| Capitolo 8 - Parte 2/4 - Fuga |
«Quando ero ancora un fanciullo adoravo vagare con papà per i campi di sepoltura. Sono posti tranquilli se vuoi stare in disparte, sempre se non ti turbano fantasmi, mangia budella e le lacrime di vedova» confessò il Pallido a Brillo, perso nelle movenze di battaglia dei suoi combattenti non-morti. Uno di loro franò su una guardia prima di lignificarsi per intero. «Perdono troppo, troppo, troppo sangue.»
In uno stanzino semicircolare li attendeva l'ennesima sfida.
«Ma guardali, sono molti meno di quanto mi aspettassi» li contò con le dita, poi a mente «non arrivano neanche a dieci.»
Sulla testa del Pallido vorticava uno sciame di mosche.
Tre croccorilli e quattro tartarre, disposti in formazione, intimavano la resa con minacce e promesse contraddittorie. Battevano le mazze chiodate sugli scudi in pelle, digrignando i denti gialli e arancio. I loro occhi, dello stesso colore del tartaro, vagavano in cerca dei bersagli da colpire. Asciugavano le lingue biforcute, lasciandole sibilare per aria.
Al cenno del Pallido, sciami di mosche ronzanti si avventarono sui bulbi oculari di quei soldati, e sui tessuti molli pulivano le zampe come se stessero su un tappeto. Le tartarre si rifugiarono nei loro gusci, ma le mosche trovarono modo per infilarcisi: alcune s'avventuravano giù per le loro gole, scivolando nello stomaco e affogando, altre si ficcavano nelle narici, ostruendole. Le guardie combattevano tra loro e, a prescindere dall'esito delle schermaglie, i caduti si rialzavano sempre dalla parte dei prigionieri.
Brillo non partecipò al massacro, recuperando le energie perse nella lunga apnea nelle ombre, nel Pantano.
Al muggito di un corno i superstiti si ritirarono, spegnendo ogni fonte luminosa portandola con sé. Il suono metallico dei chiavistelli aprì a un concerto fatto di silenzi. I passi dei carcerieri si fecero leggeri e lontani, fievoli sospiri tra il caos.
«Fermi compari cari! Prima che possiate dire o fare qualsiasi cosa, tendete le orecchie - attese come un cane attende l'elemosina sotto al tavolo - si sono rifugiati nei piani superiori.»
«E cosa aspettiamo? Andiamo!» inveì uno dei fuggitivi, cercando e raccogliendo diversi sguardi d'intesa.
«Pazienta giovane, pazienta. Essere organizzati giova molto più a noi che a loro. Loro sanno come muoversi, noi non ancora.»
Brillo pensò ai non-morti, il tempo li rendeva dell'ottima legna da ardere.
«E il nostro improvvisato esercito reggerà il necessario, ve lo assicuro, dovessi dare ogni goccia del mio sangue. Lasciate che vi parli di come è organizzato questo loco e di come dividerci i compiti esplorativi e combattivi» si nutrì dell'approvazione del gruppo «Mi è sembrato di aver visto del fuoco prima, chi tra voi è piro...»
«Piromane sì, mi piace dare fuoco alle cose, talvolta alle persone!» rispose uno tra i tanti individui, smanioso di raccontare la sua passione agli altri.
«Piromante, qualcuno tra voi è un piromante?» attese finché una donna nera non rispose alla chiamata infiammando entrambe le braccia. Lingue di fuoco si inseguivano attorno agli avambracci, friggendo e scoppiettando. Vicino alle mani le fiamme confluivano. Vestiva rossi abiti logori che ne esaltavano i bei fianchi morbidi color caramello. Aveva entrambe le braccia bruciate, corrose da vecchie ferite. La mano sinistra era come una forchetta sdentata, senza mignolo e anulare.
Brillo la riconobbe: era Rea.
La donna regalò un cenno di intesa alla spora.
«Facci strada per favore amica cara» disse il mago guidando il gruppo in un ambiente ancora più umido degli altri. Dietro a una vecchia porticina il vino sonnecchiava nelle botti; le salsicce e i formaggi asciugavano in silenzio, come le signore sulle spiagge in quel di luglio.
«Fate pure razzia, se vi aggrada. Ma adagio col cibo e col vino miei cari, l'alcool fortifica il coraggio, ma abbassa i riflessi» mentre i detenuti banchettavano con le provviste, il Pallido si mosse sicuro verso a una cassetta di legna, prendendo assi e rami e distribuendoli a tutti una volta infiammati dalla maga.
-
Sfondarono la porta e non trovarono nessuno ad attenderli. Brillo si fiondò in prima linea annusando l'aria e non percependo altro che l'inconfondibile puzzo di un agguato.
Davanti a lui si allungava un corridoio così largo e sfarzoso da sembrare una sala del tesoro. I ritratti dei capifamiglia giudicavano i fuggitivi con gelide espressioni di disappunto, indurite dalle crepe sulle tele, profonde come cicatrici. Mentre i capostipiti indossavano armature in metallo lucente, tutti gli altri, grassi e gonfi di cibo e d'ozio, coprivano le unte squame con tonache simili a tendaggi. Erano tutti rettili dallo sguardo truce, coperti di scaglie e piccole corna ossidate. Tra loro un quadro raffigurava una ragazza dalle fattezze umane. Grandi occhi verde smeraldo brillavano di determinazione.
«Mia cara... ti vedesse Lisa» sussurrò il Pallido, sfiorando la targhetta in ottone sotto al dipinto. Recitava un nome "Miss Lilibeth". Non mosse un muscolo quando un raglio demoniaco fece esplodere i vetri e le teche che proteggevano i dipinti.
«Ecco l'imboscata, riparatevi dietro ai non-morti» disse volgendo lo sguardo agli altri, mentre si sfilava una scheggia di vetro dal cranio. La guardia che gli faceva da scudo venne travolta da una raffica di dardi.
Seguì il gracidio compiaciuto di un individuo dall'altra parte della stanza. La sua armatura bianca risplendeva alla luce delle fiamme. Stringeva con entrambe le mani una testa d'asino dalle lunghe orecchie pelose. Il fumo usciva copioso dalla sua bocca spalancata.
«Nulla potete contro il mit-ragliatore!» rise di gusto, come solo chi ha il cuore raggrinzito come una prugna sa fare.
Brillo riuscì a evitare diversi dardi lasciandosi scivolare nell'ombra, e vi sguazzò fino a giungere alle loro spalle. Trascinò il mit-ragliatore giù nelle profondità dell'ombra, nel Pantano, lasciando che i fuggitivi potessero avviare la contro offensiva in sicurezza. Gli altri subirono la carica alleata e capitolarono in fretta.
A nulla servì una modesta barricata di tavoli rovesciati contro le fiammate della piromante; a ogni caduto il suo sorriso compiaciuto si allargava, distorcendosi come quello di rospo o di una tartarre. Caddero anche diversi prigionieri: una cameriera ragazza madre, un apprendista fabbro di sangue bastardo e l'allegro piromane. Se n'era andato facendo quello che amava: incendiando i drappeggi che impedivano alla luce della luna viola di filtrare dalle finestre.
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