Capitolo 5: Attrazione letale
Da quella notte qualcosa tra me e Troy cambiò. Non ci fu mai una discussione a riguardo, né un confronto. Era come se entrambi sapessimo che c'era qualcosa di diverso, ma nessuno di noi voleva affrontarlo apertamente. I nostri incontri quotidiani erano sempre una combinazione esplosiva di tensione e provocazione. Eppure, sotto la superficie, si sentiva un'energia che non avevamo il coraggio di nominare.
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Una mattina mi ritrovai assegnata a lavorare nel magazzino delle scorte, un lavoro semplice ma noioso che preferivo comunque alle lezioni di sopravvivenza all'aperto. Pensavo di avere un po' di pace, ma, ovviamente, Troy decise di fare un'improvvisata.
"Che fai qui, Sarah?" disse con il suo solito tono di superiorità.
"Lo vedi da solo," risposi, sollevando una scatola di provviste. "Cerco di rendermi utile, come tutti."
Si appoggiò al bordo della porta, osservandomi con un sorriso che mi fece stringere i denti. "Ah, quindi finalmente vuoi dimostrare che non sei solo un peso morto?"
Non gli diedi la soddisfazione di una replica immediata. Mi limitai a ignorarlo e continuai a sistemare le scatole. Ma, come al solito, lui non mollò.
"Sai," continuò, "è strano vederti così calma. Di solito sembri sempre pronta a mordere qualcuno."
"Solo quando si tratta di te," replicai, incrociando le braccia e fissandolo.
Lui rise, un suono basso e incredibilmente irritante. "Oh, davvero? Allora sono speciale."
"Speciale non è esattamente il termine che userei."
La tensione tra noi era palpabile. Non era più solo rabbia o irritazione. C'era qualcos'altro, qualcosa che nessuno di noi sembrava pronto ad affrontare.
Troy si avvicinò, la sua presenza improvvisamente opprimente nella piccola stanza. "Sai, Sarah, mi piace guardarti quando sei arrabbiata. È... divertente."
Mi sforzai di mantenere il controllo. "E io mi diverto a immaginare di colpirti in faccia."
"Ah, quindi pensi spesso a me."
Mi bloccai, rendendomi conto troppo tardi del tranello. Lui sorrise, soddisfatto, e io sentii le guance scaldarsi.
"Sei insopportabile," sbottai, girandomi per uscire dalla stanza.
Ma Troy mi afferrò per il braccio, fermandomi. "Aspetta."
Mi voltai, trovandomi faccia a faccia con lui. Il suo sguardo era intenso, e per un attimo il suo solito sorriso arrogante scomparve.
"Che vuoi, Troy?" chiesi, la voce più debole di quanto avrei voluto.
Lui esitò, cosa rara per lui. Poi, come se stesse combattendo contro se stesso, si chinò leggermente verso di me. "Voglio sapere perché non riesco a smettere di pensare a te."
Le sue parole mi lasciarono senza fiato. Per un momento non ci fu altro che silenzio, interrotto solo dai nostri respiri. Sentivo il battito del cuore rimbombarmi nelle orecchie, confusa tra il desiderio di allontanarmi e quello di restare.
"Troy..." iniziò a dire, ma le parole mi si bloccarono in gola.
Lui sembrò accorgersi della mia esitazione e si ritrasse, come se il momento fosse stato troppo per entrambi. "Lascia perdere," disse, tornando al suo solito tono distaccato.
Ma io non riuscivo a lasciar perdere. Per quanto cercassi di ignorarlo, le sue parole mi avevano colpita nel profondo.
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Quella notte non riuscii a dormire. Mi girai e rigirai nel letto, cercando di dare un senso a quello che stava succedendo tra me e Troy. Non era possibile. Non poteva essere. Lui era tutto ciò che avevo sempre evitato: pericoloso, instabile, spietato. Ma c'era qualcosa in lui, qualcosa che mi attirava come una falena verso la fiamma.
Sapevo che avvicinarmi a Troy Otto era come giocare con il fuoco. Ma, in quel mondo crudele e caotico, forse il fuoco era l'unica cosa che poteva tenermi viva.
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La mattina successiva lo cercai. Non sapevo esattamente cosa volessi dirgli, ma dovevo affrontarlo. Lo trovai nella rimessa, intento a riparare un fucile. Quando mi vide, alzò un sopracciglio.
"Sarah," disse con un sorriso sarcastico. "Che sorpresa."
Non persi tempo con i convenevoli. "Non puoi dirmi cose del genere e poi far finta di niente."
Lui smise di lavorare e mi guardò, il suo sorriso scomparso. "Cose del genere?"
"Che pensi a me," dissi, cercando di mantenere il controllo.
Per un momento sembrò spiazzato, ma poi si alzò, avvicinandosi lentamente. "E se fosse vero? Cosa farai, Sara? Scapperai?"
Non avevo una risposta. Mi sentivo intrappolata tra il desiderio di fuggire e quello di avvicinarmi ancora di più. Lui si fermò a pochi centimetri da me, e il suo sguardo si fece più morbido, quasi vulnerabile.
"Non sto scherzando, Sarah," disse, la sua voce bassa ma intensa. "C'è qualcosa in te che non riesco a ignorare. E questo mi manda fuori di testa."
Il mio cuore batteva forte. Non sapevo se fosse paura, eccitazione o entrambe le cose. Ma, invece di rispondere, feci l'unica cosa che non avrei mai pensato di fare.
Mi avvicinai e lo baciai.
Fu un gesto istintivo, quasi disperato, ma non mi importava. Troy sembrò sorpreso per un istante, ma poi rispose con la stessa intensità. Le sue mani si posero sulla mia vita, tirandomi più vicina, mentre il mondo intorno a noi sembrava scomparire.
Quando ci separò, i suoi occhi erano fissi nei miei, pieni di qualcosa che non riuscivo a decifrare.
"Sapevo che non eri così innocente," disse, con un sorriso che questa volta non era sarcastico.
"Smettila di parlare, Otto," ribattei, senza riuscire a trattenere un sorriso.
E, per la prima volta, lo vidi ridere davvero. Una risata calda, sincera, che mi fece capire quanto fosse raro vedere quel lato di lui.
E in quel momento, sapevo che ero perduta.
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