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Capitolo 29: Il confine tra desiderio e paura

Il mattino seguente arrivò presto, come sempre. Il sole sorgeva lentamente dietro le colline, tingendo il cielo di una luce tenue che non riusciva a scacciare del tutto la pesantezza che mi sentivo dentro. Mi alzai dal letto, cercando di ignorare quella sensazione di inquietudine che mi attanagliava lo stomaco. Quella notte, i pensieri su Troy non mi avevano dato tregua. L'avevo sognato, sebbene in modo confuso, come se la mia mente non riuscisse a decifrare ciò che il cuore aveva cominciato a sentire.

Mi tirai fuori dal letto e mi preparai in fretta. Il Ranch non si sarebbe gestito da solo, e anche se il pensiero di affrontare una nuova giornata mi faceva un po' ribrezzo, sapevo che non avevo scelta. Ma c'era qualcosa di diverso oggi. C'era una sensazione di attesa che non riuscivo a spiegare.

Mi vestii con abiti semplici e pratici, mi legai i capelli in una coda di cavallo, ma non riuscivo a smettere di pensare a ciò che stavo cercando di evitare. In quella piccola realtà che avevamo costruito tra le rovine del mondo, Troy continuava ad apparire nei miei pensieri, come una presenza costante, innegabile.

Scivolai fuori dalla stanza e attraversai il cortile del Ranch. L'aria mattutina era fresca, quasi pungente, ma non riusciva a svegliarmi come avrei voluto. Passai davanti alla mensa e alle aree di stoccaggio, fino a quando mi trovai vicino ai campi di grano. Là, l'orizzonte sembrava infinito, e io mi sentivo, per un momento, come se potessi perdere me stessa tra quella distesa di terra. Ma poi, mentre mi avvicinavo a un angolo del ranch, lo vidi.

Troy.

Era lì, vicino ai suoi uomini, a sorvegliare l'attività quotidiana. Lo riconobbi subito dalla sua postura e dalla sua aura di determinazione. Ma oggi sembrava diverso. Non c'era il suo solito atteggiamento da duro, il suo sorriso sarcastico. In qualche modo, sembrava più... vulnerabile. Lo osservai per un momento, come se stessi cercando di leggere qualcosa nel suo volto che non riuscivo a decifrare.

Quando mi notò, i suoi occhi si fissarono su di me per un attimo. Poi, senza dire nulla, si avvicinò.

"Ciao," disse, con quella voce che sembrava sfiorare il mio cuore. Non mi aspettavo che fosse così... tranquillo.

"Ciao," risposi, cercando di non suonare troppo distaccata. Ma non riuscivo a nascondere il tremore che avevo dentro.

Ci guardammo per un momento, senza parole, e quel silenzio divenne improvvisamente carico di significato. Ogni respiro sembrava pesante, come se entrambi stessimo cercando di capire come gestire quello che stava accadendo tra noi.

"Come ti senti?" chiese Troy, rompendo il silenzio.

Era una domanda semplice, ma mi colpì più di quanto avrei voluto ammettere. Come mi sentivo? Non lo sapevo neanche io. C'era così tanto in gioco, eppure sembrava che tutto fosse così incerto.

"Bene... non lo so," risposi onestamente, cercando di mantenere un tono neutro. "Mi sento... strana. Come se tutto fosse diverso e allo stesso tempo uguale."

Troy annuì lentamente, come se stesse cercando di comprendere ogni parola che avevo detto.

"Capisco," disse. "Anche io a volte mi sento come se stessi vivendo in due mondi diversi. Qui, in questo Ranch, tutto è diverso da come lo immaginavo. Ma è strano, perché a volte sembra che sia proprio questo il posto in cui devo essere."

Le sue parole mi colpirono. Era come se avesse detto ad alta voce ciò che avevo dentro, ma che non riuscivo a mettere in ordine. Il Ranch... quel posto che avevamo creato, nonostante la violenza e il caos che ci circondavano. Era il nostro rifugio, ma allo stesso tempo, non eravamo mai veramente al sicuro.

Mi sentii un po' più leggera, in qualche modo, nel condividere quella sensazione con lui. Ma non ero ancora pronta a fare un passo oltre. C'era qualcosa che mi frenava. Non riuscivo a scoprire se fosse la paura di essere ferita o la consapevolezza che la mia connessione con Troy potesse cambiare tutto.

In quel momento, Troy si fece più serio, e senza preavviso, mi fece una domanda che mi spiazzò.

"Sarah... lo sai, vero?"

Non capii subito. "Cosa?"

"La ragione per cui mi comporto come un idiota con te. La ragione per cui ti stuzzico, e poi divento serio, e poi ti lascio sola."

Il mio cuore si fermò per un attimo. Non sapevo cosa dire. Non mi aspettavo che lui parlasse in quel modo, come se fosse pronto ad aprirsi.

"Non so cosa vuoi dire," risposi, la voce bassa.

Troy fece un passo verso di me, le mani strette a pugno. "È perché mi piaci, Sarah. Mi piaci più di quanto voglia ammettere. E ho paura."

Le parole mi arrivarono come un colpo allo stomaco. Mi guardò negli occhi, cercando di decifrare la mia reazione, ma io ero paralizzata, incapace di rispondere. La mia mente urlava, ma la mia bocca era muta.

"Ho paura di farmi coinvolgere," continuò, con la voce più profonda. "Ho paura che questo posto... questa guerra... ci distrugga. E non voglio perderti."

Le sue parole risuonarono nel mio cuore, come un eco che non riuscivo a ignorare. E, per la prima volta, mi resi conto che Troy, l'uomo che avevo sempre visto come forte, invulnerabile, nascondeva una fragilità che non avrei mai immaginato.

Il silenzio che seguì fu carico di significato. Ogni parte di me voleva urlare, ma non sapevo se fossi pronta a rispondere. Eppure, in qualche modo, sentivo che il passo successivo non sarebbe stato più rimandabile. Il confine tra desiderio e paura stava diventando sempre più sottile, e sapevo che, prima o poi, sarebbe stato impossibile tirarsi indietro.

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