XI - Decidere che cosa sia il giusto (2)
Bellamy odiava quella casa.
L'aveva tenuta alla larga il più possibile nell'ultimo mese, neanche si trattasse di una brutta malattia infettiva o di un assassino crudele. Non a caso era la prima volta che ci tornava dopo la sua sfortunata prima visita lì, durante la quale aveva lietamente scoperto della presenza di Roxanne a Windsor. Purtroppo, dopo aver declinato più di dieci inviti, non se l'era sentita di rispondere ancora una volta 'no' alle gentili proposte di Clarke ed era stato costretto, per quanto controvoglia, ad accettare.
Con un mese di assenza il posto gli sembrava mutato. L'appartamento, il mobilio, gli arredi erano gli stessi, certo, ma dopo tutte quelle settimane avevano assunto una sfumatura diversa: ogni cosa aveva assorbito l'aura di Clarke e di Roxanne. L'aria profumava delle leccornie della sua ragazza e dello shampoo al miele di Roxanne, gli oggetti si disponevano in un caos controllato, suggerendo che il naturale disordine causato da Roxanne era arginato dalla precisione di Clarke.
Era strano e profano essere lì. Si sentiva diviso tra passato e presente: due delle donne che amava risiedevano sotto quel tetto in una piacevole armonia. Clarke gli aveva raccontato con un sorriso di quanto Roxanne si fosse aperta nei suoi riguardi negli ultimi tempi, delle serate sul divano e dei segreti sussurrati piano. Pareva che il tutto fosse stato scaturito dalla visita di un certo Isaac Hale, che aveva lasciato Roxanne arrabbiata e in lacrime. Quando Clarke gliel'aveva minuziosamente descritto - aggiungendo un paio di timidi apprezzamenti sul suo aspetto e sulla sua cordialità-, Bellamy aveva abilmente finto di non conoscere l'identità del ragazzo, ammettendo solo con se stesso il desiderio di strappargli i capelli uno ad uno.
Doveva confessare che, per quanto le circostanze dell'avvicinamento fossero state alquanto sfavorevoli - specialmente perchè comprendevano la presenza di Isaac-, si era rallegrato della notizia: gli faceva piacere che Roxanne avesse finalmente trovato un'amica fedele. La sua solita diffidenza riusciva a scoraggiare ogni approccio e Bellamy detestava pensarla sola. Per fortuna, Clarke non si lasciava abbattere da nessun tipo di fallimento e aveva insistentemente continuato a provare finchè non si era scavata una piccola breccia nella freddezza di Roxanne. Bellamy ne era davvero soddisfatto: le due ragazze si meritavano tutta la felicità del mondo, che in ogni caso sarebbe apparsa una misera ricompensa per tutte le sofferenze che avevano patito nel corso degli anni.
Non avrebbero potuto essere più diverse, era vero, ma in quel modo riuscivano a completarsi a vicenda: dove Clarke era fragile e lasciva, Roxanne era abbastanza forte per entrambe, e dove quest'ultima era scostante e rude, l'altra era gentile e accomodante.
A volte si chiedeva come fosse possibile amare due persone tanto diverse, ma poi si ricordava di tutti quegli anni in cui l'enorme cuore di Roxanne era stato egualmente compartito tra lui e Hale. Era riuscita ad amarli entrambi, in due modi opposti, ma con lo stesso ardore.
Bellamy, dal canto suo, adesso che Roxanne era lì al college, non era poi così bravo a destreggiarsi tra le due ragazze: non riusciva a stare con Clarke senza pensare costantemente alla sua relazione con Roxanne. Il ricordo di lei era caparbiamente incastonato nella sua mente ed era obbligato a comparare ogni altra donna a lei. Certo, non era più l'amore ardente e passionale di una volta, uno di quelli che ti creano dipendenza e ti corrodono l'anima, però persisteva. Bellamy sospettava che non sarebbe mai riuscito a liberarsene: gli bastava guardarla per provare cose che, nonostante si sforzasse, non riusciva a vivere nella sua storia con Clarke. L'amore per Roxanne era arcano e radicato nella parte più profonda del suo essere.
