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III - Dove la Gioia regna eternamente

I giorni seguenti si susseguirono pigramente, nettamente scanditi dall'ansia di arrivare a sabato. Ad essere sinceri, il messaggio di Bellamy aveva alquanto terrorizzato Roxanne. Non dormiva da giorni: continuava a girarsi e rigirarsi nel letto rimuginando sul loro incontro, sul loro passato e sul loro possibile futuro (più precisamente, chi sarebbe riuscito a seppellire l'altro). Era profondamente turbata e non sapeva se fidarsi di lui, comunicare al Clan la sua posizione o addirittura correre a rintanarsi a Detroit. Non erano i suoi classici pensieri, era una tipa molto ostinata, ma Bellamy Blake aveva un certo potere oscuro su di lei e aveva la pressante paura di cascare di nuovo nella sua trappola. D'altro canto, se il ragazzo avesse voluto ucciderla, l'avrebbe già fatto e se avesse chiamato rinforzi sarebbero arrivati da tempo ormai e, di certo, non avrebbero aspettato tanto per attaccarla. Per di più, perché mai avrebbe dovuto scegliere una festa piena di mondani innocenti per compiere un massacro in stile gangster? Bellamy non era un amante delle messe in scena teatrali, era molto più materialista, arrivava dritto al punto.
Erano aspetti contrastanti che non la aiutavano a decidere come muoversi. Non voleva chiamare i suoi genitori e mettere a rischio i suoi studi, ma non aveva nessuno a cui chiedere aiuto dato che non aveva amici né alleati a lei fedeli. Era sola. Forse, in quella situazione, la scelta migliore era proprio assecondare Bellamy. Ovviamente non le piaceva per niente quella terribile idea, ma non sembrava poi avere tante opzioni. Doveva rischiare, buttarsi a capofitto nella tana del lupo e sperare di uscirne illesa. Era quasi un'utopia credere che Bellamy non la stesse imbrogliando; l'unica mera consolazione era potersi giustificare con il fatto che si fosse impegnato ad architettare una trappola ben congegnata. Dunque, messa alle strette, sabato pomeriggio decise, con enorme entusiasmo di Clarke, di recarsi alla festa. E anche di provare prendersi una piccola vendetta. Non sperava certo che Bellamy la amasse ancora, non era così folle, ma, avendo studiato molto la mente umana ed avendo provato gli stessi sentimenti sulla sua pelle, sapeva che era difficile dimenticarsi completamente di una persona; perlomeno, avrebbe ancora dovuto trovarla carina. Razzió, quindi, il suo armadio alla ricerca del suo vestito più scandaloso, quello che sua madre riteneva biancheria intima: era rosso, scollato e vertiginosamente corto, ma con una gonna abbastanza larga da permettere di compiere ogni movimento e di nasconderci una pistola. Clarke l'aiutó ad arricciarsi i capelli in un'acconciatura che le consentisse una certa libertà e insistette che avrebbe dovuto indossare un paio di sue raffinate scarpe col tacco. Roxanne le fece notare che non le sarebbero mai entrate data la differenza di altezza tra le due e che, in ogni caso, preferiva portare delle semplici sneaker. Sapeva muoversi con destrezza anche sui tacchi (suo padre adorava partecipare ai gala e pretendeva che tutta la famiglia sapesse difendersi anche con indosso abiti eleganti), ma non aveva voglia di farsi dolere gli alluci inutilmente. Piuttosto preferì tirare una lunga linea di eyeliner sui suoi occhi verdi e di stendere una pesante dose di rossetto rosso. Recuperó dal fondo della valigia il profumo preferito di Blake e si immerse in quella nube inebriante. Eppure, quando si guardó allo specchio dopo tutta quella fatica, non notó altro che le lucide cicatrici che le solcavano la pelle. Nel mondo da cui veniva, a Detroit, nel suo Regno, non se n'era mai vergognata: rappresentavano la sua forza, la resilienza che le aveva permesso di sopravvivere a cose inaudite e al tradimento delle persone a lei più care. Lì, invece, sotto la pallida luce dei faretti in camera sua, le apparvero un abominio e sentì, per la prima volta, il bisogno di nasconderle e, per quanto successivamente se ne sarebbe vergognata, assecondó quel desiderio. Coprì con un doppio strato di fondotinta solo quelle più evidenti, quelle sul petto pallido e lentiginoso, e lasciò stare quelle contorte e sbiadite sulle braccia. Non voleva cancellare del tutto le sue origini, erano state quelle a temprarla e a renderla la donna che era diventata. Sorrise a sé stessa nello specchio, afferró il giubbotto di jeans oversize e raggiunse Clarke in salotto. La ragazza stava cercando di abbottonare una collana d'oro con un ciondolo a forma di stella marina. Si voltò verso di lei e Roxanne la trovó, con un moto di gelosia, terribilmente bella: i capelli scuri le incorniciavano il volto di porcellana al cui centro brillavano due perle azzurre come il cielo limpido d'estate; un tubino blu avvolgeva il suo fisico delicato e perfettamente proporzionato. Fu uno schiaffo non da poco capire irrimediabilmente che non sarebbe mai riuscita ad eguagliare tanta grazia.

