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XVII - E a voi salute, orrori (1)

Il giorno successivo si rivelò essere una giornata tremendamente uggiosa in Canada: il sole sembrava essere stato completamente risucchiato dalle nubi grigie, che annunciavano, senza mezzi termini, un imminente temporale.

Tornata a casa in piena notte, Roxanne aveva dormito poco e male, rigirandosi inquieta nel letto con una strana sensazione che presagiva un incombente tragedia. Non sapeva di cosa si trattasse di preciso, né quanto a stretto giro si sarebbe verificata, ma era decisa a non ignorarla. Troppe volte aveva errato non fidandosi del suo istinto.

Collegando in un primo momento tale presentimento con le bugie spiattellate da Bellamy, cercò di evitare contatti prolungati con Clarke, sfuggendo veloce come sabbia asciutta tra le dita.

Tuttavia, alla fine, i suoi sforzi si rivelarono del tutto vani. La sua coinquilina, infatti, decisa a trattare la questione della parentela anche con Roxanne, la bloccò in corridoio e la costrinse a vuotare il sacco.

<<Vorrei parlarti.>> esordì appoggiandosi alla parete e impedendole il passaggio.

Roxanne la squadrò: era leggermente meno impeccabile del solito, simbolo che anche per lei quella era stata una lunga notte. Un brutto pensiero le si affacciò nella mente e fece di tutto per scacciarlo. Si guardò in giro. <<Va bene. Di cosa?>>

<<Bell mi detto che voi due siete cugini.>>

<<Oh...>> sussurrò Roxanne stringendo le labbra. Si lisciò impassibile la camicia bianca.

<<Spero non ti infastidisca.>> si affrettò a dire Clarke <<Bellamy non voleva rivelare il segreto, sono stata io ad insistere.>>

<<Non preoccuparti, non c'è problema.>> brontolò sbrigativa Roxanne. Al momento aveva solo voglia di puntare un coltello alla gola di Blake per averla gettata in quella spiacevole situazione.

Clarke le sorrise e la prese sottobraccio. <<Sono proprio felice che tu sia una di famiglia!>>

Per quanto potesse sembrare assurdo, le fece un po' male tale esclamazione: la costrinse a ripensare ai vecchi tempi, a quando era per davvero parte della famiglia Blake, a quando lei e Bellamy erano felicemente e ingenuamente innamorati l'uno dell'altra.

Roxanne ingoiò il saporaccio che aveva in bocca e si sforzò di stendere le labbra screpolate in un sorriso. <<Non quanto lo sia per me!>>

<<E comunque... mi dispiace per il litigio delle vostre famiglie e, be', per la morte di tuo fratello...>> bisbigliò cautamente Clarke circondandola con un braccio.

Il riferimento a Corey la inquietò, ma Roxanne scelse saggiamente di non indagare. Avrebbe potuto incappare in qualche incongruenza e non c'era bisogno di rischiare, non quando avrebbe potuto chiederlo all'artefice della menzogna. <<Grazie. Sei davvero gentile, Clarke.>>

Clarke l'abbracciò e Roxanne non fece resistenza. Ormai si era abituata alle effusioni di affetto della sua coinquilina e, anche se non le apprezzava particolarmente, stava lentamente imparando a non odiarle o rifiutarle. Si fece stringere tra le esili braccia della ragazza, lasciandole credere di poter alleviare un dolore arcano come l'universo. Clarke era fredda e spigolosa, troppo minuta per permetterle seriamente di appoggiarsi a lei, ma Roxanne abbassò lo stesso il capo sulla spalla dell'amica e finse abilmente di trarre consolazione da tale gesto. Si staccò dopo poco, stanca di tutto quel contatto fisico non richiesto. Clarke sembrava soddisfatta del suo lavoro e a Roxanne fece piacere sapere di averla resa contenta. Per lo meno una delle due adesso si sentiva meglio.

Roxanne si schiarì la gola e cercò di far prendere alla conversazione una piega più allegra. <<Adesso che hai scoperto il segreto, potrò mostrarti le nostre foto da bambini.>> disse dandole di gomito.

Gli occhi azzurri di Clarke luccicavano. <<Non vedo l'ora! Bellamy non mi fa mai vedere le sue foto da piccolo.>>

Roxanne pensò ai media presenti sulla pennetta USB di Isaac e ridacchiò. <<Non sai cosa ti aspetta.>>

<<Sono molto imbarazzanti?>> chiese Clarke mezza spaventata e mezza elettrizzata.

