XIV - Che cosa importa dove
Isaac raggiunse il bagno in non più di sei secondi.
Ricevuta la chiamata di Clarke, si precipitò al piano di sopra facendosi spazio tra la folla di ragazzi a suon di spintoni. Salì i gradini a due a due e spalancò la porta senza neanche bussare. La visione che gli si prospettava davanti era fin troppo simile a quella dei suoi ricordi: Roxanne, tanto ubriaca da dimenticare il suo nome, accasciata sul pavimento come un animale ferito e agonizzante.
<<Oh, Isaac, grazie al cielo sei qui!>> sospirò sollevata Clarke Griffin. La ragazza si aggirava in totale panico per l'angusto locale, muovendosi velocemente sui suoi piccoli piedi fasciati da eleganti tacchi neri. La frangia le si incollava alla fronte in alcuni punti a causa dell'umidità dell'ambiente. Aveva uno strano colorito verdognolo. <<Scusami, non sapevo chi altro chiamare. Bellamy non mi risponde.>>
Isaac le poggiò una mano sul braccio. <<Non dirlo nemmeno, hai fatto benissimo a telefonarmi. Va a cercare Bellamy, mi occupo io di Roxanne.>>
Clarke lo guardò e diverse emozioni attraversarono il suo viso grazioso: sollievo, perplessità, diffidenza. <<Sei sicuro?>>
Isaac rise. <<Sì, direi proprio di si. Me la caverò, l'ho già fatto in passato. Ti faccio sapere, okay?>>
<<D'accordo.>> annuì lei dopo un momento di indecisione. Poi, mentre si avviava fuori, aggiunse in un sospiro: <<Sei troppo gentile per essere vero.>>
Isaac sorrise a quel commento e abbassò gli occhi sulla sua vecchia amica. <<Sul serio? Ti riduci ancora così, Roxanne?>>
Lei, rannicchiata accanto al gabinetto, gli alzò il dito medio. Un singulto fortissimo le scosse le spalle e si alzò di scatto per vomitare ancora. Isaac si allungò giusto in tempo per afferrarle i capelli lunghi e allontanarli dalla sua bocca. Tirò lo sciacquone.
Roxanne sembrò perdere anche quel briciolo di forze che le restavano e si appoggiò pesantemente al bordo della tazza. <<Credo di aver ufficialmente finito.>> biascicò con un tono tanto esile da essere quasi inudibile in tutto quel caos. Gli si strinse il cuore.
Isaac si inginocchiò accanto a lei e le scostò per bene tutti i capelli dalla faccia. Era bollente. La tirò su di peso e, tenendole la vita per un braccio, le sciacquò il viso e i polsi con l'acqua fredda del rubinetto. Quando lei alzò lo sguardo e i loro occhi si incontrarono attraverso lo specchio, si rese conto di quanto fossero vicini. Il vestito di lei era sottile e Isaac riusciva a sentire il calore febbricitante della sua pelle attraverso la stoffa. Cercò di tenere a freno i pensieri. <<Pensi di farcela a tornare a casa?>>
Roxanne non rispose. Lo fissò a lungo, come per inquadrare bene con chi stesse avendo a che fare in quel momento, e fece segno di no con la testa.
Isaac si grattò la clavicola in imbarazzo e balbettò: <<P-posso?>>
La ragazza si girò barcollando nel cerchio delle sue braccia e si lasciò sollevare. Affondò il viso nel collo tiepido di lui solleticandolo con il nasino ghiacciato. Isaac tentò di toccare il meno possibile, ma in un modo o nell'altro si ritrovò comunque a stringere tra le mani le sue cosce nude. Il suo stomaco cadde a picco dal settimo piano di un palazzo quando lei gli cinse i fianchi con le gambe. Sperò che fosse una reazione all'emozione di stare con lei e non l'alcol che cominciava ad entrargli in circolo proprio adesso. Si pentì amaramente di aver bevuto tutta quella birra. Non sapeva quanto tempo gli restasse prima che il mondo iniziasse effettivamente a girare. Si promise di rimanere lucido il più a lungo possibile, doveva prendersi cura di Roxanne.