Eppure, nonostante tutti quei pensieri e quei pesanti doveri, non potè trattenersi dallo scivolare silenziosamente davanti alla sua porta. Gli bastava sentirla respirare attraverso il legno per scaldarsi il cuore e sentirsi ripagato di tutti quei sacrifici.
Il problema era che, appena avuto un assaggio, poi voleva sempre di più.
Sapeva che avrebbe dovuto bussare, ma abbassò la maniglia e, senza far rumore, si intrufolò in camera di Roxanne. Stimò di avere solo qualche secondo prima che si rendesse conto della sua presenza e scelse di dedicarsi all'osservazione dettagliata dei suoi capelli dorati, della schiena arcuata e delle mani imbrattate di pittura. Non aveva prodotto alcun rumore tangibile se non un flebile respiro, eppure Roxanne riuscì a percepirlo e si voltò di scatto verso di lui. Aveva le labbra dischiuse in segno di sorpresa e un'espressione imbarazzata, quasi fosse stata beccata a fare qualcosa di indegno.
Spostandosi aveva aperto a Bellamy la visuale sulla tela che stava dipingendo. Rimase senza fiato: il quadro era spaventosamente realistico. Gli anelli dei Blake, dei Moore e degli Hale si intrecciavano al centro di un banco di nubi temporalesche riascarandole debolmente. C'era solo una cosa che non rispecchiava fedelmente la realtà...
<<Cos'è quella scritta?>> domandò inarcando le sopracciglia scure.
Roxanne parve stupita dalla velocità con cui aveva notato quel dettaglio infinitesimale. <<Niente che ti riguardi.>> contestò sulla difensiva.
Bellamy sbuffò e si avvicinò al cavalletto e, di conseguenza, a Roxanne. Il suo odore dolce gli inondò le narici. Cercò di ignorarlo. Lei sembrava profondamente a disagio e si ritrasse da lui nonostante non la stesse toccando. Adesso che era così vicino riuscì a mettere a fuoco le lettere: Odero, si potero. Si non, invitus amabo. Espirò rumorosamente e fece un passo indietro, colpito e confuso da quelle parole. Roxanne non sembrava sforzarsi di odiarlo, anzi.
<<Non avresti dovuto vederlo.>> disse la ragazza. Era rossa in viso e si stringeva convulsamente le mani.
Il cuore di Bellamy fece un salto nel vuoto. Il suo tono si addolcì. <<Mi dispiace.>>
Roxanne sbattè più volte le palpebre incredula: era davvero raro che Bellamy si scusasse. <<Per cosa esattamente?>> indagò. Alzò la mano fasciata vicino al viso per catturare la sua attenzione e gli fece una smorfia.
Bellamy trattenne il respiro per qualche secondo. Gli occhi verdi di lei erano come fari: sembrava potesse leggere i suoi segreti. Poi, non riuscendo più a trattenersi proferì: <<Per tutto.>>
Roxanne spalancò gli occhi sollevando le sopracciglia sottili. Aprì la bocca per farfugliare qualcosa ma prima che potesse formulare una frase di senso compiuto il cellulare di Bellamy squillò. Roxanne sigillò la bocca e Bellamy tirò fuori l'aggeggio dalla tasca dei jeans scuri.
Un sorriso gli comparve sulle labbra. <<Salvato dal fratellino!>> ghignò mostrando a Roxanne la schermata del telefono con il nome di suo fratello Theo. Lei parve quasi sul punto di dire qualcosa, tuttavia tacque. Bellamy ne rimase un po' deluso, quindi aggiunse: <<Comunque il quadro è molto bello, Roxanne.>>
Non riuscendo a sopportare la vista della sua reazione si voltò e uscì in corridoio. Accettò la chiamata e la voce familiare di Theo proruppe dall'auricolare.
<<Finalmente ti sei degnato di richiamare!>> sbottò <<È da mezz'ora che me ne sto con il telefono in mano ad aspettare sua maestà Bellamy-sono-il-migliore-Blake!>>
Bellamy si guardò guardingo in giro e uscì sul balconcino del salotto. Non voleva che qualcuno - nemmeno Roxanne - origliasse quella chiamata. <<Mi piace questo nuovo soprannome. Comunque scusa, ho avuto un po' da fare.>>
<<Dici sempre così, coglione.>> borbottò suo fratello.
