XXVIII - Pur d'amore
Quando Roxanne bussò alla sua porta, Isaac era già in pigiama.
Erano le dieci passate ed era stanco, reduce di una giornata a studiare e a preoccuparsi per lei. Gli occhi gli bruciavano, la schiena gli doleva, le dita scricchiolavano. Eppure, quando la vide lì, bellissima sulla soglia del suo squallido appartamento, ogni male scomparve e rimase solo la tenera meraviglia della sorpresa. Senza dargli tempo di pensare a cosa dire, lei si fiondò tra le sue braccia.
<<Ciao.>> gli disse, la guancia schiacciata contro il suo petto.
<<Ciao.>> rispose lui, cercando con le mani il suo volto. Le accarezzò le guance rosse per il freddo dell'esterno. Un brutto livido le segnava lo zigomo sinistro. <<Ehi. Cosa ti è successo qui?>>
I suoi occhi verdi gli risposero con un guizzo. <<È meglio se entriamo. Subito.>> sussurrò prendendolo per la maglietta del pigiama e spingendolo indietro. Lui si lasciò guidare aggrottando le sopracciglia. Sembrava impaurita.
<<Va tutto bene?>> Lei annuì frettolosamente e trascinò in casa il piccolo trolley con cui era partita. Lo abbandonò in un angolo e chiuse la porta. <<Non sei passata prima a casa tua?>> domandò indicando la valigia con il mento.
<<No, sono appena arrivata. Avevo bisogno di parlarti.>>
<<Oh...okay. Che ne dici se andiamo in camera mia?>>
<<Sì, sarebbe meglio.>>
<<La valigia lasciala pure lì. Vieni.>> La guidò per lo stretto corridoio poggiandole una mano sul braccio. Aveva bisogno di sentirla vicina. Accese la luce sul disordine della sua stanza.
<<È la prima volta che vengo in camera tua.>> osservò rompendo il silenzio. Si guardò in giro con i suoi occhi vispi e attenti e Isaac si sentì incredibilmente esposto, come se su quelle pareti ci fossero scritti i suoi peggiori segreti.
<<Be', non c'è molto da vedere.>> brontolò sedendosi scompostamente sul letto sotto la finestra. La spalla gli faceva ancora male quando vi faceva pressione, quindi si era ormai abituato ad assumere le pose più disparate per evitare il dolore.
Lei ghignò. <<Questo lo pensi tu. Le camere dicono molto sui loro proprietari.>> Si rigirò tra le mani un fermacarte dorato preso dalla scrivania in legno di rovere, passò un dito sulle mensole impolverate piene di libri e mise a posto i carboncini che aveva lasciato sparsi sul mobiletto. Sembrava più pallida del solito e più magra, adesso che la guardava bene.
<<Ah... E cosa direbbe di me?>>
<<Che sei noioso. Ho ben poco da scoprire su di te, so già tutto.>>
Sollevò un angolo della bocca. <<Ti sorprenderebbe scoprire quante cose sono cambiate negli ultimi tempi.>>
Lei smise di gingillarsi lì intorno e gli si avvicinò. Si sedette accanto a lui e gli strinse il pollice destro. <<Be' allora raccontami. Voglio tornare a conoscerti.>>
Le accarezzò la guancia con la mano libera. <<Ti giuro che lo farò, però adesso devi dirmi cosa ti è successo in questa settimana, altrimenti rischierò di impazzire.>>
Lei abbassò lo sguardo, rabbuiandosi. <<Ho fatto un casino, Isaac.>>
<<Quand'è che non ne fai uno?>>
<<Sì, ma stavolta è diverso. Io...>> La forza le mancò. <<Meglio se ti racconto dall'inizio, okay?>>
<<Certo.>>
<<Bene.>> Fece un sospiro. <<I problemi sono iniziati appena sono arrivata alla Reggia: mio padre ha dato in escandescenze quando ha saputo di te. Mi hanno accusata di tradimento e hanno giocato questa carta per mettermi con le spalle al muro. Mi hanno... mi hanno promessa in sposa ad Edward.>>
<<Eh?>> esclamò d'impulso. Credette di aver capito male e cercò appoggio nei suoi occhi, ma lei evitò il suo sguardo imbarazzata.
