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Capitolo 4: Frammenti di verità

I giorni successivi a quella conversazione accanto al fuoco passarono con un ritmo strano, quasi sospeso. Il Ranch era un luogo dove la routine era essenziale per mantenere la calma, ma le tensioni erano sempre pronte a esplodere, come una miccia che bruciava lentamente. E Troy? Lui continuava a sfidarmi, a provocarmi, ma c'erano momenti in cui sembrava abbassare la guardia, lasciandomi intravedere qualcosa di più umano, più fragile.

Una sera, durante il turno di guardia, mi ritrovai di nuovo in sua compagnia. Era quasi mezzanotte, e il silenzio del deserto era interrotto solo da versi lontani dei coyote e dal fruscio del vento.

"Sei stranamente tranquilla stasera." disse Troy, rompendomi il filo dei pensieri.

"Solo stanca." risposi stringendo il fucile che mi aveva insegnato a usare. "Tu non lo sei mai?"

Lui sorrise, ma senza allegria. "La stanchezza è un lusso. Qui non puoi permettertelo."

Abbassai lo sguardo, ma poi osai spingermi oltre. "Non puoi essere sempre così, Troy. Non puoi essere sempre...in guerra."

Il suo sguardo si indurì per un istante, come se avessi toccato un nervo scoperto. Poi, con un sospiro, distolse gli occhi dal mio volto e fissò l'orizzonte. "Non sono in guerra, Sarah. Sono sopravvissuto. E c'è una bella differenza."

"Ma cosa stavi combattendo prima di tutto questo?"

Non mi aspettavo una risposta. Troy era il tipo d'uomo che proteggeva i suoi segreti come se fossero una seconda pelle. Ma quella notte fu diverso.

"Mio padre," disse, la sua voce più bassa del solito. "Jeremiah Otto è sempre stato il mio peggior nemico, anche quando cercava id fare la parte del padre modello. Crescere con lui era come vivere sotto il peso di una montagna: qualsiasi cosa facessi, non era mai abbastanza. E ogni errore...beh, diciamo che non passava inosservato."

La sorpresa mi paralizzò. Troy non era mai stato così aperto, e sapevo che quello che stava condividendo era prezioso, un frammento della sua anima che raramente mostrava.

"Mi dispiace." mormorai, anche se sapevo che quelle parole erano inutili.

Lui ridacchiò, un suono secco e privo di gioia. "Non serve che ti dispiaccia. È solo la verità. Mio padre voleva creare un mondo perfetto qui, ma non ha mai capito che la perfezione è una bugia. Tutto quello che ha fatto è stato distruggere chiunque fosse vicino a lui.. inclusi i suoi figli."

Non risposi. Non c'era niente da dire. Ma dentro di me, qualcosa si spezzò per lui. Troy non era solo un uomo crudele e spezzato dal mondo. Era anche una vittima, intrappolata in una spirale di dolore e rabbia che lo aveva trasformato in ciò che era.

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Nei giorni successivi, cercai di mantenere le distanze da lui. Ogni volta che ci incontravamo, i nostri sguardi si incrociavano per un momento troppo lungo, carico di significati non detti. Non sapevo cosa provassi per lui, ma una cosa era certa: Troy Otto stava diventando una costante nei miei pensieri, e questo mi spaventava più di qualsiasi zombie.

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Una sera, durante una missione di recupero fuori dal Ranch, il nostro gruppo fu attaccato. Era un piccolo branco di vaganti, ma erano rapidi, e il caos esplose in un istante. Cercai di mantenere la calma come Troy mi aveva insegnato, ma il panico era una bestia difficile da domare.

Mi ritroverai isolata, con due vaganti che avanzavano verso di me. Puntai un fucile e sparai, ma mancai il bersaglio. Prima che potessi ricaricare, uno dei vaganti era quasi su di me.

Fu allora che Troy apparve, come un fulmine. Con un colpo preciso, abbatté il primo vagante, e poi con un movimento fluido infilzò il secondo con il coltello. Si girò verso di me, il volto contratto dalla rabbia.

"Che cazzo pensavi di fare?" urlò, la sua voce più dura di quanto l'avessi mai sentita.

"Stavo cercando-"

"Stavi cercando di farti ammazzare, è questo che stavi facendo!"

Le sue parole mi colpirono come schiaffi. Era furioso, ma sotto quella rabbia c'era qualcos'altro: paura. Paura per me.

"Non sono così inutile come pensi." ribattei, anche se le mie mani tremavano ancora.

Lui mi afferrò per le spalle, obbligandomi a guardarlo negli occhi. "Non è questo il punto Sarah, cazzo! In questo mondo, un singolo errore può ucciderti. E io non posso permettermi di vederti morire!"

Il silenzio cadde tra noi. Quelle ultime parole rimasero sospese nell'aria, cariche di un significato che entrambi cercavano di ignorare.

Ma lui mi lasciò andare la presa e si allontanò, senza aggiungere altro.

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Quella notte, mentre tornavamo al Ranch, non riuscii a smettere di pensare a ciò che era successo. Troy era una contraddizione vivente: un uomo capace di uccidere senza esitazione, ma anche di proteggere con una ferocia che non avevo mai visto.

E, nonostante ogni fibra del mio essere mi dicesse di stare lontana da lui, sapevo che ormai era troppo tardi. Mi stava trascinando nel suo mondo oscuro, e io non riuscivo a fermarmi.

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