<<Falla finita moccioso.>> gli rispose Bellamy scherzoso <<Dimmi.>>
Theo sospirò dall'altro capo del telefono. <<Qui è un inferno, Bell. Muoio nuovi membri ogni settimana. Su tutti i fronti. Gli scontri non erano così violenti da...>> esitò.
<<Da quando la mamma è morta. Lo so.>> completò lui.
<<Già. Papà non vuole dirmi dove sei e fa bene, altrimenti verrei lì per riportarti a Detroit. Potresti essere in pericolo.>>
Bellamy fu scosso da un brivido. Innervosito si accese una sigaretta. <<Di che parli, Theo?>>
<<Ho paura che ti succeda qualcosa, Bellamy. E se qualcuno ti trovasse? I rapporti si sono inaspriti fin troppo. Sarebbero disposti a tutto.>>
Bellamy fece un lungo tiro di nicotina. <<Non accadrà, non preoccuparti.>> mentì <<E poi, io sono Bellamy-sono-il-migliore-Blake, nessuno può battermi.>>
<<Non mentire, non sono più un bambino, Bell.>> sibilò Theo. Ed era vero, Bellamy lo sapeva. Per quanto lo vedesse sempre come il fratellino da proteggere ormai era un uomo adulto e responsabile. <<Ho origliato una conversazione di papà...>> bisbigliò dopo un po'.
<<Che hai sentito?>>
<<Pare che i Moore abbiano lasciato andare Roxanne a studiare fuori città. Papà vuole fare delle ricerche per trovarla.>> confessò cauto Theo. Bellamy per poco non si strozzò. <<Lo so, neanche io sono d'accordo a farle del male. Non a lei.>>
Bellamy si grattò la fronte e si appoggiò pesantemente alla ringhiera. Pensò a Roxanne in camera sua, intenta a dipingere e del tutto ignara di ciò che succedeva nel suo futuro impero. Non voleva rompere la fragile quotidianità che lei aveva lottato per crearsi, ma doveva proteggerla. <<Che vuole fare?>>
Theo sbuffò affranto. <<Non ho dettagli precisi, Bell, mi dispiace. Cercherò di trovare qualche informazione, ma papà mi taglia fuori da queste cose. E a te... suppongo non l'abbia detto per ovvi motivi.>> sussurrò piano. Non voleva ferire i suoi sentimenti.
<<Tienimi aggiornato. Su ogni cosa.>> ordinò Bellamy.
La voce di Theo si fece più lontana. <<Va bene. Ti richiamo io. Fa attenzione, Bellamy.>> E chiuse la chiamata.
Bellamy rimase appoggiato al davanzale per qualche minuto, scioccato e senza forze. La chiamata di Theo l'aveva turbato molto: suo fratello non era il tipo di ragazzo che si preoccupa facilmente, ne aveva vista una più del diavolo e si fidava ciecamente del suo giudizio. Se era così allarmato c'era un motivo vero, non l'avrebbe mai disturbato giusto per il gusto di farlo.
L'occhio destro gli pulsava. Non solo il suo Clan stava subendo ingenti perdite, molte delle quali erano una questione personale dato che conosceva quasi ognuno dei membri della sua gang, ma quel folle di suo padre voleva anche fare Dio solo sa cosa alla sua ex fidanzata. Non si aspettava una profonda compassione, ma neanche che avrebbe tentato di ucciderla alla prima occasione.
Adesso doveva stare in guardia il doppio e proteggere il college dai pericoli. Pericoli che avrebbero potuto essere rappresentati dai suoi stessi compagni d'armi.
Se fossero stati attaccati come avrebbero dovuto comportarsi? Sarebbe stato capace di uccidere uno dei suoi per proteggere Roxanne? Con ogni probabilità la risposta sarebbe stata un sì e la cosa lo spaventava, e non poco.
