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No, davvero, non ci siamo già visti?

-  Oddio Melita, oddio! Come hai fatto?

- Ti giuro non lo so ancora, un attimo prima passeggiavo allegramente, quello dopo ero a terra. E ora guarda qui!

- Ma è orribile! - esclamò Lucy.

- È così brutto? - disse Melita, toccandosi il vistoso bernoccolo che troneggiava sulla sua fronte.

- Ma non quello! - il tono di Lucy era talmente disinteressato da generare in Melita il bisogno di scusarsi. L'amica, nonchè socia d'affari della libreria "6/10", scomparve per un nanosecondo dalla sua visuale, acquattandosi dietro al lettino d'ospedale, per ricomparire subito dopo con in mano l'oggetto delle sue morbose attenzioni.

- Queste! Oddio mi cede il cuore, non ce la faccio... guarda la mano! Guardala! Sto tremando! Le tue Jimmy Choo! Le hai distrutte! E guarda il tacco! Un crimine contro l'umanità,  ecco cos'è! Dove stavi passeggiando, sulle rive dello Stige? Hai fuso le suole!

- Ma non lo so! Forse ho calpestato una pozza d'asfalto bollente, inciampando rovinosamente e causandomi... questo!

Melita tornò inutilmente a indicare il suo bernoccolo.

- Dimmi che hai conservato lo scontrino!

- Va bene - sbuffò alzandosi - via di qui, grazie per la visita ma sto bene, io e le mie Jimmy Choo ce la caveremo alla grande, tu corri in negozio, Teresa e Rosita hanno sicuramente bisogno del tuo prezioso aiuto.

Prima ancora di aver concluso la frase, Lucy era stata accompagnata alla porta. Melita si appoggiò a essa con la schiena, un po' perchè le girava ancora la testa e un po' perché aveva a che fare con una fashion victim mica da ridere.

La ragazza diede un'ultima occhiata alle sue scarpette: collezione 2005, le stesse che aveva visto in quello strepitoso film e delle quali si era, a suo tempo, perdutamente innamorata.

Considerando come se l'era procurate e trattandosi del modello originale indossate dalla stessa Anne Hathaway, dovette convenire con Lucy che sì, era davvero un peccato mortale.

Melita le lasciò cadere dritte dritte nel cestino dell'immondizia, poi strinse la cintura della sua vestaglia dolly style color pesca. Quel colore le riportò alla mente l'aroma del bacio-silenziatore, col quale aveva sigillato la sexy bocca di quel logorroico dottore.

Ma lo aveva incontrato davvero o era solo il frutto di un trauma cranico commotivo, con prognosi di una settimana e metta questa crema non rimarrà nessun segno non si preoccupi ringrazi suo padre per la generosa donazione bla bla bla?

Scostò dalla pettiniera l'elegante sedia, in stile rococò, e vi si adagiò con eleganza.

Osservò dal riflesso della specchiera quella sontuosa camera singola, gentilmente offerta dalla carta oro di papà, tentando di scacciare quel fusto dalla mente.

Già, la vita era davvero spietata con lei.

Cosa le mancava? Niente. Aveva assolutamente tutto; la libreria era un hobby, non aveva certo dato il via a quell'attività per motivi economici, era più che altro un passatempo. Sarebbe potuta partire in qualsiasi momento verso la più sperduta delle destinazioni, come la protagonista di quel meraviglioso romanzo che dominava le vetrine del loro negozio da settimane, My dilemma it's you again forvah and evah 14 (sottotitolo "Ho controllato su Google e my dilemma in inglese si può dire").

Certo, non aveva il talento di quell'autrice, ma non ne aveva bisogno, non aveva bisogno di nulla, era libera, bella, giovane, ricca, l'ho detto ricca? Ricca da fare schifo. Aveva l'affetto delle sue tre amiche del cuore, alle quali era riuscita a tener nascosta l'immensa ricchezza di famiglia. (Perché era ricca). Certo, non a tutte... quella Lucy era uno scannerizzatore vivente, sapeva il prezzo di ogni capo d'abbigliamento o gioiello che le aveva visto addosso, ma manteneva volentieri il segreto e si era dimostrata col tempo una amica sincera e disinteressata. Le altre non erano tipe molto interessate ai soldi; Teresa sempre presa dal suo Yoga e alla spasmodica ricerca dell'ottavo chackra, e Rosita, che viveva in un mondo tutto suo fatto di libri, cosplayer, videogiochi e randagi da recuperare a ogni angolo della via.

- E io chi sono? - si chiese fissandosi allo specchio.

- Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò - sussurrò alla sua stessa immagine.

- Dì la verità Alice, si sta meglio dall'altra parte, vero?

Sorrise e si fece l'occhiolino. No, non lei. Che avete capito. La sua immagine, le fece l'occhiolino.

- O porca puttaaah! - e si ritrovò a terra.

Due cadute nello stesso giorno, se fosse stata una disciplina olimpica, signori, avremmo avuto la nostra campionessa. Quello che abbiamo invece, a questo punto della storia, è una segretamente ricca, vistosamente perfetta, potenzialmente pazza, giovane donna sulla soglia di una crisi esistenziale.

Uscita da quell'ospedale privato, con ai piedi delle adorabili ciabatte con dei pon-pon, Melita si recò al più vicino negozio di alimentari. Non mangiava dalla mattina precedente, erano le tre del pomeriggio e le era venuta un'incontenibile voglia dei suoi famosi fagottini di bresaola con ricotta, rucola e noci pecan.