<<Andiamo a casa.>> Si avviò verso le scale. La testa di Roxanne ciondolava preoccupantemente da un lato e dall'altro. Le poggiò una mano sulla schiena per non farla cadere all'indietro mentre scendeva i gradini e le dita che sfociavano oltre l'ampia scollatura del vestito le procurarono un leggero brivido. Isaac se ne compiacque in silenzio. Quel breve momento felice fu drasticamente interrotto dalla comparsa di un personaggio fin troppo conosciuto.
<<Che diavolo succede?>> domandò Bellamy spalancando gli occhi grigi. Isaac grugnì infastidito e accelerò il passo. <<Hale?>>
<<Niente che ti riguardi.>> Bellamy gli intralciò la strada con la sua imponente figura. Il ragazzo, a malincuore si fermò. <<Non ho tempo per te, Blake.>>
A quel nome Roxanne voltò piano il capo verso di lui. Strabuzzò gli occhi nella confusione generale. Una volta individuato il soggetto, sbuffò sonoramente e si lasciò ricadere contro il petto di Isaac. <<Portami via, per favore.>> brontolò saltando qualche lettera.
Isaac le accarezzò la schiena e fece un bel sorriso maligno a Bellamy. <<L'hai sentita? Levati dai coglioni.>>
E detto questo lo oltrepassò con una spallata. Si fece largo tra la folla, per poi arrestarsi davanti alla porta d'ingresso della villetta. Mise giù Roxanne con delicatezza, acciuffò la sua giacca tra la marea di soprabiti presenti sui vari attaccapanni e gliela fece infilare. Lei lo ringraziò con uno sbadiglio e tornò a rifugiarsi tra le sue braccia.
Fuori si gelava, l'aria pizzicava la pelle e il respiro si trasformava in leggere volute, tuttavia era una bella notte. Il cielo era limpido e le stelle rilucevano nel buio come lampadine iridescenti. Il sentiero era illuminato dai lampioni che producevano coni di luce e ombre. Nonostante indossasse solo la leggera camicia bianca, non aveva freddo: il fiato di Roxanne gli riscaldava il collo e il cuore. In più, ogni tre passi, le labbra carnose di lei gli sfioravano la pelle nuda e sensibile sotto il colletto, accendendo mille fuochi in punti diversi del suo corpo.
Se la prese con comodo: il peso di Roxanne non lo infastidiva e ci teneva a godersi quel momento irripetibile. Strofinò lievemente la guancia contro i suoi capelli disordinati. Neanche gli sembrava vero di poterlo fare.
La vista del palazzone azzurro lo intristì. Roxanne tenne aperto il portone di vetro e si infilarono dentro.
<<Ce la faccio.>> gli disse lei nell'androne. Isaac la sostenne mentre i suoi piedi toccavano terra davanti all'ascensore. Il solito fastidioso bip li accolse nel locale d'acciaio e specchi. Roxanne si poggiò contro il vetro e chiuse gli occhi mentre salivano con uno scossone. Era così buffa che Isaac si sentì in dovere di scattarle una foto. Sicuramente l'avrebbe ucciso il giorno dopo. L'idea che ci sarebbe stato un giorno dopo da passare insieme lo fece sorridere.
<<Appoggiati a me.>> propose alla ragazza porgendole il braccio all'uscita dall'ascensore. Lei vi si avvinghiò tanto pesantemente da farlo sbandare verso il muro. Ad Isaac venne da ridere e Roxanne, guardandolo di sottecchi, lo imitò. <<Mi dai le chiavi, per piacere?>>
Roxanne spalancò gli occhi e si diede uno schiaffo un po' troppo forte sulla fronte. <<Il mio giubbotto! L'ho lasciato lì...>> grugnì costernata.
