Capitolo 43: La Distanza tra Noi
Il Ranch sembrava più grande ogni giorno che passava. Non solo per la sua estensione, ma anche per la distanza che stavo iniziando a percepire tra me e Troy. Nonostante le nostre lotte fianco a fianco, le piccole risate che ci scambiavamo durante le missioni, c'era qualcosa che ci separava, qualcosa che non riuscivo a colmare.
Passavo i miei giorni cercando di non pensarci troppo, di concentrarmi sulle necessità immediate, sulle cose che dovevo fare per mantenere la nostra comunità al sicuro. Ma ogni volta che Troy mi guardava, ogni volta che sentivo il suo sguardo sfiorarmi, mi ricordavo di quel momento, del mio cuore che aveva fatto un salto inaspettato quando gli avevo detto "ti amo". Non sapevo se lui l'avesse sentito veramente, se l'avesse capito o se lo avesse respinto come un errore. E ogni volta che il suo sguardo sfuggiva al mio, sentivo che la risposta non era quella che avevo sperato.
Non era come nei sogni, non c'era quella certezza che mi ero aspettata. Eppure, sentivo che c'era una connessione tra noi, qualcosa che andava oltre le parole, ma forse era troppo sottile per essere visto.
Mi stavo abituando a questa nuova normalità, una normalità fatta di silenzi e di sguardi non scambiati, di momenti di vicinanza che sembravano non bastare mai. Non volevo forzare le cose, ma allo stesso tempo non riuscivo a negare che avevo bisogno di sapere se, in qualche modo, lui sentisse lo stesso. Se c'era anche solo un piccolo barlume di speranza che quello che provavo non fosse solo un'illusione.
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Il pomeriggio era tardo, il sole stava calando dietro le colline, dipingendo il cielo di un arancio caldo che si rifletteva sulle pareti di legno del Ranch. Decisi di andare a fare un giro, per allontanarmi un po' dal caos del Ranch e trovare qualche momento di tranquillità. Ogni tanto, dovevo fermarmi a respirare, a pensare, a fare chiarezza nella mia testa.
Camminavo lungo il sentiero che portava al vecchio campo di addestramento, il luogo dove Troy aveva insegnato a tutti noi a combattere, a resistere. Era un posto che mi ricordava la sua forza, la sua determinazione. Ma c'era anche qualcosa di più: lì, in mezzo alla terra battuta e agli alberi secchi, avevo visto per la prima volta quanto fosse vulnerabile, quanto fosse reale il suo desiderio di proteggere gli altri. Era questo che mi aveva attratta, quella forza mascherata dalla sua solitudine.
Eppure, mentre camminavo, il peso di quel silenzio cresceva dentro di me. Ogni passo che facevo mi portava sempre più lontana da lui, eppure, nel profondo, sentivo che l'unico modo per affrontare ciò che provavo era dirglielo di nuovo. Forse avrei dovuto lasciarlo andare, forse avrei dovuto smettere di sperare che qualcosa cambiassero tra noi, ma non riuscivo a farlo. Non riuscivo a smettere di desiderarlo, di voler essere vicina a lui.
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Quando mi fermai sotto un albero, il mio cuore sembrò fare una specie di salto nel petto. In lontananza, lo vidi. Troy era lì, appoggiato alla recinzione, con una sigaretta accesa tra le dita. Mi guardò appena mi avvicinai, ma questa volta, il suo sguardo non era distante. C'era qualcosa nei suoi occhi che mi fece capire che anche lui stava lottando con qualcosa. Ma cosa? Non avevo idea.
"Stai bene?" chiese, la sua voce profonda che aveva quel suono familiare che mi faceva venire i brividi.
Annuii, ma in realtà non lo ero. Non ero affatto bene. Il mio cuore era in subbuglio, e sentivo la necessità di dirgli tutto ciò che avevo dentro, di trovare un modo per farlo capire.
"Lo sai che quando ti guardo, c'è qualcosa dentro di me che non riesco a controllare?" dissi, cercando di non sembrare troppo emozionata, ma le parole erano già uscite. Era come se avessi rotto una barriera che avevo costruito per non farmi vedere vulnerabile.
Lui mi guardò in silenzio per un lungo istante, come se stesse cercando di capire. Poi, senza dire nulla, si avvicinò di un passo, abbassando lentamente la sigaretta nel terreno.
"Sai, Sarah," iniziò, ma sembrava riflettere su ogni parola, come se cercasse di non sbagliare. "Non è facile per me, credimi. Non sono quello che pensi."
Le sue parole mi colpirono come un pugno nello stomaco. Non sapevo come reagire. Mi ero aspettata qualcosa di diverso, una risposta che mi confortasse, ma invece era come se stesse cercando di scappare da tutto ciò che ci univa.
"Non voglio che tu scappi," risposi, il cuore che mi batteva forte nel petto. "Io non scappo."
E fu allora che, senza una parola in più, le sue labbra si appoggiarono delicatamente sulla mia tempia, lasciando un tenero bacio. Non c'erano promesse, non c'erano certezze, ma il suo gesto era un segno che, in qualche modo, la distanza tra noi si stava lentamente accorciando.
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