<<Mi dispiace, Isaac. Non ho potuto farci niente.>> mormorò disperata. Credeva forse che fosse arrabbiato con lei?
<<Cosa? No, non è mica colpa tua. Non è questo quello che intendevo. È solo che è assurdo che ti abbiano costretta ad un matrimonio combinato. Insomma, credevo che queste cose fossero superate.>>
<<A quanto pare non nella mia famiglia...>> Non sembrava convinta della sua risposta, ma perlomeno si era tranquillizzata. Si portò la sua mano in grembo e continuò.<< Be' comunque, come potrai ben immaginare, non avevo nessuna intenzione di fidanzarmi con Edward, quindi mi sono giocata la carta dell'iniziazione. Ho promesso di accettare l'iniziazione in cambio della nostra libertà... se così la si può chiamare. Peccato che mi abbiano fregata. Mio padre ha posto come condizione alla successione il mio matrimonio con Edward.>>
<<Dio...>>
<<E non è finita qui.>> aggiunse con enfasi <<L'iniziazione non è affatto come la immaginavamo. Dobbiamo ringraziare il cielo di non averla fatta insieme, altrimenti ci avrebbe rovinati!>>
<<Che intendi?>>
<<È un rito sacrificale, Isaac. Devi uccidere qualcuno per ottenere l'anello.>>
Il fiato gli morì in gola. Anche solo l'idea di essere andati così vicini ad una tale tragedia...<<E tu? L'hai fatto?>>
Tirò fuori da una tasca due anelli. Uno con una gemma piccola e tanti brillantini intorno, l'altro spesso e ricco di incisioni. L'anello di fidanzamento, l'anello dei Moore.
<<Chi?>> chiese con un filo di voce <<Chi hai dovuto uccidere per questo?>>
Lei, invece di rispondere, si tirò sù le maniche della felpa che indossava, scoprendo due ferite profonde e a stento cicatrizzate. La pelle rossastra sembrava terribilmente delicata, pronta a spaccarsi di nuovo da un momento all'altro.
Le strinse piano i polsi, facendo attenzione e non farle male. <<Sei forse impazzita, Roxanne? Hai rischiato di morire!>>
<<Ho dovuto farlo, Isaac. Non potevo assassinare un ragazzo a sangue freddo. Non sono quel tipo di mostro.>>
Scosse la testa. <<Non avresti dovuto mettere in pericolo la tua vita. Ci doveva essere un'altro modo...>>
Ritrasse bruscamente le braccia da lui. <<Non c'era. La scelta era semplice: sangue o esilio. E l'esilio per me equivarrebbe alla morte. Senza protezione, i Blake non perderebbero tempo a farmi fuori. Sarei andata incontro ad una morte certa scegliendo di non rischiare la vita in quel momento.>>
Emise un lamento. La testa gli scivolò giù e si appoggiò pesantemente alla spalla di lei. Affondò il naso nella stoffa calda della felpa. <<Va bene. Hai ragione, come sempre. Solo... non farlo più, d'accordo?>>
Lei lo circondò con le braccia. Gli diede un bacio tra i capelli. <<Sai che non posso dirlo. Ti mentirei.>>
<<Ti detesto.>> brontolò.
Roxanne ridacchiò e gli prese il volto tra le mani. Gli diede un bacio leggero sulle labbra, tracciando piano con i pollici il solco della sua mascella. Accostò la fronte alla sua e condivisero un respiro. <<Anche io.>>
Lui si tirò indietro e si stese sul materasso, aspettando con un braccio allungato che lei lo raggiungesse. La sentì sfilarsi le scarpe e un attimo dopo era rannicchiata contro il suo corpo. La strinse a sé, felice oltre ogni misura di averla vicina. <<Comunque, devo ammettere che mi aspettavo di peggio. Mi avevi davvero preoccupato all'inizio.>>
<<Be', perché questo è solo l'inizio.>> precisò lei con tono grave.
