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XXVII - Questa pena ben conosco (3)

Roxanne non ebbe tempo per mostrarsi sorpresa o tradita.

Il ragazzo la attaccò subito, sollevando il pugnale verso il suo petto e avanzando di scatto verso di lei. Lei poté giusto scartare a destra per evitare di essere colpita.

<<Che diavolo fai?>> sbottò allontanandosi da lui.

Lui sorrise. <<Combatto?>> chiese sarcasticamente. La sua voce era stridula, leggera; quella di un bambino appena cresciuto.

<<Sono disarmata. Non è un combattimento alla pari.>>

Dietro di lei, i suoi genitori ridacchiarono. <<Se ti dessi un arma, allora sì che non sarebbe un combattimento alla pari!>> commentò suo padre.
Se il ragazzo era rimasto offeso da quelle parole, non lo diede a vedere. Roxanne sbuffò, continuando ad osservare guardinga il suo avversario. Tentò una fuga, ma uno degli adepti incappucciati la buttò malamente indietro. <<Allora? Qual è il gioco?>> gridò adirata scuotendosi le sue mani di dosso.

<<È un semplice combattimento fino al primo sangue. Niente che tu non abbia mai fatto. Il resto te lo spiegheremo dopo.>> disse Christabelle con compostezza.

Lei si fece schioccare le nocche. Squadrò con attenzione l'altro, studiando rapidamente i suoi punti di forza e le sue debolezze. <<Bene. A quanto pare dovrò farti male, tesoro.>>

Il ragazzo non si perse in chiacchiere e un secondo dopo le fu di nuovo addosso. Stavolta Roxanne aspettò fino all'ultimo per spostarsi e assestargli una ginocchiata al petto. Lui barcollò per un attimo, ma subito si riprese, agitando il pugnale per tenerla lontana. L'attaccò ancora e poi ancora e ancora, fino a quando non furono entrambi stremati. I suoi movimenti cominciavano a rallentare, ma non gli avrebbe permesso di ferirla davvero. Voleva solo stancarlo abbastanza da farlo desistere. Lui era madido di sudore e pieno di lividi. Aveva il fiato grosso quando disse: <<Non umiliarmi oltre. Combatti con me. Per davvero stavolta.>>

Lei scosse la testa. <<Non voglio farti male.>>

<<Devi.>>

Gli tirò un pugno. <<Sta zitto.>>

Lui si asciugò con la manica il sangue che gli usciva dal naso. Quello non valeva come vittoria. Purtroppo. Lo guardò per un attimo, poi sorrise. <<Mi avevano detto che sarebbe stato un onore combattere con te. Dicono tutti che sei la migliore, ma io vedo solo una ragazzina spaventata che non ha il coraggio di battersi sul serio.>>

<<Dovresti ringraziarmi, imbecille.>>

<<Per cosa? Esserti presa gioco di me davanti a tutti?>>

<<Non dire sciocchezze.>>

<<Allora tu smettila di trattenerti. Porta rispetto al tuo avversario.>>

Roxanne lo guardò negli occhi, scuri come il tè nero, e vi lesse fierezza, sete di gloria. Sperava davvero di poterla battere. Che ingenuo.

Quando la caricò di nuovo, lei non si mosse. Usò la sua forza contro di lui e lo buttò a terra. Il fango le sporcò la faccia. Gli immobilizzò le mani sopra la testa, ma l'altro era comunque più forte e più pesante di lei e non ci mise molto a ribaltare le posizioni. Torse il bacino e la spinse sotto di sé. Lei si ritrovò schiacciata tra il suo corpo e la terra brulla. Le tirò un pugno nello stomaco con una forza brutale. Le mancò il fiato. Nel bianco del dolore, vide la lama scendere verso il suo fianco. Si scansò, dimenandosi sotto di lui. Gli diede un calcio ben assestato e si mise in ginocchio, una gamba puntata sulla sua schiena. Lo fece finire con la faccia contro il terreno e lo tenne lì. Lui cercò di spostarsi, ma ormai Roxanne si era stancata delle buone maniere. Le aveva fatto male e adesso lei ne avrebbe fatto a lui. Gli morse la mano con cui teneva il coltello. Lui gridò e lasciò la presa. Afferrò l'arma e la mostrò alla folla, poi gli fece un leggero taglio sull'avambraccio. Non voleva che gli restasse una grande cicatrice, ma aveva bisogno che il sangue fuoriuscisse per chiudere quel duello. Lui grugnì quando la lama penetrò nella pelle. Lo lasciò andare e si alzò in piedi.

<<Era questo quello che volevate, no?>> urlò, sporca di sangue e di terra. <<Stupide bestie.>> aggiunse tra sè.