<<Molto è un eufemismo, cara mia.>> Le diede una pacca sulla spalla. <<Ho un video in cui io e Isaac facciamo cadere Bellamy in un lago. Lui era così furioso che non ci ha parlato per tre giorni.>>

<<Bellamy e Isaac si conoscevano?>> domandò Clarke stupita <<Non me l'aveva accennato.>>

Roxanne si strinse nella spalle tranquilla. Ovviamente immaginava che Bellamy non avesse nominato Isaac, ed era proprio per questo motivo che ne aveva fatto parola con Clarke: voleva prendersi una piccola rivincita. Del resto, anche lei era una brava tessitrice di falsità. <<Ma certo! Erano inseparabili, facevano praticamente tutto insieme. Pensa che, quando eravamo piccoli, Bellamy diceva a tutti che loro due erano fratelli.>>

<<Che cucciolo!>>

Roxanne annuì. <<Sì, Bellamy era proprio un bambino adorabile. Non mi spiego come abbia fatto a diventare così antipatico.>>

Clarke rise. <<Ehi! È pur sempre del mio fidanzato che stai parlando!>>

<<Sai che è la verità.>> mugugnò.

Clarke alzò gli occhi al cielo divertita. <<E loro due perchè non si parlano mai?>> disse riferendosi a Bellamy e Isaac.

Roxanne si diede una scrollata. <<Non lo so di preciso, però hanno sofferto moltissimo quando li hanno separati. Forse è per questo che preferiscono ignorasi.>> raccontò con tono volutamente grave.

<<Oh, poverini...>> sospirò Clarke.

<<Già... Bellamy era davvero disperato. Piangeva come un neonato.>> aggiunse trattenendo a stento un ghigno di soddisfazione. Quando guardò bene Clarke, però, si rese conto di quanto fosse atterrita e si domandò se non avesse esagerato con quella tiritera.

Roxanne, ovviamente, non poteva immaginare che la ragazza stava solo racimolando le forze per porle una domanda che la tormentava da tutto il dì. <<Quindi tu lo conosci bene?>>

Roxanne aggrottò le sopracciglia. <<Ovvio. Come le mie tasche.>> Ed era vero: lei lo conosceva meglio di chiunque altro.

<<Ma tu... tu credi che lui provi seriamente qualcosa per me?>> chiese con un filo di voce.

Roxanne si staccò da lei e barcollò indietro di qualche passo.

Pensò a Bellamy, ai loro cuori che pompavano il medesimo sangue nero, alle loro menti sempre in contatto, che pianificavano e pensavano alla stessa identica maniera calcolatrice, ai loro sguardi infuocati, ai loro dolori condivisi e alla parte di lei che era in lui e la parte di lui che viveva costantemente in lei.

Poi guardò Clarke, il viso in attesa, le spalle leggermente incurvate dal peso di stare con un ragazzo con una brutta reputazione e di cui non conosceva nemmeno il passato, le labbra e i muscoli tesi e capì. Non poteva farlo. Non poteva dirle ciò che pensava davvero. Lei era troppo fragile per sopportare la portata della verità. Come avrebbe potuto spiegare che il cuore di Bellamy non sarebbe mai più stato lo stesso? Che si era inaridito dopo tutto quella morte e quella sofferenza? Roxanne sospettava persino che non fosse più capace di provare qualche emozione veritiera.

E comunque, Clarke non avrebbe neanche davvero capito: i Clan, l'onore e la guerra erano cose molto lontane dalla sua vita di ragazza di campagna e, quindi, non aveva senso sobbarcare il suo debole cuore invaghito di un peso inutile.

<<Io credo proprio di sì. >> bisbigliò infine.

Clarke sembrò spiccare il volo dalla gioia. Il suo spirito illuminava il corridoio ombreggiato. <<Dici davvero?>>

Roxanne fece un sorriso amaro mentre le stringeva la mano. <<Perchè mai dovrei mentirti?>>

***

Roxanne era intenzionata a prendersi la sua dolce e succosa vendetta.

Il pacco esplosivo che Bellamy le aveva rifilato il giorno prima non le era andato affatto giù: lui l'aveva messa in una posizione scomoda senza minimamente preoccuparsi della sua opinione. Essendo, per giunta, una ragazza alquanto permalosa e dispettosa, decise di ripagare il favore che le aveva offerto ritorcendogli contro la sua stessa bugia.