<<Mi aiuteresti? >> domandò mestamente. Roxanne annuì e prese la catenina che le stava porgendo. La chiuse facilmente e risitemó i capelli a Clarke. <<Cavoli, sei bellissima, Roxanne!>> disse dandole un'occhiata <<Se solo sapessi fare quei fischi...>>. Si ficcó due dita in bocca, ma non produsse altro che una pernacchia che fece scoppiare a ridere entrambe. Al contrario di quanto si fosse aspettata, non riusciva ad odiare Clarke per essere la nuova fidanzata di Bellamy. Le faceva quasi pena pensare a quanto avrebbe sofferto se avesse scoperto la verità sul suo conto; era così ingenua e sognatrice che una notizia del genere le avrebbe frantumato l'anima. Si ritrovò quindi a dover aggiungere un'altra voce alla lista di motivazioni per la quali odiare Bellamy Blake. Immischiare una brava ragazza nel mondo del crimine non era mai una buona idea e non avrebbe dovuto commettere un tale gesto a cuor leggero: adesso Clarke rischiava non solo di rimanere ferita emotivamente, ma anche uccisa da una vendetta tra Clan o una semplice sparatoria.

<<Ti ringrazio.>> rispose Roxanne con un sorriso. Avrebbe voluto esternare tutti i suoi pensieri su quanto fosse ingiusto che Clarke fosse praticamente perfetta in ogni aspetto, ma si trattenne e si limitò a dire: <<Anche tu stai davvero bene>>.

<<Grazie. Però se mi permetti, vorrei aggiungere qualcosa al tuo outfit>>. Non aspettò neanche una risposta e si precipitò in camera sua. Roxanne la sentì frugare nei cassetti alla ricerca di qualcosa per buoni cinque minuti per poi ricomparire vittoriosa accanto a lei. Reggeva tra le dita un paio di delicati orecchini d'argento con un cerchio di madreperla alla fine che si abbinavano alla collana che Roxanne aveva indosso. Gliel'aveva regalata Isaac Hale anni addietro. Solo a pensare a quel nome una scossa elettrica la percorse.

<<Sono davvero stupendi, ma non posso accettarli. Avrei paura di perderli.>> confessò. Le era capitato varie volte di smarrire gioielli durante serate turbolente e le sarebbe dispiaciuto non restituirli.

<<Oh, non preoccuparti, io non li metto praticamente mai>>.

<<Allora d'accordo, li accetto con piacere.>> cedette prendendo i pendenti e infilandoli ai lobi.

<<Perfetti!>> esclamò Clarke eccitata. <<Andiamo?>>.

<<Bellamy non viene a prenderti?>> chiese Roxanne afferrando il giubbotto di pelle nero dal appendiabiti. Era convinta di poter recarsi da sola alla festa, in modo da scegliere il momento giusto per entrare dopo essere andata in ricognizione.

<<No, gli ho detto che sarei arrivata con te.>> spiegò distrattamente mentre si sistemava ancora una volta la frangia. Prese un delicato giacchino confezionato all'uncinetto e se lo poggiò sulle spalle. Le tese la mano e, riluttante e agitata come non mai, Roxanne la strinse.

***

La musica, sparata a tutto volume delle enormi casse, era udibile già da diverse decine di metri e più si avvicinava, più in Roxanne cresceva il desiderio di non prendere parte a quella bolgia dantesca. Certo, non poteva dirsi ferrata in semplici interazioni tra universitari, però non le immaginava di certo così assordanti e dissolute. Attraversando il vialetto che conduceva all'entrata, scorse molte coppie appartate tra alberi e cespugli e altri che, nonostante la festa fosse iniziata da poco più di mezz'ora, già sembravano in una dimensione tutta loro grazie all'assunzione di alcol e droghe. Varcata la soglia, ancor prima di sfilarsi la giacca e gettarla su un attaccapanni strapieno, analizzò scrupolosamente ogni cosa, ogni volto, ogni segnale di una trappola, ma non ne trovò. Il piano terra della villetta che ospitava i membri della confraternita prettamente maschile era disseminato di taniche di birra, da cui molti tracannavano bicchieri e bicchieri di liquido rossastro, che era finito sul parquet scuro in più punti, rendendolo appiccicoso; alle travi di legno del soffitto alto quasi tre metri della sala principale erano stati appesi festoni colorati ormai spiegazzati, come se fossero stati lasciati lì dall'ultima festa; i divani bordeaux erano inaccessibili, poiché occupati quasi tutti da atleti possenti e le loro conquiste in stretti abitini sgargianti. L'aria era impregnata di un forte odore di marijuana e Roxanne si chiese se non fosse stato proprio lo stesso Blake a portarla.

