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| Capitolo 9 - Parte 2/2 - La Capanna |


«I Grandi Artisti ci provarono in tutti i modi, ma ogni volta accadeva qualcosa che rimandava la demolizione. Compresero troppo tardi che la Capanna giocava d'attesa, adattandosi alle loro offensive: buona con chi aveva modi gentili e pacati, spietata con chi, invece, si mostrava a lei ostile.»
«Scusa, ma a questo punto nessuno ha pensato a un incantesimo di suggestione mentale?»

«Inutile ragazzo, qualsiasi magia di livello superiore risultò inutile. I Grandi Artisti stavano per ammettere la sconfitta quando Patches il Santo, il trentatreesimo Morne, non pensò di portare quello scontro su un piano nel quale la Capanna non avrebbe potuto far nulla: quello giudiziario.»
Thelon sorrise.

«Alle 8 e 30 del mattino, ora legale, un team formato dai quindici migliori giuristi della città irruppe nella Capanna. Vi trovò altrettante sedie, penne e quaderni ad accoglierli. Seduto a capotavola lo spirito di Marcus il Vecchio, il più grande avvocato di tutti i tempi; se ne stava lì, in silenzio, ad attendere che questi dicessero qualcosa per poterla usare contro di loro in aula; e nessuno fiatò per mesi. Inutile competere con un fantasma: ha l'eternità dalla sua parte e migliaia di spiriti di tirocinanti che lavorano per lui in cambio di un po' di gloria ultraterrena.»

«Beh, non fa una piega. Ma vedo che il tribunale l'avete comunque costruito.»
«Vedi bene. Miss Lilibeth ispirò i progetti dei Grandi Artisti.»
«Avete vinto insomma.»
«No, a livello legale lo spazio conteso è solo quello della Capanna. Perciò si è scelto di edificarci attorno» spiegò di come l'intero Tribunale avesse una forma cilindrica. Una cupola in materiale magico assicurava alla luce di filtrare «... e agli escrementi di piccione di non cadere. Padre Tholomeleon riferisce che gli avvocati, o meglio i loro discendenti, siano ancora lì, in quel monolocale, a guardarsi in silenzio, in attesa che una delle due parti in qualche modo ceda e patteggi. In principio sarebbe dovuto sorgere un quartiere dei divertimenti ma, per agevolare il lavoro dei legali si è scelto di erigere il Tribunale cosicché potessero comunque esercitare il mestiere in altri casi» sedette sulle gradinate, dando le spalle alle statue: le sette donne sedevano con le gambe a penzoloni sul frontone. Tenevano spiegato un drappo in bronzo sul quale erano appena visibili delle parole in linguaggio magico.

«įstatymas yra teisingas tol, kol visi jo gerbia, "la legge è giusta finché tutti la rispettano". Così ti evito l'imbarazzo di chiedermi cosa significhino quei simboli in lingua antica.»
«Ma se giusto a cena abbiamo parlato del mio dottorato di ricerca in glottologia, semiotica e linguistica magica antica, moderna e contemporanea!»

«Va bene, va bene. In questo momento non è proprio necessario decantare i tuoi titoli accademici. Umiltà ragazzo, umiltà» disse, mettendo le mani avanti «In ogni caso tutta la filosofia politica di Scultoria gira attorno a questa frase, affascinante no?»

«gira attorno a una massima insensata...» Thelon gli fece notare che, in una società di incivili, ciò giustificava le ingiustizie.
«Sei troppo giovane e impreparato per capirla. Ogni grande rivoluzione nasce dalle masse scontente, a Scultoria il cambiamento è legale senza la necessità di spargere sangue con un golpe»
«Golpe che non è certo in uno stato giusto...»
«No, e ti spiegherò perché. Immagina che tu e la signorina Degli Alberi vogliate commettere un reato ai danni di quel signore che sta passeggiando sull'altro lato della strada» indicò un passante, un essere bipede che si lasciava trascinare dal suo cagnolino a passeggio.

«Buonasera Lord Tullius!» riconoscendolo, si sbracciò per salutarlo, ma questi, affrettò il passo. «Lord Tullius che fa? Non si ferma a salutare un vecchio amico?»
La passeggiata divenne una sessione di jogging e, quando un paio di zampe l'afferrò per le vesti, una prova di volo.
«Ma cos'è stato?» chiese Thelon incredulo, seguendo con lo sguardo il cagnetto reclamare il padrone.

«Dal profilo sgraziato direi un'aquilama, non se ne vedono più tante in giro.»

Si alzò di scatto, pensando a Zoe: la locanda non era lontana, ma doveva in qualche modo accertarsi che l'avesse raggiunta sana e salva. Iniziò a preoccuparsi per lei, anche se sapeva che era in grado di cavarsela da sola. Non aveva bisogno di un principe azzurro per sbudellare una creatura di tale stazza e pericolosità.

«Non preoccuparti, l'aquilama è un animale pigro. E presumo abbia il nido lontano, almeno fuori città, visto che non sono proprio adatte alla convivenza con gli altri. Puoi stare tranquillo, parola di critico». Thelon percepì un certo distacco nelle parole del Sommelier: non che prima di allora avesse mai dimostrato empatia verso qualcosa che non riguardasse la sua persona, ma quella tranquillità lo sconvolse. Avrebbe voluto sentirle da Zoe quelle parole, ma decise di fidarsi: Alfred Bourgeaux era tutto tranne che un bugiardo.

«Lo conoscevi?» chiese Thelon, cercando di individuare l'aquilama.
«Non sono solito frequentare animali feroci, sciocco ragazzo.»
«Quel tizio che hai salutato, lo conoscevi bene?»
Un ululato scosse i vetri del Tribunale, seguì un tonfo sordo; Alfred scrollò le spalle e disse «Lord Tullius, gran persona. Era il mio editore, la cote della mia arguzia tagliente. È merito suo se utilizzo il sistema decimale per le votazioni. In gioventù ero un cultore delle stelle, ma a quanto pare erano troppo dozzinali. Diceva che avevano perso quella carica positiva, quello slancio di un tempo» osservò amaro, come se si stesse flagellando per quell'infatuazione giovanile.

«Capisco... Non è detto sia andato. Anzi, andare è certamente andato, ma potrebbe essere ancora in vita.»
«Non preoccuparti, giovane mago: dopo aver visto la morte in faccia e averne scritto una recensione accurata, ho imparato a lasciare da parte qualsiasi genere di sentimentalismo. Dimmi pure, qual è il tuo quesito?»
«Non ha importanza ormai, penso che tornerò alla locanda, Alfred» disse in tono greve, «domani sarà il nostro ultimo giorno a Scultoria e devo ancora recuperare le forze per il viaggio.»

Alfred si mise in piedi, pronto a incamminarsi al fianco del mago, quando un muggito lo portò a guardarsi attorno. Una figura volante coprì la luna con la sua stazza, barrendo versi di morte.

«Per mille recensioni, parrebbe un'aquilama!» esclamò il critico «un secondo esemplare, una femmina.» Indicò l'animale, che si era posato sul cornicione di un palazzo vicino e li osservava col capo inclinato. Goccie di bava verdastra erodevano le mattonelle del marciapiede, sollevando aspre lingue di fumo. Gli occhi dell'aquilama, piccole fessure oscure, si strinsero ancora quando il critico allungò le mani verso Thelon, per invitarlo a rifugiarsi dietro al colonnato del Tribunale. Il rapace scattò, afferrando il mago con le zampe e portandolo lontano.

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