Isaac - il Traditore
Era una giornata cupa a Detroit, la tempesta infuriava intorno a lui mentre si stringeva nel suo impermeabile nero nel tragitto tra la sua auto e il portone dei Moore. Rabbrividì al solo pensiero che quella sarebbe stata l'ultima volta in cui avrebbe varcato la soglia della Reggia. James, il cordiale maggiordomo dei Moore, lo accolse con un aria tetra e, senza neanche salutarlo, lo aiutò a sfilarsi il giubbotto bagnato e si dileguò in fretta. Nonostante nella villa facesse caldo, lui si sentiva gelare fin dentro le viscere e, con un riflesso involontario, si strofinò le braccia con i palmi delle mani. Si guardò intorno: tutto era perfettamente in ordine, come se fosse rimasto congelato a una settimana prima. Si notava dalla precisione con cui tutto era allineato che Roxanne non era passata di lì. Lei era come un uragano. Al solo pensare il suo nome si sentì squarciare il petto in due e fu costretto a fermarsi e accovacciarsi stringendosi le cosce al petto. Era un trucchetto che gli aveva insegnato lei per contenere i sentimenti; lo aiutava a calmare il battito cardiaco.
<<Isaac>>. Dominic Moore, il padre di Roxanne, spuntò dal corridoio secondario alla sua destra. Indossava gli abiti neri del lutto e la sua espressione più severa. Eppure, nonostante non volesse far trapelare nulla, osservando bene i suoi occhi, verdi come quelli di sua figlia, si potevano intuire tutte le sue preoccupazioni e la stanchezza di svariate notti insonni. Davanti a un uomo così importante non si sarebbe mai concesso di lasciarsi cogliere con un'espressione tanto addolorata e sofferente, ma Dominic, per quanto fosse il boss più potente di Detroit, era anche il suo padrino e la persona che aveva stretto la mano di suo padre nell'attesa che lui venisse al mondo. Non si vergognava dei suoi sentimenti, ma si alzò e stette ben dritto di fronte a lui. Dominic gli fece segno di seguirlo e si incamminarono nell'ala est della Reggia. Sapeva dove lo stava portando. Svoltarono l'angolo ed eccola lì, l'unica porta bianca dell'intero immobile, quella della camera di Roxanne. Improvvisamente camminare gli procurò uno sforzo immane, ogni passo era una pugnalata al petto e si rese conto di trattenere il fiato solo quando si arrestò davanti all'entrata. Gli fremettero le mani sudate per lo sforzo e la crescente ansia. Dominic gli si parò davanti e, per quanto Isaac lo superasse di svariati centimetri, il boss era molto più massiccio e incuteva quasi timore. Gli fece segno con la testa e Isaac si voltò verso un'altra porta. La sua porta. L'aprì con mani tremanti. La stanza era esattamente come l'aveva lasciata il mercoledì della settimana precedente, con il letto perfettamente intatto, i libri e i blocchi per gli schizzi riposti sugli scaffali.
<<Hai mezz'ora prima dell'inizio dell'esecuzione. Metti le tue cose in quegli scatoloni e James te li farà sistemare nell'auto.>> disse indicando gli scatoli di cartone stipati sotto la scrivania. << Sai già dove trovare tuo padre quindi io vado a prepararmi. Sta alla larga dalla camera di Roxanne e soprattutto da lei o morirai anche tu oggi.>> sentenziò prima di voltarsi. Anche se si era allontanato, l'eco del corridoio gli permise di cogliere un'ultima frase "Sempre che non ti uccida prima lei".
Si accasciò sul letto esausto e osservò la sua camera per l'ultima volta: era due volte più grande della sua vera stanza e Roxanne gli aveva permesso di arredarla a suo piacimento, pagandogli persino le spese. "È la mia ricompensa per tutte le volte in cui sei stato sveglio per farmi compagnia quando avevo gli incubi." aveva detto lei con un sorriso tenendo con una mano la sua e con l'altra la carta di credito. Non aveva voluto sentire ragioni... come sempre del resto. Avrebbe voluto sapere prima che il mercoledì precedente sarebbe stata l'ultima volta in cui le avrebbe parlato normalmente, come sapeva che quella sarebbe stata la sua ultima visita in quella casa. L'avrebbe sicuramente stretta un po' di più quando l'aveva abbracciata e, forse, avrebbe finalmente avuto il coraggio di dirle la verità sui suoi sentimenti; ma non gli era stata concessa quell'occasione e, adesso, viveva con un costante "e se" che gli ronzava per la testa.