<<Ehi Max!>> esclamò Clarke accanto a lei. Roxanne era troppo impegnata a guardare storto due ragazzi sul punto di riprodursi in pubblico per rendersi conto di chi fosse il destinatario del saluto. La sua coinquilina la tirò per la manica distogliendo finalmente la sua attenzione da quella visione infelice. <<Roxanne, lui è Max Henderson, il migliore amico di Bell>>.
Il diretto interessato stava venendo verso di loro dall'enorme cucina lì accanto e, guardandolo, Roxanne a stento trattenne un sorriso. Era il ragazzo che aveva incontrato qualche giorno prima e che, già da lontano, aveva trovato terribilmente attraente. Visto da così vicino era a dir poco mozzafiato, ma la cosa non la sorprese tanto, del resto, cosa ci si poteva aspettare da un amico di Bellamy Blake? Era tanto alto che i suoi ricci neri per poco non scontrarono la porta quando vi passò attraverso, aveva le spalle grandi, le labbra rosee e due cordiali occhi di una calda sfumatura caramello. Quando incrociò il suo sguardo, le rivolse un sorriso a trentadue denti. <<Piacere di conoscerti, Roxanne.>> disse con una voce bassa e suadente porgendole la mano.

<<Piacere mio, Max Henderson>>. Allungò di rimando il braccio verso il suo e rimase alquanto sorpresa quando lui si chinò a baciarle il dorso della mano. Lo fissò impacciata rimettersi dritto.

Max la scrutò. <<Ci siamo già visti in giro, non è vero?>> chiese alzando un sopracciglio in un modo davvero adorabile.

Presa alla sprovvista da quella domanda - non si aspettava mica che lui ricordasse di averla salutata! - farfugliò: <<Ehm... non credo proprio>>.

<<Oh!>> esclamò Max con il tono di chi ha appena avuto un lampo di genio <<Ti ho vista passeggiare qui fuori! Non avrei mai potuto dimenticare un viso così bello...>>.

<<Okay, la situazione sta degenerando>> lo interruppe Clarke che, fino a quel momento, aveva ridacchiato sottovoce. <<Vado a cercare Bellamy.>> e così dicendo si allontanò in un turbine azzurro.
Roxanne si strofinò il collo, in soggezione. Sotto lo sguardo divertito di Max si sentiva piccola e ridicola. Non sapeva come gestire i rapporti con dei normali adolescenti e a quella festa, a parte Clarke e il suo possibile carnefice, non conosceva nessuno. Fece vagare ancora una volta gli occhi sull'ambiente che la circondava alla ricerca di Bellamy o di qualcosa che la mettesse in allarme, però, per fortuna, l'unica cosa che attrasse la sua attenzione fu la canzone che era appena partita. "How deep is your love" non è di certo una canzone convenzionale per far festa.
Improvvisamente, Roxanne si ritrovò catapultata nel giardino sul retro della villa Blake, sotto lo sguardo feroce delle loro austere statue di marmo. Sapeva che tutti i flashback ambientati in quel luogo erano dolorosi, ma voleva guardare, anche a costo di farsi male. Le foglie scricchiolavano sotto i loro piccoli piedi mentre ballavano un lento: era la festa per il sedicesimo compleanno di Bellamy, ma tutti i loro amici -Isaac compreso- erano già andati via. Roxanne aveva compiuto quattordici anni da una manciata di mesi ed era di una testa e mezzo più bassa del ragazzo. Lì era così diverso, così simile a lei. Le lentiggini risaltavano incredibilmente sul suo naso all'insù e i capelli gli si arricciavano in boccoli perfetti. La stringeva delicatamente a sé mentre ondeggiavano goffamente sulle note della medesima canzone dei Bee Gees. La sua camicia di lino bianco non profumava ancora né di uomo, né di fumo, né di sogni infranti. Quando Roxanne aveva incrociato il suo sguardo ed era arrossita, Bellamy l'aveva baciata e le aveva sussurrato che...