Si sollevò un po' per poterla guardare in faccia. <<Stai scherzando?>>
<<No, direi di no.>>
Ricadde giù con un sospiro. <<Gesù.>> Si passò il palmo sugli occhi stanchi. <<Dai, su, racconta.>>
<<Va bene. Dopo l'iniziazione sono rimasta incosciente per quasi un giorno intero. Avevo perso troppo sangue e non riuscivo a rimettermi in forze. Quando mi sono svegliata, Liam era vicino al mio letto, aveva una faccia da funerale. Ho capito subito che era successo qualcosa. Qualcosa di grave.>> ammise <<All'inizio non voleva dirmelo, diceva di aver promesso di non farlo, che avrei commesso uno sbaglio e che mi sarei messa nei guai inutilmente. Così ho capito che si trattava di Debby: solo lei si preoccupa ancora per me. A quel punto non è stato difficile costringerlo a parlare, era furioso e non vedeva l'ora di sfogarsi con qualcuno.>>
<<Ma lei sta bene? Le hanno fatto qualcosa?>> domandò senza più riuscire a trattenersi. Non conosceva Debby quanto Roxanne, ma da piccoli giocavano spesso insieme e non poteva immaginare che succedesse qualcosa di brutto a quella dolce bambina con le treccine scure. Lei e la sua famiglia non c'entravano nulla con il Clan, non avrebbero dovuto rimanere invischiati negli affari dei Moore.
Lei si girò sulla schiena e si mise a scrutare l'intonaco decrepito del soffitto. <<No, Isaac. Non sta affatto bene.>> sussurrò, la voce rotta dal dolore <<Mason l'ha drogata. Ad un appuntamento a cui io l'avevo spinta ad andare.>>
<<Tu non c'entri, Roxanne.>> Si affrettò a mettere in chiaro, puntellandosi sul gomito buono per poterla guardare in faccia.
Lei sollevò gli angoli della bocca in un sorriso triste. <<Sapevo che l'avresti detto, che non ci avresti pensato neanche un secondo prima di scagionarmi.>> Scosse la testa. <<Mi fa arrabbiare non riuscire a crederti.>>
<<Roxi...>> Mosse la mano verso il suo volto, ma lei la bloccò.
<<No. Ti prego, adesso no.>> biascicò con gli occhi chiusi.
Isaac sospettava che, se si fosse lasciata toccare, sarebbe scoppiata in lacrime. E lei non piangeva mai davanti agli altri. <<D'accordo. Continua.>>
<<Liam voleva giustizia, quindi non ci è voluto molto per costringerlo a tirarmi fuori dal letto e a rubare il computer di mio padre. Da quando tuo padre ci ha traditi, Dominic traccia i telefoni di tutti i suoi dipendenti a loro insaputa. Per fortuna Mason è così stupido da non aver neanche pensato di spegnere il gps dopo essere scappato. L'abbiamo beccato in una pompa di benzina prima di Montréal, stava andando verso nord. Non viaggiava molto veloce, e comunque non era motivato quanto lo eravamo io e Liam. Abbiamo guidato per cinquecento miglia senza fermarci un secondo. Quando siamo entrati nel bar dell'autogrill, aveva già organizzato tutto e si stava vantando con dei motociclisti del suo piano geniale.>> Fece una pausa. L'inquietudine si fece spazio nel suo stomaco. <<Sentirlo parlare in maniera così spensierata dopo quello che aveva fatto alla mia amica mi ha fatto andare fuori di testa. Ho liquidato Liam con una scusa - non è mai stato un genio, non è difficile mentirgli- e ho aspettato per mezz'ora fuori dal locale, nascosta nell'ombra nel più completo silenzio. Sapevo che prima o poi avrebbe dovuto tirar fuori tutta la birra che si era scolato. Quindi l'ho seguito in bagno e gli ho sparato allo stomaco, senza un secondo di esitazione. Ci ha messo un quarto d'ora a morire, piangendo e pisciandosi addosso. Lo stesso tempo che Debby ha passato stesa sul pavimento di un cesso lercio a combattere contro le pasticche che le aveva messo nel drink. Mi sono goduta quel quarto d'ora come nessun altro nella mia fottuta vita.>> disse con enfasi. Lui rimase zitto. Non aveva idea di cosa dire. Non aveva idea di cosa sentire. <<Liam mi ha riportata a casa alla fine, sporca del mio sangue e del suo - lo stronzo mi ha pure rotto i punti prima di schiattare-. Ho fatto giurare a Liam di non parlarne con nessuno e, soprattutto, di trovarsi al più presto un alibi che non avesse niente a che fare con me. Sapevo che non ci avrebbero messo molto a rintracciare il corpo e lo collegarlo a me.>>