Doveva necessariamente trovare la forza per continuare ad allontanare Roxanne da sé. Per quanto gli sembrasse improbabile una simile eventualità, non poteva rischiare che la ragazza tornasse ad innamorarsi di lui. Sapeva benissimo che dopo non si sarebbero più lasciati andare. Persino il suo autocontrollo aveva dei limiti. Una volta riavvicinati, si sarebbero attratti l'un l'altra come due potentissime calamite ed era troppo pericoloso. Stava succedendo qualcosa di grosso tra le bande, Bellamy se lo sentiva nelle vene, e, ancor più per questo motivo, aveva il disperato bisogno che uno dei due rimanesse con i piedi per terra, che non fosse accecato dalla debolezza dell'amore. E, siccome non poteva essere lui, sarebbe stata Roxanne. Non si poteva smettere di amare una persona, l'aveva imparato a sue spese, ma si poteva ferire quel qualcuno tanto da rendersi indegno ai suoi occhi. E il suo odio era esattamente ciò di cui aveva bisogno in quel momento.
Finì la sigaretta e ne accese subito un'altra nella speranza di avvicinarsi un po' di più alla Morte.
***
Clarke infilò le chiavi nella serratura e spinse la porta davanti a sé.
<<Sono tornata!>> annunciò facendo il suo ingresso in casa.
Bellamy spuntò dal balcone e un sorriso le incurvò immediatamente le labbra: ero bello da far male. Persino con i capelli arruffati dal vento era il ragazzo più affascinante che avesse mai visto. Ogni volta che lo guardava si chiedeva come fosse possibile che un essere tanto perfetto avesse scelto proprio lei. Clarke riconosceva di essere piacevole d'aspetto, certo, ma le sue doti iniziavano e finivano lì. Non era intelligente o particolarmente talentuosa, non aveva grandi aspirazioni o ideali, non eccelleva in nulla se non nell'equitazione e la cosa la intristiva.
Per questo era spesso invidiosa di Roxanne: lei incarnava tutto ciò che avrebbe voluto e non avrebbe mai potuto essere. Roxanne era la ragazza che Bellamy avrebbe meritato al suo fianco: entrambi parlavano in quello strano modo aulico e latineggiante, si arrabbiavano spesso e riuscivano in ogni cosa desiderassero. Non poteva negare di essere un po' gelosa, specialmente dopo aver visto come Bellamy l'aveva guardata la prima volta, ma conosceva entrambi ed era convinta che non l'avrebbero mai tradita.
<<Ciao, amore.>> disse lui. La sua voce calda e suadente la trascinò verso di lui, fino ad alzarsi sulle punte e strappargli un bacio. Bellamy le rivolse un sorriso malizioso e le circondò la vita stringendola a sé. Odorava di fumo e gelo invernale. <<Ehi.>> sussurrò ad un centimetro dalle sua labbra. Quando le loro bocche si incontrarono il calore avvolse Clarke in una spirale di perdizione. Bellamy era suo e aveva ogni intenzione di goderselo. Si avvicinò ancor di più al ragazzo e lo baciò con foga e passione. Lui strinse le mani sui suoi fianchi e le solleticò le labbra con la lingua per farla rabbrividire. Clarke gli sfiorò le guance, gli zigomi delicati e i ricci scuri. Il suo cuore batteva ad una velocità anormale. Poi, come se nulla fosse, Bellamy si staccò da lei e iniziò a fissare un punto imprecisato dietro la sua testa.
<<Oh no, no, continuate pure a divertirvi>> disse Roxanne. Clarke si voltò a guardarla e spalancò gli occhi come a dire "Sul serio?". <<Prendo solo un pezzo di pane e torno a chiudermi in camera. Non preoccupatevi.>> L'espressione della ragazza sfoggiava disinteresse, ma a Clarke non sfuggì il rossore imbarazzato delle sue guance. Non sembrava affatto a suo agio con le effusioni d'affetto.
<<In realtà anche io avrei un po' fame...>> bisbigliò Bellamy.
Sospirò. <<E va bene. Preparo il pranzo.>> accordò sconfitta <<Ma voi due fannulloni per lo meno apparecchiate.>>
Roxanne e Bellamy annuirono all'unisono con un vittorioso sorriso stampato in faccia. Lei si diresse teatralmente verso la cucina e finì di cucinare ciò che aveva già iniziato a cuocere a fuoco lento. Vicino ai fornelli si sentiva a suo agio e ad un passo dalla madre e la cosa la rendeva felice. Per di più cucinare per delle persone a cui voleva bene era sempre un piacere.