Per questa ragione, si piantò davanti alla fontanella dove lui e Max erano soliti fermarsi a riposare durante la loro sessione di corsa pomeridiana. Conoscendo a memoria i suoi orari, non dovette neanche aspettare più di tanto prima di vedere le loro teste ricciute spuntare dietro ad un cespuglio.

Max, brillante come il sole al tramonto, parlottava rapito con l'amico, le sue labbra carnose si muovevano veloci per aggiornarlo sugli ultimi risultati della NBA. Indossava un paio di pantaloncini sportivi e una maglietta tremendamente aderente che lo faceva sembrare una statua scolpita nel marmo da Michelangelo Buonarroti. Bellamy, dal canto suo, scoppiò in una risata divertita che sembrò rischiarare le tenebre del suo carattere: gli si formò una piccola fossetta sulla guancia sinistra e i suoi occhi grigi luccicarono deliziati. Roxanne a volte dimenticava quanto potesse essere bello quando era felice.

Max la riconobbe quasi subito, le fece un segno con la mano e scattò veloce verso di lei. La reazione di Bellamy fu pressoché il contrario: si rabbuiò come un cielo terso e rallentò fino a camminare. I suoi occhi si ridussero a due fessure.

Roxanne lo fissava con un sorrisetto crudele sulle labbra.

<<Ciao, Henderson.>>

Il ragazzo in questione si sistemò all'indietro i capelli sudati e le sorrise. <<Ciao, Roxi. Che ci fai qui?>> chiese prima di chinarsi a bere alla fontana. L'acqua gli scrosciò sul viso e lui ne bevve due lunghi sorsi.

Roxanne, scaltra come una volpe, attese pazientemente che Bellamy entrasse nel raggio della sua voce prima di dire: <<Aspettavo mio cugino. Devo parlargli.>>

Max sollevò il viso bagnato e confuso. <<Ma di chi parli?>>

Bellamy chiuse gli occhi e contrasse il volto in una smorfia stizzita. <<Di me. Parla di me.>>

Max aggrottò la fronte. <<Cosa mi sono perso?>> Continuava a volgere il capo prima verso l'uno e poi verso l'altra. Probabilmente credeva che lo stessero prendendo in giro.

<<Un bel po' di cosette a quanto pare...>> ghignò Roxanne mettendosi le mani sui fianchi.

Bellamy le ringhiò contro mentre Max gli dava le spalle. La sua faccia arrabbiata era nettare divino per Roxanne.<<È una lunga storia, Max. Te ne parlo più tardi, va bene?>> borbottò apparentemente esausto.

<<No, come me ne parli più tardi? Voglio saperlo adesso.>> insistette il cestista passandosi il braccio nudo sul mento per asciugarsi.

<<Adesso non posso, devo chiarire un paio di sacrosanti valori morali con Roxanne.>>

Max aggrottò le sopracciglia e si voltò verso di lei. <<Ma che diavolo sta succedendo?>>

Roxanne sorrise incoraggiante. <<Non preoccuparti, Bellamy ti spiegherà tutto dopo. Mi ha promesso di dirti tutta la verità. Siamo entrambi stanchi di mentire, non è vero?>> ammiccò.

Bellamy grugnì. <<Tu continua pure il giro. Ci vediamo alla confraternita.>>

Max non sembrava convinto. <<Eddai. Adesso sono curioso! Non potete dirmelo e basta?>>

Entrambi scossero la testa. <<Mi dispiace, Max, ma adesso devo parlare urgentemente con Bellamy.>>

<<Devi resistere solo mezz'ora, eh. Che sarà mai! Fino a due secondi fa neanche sapevi niente.>>

Max sospirò. <<E va bene. Ma cercate di fare in fretta, odio aspettare.>>

I due gli fecero segno di sì con la testa e lo incitarono ad allontanarsi. Appena si fu voltato, Blake partì all'attacco. <<Come hai osato?>> ringhiò lui avvicinandosi a pugni stretti. Scandì rabbiosamente parola per parola, come faceva sempre quando era nervoso.