<<Perché a te?>>
<<Chi altri avrebbe mai percorso un intero Stato per vendicare una cameriera? E chi altro, a parte me, è sparito per un giorno intero dopo essere quasi morto?>>
Non fa una piega, pensò. <<E i tuoi genitori? Sapevano di Mason e Debby?>>
<<L'hanno scoperto mentre eravamo via. Hanno sentito i domestici parlarne e sono andati a trovarla in ospedale. Mio padre gli ha sguinzagliato dietro i suoi Segugi, ma era troppo tardi. L'hanno trovato il giorno dopo, quando noi eravamo già tornati a casa. Mia madre mi ha subito accusata con lo sguardo: ho capito che la mia scusa non reggeva. Era davvero pessima, ad essere sincera, ma dire che "mi serviva un po' di tempo per assimilare quello che è accaduto negli ultimi giorni" era la bugia più abbordabile in quel momento.>> Si giustificò scuotendo le mani davanti al viso. <<La situazione è degenerata completamente quando la notizia dell'assassinio è arrivata a tutto il Clan: Mason, oltre ad essere il giardiniere di mio padre, era anche un membro della banda. Christabelle ha cominciato ad assillare mio padre affinché smettesse di indagare su quella uccisione. Gli ha davvero dato il tormento, dato che sospettava che ci fossi io dietro tutto quanto. E aveva ragione, ovviamente. >> Sospirò, le lunghe ciglia sfarfallanti. <<Alla fine ho capito che la scelta migliore era dire la verità ai miei genitori: la situazione si stava facendo troppo seria e loro erano gli unici a potermi coprire le spalle. Papà mi ha guardato per un lungo momento, poi ha detto "Hai fatto onore al tuo nome, brava. Adesso però dovrai pagarne le conseguenze". Un'ora dopo mi ha fatto picchiare da uno dei suoi, così ha potuto dire in giro che Mason aveva cercato di violentarmi e uccidermi, oltre che mandare Debby in overdose. Il Clan si è stretto intorno a me, mi hanno portato fiori e detto belle parole... è stato davvero penoso. Dopo essersi lavorato l'Assemblea con un'altra delle sue scenate, Dominic è riuscito ad ottenere i consensi per un nuovo cartello di droga e mi ha rispedita qui. Nonostante nessuno sappia la verità né di Mason, né di Bellamy, è meglio tenere gli occhi aperti per un po'. Se dovesse trapelare qualcosa, sarei sulla prossima lista di omicidi di molti sicari a Detroit.>>
Isaac fece un sorriso amaro facendo oscillare l'indice sopra le loro teste. <<Per me possiamo restare rinchiusi in questa topaia per tutto il tempo del mondo. Il problema sei tu, Roxanne. Riuscirai a stare buona per un po'?>>
Si voltò a guardarlo, gli occhi infiammati di determinazione. <<Devo.>>
Lui annuì più volte, soppesando le successive parole. Non nutriva molte speranze che Roxanne si decidesse davvero ad allontanarsi dal campo di battaglia, ma non voleva neanche mostrare di non fidarsi di lei e del suo giudizio. Se lei riteneva, anche se solo illudendosi, di poterlo fare, a lui non restava che aiutarla a mantenere fede al suo piano. <<Allora farò in modo che così sia.>>
Dopo qualche minuto di pacifico silenzio, con solo i loro respiri a riempire il vuoto della sua camera, il letto scricchiolò sotto il peso dello spostamento di Roxanne. Si portò le mani in grembo e divenne immobile come un roccia. Sembrava vicina ed incredibilmente lontana.<<Non sei arrabbiato con me?>> domandò infine con voce ferma. Nonostante sapesse che Roxanne era addestrata a non mostrare emozioni, Isaac a volte continuava a provare dolore nel sentirla sempre così sicura di sé.
Scosse la testa. <<No. Hai fatto quello che dovevi. Solo...>>
<<Non avrei dovuto provare così tanta soddisfazione.>> concluse lei.