Si appoggiò al mobile del lavandino con i gomiti e osservò le ridicola scenetta di Bellamy e Roxanne che battibeccavano su come mettere in tavola le posate.
<<La forchetta va qui, non a destra!>> esclamò Roxanne guardando inorridita cosa stava combinando Bellamy.
Il ragazzo la fissò scettico. <<Non è vero, io mi ricordo perfettamente che si deve mettere a destra insieme al tovagliolo!>>
Roxanne grugnì sconsolata. <<Non è vero! James...>> Bellamy scosse la testa nella sua direzione e lei si corresse prontamente <<Cioè... Papà apparecchia sempre così!>>
Clarke aggrottò le sopracciglia confusa: perchè Bellamy le aveva fatto quel cenno d'ammonimento? La conosceva da così poco... cosa poteva mai sapere della vita di Roxanne? Lei era terribilmente riservata, perché mai avrebbe dovuto parlare di sé ad un perfetto sconosciuto? E poi chi diavolo era James?
Si strinse nelle spalle e spense i fornelli a per riscuotersi da quei pensieri. Chissà, forse se l'era solo immaginato.
<<Va bene!>> acconsentì infine Bellamy. Lui e Roxanne sistemarono l'apparecchiatura senza litigare ancora e Clarke potè ben presto riempire i piatti fondi con la pasta.
<<Amo pasta e patate!>> affermò felice Roxanne scivolando al suo posto.
Clarke ne mangiò un boccone ed aggiunse: <<Anche Bellamy.>>
I due ragazzi si guardarono involontariamente, ma subito distolsero lo sguardo infastiditi. Clarke si domandò il perchè di tutte quelle stranezze, però non ci si applicò molto. Preferiva godersi il pranzo e conversare piacevolmente piuttosto che farsi prendere da mille paranoie. Aveva imparato a sue spese che alcune volte era meglio ignorare la verità, per non restare accecata dalla luce. Inoltre, conoscendo Bellamy, sapeva che, essendo un uomo d'onore, non l'avrebbe mai ferita in nessun modo. Anche se le stesse nascondendo qualcosa, lo stava facendo a fin di bene.
Dunque, cominciò a conversare come se nulla fosse, recitando la sua solita parte da ragazza frivola e perennemente felice.
<<La settimana prossima ci sarà un'altra festa>> esordì Clarke versandosi l'acqua e, guardando di sottecchi Roxanne, aggiunse: <<Dovresti venire, Roxi. Così magari potresti incontrare di nuovo Max.>>
Roxanne tossì e le rivolse un'occhiata assassina.
<<Oh ma dai! Siete così carini insieme! E poi potremmo fare delle romantiche uscite a quattro.>>
Roxanne giocherellò con il cucchiaio e rispose titubante: <<Io, ehm, non credo sia il caso...>>
Clarke la liquidò con un gesto della mano laccata di blu e si girò verso Bellamy. <<Non ascoltarla, Bell. Se non ti fossi perso il loro ballo alla vostra confraternita, mi appoggeresti di sicuro. Avresti dovuto vedere come si guardavano!>>
Bellamy alzò lo sguardo dal piatto e, per la prima volta, lo poggiò volontariamente su Roxanne. <<Lascialo perdere.>>
Entrambe le ragazze lo guardarono sorprese. <<C-cosa?>> chiese Clarke.
Bellamy si schiarì la voce. <<Dovresti stargli lontana.>>
Clarke ridacchiò nervosa. <<Ma sei impazzito? Non era il tuo migliore amico fino a un minuto fa?>>
Bellamy le prese la mano e le fece un sorriso per rassicurarla. <<Lo è ancora, amore. Solo non credo che sia il ragazzo giusto per Roxanne.>>
Roxanne aggrottò le sopracciglia infastidita. Clarke era certa che stesse per sbroccare. <<E cosa ne sai tu di chi sia o meno il meglio per me?>>
Bellamy la guardò a lungo, come se potessero comunicare senza parole. Roxanne fu scossa da un brivido sotto i suoi occhi. <<Non lo so, hai ragione. Non avrei dovuto dirlo.>>
Roxanne contrasse le labbra e si alzò in piedi. <<No. Non avresti dovuto. A desso devo andare. Ho una punizione da scontare.>> sentenziò raccattando le sue cose velocemente. Afferrò la giacca e li salutò sbattendo la porta dietro di sé.
