Capitolo 34: Un prezzo da pagare
Le fiamme divampavano ancora nel Ranch, mentre il rumore di spari e urla riempiva l'aria. Io e Troy ci addentrammo nel caos, uniti dalla necessità di proteggere ciò che rimaneva di casa nostra. L'arco che avevo portato con me tremava leggermente nelle mie mani, ma trovai la forza di incoccare una freccia dopo l'altra, colpendo chiunque si avvicinasse troppo.
Troy era sempre pochi passi avanti a me, la sua figura imponente un faro di sicurezza. Ma mentre la battaglia infuriava, la confusione e il panico rendevano ogni mossa pericolosa.
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Stavo avanzando verso una delle case ancora integre, cercando di coprire un gruppo di bambini che correvano verso un rifugio, quando lo sentii: un dolore lancinante al fianco destro, come una lama di fuoco che mi trapassava. Il respiro mi si bloccò, e per un attimo il mondo sembrò rallentare.
Abbassai lo sguardo e vidi il sangue che iniziava a sgorgare dalla ferita. Una pallottola mi aveva colpito, forse di rimbalzo o forse mirata, non lo so. Barcollai, le mani che cercavano disperatamente di tamponare il sangue mentre il dolore mi accecava.
"Sarah!" La voce di Troy squarciò il frastuono della battaglia.
Lo vidi correre verso di me, il volto distorto da una paura che non avevo mai visto prima. Cercai di alzare una mano per rassicurarlo, ma le forze mi stavano abbandonando.
"No... non fermarti." mormorai, ma era troppo tardi. Troy mi afferrò prima che potessi cadere a terra, le sue mani che premevano contro la mia ferita nel tentativo di fermare l'emorragia.
"Non dire una parola," sibilò, la sua voce carica di rabbia e disperazione. "Non ti azzardare a morire su di me."
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Proprio quando il dolore stava diventando insopportabile, un boato di spari riempì l'aria. La milizia, quella che era rimasta all'accampamento, era finalmente arrivata. Le forze dei predoni, già indebolite dalla resistenza del Ranch, iniziarono a cadere.
Troy, tuttavia, non si mosse. Era accovacciato accanto a me, le mani ancora premute sulla mia ferita. "Resisti, Sarah. Non mollare." continuava a ripetere, come un mantra.
Non avevo mai visto Troy così. Il suo volto, di solito così freddo e controllato, era un misto di paura e determinazione. La vista di lui così vulnerabile mi fece venire voglia di lottare ancora di più.
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Quando la battaglia finì e tutti i predoni furono uccisi, venni trasportata di corsa all'infermeria. Non avevamo un vero e proprio medico al Ranch, solo alcuni infermieri con esperienza. Mi misero su un tavolo improvvisato, e l'espressione di chi stava per curarmi era tutto fuorché rassicurante.
"La pallottola è vicina a un'arteria," spiegò uno degli infermieri a Troy, che non si era mosso dal mio fianco. "Se non interveniamo subito, potrebbe morire."
Troy si irrigidì, i pugno serrati. "Allora fate qualcosa!"
"Non è così semplice," rispose l'infermiere, visibilmente sotto pressione. "Ci serve calma e... tempo."
Mi girai leggermente verso Troy, il dolore che mi oscurava la vista. "Andrà bene." sussurrai, cercando di rassicurarlo.
"No," disse lui, la voce spezzata. "Non andrà bene finché non ti alzerai da questo tavolo."
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Gli infermieri iniziarono a lavorare su di me, mentre Troy restava immobile vicino alla porta, il volto un misto di rabbia e preoccupazione. Ogni tanto lanciava uno sguardo verso di me, come se temesse che da un momento all'altro potessi spegnermi del tutto.
Sentii il dolore attenuarsi leggermente mentre gli antidolorifici iniziavano a fare effetto. I suoni intorno a me diventavano ovattati, ma una cosa rimase chiara: lo sguardo di Troy. Era fisso su di me, come se non volesse lasciarmi andare neanche per un secondo.
"Sei più forte di quanto pensi." mi disse, il tono più dolce di quanto avessi mai sentito.
Non risposi, ma un debole sorriso affiorò selle mie labbra. Non sapevo se sarei sopravvissuta, ma in quel momento, con lui accanto a me, mi sentivo meno sola.
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