Capitolo 40: Informazioni pericolose
Troy prese delicatamente i fogli dalle mie mani, esaminandoli con attenzione. La sua espressione si fece più seria, quasi inquieta. Il simbolo che avevo visto si ripeteva su alcune delle mappe e sulle note, ma c'era di più. C'erano numeri e coordinate, ma anche accenni a esperimenti scientifici, un linguaggio che non riuscivo a decifrare completamente, ma che sicuramente indicava qualcosa di molto più grande di quanto potessi immaginare.
"Questo..." Troy iniziò, ma si interruppe, guardando i fogli come se non volesse pronunciare ciò che stava pensando. "Questo è pericoloso, Sarah."
Non lo avevo mai visto così teso. Mi avvicinai a lui, il cuore che cominciava a battere più forte. "Cosa significa? Chi ha lasciato questi fogli qui?"
Troy guardò ancora una volta i fogli, fissando il simbolo che era impresso più volte. "Questo simbolo... è legato a un'organizzazione che stava cercando di fare esperimenti. Questi esperimenti non erano solo per sopravvivere a questa apocalisse. Volevano... modificare il nostro mondo, in qualche modo."
La paura mi pervase all'istante. "Modificare? Come?"
Troy sembrava indeciso se continuare o meno, ma poi si fece strada un'espressione di determinazione nei suoi occhi. "Non lo so, Sarah. Se questi fogli sono ciò che penso, significa che quel progetto non è mai stato fermato. È stato solo nascosto, sepolto sotto la superficie."
Un brivido mi percorse la schiena. "E noi? Cosa facciamo ora?"
Troy esitò un momento, guardando il gruppo che nel frattempo continuava a esplorare l'area. "Questi fogli devono essere protetti, ma anche distrutti, prima che qualcuno li trovi. E, soprattutto, dobbiamo scoprire cosa c'è dietro questi esperimenti. Non posso permettere che qualcun altro faccia lo stesso errore."
Il suo tono era deciso, ma c'era anche una preoccupazione nascosta, una premonizione che non riuscivo a ignorare.
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Quando prendemmo la decisione di non tornare subito al Ranch, una sensazione di urgenza ci avvolse. Non potevamo permetterci di aspettare che qualcuno arrivasse a raccogliere le informazioni che avevamo appena scoperto. Avevamo bisogno di capire cosa stesse realmente accadendo, e per farlo dovevamo andare avanti, esplorare ancora di più, rischiare di trovare risposte.
I fogli erano ancora nelle mani di Troy. L'espressione seria che aveva sul volto non lasciava spazio a dubbi: la minaccia era concreta, e non potevamo permetterci di ignorarla.
"Se davvero c'è qualcosa di così grande in gioco," disse Troy, "dobbiamo scoprire dove porta questa pista. Non possiamo tornare indietro."
Nessuno di noi avrebbe voluto fermarsi. Non più. Avevamo preso una strada senza ritorno.
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La strada si fece più impervia mentre ci addentravamo in un'area che sembrava essere sempre più lontana dalla sicurezza del Ranch. Le nuvole si erano sparse nel cielo, e l'aria si faceva sempre più pesante, come se il mondo stesso stesse aspettando qualcosa. Ogni passo che facevamo era un rischio, ma nessuno tra noi si tirò indietro.
All'improvviso, Jake alzò il braccio, indicandoci un movimento in lontananza. Un gruppo di vaganti stava avanzando nella nostra direzione, troppo numeroso per non destare preoccupazione.
"Li vedete?" chiese Jake, il suo tono teso. "Sono troppi. Non possiamo affrontarli tutti."
"Allontaniamoci," suggerì Nick, e subito il gruppo si mosse per trovare una via di fuga. Ma in quel momento, un altro gruppo di vaganti apparve da una strada laterale, facendo sì che fossimo circondati.
"Correte!" gridò Troy, e ci separò velocemente. "Tutti separati, prendete le vie laterali! Sarah, vai con me!"
Non ebbi il tempo di reagire, che Troy mi afferrò per la mano e mi trascinò verso una piccola casa abbandonata che avevamo visto poco prima. La mandria di vaganti avanzava con passi lenti ma costanti, e la situazione stava diventando disperata.
Ci rifugiammo all'interno, chiudendo velocemente la porta dietro di noi e barricandola con i mobili che trovammo all'interno. Non c'era molto tempo: dovevamo essere veloci, perché i vaganti erano troppo vicini, e l'inquietante rumore dei loro passi cresceva di minuto in minuto.
Mi avvicinai alla finestra con cautela, guardando fuori, ma non potevo vedere nulla chiaramente. Le ombre dei vaganti si stagliavano contro il cielo grigio, e il mio cuore cominciò a battere più forte. Avevamo poche opzioni: restare nascosti e sperare che i vaganti passassero, oppure cercare un'altra via d'uscita e rischiare di attirare l'attenzione.
Troy si avvicinò alla finestra, accostando l'orecchio al muro per ascoltare. "Dobbiamo aspettare," sussurrò. "Non possiamo fare altro. Non ci sono altre strade qui."
Io annuii, cercando di controllare il fiato che stavo trattenendo. La tensione era palpabile. Per la prima volta da quando ero arrivata in questo mondo, mi sentivo completamente impotente. Non era il momento di essere coraggiosa, non lo ero mai stata. Ma la paura stava rapidamente lasciando spazio a qualcosa di diverso.
"Abbiamo bisogno di tempo," aggiunsi, cercando di abbassare la voce. "Spero che gli altri ce la facciano."
Troy mi guardò con intensità, ma la sua risposta fu un semplice cenno di assenso. "Lo spero anche io."
I vaganti sembravano lontani, ma il loro numero era impressionante. Le ombre continuavano a muoversi, a scivolare oltre le finestre della casa, e io potevo sentire il battito del mio cuore come un tamburo nella notte. Sapevo che non sarebbe stato facile, ma almeno eravamo vivi, per ora.
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La casa che ci ospitava sembrava un rifugio temporaneo, ma la sensazione che non saremmo riusciti a rimanere nascosti per molto mi rendeva sempre più inquieta. Il silenzio che seguiva il caos del nostro arrivo era insopportabile. Troy si muoveva con calma, cercando di tenere sotto controllo la situazione, mentre io tentavo di organizzare i pensieri, focalizzandomi sul nostro prossimo passo.
"Non voglio restare qui troppo a lungo," disse Troy, rompendo il silenzio. "Dobbiamo uscire prima che ci scoprano."
"Non c'è un'altra via," risposi, cercando di trattenere l'ansia. "Dobbiamo sperare che gli altri stiano riuscendo a farsi strada."
Troy mi lanciò uno sguardo. "Sarah, qualunque cosa succeda, promettimi che sarai al sicuro."
Le sue parole mi colpirono più di quanto volessi ammettere. In quella casa, con il rumore dei vaganti che si faceva più vicino, mi resi conto che non era solo una questione di sopravvivenza. Era una questione di ciò che avevamo costruito insieme, della connessione che, sebbene fragile, era sempre più forte.
"Prometto," dissi, anche se dentro di me sapevo che quella promessa non sarebbe stata facile da mantenere.
Il tempo stava per scadere, e il nostro destino dipendeva dalla nostra capacità di rimanere nascosti, e dalle scelte che avremmo fatto nei prossimi minuti.
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