<<Avevo dimenticato che memoria di ferro hai quando sei ubriaca.>> borbottò Isaac sottovoce.
Roxanne gli tirò un pugno. <<Ti ho sentito!>>
Isaac ridacchiò. <<Calma, tigre. Se ti muovi troppo rischi di vomitare ancora.>>
Roxanne gli fece la linguaccia. Si sentiva evidentemente meglio.
Isaac la guardò con un lato della bocca sollevato e la spinse piano con il palmo prima contro il muro e poi giù, sul pavimento. <<Tu resta qui, io vado a prendere le chiavi. Non muoverti, non combinare guai e, ti prego, cerca di non vomitare qui fuori.>>
Roxanne gli fece il saluto militare. <<D'accordo, papà. Oppure potremmo infrangere le regole e forzare la serratura.>> propose schernendolo. Si sfilò dal reggiseno un paio di forcine nere. Era talmente distratta che neanche si accorse di non aver sistemato il vestito. Isaac deglutì a fatica davanti alla vista del suo seno coperto di pizzo. Le guance gli scottavano per l'eccitazione.
Distolse onorevolmente lo sguardo e si chinò per coprirla. <<Scherzi?!>> sbottò una volta riparato il disdicevole inconveniente.
Roxanne chiuse gli occhi e gli porse gli oggetti. <<Dai, ti sei allenato tutta la vita per questo momento.>>
Isaac le strappò da mano le forcine con uno sbuffo. <<Potresti anche smetterla di fare la stronza con il tuo salvatore. La prossima volta ti lascio annegare nel tuo vomito.>>
<<Che bella immagine!>> esclamò stendendosi a terra. Cominciò a rotolare lungo il corridoio.
Isaac la ignorò. Prima di abbassarsi davanti alla porta si guardò in giro: il piano era vuoto e silenzioso, erano tutti alla festa o a dormire. Sperò che il fracasso di Roxanne non li svegliasse proprio in quel momento. Piegò le forcine, una a novanta gradi e l'altra a grimaldello, e cominciò a sollevare verso l'alto i pistoncini della serratura. L'aveva fatto così tante volte che non ci impiegò più di due minuti. Diede una spinta alla porta. <<Rotola dentro.>>
Roxanne gli fece l'occhiolino e si trascinò all'interno del suo appartamento. Era buio pesto e per un pelo Isaac non le cadde addosso. Mantenere l'equilibrio diventava sempre più difficile anche per lui. Tastò il muro alla ricerca dell'interruttore e lo azionò. L'ambiente si illuminò, permettendo ad Isaac di vedere Roxanne strisciare divertita sul pavimento. Chiuse la porta dietro di sé e le si avvicinò.
<<Vuoi un passaggio?>> le domandò ridacchiando. Roxanne annuì, si mise a pancia in su e gli porse i piedi. Isaac comprese che voleva essere trascinata come facevano quando erano bambini. Strinse le mani intorno alle sue caviglie e cominciò a tirarla verso la camera da letto. Non riusciva a smettere di guardarla ridere, si sentiva totalmente inebriato da quel incantevole suono.
Una volta nella stanza, Isaac si sporse a scoprire il letto, poi tirò su Roxanne e la fece sedere sul bordo del materasso. La ragazza ricadde pesantemente all'indietro come un inanimata bambola di pezza.
<<Non mi ero mai accorta di quanto fosse comodo questo materasso.>> farfugliò lei battendo sul copriletto <<Quasi quasi me lo riporto a Detroit.>>
<<Sei ubriaca fradicia, Roxanne, ti sembrava comodo anche il pavimento fino a due secondi fa!>> Isaac si chinò per slacciare le scarpe della ragazza. Non era la prima occasione in cui le sfilava i tacchi, dunque non gli risultò estremamente complicato armeggiare con quegli aggeggi infernali.
