Mecenate cercando di nascondere il suo imbarazzo.
"Eh, ce sta Augusto: che nun ce viene? 'sto sottone" commentò Orazio ridacchiando.
"Nun so' sottone" si difese l'altro a mezza bocca.
"No? Quello nun te se fila manco de striscio", cominciò Properzio, "Quello sta co' cosetta. Come se chiama?".
"Scribonia" suggerì Virgilio trattenendosi dal rivelare, per il momento, l'ultima notizia che girava a scuola.
"Scribonia. Sì, quella. Comunque, quello nun ce pensa a te e vole solo 'na cosa, che te nun c'hai. Va be' che è figo, c'ha dei bei capelli e tutto er resto, però a da fini' co' 'sta storia!", riprese Properzio, "Magari te trovi uno che te se fila..."
"Che te se scopa" lo interruppe Orazio per correggerlo.
"Che te se scopa, bravo Ora'. Ma puoi sta' così sacrificato?".
"Così sacrificato come? Nun me pare che me lamento" disse andando sulla difensiva il diretto interessato, che in effetti non parlava molto dei suoi sentimenti.
"Ce manca solo quello, guarda!", esclamò Orazio, "Però è palese che te piace, se vede proprio. Ce l'hai sempre 'n bocca, ce vai apposta 'n facoltà pe' vedello e stai sempre a maledi' quella poraccia de Scrimonia!".
"Scribonia" lo corresse Virgilio.
"Come cazzo se chiama!".
"Poi poraccia de che, che l'ha mollato?" rivelò Virgilio non riuscendo più a trattenersi.
"Quando? Come?", chiese Mecenate illuminandosi in viso per la bella notizia, "Ma sei sicuro?".
"Sicuro sì. Stamattina ho beccato Catullo ai cessi e m'ha raccontato tutto" continuò l'altro.
"Ai cessi. Mentre stavate a piscia'" commentò Properzio ridacchiando.
"Senti, quello me s'è messo 'n un orecchio e nun me mollava più. Che è colpa mia? Mo nun se può manco piscia' 'n santa pace!".
"Nun me ne può frega' de meno de te che pisci' co' Catullo!", sbottò Mecenate, "Me vuoi di' che è successo, sì o no?".
"Hanno litigano perché Marco ha rotto co' Ottavia, la sorella de Augusto", cominciò a raccontare seriamente Virgilio, "Augusto voleva ammazza' de botte Antonio perché so' du' giorni che 'a sorella sta a piagne', ma Scribonia s'è messa 'n mezzo perché, a quanto pare, lei e Antonio c'hanno un mezzo inciucio. Poi nun c'ho capito più niente, ma fatto sta che Scribonia ha piantato Augusto e mo muore dietro a Marco".
Non appena il suo amico ebbe finito di riportare il gossip di Catullo, Mecenate credette di morire di felicità e nella sua mente cominciò a macchinare un piano d'azione per provarci pesantemente con Augusto. Quella festa era proprio l'occasione che gli serviva: ora che il suo amato era triste e solo, gli avrebbe offerto sostegno morale e pian piano lo avrebbe conquistato.
"Mo quindi Ottavia è single" commentò Orazio dissimulando il suo interesse.
"Nun ce pensa' nemmeno: quella nun se tocca, capito? Parlo pure co' te, Virgi'", mise subito le cose in chiaro Mecenate, "Ce stanno 'n sacco de ragazze 'n giro pe' 'n'avventura: lontani da Ottavia, ce semo capiti?".
"Sì, mamma" disse ironico Orazio.
Virgilio alzò le spalle, tanto quella ragazzina non gli era mai interessata.
"Ve passo a pija alle otto, va be'?" chiese Properzio.
"Però se guidi te nun puoi be', ricordi?" gli fece notare Virgilio.
"Allora niente, c'attaccamo ar cazzo" cambiò idea l'altro.
"Virgi', Marzia nun ce può accompagna'? Poi pe' er ritorno se vede, capace pure che ce accampamo da Ovidio" domandò Orazio.
"Voi ve accampate, io 'n caso richiamo mi' nonna e tanti saluti" rispose Virgilio.
"E io me te affilo dietro. Tanto c''o so che scoperanno tutti ovunque tranne noi due" commentò Mecenate con un sorriso dolceamaro.
"Fate come ve pare, basta che pe' l'andata stamo pace" sospirò Properzio.
"Tanto nonna ce accompagna sicuro, stateve boni. Mo giocamo che voglio la rivincita" concluse Virgilio.
"Tanto riperdi, sei troppo scarso" lo schernì Orazio riprendendo in mano il controller che aveva lanciato sul letto.
"Te viecce" gli rispose Virgilio con aria di sfida dando il via al gioco.
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