<<Be'... hai pur sempre ucciso a sangue freddo una persona.>> disse con cautela. Non voleva essere brusco, ma neanche mentirle. Era rimasto molto turbato dalle sue parole, dal modo cruento in cui aveva descritto la morte di quell'uomo, dal piacere che era trapelato dal suo tono.
<<Non era la prima né l'ultima, Isaac.>>
<<Lo so questo, però prima... prima provavi dolore, rabbia, disgusto. Dovevi ubriacarti per giorni per superare un omicidio. E adesso? Dici addirittura di essertelo goduto... non capisco, cosa è successo? Hai risparmiato la vita a quel ragazzo, e poi hai sparato a Mason senza rimorsi?>> sussurrò, la preoccupazione pulsante nella sua gola.
Lei scosse la testa, evitando il suo sguardo. <<Non so cosa mi sia preso.>>
Il silenzio cadde tra di loro come qualcosa di vivo ed opprimente, si trascinava in mezzo ai loro corpi come un pitone sazio. Lei fissò il nulla per qualche minuto, assorta nel labirinto dei suoi pensieri, poi bisbigliò: <<Promettimi che non mi permetterai di trasformarmi in un mostro.>>
<<Cosa?>> balbettò confuso.
Gli occhi verdi di lei si incatenarono ai suoi. <<Promettimelo.>>
<<Tu non potresti mai diventare un mostro, hai un cuore troppo buono.>> Lei lo guardò torvo. <<E va bene, sì, te lo prometto.>> accettò roteando gli occhi.
Il volto di lei si aprì in un sorriso scaltro. <<Farai bene a mantenere le tue promesse, Hale. Pare che tu abbia dimenticato di avere a che fare con una ragazza pericolosa.>>
<<Addirittura pericolosa?>> ridacchiò lui <<Ma se posso sconfiggerti solo con queste!>> Fece sfarfallare le dita, poi si lanciò in un rapido attacco di solletico. Roxanne si dimenò come una lepre selvatica, scalciando e ridendo senza ritegno. Isaac le finì addosso, fiero di essere immune ad un eventuale contrattacco.
<<Oddio, oddio... smettila, ti prego! Non riesco più a respirare!>> cercò di tirar fuori tra un sogghigno e un altro. <<Isaac!>>
Vedendola davvero disperata, il ragazzo fermò le mani per un po'. Lei si tirò indietro i capelli spettinati e prese un lungo respiro tremante. Lui le stava ancora sopra per metà, le guance di entrambi arrossate per la gioia e lo sforzo. Tornando consapevole dell'intreccio dei loro arti, Isaac si accorse di avere una mano poggiata troppo in basso sul corpo di lei e la tirò via lentamente. Aprì e chiuse i pugni più volte nella speranza di scacciare il ricordo. Roxanne accennò un sorriso di tenerezza e, prendendo la suddetta mano tra le sue, se la portò sul fianco e la fece scorrere lentamente sull'intreccio delle sue gambe. Fu costretto a distogliere lo sguardo. La fame crebbe dentro di lui. <<Roxanne...>> la sgridò debolmente.
Lei allacciò in braccio intorno al suo collo, la mano libera che guidava la sua intorno alla coscia. <<Roxanne cosa?>> lo provocò con voce suadente.
<<Non fare così...>>
<<Così come?>> Strinse la mano e le dita di lui affondarono nella sua carne. Isaac contrasse la mascella in un ultimo, disperato tentativo di darsi un contegno. <<Non dirmi che non ti sono mancata...>> bisbigliò sulla sua pelle. Quando lei cominciò a baciargli la base del collo, tutto divenne sfocato. Si lanciò verso di lei e le loro bocche si scontrarono con forza, denti contro denti, lingue contro lingue. Danzarono più coordinati che mai sulle note di una melodia arcaica, antica quanto le loro anime. Lei lo tirò più vicino a sé, stringendogli i capelli nel pugno fino a fargli male. Isaac annegò nell'ebbrezza delle sensazioni, i palmi stretti contro una gamba, un fianco, una curva. Sembra non poterne avere abbastanza, c'era sempre qualcosa che non riusciva ad afferrare, un dettaglio che non poteva ravvisare. Il battito dei loro cuori crebbe all'impazzata, lanciandosi in una corsa folle contro il tempo. Roxanne fece scorrere le dita lungo la sua schiena, saggiando i muscoli contratti e trovando l'orlo della maglietta. Isaac annaspò contro la sua bocca quando le mani di lei sfiorarono la pelle nuda, seguendo delicatamente il corso della spina dorsale.
