Capitolo 7: Il pericolo delle scelte
I giorni successivi furono un continuo gioco di equilibri. Io e Troy continuavamo a incontrarci di nascosto, lontano dagli occhi attenti del Ranch, ma ogni volta che tornavamo alla vita quotidiana, la realtà ci colpiva come un secchio d'acqua gelata. Non potevamo andare avanti così per sempre, e lo sapevamo entrambi.
Un pomeriggio, mentre stavo lavorando con Alicia in giardino, sentii Jeremiah Otto parlare con Jake non lontano da noi. Cercai di non prestare attenzione, ma le loro voci si alzarono, e alcune parole mi colpirono come un pugno.
"Non possiamo permetterci distrazioni," stava dicendo Jeremiah. "Troy è già abbastanza problematico. Se qualcuno lo destabilizza, dobbiamo intervenire."
Mi irrigidii, le mani tremanti mentre raccoglievo una cassetta di verdure. Alicia mi lanciò uno sguardo curioso.
"Tutto bene?" chiese.
"Perfettamente," risposi, sforzandomi di sembrare tranquilla.
Ma dentro di me, il panico cresceva. Jeremiah Otto era un uomo che non si faceva scrupoli a proteggere ciò che considerava suo, e Troy era una pedina fondamentale per il suo controllo sul Ranch. Se scopriva cosa stava succedendo tra noi, le conseguenze sarebbero state imprevedibili.
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Quella sera, raggiunsi Troy al solito posto, una vecchia baracca abbandonata appena fuori dal perimetro del Ranch. Quando entrai, lo trovai che affilava un coltello, il viso concentrato e serio.
"Abbiamo un problema," dissi senza preamboli.
Lui alzò lo sguardo, il suo solito sorriso ironico assente. "Che tipo di problema?"
"Jeremiah," risposi, sedendomi accanto a lui. "L'ho sentito parlare con Jake oggi. Credo che sospetti qualcosa."
Troy sbuffò, appoggiando il coltello sul tavolo. "Mio padre sospetta sempre qualcosa. È la sua natura."
"Ma questa volta riguarda te. Riguarda noi."
Lui mi fissò per un momento, gli occhi stretti. "E cosa vuoi fare, Sarah? Vuoi smettere? Vuoi fingere che non stia succedendo niente?"
"Non lo so," ammisi, la voce tremante. "Ma so che se tuo padre decide di intervenire, non si fermerà davanti a niente."
Troy si alzò in piedi, cominciando a camminare avanti e indietro nella stanza. "Non può controllarmi, Sarah. Non più. Ho passato tutta la mia vita a vivere sotto il suo dominio, ma ora... ora sono io a decidere."
"Non sto parlando solo di te," ribattei, alzandomi a mia volta. "Non mi importa di tuo padre. Mi importa di sopravvivere. E se continuare a stare con te significa mettere in pericolo entrambi, allora forse-"
"Non dire quella parola," mi interruppe, la sua voce bassa e tagliente.
"Quale parola?" chiesi, anche se sapevo benissimo cosa intendeva.
"Arrenderti."
Le sue parole mi colpirono nel profondo. Era vero: arrendersi non faceva parte del mio carattere. Ma stava diventando sempre più difficile ignorare i rischi.
Troy si avvicinò, prendendo il mio viso tra le mani. Il suo sguardo era intenso, pieno di una passione che non riuscivo a respingere.
"Sarah, questo mondo è già abbastanza brutto. Se trovi qualcosa che ti fa sentire viva, non lo lasci andare. Non importa quanto sia pericoloso."
Lo fissai, il cuore pesante. "E se finiamo per distruggerci a vicenda?"
Lui sorrise, un sorriso amaro e dolce allo stesso tempo. "Allora almeno avremo vissuto."
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Le sue parole rimasero con me per giorni. Non riuscivo a togliermele dalla testa, anche quando cercavo di concentrarmi sulle mie mansioni al Ranch. Più passava il tempo, più mi rendevo conto che Troy aveva ragione. In quel mondo, niente era sicuro. Ogni giorno era una lotta per la sopravvivenza, e forse aggrapparsi a qualcosa - o a qualcuno - era l'unico modo per restare umani.
Ma il Ranch non era un luogo dove i segreti potevano durare a lungo.
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Una sera, mentre stavamo tornando al Ranch dopo uno dei nostri incontri segreti, incontrammo Jake. Era appoggiato al cancello, le braccia incrociate, il viso serio.
"Dove siete stati?" chiese, il tono più inquisitorio che amichevole.
"Non è affar tuo," rispose Troy, senza nemmeno rallentare.
Jake lo afferrò per un braccio, costringendolo a fermarsi. "In realtà lo è. Questo posto dipende da noi, Troy. E se tu perdi il controllo-"
"Non sto perdendo il controllo," ribatté Troy, il tono pericolosamente basso.
Jake spostò lo sguardo su di me, e il suo viso si indurì. "E tu? Cosa pensi di fare, Sarah? Sai che Troy è instabile. Lo stai solo peggiorando."
"Non è così," dissi, cercando di mantenere la calma. "Non sai di cosa stai parlando."
"Ah, davvero? Perché mi sembra che tu non abbia idea di cosa stai facendo," ribatté Jake, il suo tono pieno di frustrazione.
Prima che potessi rispondere, Troy intervenne, il suo sguardo pieno di rabbia. "Non ti riguarda, Jake. Fatti gli affari tuoi."
"Non posso," ribatté Jake, guardandolo dritto negli occhi. "Perché quando finirà male - e finirà male - non sarò io a dover rimettere insieme i pezzi."
Con quelle parole, si allontanò, lasciandoci lì nel silenzio.
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Quella notte non riuscii a dormire. Le parole di Jake mi tormentavano. Aveva ragione? Ero davvero una distrazione per Troy? O forse lui era una distrazione per me?
Ma, alla fine, sapevo che non potevo tirarmi indietro. Qualunque fosse il rischio, qualunque fossero le conseguenze, non potevo rinunciare a Troy.
E questo mi spaventava più di tutto.
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