<<Ti va di ballare?>>. Max interruppe quel tremendo ricordo riportandola alla realtà. Doveva aver notato la sua espressione sorpresa quando aveva sentito le prime note della melodia. Le stava sorridendo dolcemente tendendole la mano. Sorprendendo persino se stessa, Roxanne la prese e si lasciò guidare al centro della grande sala ricreazione che era stata sgomberata in modo da fungere da pista da ballo. Max le rivolse uno sguardo strano, come se volesse chiederle il permesso. Persuasa a voler scacciare il prima possibile quelle reminiscenze dalla sua mente, gli sorrise in segno d'assenso. Il ragazzo la circondò delicatamente con un braccio, tenendo stretta la sua mano nella sua con l'altro. Non si trovava così vicino ad un ragazzo da anni - escludendo gli allenamenti e le zuffe - e le fece un effetto tanto terrificante quanto piacevole. Poggiò la mano libera sulla spalla di Max e sentì i muscoli tendersi sotto il suo tocco. La sua maglia a righe verde e viola era impregnata un forte profumo da uomo che le stuzzicò il naso. Iniziò ad ondeggiare piano a ritmo della canzone e lei si mosse per assecondare i suoi movimenti. Ben presto iniziarono a ballare. La stretta intorno la sua vita era leggera, ma lei era consapevole della pressione di ogni singolo polpastrello sul vestito. Rabbrividì quando la tirò più vicino dopo una piroetta che li aveva fatti sorridere entrambi. <<Tutto okay?>> chiese sottovoce piegandosi verso di lei.

<<Ci stanno guardando tutti.>> sussurrò Roxanne tra il divertimento e l'imbarazzo. Essere l'attrazione della serata non era un bene se voleva proteggere la sua copertura, però, allo stesso tempo, non se la sentiva neanche di sciogliere quel piacevole momento che stava vivendo dopo anni di oscura repressione.

Max ridacchiò maliziosamente. <<Saranno gelosi che sia stato io il primo fortunato a chiederti di ballare>>. Gli angoli delle labbra le si tirarono su e arrossì senza volerlo, quindi cercò subito di ricomporsi e gli lanciò un'occhiata. <<E anche perché sono il capo della confraternita e non mi capita quasi mai di aver tempo per far cose del genere.>> spiegò stringendosi nelle spalle larghe.

<<Sono onorata che tu abbia voluto dedicare ben quattro preziosi minuti e cinque secondi ad una sconosciuta.>> ammiccò Roxanne. Si stava davvero divertendo a flirtare con il migliore amico di Blake, doveva ammetterlo. In più, Max non le dispiaceva poi tanto.

<<Non sarebbe stato carino lasciarti lì, tutta sola, ad ascoltare una canzone di cui conosci la precisa durata e che avevi palesemente voglia di ballare>>. Max era tanto chino su di lei che uno dei suoi ricci le solleticó la fronte. Con un sorriso, strinse di più la sua mano e le diede una leggera spinta facendola girare su stessa. I capelli dorati le svolazzano intorno e si impigliarono tra le dita del ragazzo. Mentre scontrava di nuovo il suo petto - che lei sapeva essere muscoloso - una leggera risata le sgorgò dalle labbra.

<<Ero solo un po' in imbarazzo perchè non conosco nessuno qui! Non farti strane idee.>> lo ammonì ridacchiando <<E poi questa canzone per me ha...>>. Si bloccò. Bellamy si era materializzato sul pianerottolo delle scale e la fissava con le braccia incrociate, le maniche della camicia nera si gonfiavano intorno i suoi possenti muscoli. Da quella prospettiva, sembrava un angelo delle tenebre, bello e terribile. Non sapeva da quanto tempo li stesse fissando, ma non sembrava provare nessuna emozione: non c'era né gelosia, nè dolore nei suoi torbidi occhi grigi. Le fece segno di seguirlo e scomparve alla sua vista. Un brivido di paura la percorse, scaraventandola malamente nella realtà.

<<Roxanne?>>. Max le sfiorò il braccio e lei si rese conto di essere immobile al centro della pista. Se prima qualcuno non l'aveva notata, adesso aveva gli occhi di ogni singolo presente puntati su di sé. Probabilmente erano rimasti impressionati dalla scenetta con Bellamy e si preparavano ad assaporare qualche succulento pettegolezzo. La situazione, però, era mortalmente più complessa.

<<Scusami, Max. Sei stato davvero carino, adesso però devo andare.>> gli sussurrò con gli occhi verdi lucidi per l'adrenalina che cominciava a scorrere nelle sue vene.

Lui la guardò stranito, chiedendosi probabilmente cosa diavolo potesse dover fare ad una festa in cui non aveva amici. Roxanne temeva che le avrebbe posto qualche domanda, invece si limitò a stringerle la mano e poi lasciarla andare. Lei gli sorrise riconoscente. <<Mi devi un ballo.>> le gridò appresso mentre si faceva strada verso le scale.
Se sopravvivo a stasera... pensò Roxanne salendo i gradini verso il suo destino.

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