<<Vieni con me al ballo d'inverno.>> mormorò piano, le labbra leggere contro il suo orecchio.
<<Sei impazzito? No.>>
<<Dai.>> la pregò. Le lasciò un bacio sul collo.
<<No, non è una cosa da me.>> continuò lei con un sorriso.
<<Ci divertiremo.>>
<<No. E poi abbiamo appena concordato che saremmo stati nascosti per un po'.>>
<<Più nascosti che in un castello in mostagna?>>
Lei sbuffò alzando gli occhi al cielo.
<<Dai. Fallo per me. Dai.>> Per ogni rifiuto un bacio più in basso, sulla clavicola, tra i seni, sullo stomaco.
<<Ti rendi conto che facendo così mi invogli a dirti no, vero?>> ridacchiò mettendogli una mano sulla nuca.
Lui strinse gli occhi. <<Allora smetto. È questo quello che vuoi?>>
<<Quello che voglio è che mi baci ancora. Fallo bene e forse ti accompagnerò a questo stupido ballo.>> Gli prese il mento tra indice e pollice e lo tirò verso di sè.
<<Allora la vittoria è già mia.>>
<<Non sprecare fiato, Hale. Ne avrai bisogno.>>
<<Non ti conviene scommettere contro di me, Moore. Mi sono allenato tutta la vita per questo momento.>>
<<Per vincere una scommessa sui baci?>> domandò ridacchiando. Le labbra soffici schiuse a mostrare denti bianchi come perle.
Isaac posizionò i gomiti ai lati della testa di lei, poi si abbassò con studiata lentezza sul suo viso. Il fiato di lei gli solleticava il naso. <<Ti lascerò scoprirlo da sola.>>
***
La mattina dopo, Isaac bussò all'appartamento di Roxanne con due biglietti in una mano e un mazzo di tulipani nell'altra.
Lei roteò gli occhi quando vide cosa stringeva, ma gli fece comunque gesto di entrare.
<<Ancora non ci credo che sei riuscito a farmi ammettere di aver perso una scommessa.>> brontolò cercando un vaso per i fiori.
Lui ammiccò. <<Non te la prendere... sei stata rapita dal mio fascino.>>
<<Direi più dal tuo sporco giochetto con la lingua.>> lo corresse facendo vorticare un dito tra loro.
<<Non ti conviene dirlo in giro, altrimenti comincerai ad avere concorrenza.>> Si allungò per rubarle un bacio, quando Clarke spuntò dal corridoio.
<<Concorrenza per cosa?>> chiese allegramente. <<Oh, che belli i tulipani, Isaac!>>
<<Oh, niente di che.>> ammiccò <<C'è una grande novità, però: io e Roxi veniamo al ballo!>> gongolò sventolando i biglietti. Ne avevano parlato un bel po' durante l'assenza della ragazza, ma Isaac era sempre stato molto pessimista sulla buona riuscita dell'impresa.
Lei si portò le mani alla bocca spalancata. <<Non ci credo che sei riuscito a convincerla!>>
<<Oh, credimi, neanche io ci riesco.>> brontolò da un angolo Roxanne.
Isaac si strinse nelle spalle con aria soddisfatta. <<Ho i miei assi nella manica.>>
<<Mh, certo...>>
Clarke battè le mani eccitata. <<Non abbiamo tempo da perdere! Il ballo è la prossima settimana e io e te abbiamo una marea di cose da recuperare.>>
<<Del tipo? Mi spaventi se fai quella faccia...>>
<<Scherzi? Come pensi di venire al ballo, con quelle?>> Indicò le sue crocs celesti.
Lei alzò gli occhi al cielo. <<Davvero molto simpatica!>>
<<Per me puoi venirci anche così, Ro.>> sussurrò Isaac accomodandosi al bancone della colazione e acchiappando un cookie al cioccolato.