Roxanne rise senza enfasi. <<Potrei farti la stessa domanda.>>

Bellamy fece un gesto con la mano per minimizzare la situazione. <<Non è la stessa cosa.>>

<<Ah no? Clarke sarà pure la tua fidanzatina, ma io ci vivo insieme! Penso di avere diritto ad un briciolo di considerazione quando prendi queste scelte, non credi?>>

<<Non sapevo più che pesci pigliare. Ho dovuto improvvisare.>> Le sue braccia scattavano velocemente di qua e di là. <<Ma tu, invece, l'hai fatto apposta!>>

<<Infatti. Volevo farti vedere cosa si prova, coglione.>>

Bellamy digrignò i denti candidi. <<Sei proprio una stronza viziata! Vaffanculo! Max è il mio migliore amico e adesso, per colpa tua, sarò costretto a mentirgli.>>

Roxanne gli rivolse un sorrisetto beffardo e gli parlò con il tono più smielato che avesse: <<Oh, povero piccolo Bell. Ti pesa così tanto dover aggiungere un'altra bugia a tutte quelle che già gli rifili ogni giorno?>> Bellamy distolse lo sguardo. <<Ti chiedi mai come la prenderebbero la dolce e ingenua Clarke e il perfetto amichetto Max se scoprissero la verità su di te?>>

<<Mi stai per caso minacciando?>> chiese rosso in volto. L'ira pareva far lievitare la sua statura.

Roxanne sollevò un angolo della bocca e si strinse le mani al petto. <<Ti dico io cosa farebbero: scapperebbero. Tutto questo>> disse indicando con l'indice i dintorni <<è solo un bel castello di carta. Mi basterebbe un sospiro per rovinarti. Ricordalo la prossima volta che ti verrà in mente di prendere una decisione del genere senza il mio consenso.>>

Bellamy la fissò divertito. <<Se pensi di spaventarmi, ti sbagli di grosso. Ho cose molto più importanti a cui pensare che alle moine di una bambinetta come te.>>

Roxanne non si fece minimamente turbare da quei commenti. Erano soliti offendersi a vicenda anche prima del distacco, quindi era estremamente abituata a non attribuire troppa rilevanza alle sue parole. Bellamy era capace di essere molto crudele quando era arrabbiato. <<Sì, be', anch'io andrei un po' di fretta, quindi che ne dici di muoverti a dirmi cosa diavolo le hai raccontato?>>

Bellamy fece una smorfia. <<Te l'ho già scritto nel messaggio.>>

<<Oh, quindi le hai spiegato tutti i nostri rapporti familiari e la nostra storia in due frasi? Sei proprio un poeta, devo ammetterlo.>> replicò sarcasticamente. Bellamy alzò gli occhi al cielo. <<Ti rendi almeno conto che questa bugia fa acqua da tutte le parti?>>

<<Come sempre ho congeniato le mie bugie alla perfezione, non c'è nessuna falla. A parte te, ovviamente.>>

Roxanne spalancò la bocca indignata. <<Percepisco molta rabbia repressa lì dentro.>>

<<Be', io ti propongo una tregua e tu vai a spiattellare le mie stesse bugie in giro! Per forza devo essere arrabbiato!>> esclamò spalancando le braccia.

Lei gli fece la linguaccia. <<Sono stata fin troppo buona con te stavolta.>>

<<Va al diavolo, Roxanne.>>

La ragazza gli fece l'occhiolino, poi, perfidamente divertita, si diede un'occhiata in giro, quasi a voler condividere la sua soddisfazione con un qualsiasi estraneo. Osservandolo meglio, Roxanne si reste angosciosamente conto che il posto era gremito di ragazzi che passeggiavano, parlottavano, mangiavano e si divertivano qui e lì, tutti con un'aria spensierata sul volto. Quello di Roxanne, al contrario, era contratto nello sforzo di analizzarli tutti: ce n'erano così tanti che continuava a farsi sfuggire qualcuno nella mischia. La cosa non era un buon segno.

<<Sì, sì. Andiamoci insieme, basta che ci spostiamo di qui.>> sussurrò tirandogli una pacca sulla spalla e cominciando a correre nella direzione opposta. Bellamy la seguì con un rantolo, comprendendo un po' in ritardo l'impellenza della situazione.

Lo condusse in una parte buia e appartata del campus dove nessuno li avrebbe disturbati: anche se adesso Clarke li vedeva come due cugini, non era prudente starsene insieme per troppo tempo in luoghi pubblici. C'erano forze in agguato ben più avverse di una ragazza gelosa.

Erano così abituati a correre per lunghe distanze, forti di anni e anni di assidui allenamenti, che, anche dopo quello scatto, nessuno dei due aveva il fiato grosso. Blake sembrava addirittura rinvigorito da quello sforzo fisico.

<<Parla pure. Qui nessuno verrà a cercarci.>> mormorò incitandolo con un gesto della mano. Lì il fogliame era fitto e oscurava la luce del pallido sole pomeridiano. I rami scricchiolavano leggeri sotto il loro piedi ad ogni passo.