Roxanne fissava ancora il soffitto con un'espressione beata. <<Forse hai ragione.>>
<<Dopo che me l'hai data vinta così in fretta, mi sa di avere ragione di sicuro.>> sogghignò lui.
Roxanne gli fece un gestaccio e affondò il viso nel cuscino. Si raggomitolò come uno scoiattolo pronto per il letargo e Isaac le rimboccò le coperte. Era davvero adorabile.
Si sedette accanto a lei. <<Come ti senti adesso?>>
<<Niente più vomito... spero.>> disse voltando svariate volte la testa da destra a sinistra senza motivo.
Seguendo il movimento, Isaac si ritrovò a fissare un quadro appeso al muro che ritraeva un oggetto stranamente familiare. <<Sono i nostri anelli quelli?>> domandò incuriosito dalla peculiare scelta di rappresentazione. Il quadro era molto crudo ed evocativo: bastava dargli un'occhiata per comprendere i sentimenti forti e contrastanti di Roxanne nei loro confronti.
Roxanne si passò una mano sul viso stanco. <<Già.>>
<<Ma...>> mormorò focalizzandosi meglio su i dettagli.
<<Sì, c'è una scritta in più. Anche Bellamy ci ha tenuto tanto a commentarlo.>> borbottò alzando gli occhi al cielo.
Isaac si trattenne dal chiedere come mai Bellamy fosse entrato in camera sua e cercò di farla ridere esclamando: <<Ma dai! Non me n'ero neanche accorto!>>
Roxanne grugnì. <<Adesso quello ubriaco sei tu.>> cinguettò toccandogli il naso con l'indice.
<<La possibilità c'è.>>
<<Allora siamo ubriachi in due.>> ammise lei stringendosi nelle spalle e facendo scorrere distrattamente la mano sulla sua guancia. La pelle di lui era liscia, la barba rasata giusto quel pomeriggio. Entrambi sussultarono a quel contatto.
Lei lo guardò così intensamente che lui si dimenticò come si facesse a respirare: i suoi occhi verdi, ora vigili e profondi, sembravano scrutare gli angoli più reconditi della sua anima.
Quei secondi di silenzio si protrassero per un'eternità, mentre il calore febbricitante del suo arto gli bruciava la guancia. <<Sei tu il ragazzo a cui si riferiva Bellamy, non è vero?>> domandò con un filo di voce.
Isaac aggrottò le sopracciglia in preda alla confusione. <<Di che parli?>>
<<Bellamy... lui... no, scusa, è un'idiozia. Mi sto sbagliando di sicuro. Sono fuori di me.>> si tirò indietro lei. Fece per ritrarre la mano, ma Isaac la circondò con la sua e se la portò di nuovo alla faccia. Gli piaceva sentire al tatto il contrasto tra i polpastrelli morbidi e i palmi callosi, gli ricordava che in lei coesistevano un artista maledetta e una macchina da guerra assetata di vita.
<<Nulla di ciò che dici è un'idiozia per me.>>
Roxanne gli fece un flebile sorriso e si fece coraggio per bisbigliare: <<Blake ha detto qualcosa a proposito di un'amore che mi sta sotto al naso da anni e...>> Appariva quasi spaventata dalle sue stesse parole, come se stentasse a credere che potessero rappresentare un'eventualità concreta.
Le sopracciglia di Isaac scattarono verso l'alto. Per pochissimo non rischiò di affogarsi con la sua stessa saliva. <<Ah, ti ha detto così?>>
<<Scusa, non avrei dovuto dirlo.>> sussurrò lei abbassando lo sguardo.
<<Ti dispiacerebbe?>> chiese prima di riuscire a trattenersi <<Cioè, ti dispiacerebbe se fossi davvero io?>>.
Appena pronunciate quelle frasi, si sentì un pazzo: le cose stavano finalmente migliorando tra loro due, perchè si sforzava sempre di rovinare tutto?