Il cerchio si aprì per lasciar entrare i suoi genitori. Sua madre le si avvicinò e le dedicò un applauso derisorio. <<Bello spettacolino, davvero. Ci ha quasi emozionati la tua magnanimità.>>

<<Ma davvero?>>

<<Ci avevamo quasi creduto... poi il mostro è venuto fuori. Come sempre.>>

<<Siete stati voi due a crearlo.>>

<<E ne andiamo fieri.>> Era la cosa più vicina ad un complimento che riceveva da sua madre da anni.

<<Brava, Roxanne. Hai completato la seconda prova.>> le interruppe suo padre. Quel sermone sembrava non aver fine. <<Ma i giochi non finiscono qui. Sai... c'è una tradizione nella nostra famiglia.>> rivelò mentre un fonte battesimale veniva trasportato accanto a loro. Era una vasca in marmo policromo finemente intarsiata, ma i discepoli di suo padre non sembravano trattarla di conseguenza. La mollarono lì vicino, senza un minimo di attenzione alla sua stabilità. Roxanne sentì la pressione salire di nuovo. <<Si dice che Athena avesse fatto forgiare il suo anello nel sangue dei nemici. Da allora, tutti i suoi discendenti e i suoi adepti hanno ripetuto parte di questo rituale.>> Una figura gli passò uno spadino riccamente decorato. A sua volta, lui lo porse a lei. <<Ora tocca a te.>>

<<Ma di che stai parlando?>> balbettò tirandosi indietro. Una brutta idea stava cominciando a formarsi nella sua testa.

<<Devi uccidermi, Roxanne.>> Il ragazzo con cui aveva combattuto poco prima era dietro di lei. Si voltò. Lui non sembrava particolarmente sorpreso o turbato: probabilmente aveva sempre sospettato quell'esito e aveva già avuto modo di metabolizzare. Tirò su le spalle ingobbite e assunse un espressione neutra. I suoi maestri dovevano avergli insegnato bene la lezione: mai mostrare paura dinanzi ai lupi.

<<Non ho motivo di farlo.>> sussurrò.

Il ragazzo si buttò in ginocchio davanti a lei. Fece una smorfia quando fu costretto a far peso sul braccio ferito. <<Devi.>> Di nuovo quella parola, quel fastidiosissimo ordine.

<<Dominic, no. È assurdo! Non posso uccidere un ragazzino per questa stronzata!>> sbottò cercando lo sguardo di suo padre. Sapeva che stava sperando in una compassione che non avrebbe trovato, ma doveva provarci comunque. Non poteva sopportare una simile barbaria.

Suo padre si strinse nelle spalle. <<Non puoi avere l'anello senza versare del sangue. Niente a questo mondo si può ricevere senza dare qualcosa in cambio.>> Parlava della morte di un adolescente come se si stesse riferendo al caffè finito in dispensa. La fece irritare ancora di più. Avrebbe voluto urlargli contro di smetterla. Si strofinò il polso sulla guancia. Non c'era via di uscita. Si trattava della vita di quel ragazzo o della sua: avrebbe dovuto rinunciare all'integrità o alla felicità? Quanto, di entrambe, aveva ancora la facoltà di salvare? Strappò il coltello dalla presa del padre, stringendo la mano sul taglio.

<<Come ti chiami?>> chiese al giovane, ancora inginocchiato, mentre si posizionava dietro di lui, lo spadino stretto nella destra. Sentiva il suo peso perfettamente calibrato, l'equilibrio armonico delle sue forme. La spaventò sapere che le sarebbe bastato un movimento del polso per reclamare la sua morte. Era davvero così semplice spazzare una vita per la gente come lei?

Niente a questo mondo si può ricevere senza dare qualcosa in cambio.

<<Ren Hu.>>

Lei sospirò appoggiandogli la mano libera sulla spalla. Era sudata. <<Bene, Ren Hu.>> Sollevò la lama. Lui sussultò davanti a lei. Fu una reazione così umana da sbigottirla. Significava che qualcosa dentro di lui era rimasto integro, sopravvivendo ai duri mesi di addestramento per conto della sua famiglia. <<Ti conviene stare fermo.>>

<<Sii veloce.>> la pregò.