Clarke si voltò verso di lui. <<Indiscreto come al solito, eh?>>
<<Che ho fatto di male?>> si difese lui facendo labbruccio.
<<Avresti potuto evitare di ficcare il naso. Non la conosci neanche.>>
Bellamy aggrottò un sopracciglio. <<Oh, detto da te...>> scherzò.
Clarke gli tirò un pugno sul braccio. <<Eddai!>>
<<Vieni qui.>> sussurrò lui con voce suadente. Le afferrò la mano e la tirò vicino a sé. Le loro bocche si incontrarono delicatamente. <<Che ne dici di continuare quello che avevamo iniziato prima?>> chiese ad un millimetro dalle sue labbra. Il suo fiato caldo mandava in frantumi ogni tipo di resistenza da parte sua: non sarebbe mai riuscita a negargli qualcosa, nonostante i misteriosi comportamenti dei due ragazzi la turbassero.
Invece di rispondere, si mise in piedi e corse in camera sua. Udì Bellamy ridere e andarle dietro. Si tolse le scarpe furiosamente e fece lo stesso con la felpa del suo ragazzo. Quando gli sfilò la maglia si beò della tonicità dei muscoli sotto le sue mani. Lui le rimosse delicatamente le mollette tra i capelli e aprì la cerniera del suo abito di velluto blu. Lo fece scivolare a terra. Si sorrisero e Bellamy si inumidì le labbra in un modo tutt'altro che timido. Il suo sguardo rischiava di mandarle fuori gioco il cervello.
Bellamy la prese in braccio con facilità e lei strinse le gambe intorno ai suoi fianchi spigolosi. La fece stendere delicatamente sul letto senza lasciarla andare neanche un secondo e le sfiorò le gambe. Clarke si inebriò della sensazione della pelle di Bellamy sulla sua come se fosse la prima volta che la toccava. Il torace di Bellamy si alzava ed abbassava sempre più velocemente. Era così vicino da riuscire a scorgere la pagliuzza nera nei suoi occhi grigi e a contare ogni singola lentiggine del suo volto. Il suo viso scontrò la sua spalla e il classico odore di uomo le si riversò nelle narici. La ragazza piegò di lato il collo in modo da lasciar spazio ai suoi baci leggeri. Lui la sentì ansimare e le sorrise proprio sopra la vena che pulsava a ritmo del suo cuore. Le baciò la clavicola, la pelle tenera dietro l'orecchio, la linea netta della mandibola. Arrivò persino agli occhi, sui quali poggiò le labbra delicatamente mentre il suo fiato le solleticava il viso.
Strusciò la guancia contro la sua, la barba ispida che non aveva avuto il tempo di radere la punzecchiò, ma Clarke non si scostò. In quel momento voleva stare lì, sentire la seta dei capelli di Bellamy tra le dita, il suo respiro accelerato all'orecchio, il suo tocco addosso. Contrasse convulsamente la mascella quando le dita nodose di lui iniziarono a tracciare lenti cerchi sul suo addome.
<<Bellamy...>> mugolò.
<<Shh...>> le intimò e il suoi baci scesero tanto in basso da farla tremare come una foglia. Clarke non riusciva più a trattenere i gemiti e percepiva quanto Bellamy ne fosse soddisfatto. Strinse forte i suoi ricci tra le mani e inarcò la schiena in preda ad un'ondata di piacere. Non aveva più forze per tentare di resistergli.
Si abbandonò all'estasi e lasciò che lavasse via ogni dubbio.
-- spazio autrice --
Lo so, lo so... non sapete quant'è brutto dover censurare queste scene, ma la paura che mia madre apra il mio computer prevale su tutto.
A parte gli scherzi, sto sviluppando un senso di colpa verso me stessa per far passare le pene dell'inferno alla mia povera Roxanne. Sono terribile, so anche questo.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che non siate delusi quanto lo sono io per questo momento tagliato :(((((((
Vi voglio bene <3
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