Roxanne soppesò le sue parole così a lungo che Isaac iniziò a tremare. La ragazza aveva un'espressione serena ma combattuta in volto, come se, nonostante l'ebbrezza, non volesse dare una risposta giusto per. <<No, non mi dispiacerebbe. Però sarebbe strano, non credi?>> sussurrò infine.
Isaac sospirò, sollevato e deluso allo stesso tempo. <<In che senso strano?>>
<<Insomma... siamo amici da sempre, sai tutto di me, del mio passato con Bellamy, della mia famiglia, non trovi che sarebbe assurdo innamorarti di me dopo tutto questo tempo?>>
Staccò la mano di lei dal suo zigomo e la strinse sul copriletto a fiori. Non aveva idea di cosa rispondere: a lui non sembrava assurdo dato che l'aveva amata per tutta la sua vita, però poteva ben immaginare che sentirselo dire dopo diciotto anni potesse essere fonte di dubbi e insicurezze. <<Non lo so, forse.>> ammise.
Roxanne piegò il capo e un sorriso malizioso la rischiarò. <<Sì, forse.>> ripeté sottolineando, con un tono pragmatico, quell'incertezza. Possibile che riuscisse a essere misteriosa anche in condizioni simili?
Isaac fece un verso particolare, a metà tra una risata e un singulto, non sapendo minimamente come interpretare tale precisazione. Sperò che l'alcol gli avrebbe impedito di rimuginarci su tutta la notte concedendogli un po' di riposo. Si strofinò pesantemente le palpebre pesanti mentre sentiva Roxanne sbadigliare come un orso. Le buone maniere non erano mai state il suo più grande cavallo di battaglia. Era, piuttosto, tanto vera da apparire rude e tanto schietta da sembrare insensibile.
Le tirò un buffo sulla spalla con la mano libera. <<Penso proprio che sia ora di dormire.>> affermò sbadigliando a sua volta <<Resto qui finchè non arriva Clarke.>>
Roxanne farfugliò qualcosa di incomprensibile e gli augurò la buonanotte con una tenera voce impastata. Il suo cuore scoppiò d'affetto.
<<Buonanotte, Roxi.>> sussurrò sfiorandole la mano con il pollice. Le rimboccò per bene le coperte e, con un grugnito di sofferenza, si mise in piedi. Si stiracchiò, tendendo al limite una massa di muscoli atrofizzati.
Poi, non riuscendo a resistere all'impulso di scoprire cosa aveva attratto l'attenzione del suo acerrimo nemico, si avvicinò al quadro e lesse le parole scritte in un leggero corsivo pendente verso destra: odero si potero, si non invitus amabo.
Gli mancò il respiro per un attimo. Cosa stava a significare quelle parole? Non potevano rappresentare una scelta casuale, non era da Roxanne. Dovevano per forza avere un riscontro realistico e l'unico che gli veniva in mente era che, forse, Roxanne non era poi così restia come voleva dare ad intendere. Forse anche lei stava combattendo con se stessa, spaccata in due tra il passato e il presente, il dolore e la mancanza. Forse anche lei sentiva una voce che la invogliava a ricucire i rapporti e smussare gli angoli spigolosi.
Isaac lo sperava con tutto se stesso, ma decise di non nutrire false speranze e di accontentarsi di ciò che aveva nell'immediato.
Ringraziò Dio per avergli concesso quella sera insieme. Gli aveva sanato lo spirito e il cuore: il tempo passato con Roxanne era una cura molto più potente di qualsiasi medicina elaborata. Gli bastava guardarla, ascoltarla parlare per sentirsi immediatamente rinato. E, da come si era comportata, sospettava che anche lei fosse stata bene. Certo, non era del tutto in sé, ma, come dicevano i saggi latini, in vino veritas.