Velocissima, pensò. Ripeté in mente le parole di suo padre ancora una volta. Non puoi avere l'anello senza versare del sangue. Non aveva specificato quale sangue. Con uno scatto veloce, uno di quelli che aveva faticato ad imparare, rivolse la lama verso se stessa. Si tagliò trasversalmente le vene sui polsi, stando attenta a non perforare le arterie poco più sotto. Un'ovazione si levò lì intorno, ma lei riusciva a sentire solo il rumore bianco della sofferenza. Il sangue colò ovunque, inzuppando i capelli di Ren Hu e il terreno sotto di lei. Dopo pochi secondi si sentiva già debole, ma si costrinse ad avanzare. Nonostante non potesse vedere nessun viso, riusciva a percepire la disapprovazione e la paura che aleggiava nell'aria. Stava rompendo regole secolari cedendo il suo stesso sangue per quel rito. Un sangue estremamente prezioso, per giunta. Si poggiò alla fonte, le pietre colorate tristemente imbrattate dalle impronte dei suoi polpastrelli.

<<Che stai facendo?>> ringhiò suo padre sottovoce mentre si avvicinava. Non poteva davvero interromperla, non mentre sorprendeva tutti.

<<Verso del sangue, come richiesto.>> Spinse il polso all'interno della bacinella di marmo incrostata di sangue rappreso. <<Io sono una Moore. Quale sangue, se non il mio, è più giusto usare per consacrare la mia fedeltà?>> Nessuno osò rispondere. <<Ero certa del vostro appoggio, grazie.>>

Dominic contrasse la mascella così forte che Roxanne riuscì a sentire lo stridio dei denti. Tutta la sua faccia era una maschera di rabbia repressa, di delusione e di qualcos'altro, qualcosa che non riuscì ad identificare. La sua voce suonò monocorde quando ordinò: <<Portate l'anello.>> Due uomini scattarono sull'attenti e si affrettarono a trasportare un cuscino in velluto blu su cui era poggiato l'anello di famiglia, una volta appartenuto a Corey. Suo padre lo prese e gli rivolse uno sguardo angosciato: Roxanne immaginava quanto dovesse essere difficile per lui concedere un altro figlio alla causa. Nonostante la perseguisse con tutto se stesso, doveva distruggerlo essere costretto a mettere a rischio non solo la propria vita, ma anche quella dei suoi eredi. Trasse un respiro profondo e lasciò cadere il gioiello nella piccola pozza, già piena per un quarto di liquido rosso. Quando le fece segno di proseguire con la testa, Roxanne intuì che avrebbe dovuto cercare l'anello nel suo stesso sangue. Ci infilò le dita e saggiò quel viscido e denso materiale poco a poco, finchè non incappò in un solido. Lo tirò fuori. A stento riusciva a metterlo a fuoco con tutto il sangue che stava perdendo, ma riuscì in qualche modo ad infilarlo al dito. Le andava enorme, era stato forgiato per la mano di un uomo.

<<Roxanne, giuri solennemente di perseguire il bene del tuo Clan e di non tradirlo in nessuna occasione, neanche a costo del tuo onore o della tua stessa vita?>>

<<Lo giuro.>>

<<Giuri di non abbandonare mai il fianco di un compagno, nè in pace, nè in guerra?>>

<<Lo giuro.>>

<<Giuri di non arrecare mai, con il volere o con le azioni, danno al Clan e ai suoi membri?>>

<<Lo giuro.>>

<<E con questo si conclude la cerimonia di iniziazione di Roxanne Athena Moore. Benvenuta nel Clan, figlia mia. Da oggi e per sempre sarai una di noi, domi bellique*.>>

<<Domi bellique.>> ripeterono in coro la madre e i presenti, mentre si spogliavano dei loro cappucci. Facce note, alcune più di altre. Tutti si sforzarono di sorridere, però a debita distanza. Lei non sentiva nessuna felicità, nessun tipo di realizzazione. Sapeva che si sarebbe parlato a lungo di quell'infausto evento, che la sua storia sarebbe diventata leggenda, ma non le interessava. Se non poteva scappare al suo sangue, sarebbe perlomeno diventata la regina più cattiva che i Moore avessero mai avuto.

Cercò con lo sguardo Ren Hu e lo trovò accasciato a terra, lurido e ferito. Era sul punto di richiamare la sua attenzione e intimargli di fuggire quando suo padre pretese silenzio. La radura si zittì in un soffio. <<Ren Hu, oggi avresti dovuto incontrare la morte. L'iniziazione richiede un sacrificio, che mia figlia ha deciso di pagare da sé. Io rispetto la sua decisione. Devi la tua vita alla suo benevolenza. Non dimenticarlo mai.>>

<<Non lo farò. La mia vita è tua adesso, Roxanne.>> disse solennemente mettendosi in ginocchio. Lei fece qualche passo verso di lui e si chinò per sollevare lo spadino e impartirgli la benedizione, ma un capogiro la fece barcollare in avanti. Il ragazzo la afferrò un attimo prima che cadesse. Lo sentì gridare, il suo volto sfocato stagliato contro il cielo.

Poi tutto divenne bianco e assunse il sapore del ferro.


** traduzione = in pace e in guerra

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