<<Sei davvero carino, tesoro, ma dovrete passare entrambi sul mio cadavere prima che io permetta un simile scempio!>>
<<Dio! Quanto sei melodrammatica... Andremo a fare shopping questo weekend, va bene così?>>
<<Affatto! Questo weekend è troppo tardi. Il tuo abito non sarà mai pronto per giovedì.>>
<<Pronto? Non ho mica intenzione di prendere un abito su misura per una serata!>> sbottò.
Clarke rivolse un'occhiata di sottecchi al ragazzo. <<Non le hai detto del tema, vero?>>
Lui si grattò la nuca con fare colpevole. <<Potrei averlo omesso. In maniera del tutto casuale, ovviamente.>>
<<Questa merda ha anche un tema? E quale sarebbe? La serata dei cazzoni?>>
Isaac si schiarì la gola. <<Ot--nto>>
<<Cosa?>>
<<Ha detto Ottocento. È un ballo in maschera. Ci vestiremo come le princip...>>
<<State scherzando, spero!>> urlò spalancando le braccia. <<Isaac, mi stai prendendo per il culo?>>
<<Sorpresa.>> disse con tono leggero facendo sfarfallare le dita.
Roxanne assottigliò gli occhi. <<Giuro che me la pagherai.>>
<<Oh, dai Roxi, non te la prendere. Ci divertiremo.>> le disse Clarke prendendole la mano. <<Sempre che Bellamy non mi dia buca...>>
Lei e Isaac scambiarono uno sguardo d'intesa. <<Non lo farà. Ne sono certa.>> sussurrò <<Ma in caso contrario, sappi che io e Isaac saremmo molto felici di portarti al ballo con noi. Sopratutto io, così potrò lasciar fare a te tutte le cose noiose...>>
<<Non ci sono cose noiose ad un ballo!>>
<<Ecco, appunto. Sei l'accompagnatrice perfetta!>>
<<Ehi!>> sibilò Isaac fingendosi offeso. Lei gli fece la linguaccia.
Clarke le rivolse un sorriso dolce. <<Grazie, siete davvero gentili.>>
<<È il minimo che possiamo fare.>>
<<No, è molto di più. Siete delle brave persone, voi due.>> cinguettò staccandosi da lei e avviandosi in corridoio.
<<Che ti avevo detto? Cuore troppo buono.>> bisbigliò Isaac, le briciole dei biscotti sparse su mento e camicia. Lei gli rispose con un gestaccio.
<<Muoviti, Roxanne. È ora di ordinare quell'abito!>> gridò dall'altra stanza.
<<Sei impazzita? Abbiamo lezione stamattina.>>
<<Be', allora ci andremo durante il pranzo.>> Poi si affacciò per mormorare ad Isaac: <<È proprio una noia mortale!>>
<<Lo so bene!>>
<<Ehi! Io sono qui, stronzi!>> esclamò mettendo il broncio. Clarke rise e tornò a prepararsi in camera sua. Si stava facendo tardi e Roxanne era ancora in pigiama. Isaac valutò se non fosse il caso di andare via subito, ma poi la guardò negli occhi e non resistette a tirarla verso di sé.
<<È inutile che fingi: so che non riesci a tenermi il broncio.>>
<<Vuoi vedere?>>
Lui sollevò un angolo della bocca. <<Oggi hai già perso una scommessa, vuoi davvero farti stracciare di nuovo?>>
Grugnì. <<Fanculo, no.>>
<<Peccato. Cominciavo già a godermi la vittoria.>>
Roxanne gli tirò un pugno sul petto. <<Smettila. Hai vinto una volta in tutta la tua vita contro di me e credi di poter fare lo sbruffone?>>
<<È il motivo per cui ho vinto che fa venire voglia di vantarsi.>> mormorò cingendole la vita con le braccia. Quando lei distolse lo sguardo imbarazzata, gli venne da ridere e la lasciò andare. Si alzò in piedi, svettando su di lei. <<Scegli un bel vestito, okay?>>
Lei lo sbeffeggiò con un inchino. <<Come desidera, milord.>>
<<Ti passo a prendere dopo.>>
E con un ultimo bacio sulla fronte, abbandonò il loro appartamento.
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