Un sorriso gli comparve sulle labbra. Rivolse un ultimo, disperato, sguardo adorante a Roxanne e, con l'immagine del suo viso sereno stampata in testa, spense la luce e si accasciò sulla poltrona.
Si sentiva incredibilmente fortunato.
***
Clarke aprì la porta dietro di sé con una schienata mentre le labbra di Bellamy le baciavano la bocca affamate.
Fece qualche passo indietro barcollando nel buio trascinandosi dietro il suo ragazzo. Lui mugugnò eccitato e Clarke si staccò da lui per fargli segno di zittirsi. Vide i suoi denti risplendere nel nero della notte mentre le rivolgeva un sorriso malizioso. Clarke gli tirò un'affettuosa pacca sul petto, chiuse la porta e si abbassò per sfilarsi le scarpe. Lui la guardava sempre più impaziente e la cosa la spinse ad attardarsi ancor di più. Amava farlo ammattire.
Tolti i tacchi e ripristinata la sua piccola statura, si sentì di nuovo piacevolmente piccola in confronto all'imponenza di Bellamy. Lui la afferrò per i fianchi e fece aderire i loro corpi mentre la sollevava da terra. La strinse contro di sé, facendo scorrere le mani aperte sui suoi glutei sodi. Clarke gemette.
<<Non dovevamo far silenzio?>> le bisbigliò malignamente lui.
Clarke gli succhiò piano l'orecchio e sussurrò: <<Parla di meno e tocca di più, Blake.>>
Bellamy gorgogliò divertito e si diresse verso la sua camera. Nonostante non si vedesse quasi niente, procedette sicuro. A metà corridoio si fermò per strapparle un bacio e infilare le dita sotto l'abito. Sentiva il calore dei suoi palmi salire sempre di più lungo le sue gambe nude. Clarke gli strinse i capelli scuri e ricci inarcando la schiena.
<<Andiamo, su.>> borbottò incitandolo a fare più in fretta. La testa le scoppiava di desiderio.
Bellamy riprese la sua avanzata finchè Clarke, inorridita, non gli intimò di fermarsi. Indicò la camera di Roxanne, rischiarata da una soffusa luce da notte, e, più precisamente, lei ed Isaac che vi dormivano beati. Il ragazzo se ne stava rannicchiato su una poltrona accanto al letto, un libro aperto tra le mani: si era addormentato leggendo. Con ogni probabilità era rimasto per aspettare il suo ritorno, resistendo fino a tarda sera pur di non lasciare Roxanne da sola.
Clarke lo trovò così dolce che il cuore le si riempì automaticamente di gioia. Roxanne era fortunata ad avere una persona tanto speciale e premurosa al suo fianco.
Bellamy, d'altra parte, si irrigidì a quella vista. Continuava a spostare lo sguardo da una figura all'altra aggrottando sempre di più la fronte. Tutto il fuoco che c'era stato fino ad un secondo prima si era totalmente spento sotto tonnellate di acqua gelata.
<<Andiamo da me.>> decise lui. Senza aspettare repliche e senza metterla giù ripercorse i suoi passi. Clarke, seppur confusa, recuperò le scarpe e lasciò che la scortasse fino alla sua confraternita.
Fecero l'amore svariate volte, ma il fervore e l'intimità di prima non tornò. Entrambi sembravano essere rimasti turbati da quella genuina visione di affetto, forse rendendosi conto che, a paragone, il loro fidanzamento sarebbe apparso come un'effimera bugia.
Bellamy si addormentò inquieto sul suo petto e lei passò le poche ore che la dividevano dal mattino ad accarezzare la sua chioma morbida.
Non dormì, ma pensò fin troppo.
§§§
Amo questo capitolo quindi obbligo ad amarlo anche voi.
Ho già detto che adoro scrivere queste scene? Sì, mi sa di sì.
Lasciate una stellina se vi è piaciuto. Passo e chiudo. <3<3
Alla settimana prossima,
vi voglio beeeneeee.
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