Entrando, il campanellino della porta d'ingresso la mise subito di buon umore e si accostò al banco degli affettati, quasi saltellando.

- Buon giorno signorina!

- Buongiorno. Mi da un etto di bresaola, perfavore?

- Certo. E' fortunata, l'abbiamo in offerta!

Da dietro il bancone l'uomo prese il trancio di carne e iniziò a tagliare energicamente la bresaola. Terminata l'operazione si accostò alla bilancia, pronunciando la fatidica battuta, quasi si aspettasse un applauso di ritorno:

-  Un etto e mezzo, che faccio, lascio?

- No, va bene lo stesso grazie.

- Basta cosi?

- Sì, grazie.
 
Aveva già voltato le spalle salutando cortesemente, quando il salumiere aggiunse:

- Vedrà che buon sapore che ha quel coraggio.

Ecco, ci risiamo, pensò, non dire niente e andrà tutto bene...

- Scusi?

Melita non era riuscita a trattenersi.

- Ma sì, è in offerta ma è di qualità eccellente. Vedrà!

- Ma di che sta parlando? Si sente bene?

Una donna in fila, infastidita, interruppe quell'assurdo botta e risposta:

- Andiamo... se ha finito io avrei un po' di fretta. Ho l'autostima sui fornelli e ho fatto un salto veloce perchè ho finito le aspirazioni, deve averle prese mio marito. Insomma - aggiunse sorridente - non vorrete mica che mi si bruci tutto? 

Da dietro il bancone, l'uomo mostrò un sorriso raggiante, incorniciato da labbra carnose che a Melita sembravano familiari.

- Ascolti, se non lo vuole quel coraggio, può darlo in dietro, non fa niente. È in offerta, non mancheranno certo gli acquirenti.

- Ma no, non è questo, è che... scusi, ma non ci siamo già visti? Lasci stare... mi faccia capire, una viene qui per un etto di bresaola e si ritrova con delle fette di coraggio incartate?

- Bresaola? Bè, qui vendiamo emozioni, qualche sensazione e sottobanco, a volte - lo disse facendole cenno di avvicinarsi - anche delle idee. Ma in quanto alla bresaola, bella signorina, della bresaola non ne so nulla. No, no. Niente.

Melita aveva smesso di ascoltare,  quella fragranza di pesca e cioccolata...

Una signora, nel frattempo, stava assaggiando compiaciuta dell'orgoglio in degustazione.

-Mi faccia capire - rimbeccò Melita quasi balbettando - io torno a casa, ne mangio un pò, e puff! Divento coraggiosa?

- Più o meno. Certo, il coraggio da solo non glielo consiglio. Ci vuole un po' di determinazione per condimento e della lucidità, anche fredda, come contorno. Il coraggio assoluto la renderebbe impulsiva per giorni.

Melita si guardò intorno, pentendosi di aver lasciato l'ospedale così presto. Poi si rivolse agli astanti.

- Ma scusate -  sono l'unica a trovarlo assurdo? E comunque - asciugandosi la gocciolina di sudore traditrice e imponendosi di sorridere - di coraggio non ne ho bisogno! La mia vita è tutt'altro che emozionante e anzi! Sa cosa? Non me ne frega niente, a casa mangio pane e indifferenza!

Alla parola indifferenza le persone in fila si scostarono compatte, anche l'uomo dietro al bancone ebbe un sussulto.

- Signorina! È contagiosa non lo sa? -  intervenne tra lo sconcerto e la rabbia un ragazzo.

- Ma cosa?

- L'indifferenza! Gesù, ma dove l'ha presa? Così giovane, poverina.

- Non, non ricordo. Mi lasci pensare. Ma è cosi grave?

- Grave? Di indifferenza si muore!

Vennero interrotti dalle urla di un'altra signora:

- Lei mi fa schifo! Ma non lo vede che qui ci sono dei bambini? Cosa le è saltato in mente? Uscire fra la gente con addosso l'indifferenza, roba da matti. Rischia di infettarci tutti!

-Signora si calmi - disse il salumiere,  che ora indossava un elegante completo e un cappello vistoso - questa ragazza non mi sembra in malafede. Certo, avevo notato qualcosa di strano, ma non immaginavo che si trattasse di indifferenza. Comunque, avrà avuto le sue buone ragioni per uscire di casa in quelle condizioni. Forse non ha nessuno che le faccia la spesa... forse è sola. È così? - occhiolino, occhiolino...

- Ha l'indifferenza, è confusa e soffre pure di solitudine! Qui bisogna che qualcuno l'accompagni in clinica!

- Quale clinica... ma cosa state dicendo? - Melita cominciava ad avvertire delle leggere vertigini.

- Ma la clinica della disperazione! E' lì che vanno tutti quelli... come lei. Non lo sa?

- Ma cosa... ma... ma siete tutti pazzi? Quale clinica? La gente si evita continuamente! E poi che male c'è a esercitare un po' di sana indifferenza? Non sto mica parlando di odio!

A quella parola, la folla si disperse terrorizzata. Qualcuno suggeriva di chiamare le forze dell'ordine, altri si allontanano tappando le orecchie dei bambini.

- Ma io... uh, che caldo, non sentite caldo? Lei... lei - indicando il salumiere ben vestito - quel cappello... le dona proprio.  Dov'è che l'ho già vista?

Melita, barcollante, cercò di incamminarsi verso l'uscita.

- Signorina?

La ragazza si girò di scatto, afferrò una ciabatta e puntò minacciosa il salumiere: - Senti tu! Se non la smetti di seguirmi io... io...

- La sua bresaola.

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