Quando trovò la forza di alzarsi dal letto gli restavano solo cinque minuti per inscatolare le cose che voleva portare via. Avrebbe potuto prendere tutto ciò che desiderava, ma qualcosa dentro di sé lo fermò. Conosceva fin troppo bene Roxanne , sapeva che, dopo la rabbia cieca nei suoi confronti, sarebbe arrivato il dolore per tutto ciò che era accaduto e, siccome non ci sarebbe più stato lui a consolarla, decise di lasciare almeno le cose che gli erano appartenute a farlo. Così, poggiò in una scatola il suo portatile, la valigetta con le tempere e gli acquerelli e un paio di magliette che teneva nell'armadio per cambiarsi. Il resto degli oggetti e degli abiti, insieme alle sue tele e schizzi, rimasero nella loro posizione originale, in modo da essere facilmente ritrovate da Roxanne. Diede un'ultima triste occhiata alla camera e si chiuse la porta alle spalle. Fece un giro di chiave, poi la prese e la ripose in una busta insieme alla lettera che aveva scritto la sera prima per Roxanne. La infilò per metà sotto la porta della camera della ragazza e si diresse silenziosamente verso l'ala ovest della casa.
Camminava lentamente, gli occhi concentrati a cogliere e archiviare ogni dettaglio della Reggia, che era stata per lui una seconda casa. Percorrendo il corridoio principale pregò con tutto sé stesso di non incrociare la madre di Roxanne. Non era in vena di affrontare da solo Christabelle. Per fortuna le sue preghiere vennero accolte e raggiunse la parte più remota e isolata dell'immobile senza incontrare nessuno; probabilmente erano tutti in giardino, in attesa dell'esecuzione.
<<Denis.>> disse facendo un cenno di saluto alla guardia che controllava la camera in cui era tenuto suo padre.
<<Fa in fretta, Isaac.>> gli intimò l'uomo spostandosi dall'altra parte e lasciandolo passare. Entró nel locale. C'era già stato qualche anno prima per interrogare un prigioniero e da allora la stanza non era cambiata di un millimetro: era tremendamente angusta, arredata solo da un piccolo letto di legno e una scrivania del medesimo materiale. Suo padre era seduto sul letto, la schiena appoggiata alla parete, le mani unite sulle gambe piegate; una posizione che suo padre non avrebbe mai assunto in una situazione normale.
Quando lo vide, il suo volto si illuminò all'improvviso.
<<Isaac!>> esclamò. <<Figlio mio devi aiutarmi. Io...>>. Isaac lo interruppe bruscamente con un cenno della mano.
<<Non sono venuto né per aiutarti, né per sentire le tue scuse.>> sbottó fissandolo negli occhi. I suoi capelli chiari gli ricadevano arruffati sul viso colmo di contusioni. <<Sono qui solo per dirti che non ti perdonerò mai per quello che hai fatto a me e soprattutto a Roxanne. Mai. Volevo essere certo che tu te ne vada con questa consapevolezza>>.
<<Ma Isaac...>> tentò di spiegare lui mettendosi dritto.
<<Sta zitto!>> gridò digrignando i denti. <<Non dire una parola o ti ucciderò con le mie stesse mai, bastardo. Come hai potuto? Eh? Hai tradito tutto ciò che avevi, papà: il tuo Clan, il tuo ruolo, il tuo capo, il tuo stesso sangue. Hai tradito me! Io la amo, papà, e ora, per colpa tua, non potrò vederla mai più.>> disse in un impeto di rabbia cieca. <<Mi hai rovinato la vita>>.
<<Te la sei rovinato da solo. Sei stato tu il primo a tradirla raccontandomi di Blake .>> sibiló freddamente Ludovic. Al che Isaac non si trattenne più e gli tirò un pugno sul naso. Il sangue iniziò a fluire immediatamente dalle narici.