Bellamy aggrottò le sopracciglia. <<Sembra che tu sia sul punto di uccidermi se lo dici in questo modo.>>

<<E muoviti!>> lo punzecchiò lei. Le stava facendo perdere un sacco di tempo con quelle stupide battutine.

Il ragazzo sospirò passandosi una mano tra i capelli sudati. <<Non c'è molto da dire in realtà. Per ora le ho raccontato solo che le nostre famiglie hanno deciso di non rivolgersi mai più la parola e noi abbiamo dovuto obbedire. Oh e che, naturalmente, siamo cugini da parte di madre.>>

<<Ma dai!>> brontolò <<Non mi stai dicendo niente di nuovo, Bellamy. Ti vuoi concentrare?>>

<<Le ho anche detto che mia madre è morta in un incidente stradale e che alla guida c'era tuo fratello.>> aggiunse tutto d'un fiato. Gli occhi giudiziosi di Roxanne gli stavano perforando le membra, le sentiva bruciare come carne essiccata al sole.

<<Che cosa hai fatto?>> urlò lei. Le mani le sudavano dall'indignazione. Cominciò a camminare compulsivamente in tondo. Adesso capiva a cosa erano dovute la tristezza e la compassione nella voce di Clarke.

<<Roxanne...>>

La ragazza lo fissava incredula, le palpebre spalancate dallo stupore. <<Come hai potuto, Bellamy? Mentire su di me è un conto, ma su Corey...>> Le sue parole erano fragili e profonde come il nulla eterno. Sentiva che era sul punto di scoppiare a piangere dalla furia, quindi distolse lo sguardo e si focalizzò su una manciata di fiori gialli che crescevano radi ai limiti di un'aiuola.

<<Mi dispiace.>> bisbigliò.

Lei non lo degnò di un'occhiata. Non si meritava neanche una lettera del suo dolore. <<C'è qualche altro geniale particolare che dovrei conoscere?>> domandò con un tono gelido e tagliente.

<<Nulla di troppo rilevante: siamo cresciuti insieme, la separazione è stata straziante, abbiamo preferito fingere di non conoscerci... insomma, le solite stronzate.>> Poi, con un tono da imbecille, aggiunse sovrappensiero: <<Non abbiamo speso tanto tempo a parlare ieri sera.>>

Roxanne, capendo al volo a cosa si stesse riferendo, rilassò volontariamente tutti i muscoli del viso e gli rivolse l'espressione più impassibile che fosse in grado di sfoggiare.

Blake si rese conto della sua pessima illustrazione dei fatti solo quando la guardò dritto in faccia. Simulò una falsa tosse e disse: <<Se dovesse chiedermi altri dettagli, te li farò sapere.>>

<<Bene.>> Roxanne annuì e si voltò. Si era stancata di stare lì a farsi mettere i piedi in testa da un uomo. Soprattutto per il fatto che quell'uomo era Bellamy Blake. Voleva andarsene, però aveva ancora una cosa da rivelare. <<Ah, Bellamy, ho detto a Clarke che tu e Isaac eravate inseparabili. Il resto te lo dirà di sicuro lei stessa.>>

Il ragazzo ammutolì. Il suo primo impulso fu quello di protestare per quell'odioso torto, di gridarle contro e di sfogare il malcontento, ma, razionalmente, era consapevole di averla offesa con la storia di Corey e non voleva infierire ancora. Avrebbe desiderato riparare al suo sbaglio, però non sapeva come dirlo. Era diventato un analfabeta di emozioni. Persino i suoi rari "scusa" apparivano vuoti e vanesi.

Rimase perciò in silenzio, contemplando la folta chioma dorata di Roxanne e assaporando l'afflizione derivata dal non sapere più come esprimere i propri sentimenti.

Dopo un minuto di silenzio, Roxanne si strinse nelle spalle e se ne andò, lasciandolo solo con i suoi demoni e le sue fragilità. 



§§§

eccomi finalmente con la versione ufficiale del capitolo. ho cambiato solo alcune piccole cose, nulla di tanto importante se avete già letto il capitolo in precedenza. 

scusatemi se sto rallentando un po' gli aggiornamenti, ma sicuramente potrete capire quanto questo periodo sia stressante scolasticamente e socialmente parlando. sono sobbarcata di compiti e scrivo di notte, per questo a volte faccio degli errori di battitura/ripetizioni.

vi prego ancora una volte di segnalarmi eventuali sbagli/incongruenze: non sapete quanto vale il vostro aiuto per me.

vvb <3

ps. il prossimo pezzo sarà uno shock


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