<<Mi disgusta l'idea che il tuo sangue scorra nelle mie vene.>> mormorò guardando prima il viso imbrattato di suo padre e poi le sue stesse nocche lacerate per l'impatto. <<Spero di non incontrarti, se esiste davvero un aldilà.>> sputó. Gli voltò le spalle e uscì di lì, sudato e ancora tremendamente arrabbiato. Aveva una voglia matta di fare a botte con qualcuno.
Dopo aver ringraziato Denis, si avviò verso la parte opposta del corridoio.
<<Isaac. L'accesso al giardino è di qua. >> lo avvisó Denis perplesso.
<<Lo so>>. Conosceva la Reggia come l'architetto che l'aveva progettata. <<Lui non merita la mia presenza all'esecuzione>>.
Denis contrasse le labbra, come a dire che, nonostante fosse una cosa orribile, comprendeva il suo operato. Si voltò di nuovo e si allontanò da suo padre, dalla sua cella, dal suo tradimento. Sin da bambino, non aveva avuto un gran rapporto con Ludovic, era sempre stato troppo impegnato con i suoi affari per dedicargli attenzioni, ma non avrebbe mai pensato di arrivare a odiarlo con tanta intensità. Percorse a ritroso i lunghi e ampi corridoi sovrappensiero e, quando alla fine mise a fuoco ciò che aveva davanti, era troppo tardi.
Roxanne era di fronte a lui. Il pensiero di incontrarla non gli aveva neanche sfiorato la mente e, preso dallo shock, crollò sulle ginocchia. La guardò come se si trovasse davanti all'apparizione di un fantasma. In effetti, era esattamente ciò a cui assomigliava la ragazza: indossava un vestito nero accollato con le maniche lunghe fino ai palmi delle mani e pesanti calze scure che fasciavano le gambe muscolose, abiti che creavano un netto contrasto con il suo colorito cereo e malaticcio. Era bianca come un cencio e la pelle era tanto sottile che sembrava stesse per strapparsi. Sul suo viso pallido spiccavano nettamente ferite ed ematomi violacei. Gli occhi verdi erano spenti e contornati da occhiaie tanto scure da spaventarlo. Quando si accorse della sua presenza nelle sue iridi divampó un incendio d'ira incontrollata. Si lanciò su di lui e Isaac rimase immobile, non mosse neanche un muscolo mentre l'aspettava. Voleva che sfogasse la sua rabbia su di lui, che lo picchiasse fino a spaccarsi le nocche a sangue, che lo ferisse il doppio di quanto lui avesse fatto con lei. Si meritava qualsiasi cosa lei volesse infliggergli. Le avrebbe permesso di ucciderlo con le sue stesse mani se questo l'avesse aiutata a stare meglio. Del resto, che senso aveva per lui una vita senza di lei? Come avrebbe fatto a vivere con la consapevolezza di averle procurato una sofferenza inaudita? Non riusciva più a guardarsi allo specchio per ciò che le aveva fatto e, adesso, aspettava il dolore come una salvezza. Un dolore che, però, non arrivò. Due braccia possenti afferrarono Roxanne da dietro. Sopra di lui, Dominic Moore teneva stretta a sé sua figlia. Lei strilló di dolore. Dominic la lasciò subito andare e lei scivoló inerme sul pavimento. Vedeva il suo piccolo corpo contorcersi e il suo petto alzarsi e abbassarsi ad una velocità innaturale, ma, con uno sforzo che gli smorzò il fiato, si impedì di avvicinarsi a lei. Le maniche le si erano sollevate scoprendo un intricato mosaico di tagli e lividi bluastri.
<<Papà. >> sussurrò Roxanne senza fiato.
<<Merda. >> sbottó lui avvicinandosi allarmato. La prese in braccio come se non pesasse più di un bambino e, sollevandola, Isaac poté vedere una chiazza di sangue che le si allargava velocemente sul vestito scuro. Le si era riaperta una ferita a causa dei movimenti bruschi. La sola vista gli fece sanguinare il cuore. Allungó una mano, ma Dominic lo fulminò con lo sguardo e si allontanò immediatamente da lui, portando con sé sua figlia. Fu l'ultima volta che vide Roxanne.
Dopo, tutto divenne nero ed ebbe il sapore delle lacrime.
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