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Capitolo 24: Un fuoco dentro e fuori

Le notti al Ranch avevano un ritmo strano. A volte c'erano momenti di quiete, in cui tutto sembrava surreale, e altre volte il silenzio era spezzato da rumori inquietanti: lamenti di vaganti in lontananza, passi furtivi, o il crepitio del vento che soffiava tra i campi. Ma quella sera, il silenzio fu interrotto da un suono diverso.

Urlavano.

Mi svegliai di soprassalto, il cuore che batteva forte. Dalle finestre vidi il cielo tingersi di arancione, un bagliore che non prometteva nulla di buono. Fiamme si levavano alte, illuminando il buio come un monito.

Una casa stava bruciando.

Scesi di corsa dal mio letto, ancora scalza e con la mente annebbiata dal sonno. Le grida di allarme riempivano l'aria, mescolandosi al crepitio del fuoco. Quando raggiunsi il cortile, vidi che la casa apparteneva alla famiglia Delgado, una delle poche con bambini piccoli.

Tutti erano già in movimento: uomini che portavano secchi d'acqua, donne che cercavano di organizzare gli aiuti, mentre il fuoco continuava a divorare la struttura. L'odore di legno bruciato e fumo era soffocante, pungente.

"Delgado!" gridò qualcuno. "Dov'è la tua famiglia?"

"Ci siamo tutti... credo..." rispose l'uomo, la voce tremante.

Tuttavia, un grido spezzò quell'illusione di sicurezza. Un grido piccolo, disperato.

"Papà!"

Mi paralizzai. Era un bambino.

"Carlos!" gridò la madre, cercando di correre verso la casa in fiamme, ma fu fermata da due uomini. "Non puoi entrare! È troppo pericoloso!"

Il tempo sembrava rallentare. Il grido del bambino risuonava nelle mie orecchie, facendomi tremare. Sentivo il cuore battere all'impazzata, ma non riuscivo a muovermi. Avevo sempre pensato di essere una persona normale, una che non avrebbe mai fatto gesti eroici. Eppure, qualcosa dentro di me si accese, come il fuoco che consumava quella casa.

Non pensai. Corsi.

"Sarah, fermati!" gridò una voce che riconobbi come quella di Troy, ma ignorai il richiamo. Non c'era tempo per esitare.

Quando mi avvicinai alla casa, il calore era quasi insopportabile. Il fumo mi riempì i polmoni, facendomi tossire violentemente, ma non mi fermai. Il bambino era lì dentro, e non potevo lasciarlo morire.

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Dentro, il caos regnava sovrano. Fiamme danzavano sulle pareti, divorando tutto ciò che trovavano. Il fumo era così denso che riuscivo a malapena a vedere, e ogni respiro era una lotta. Cercai di coprirmi il naso con la manica della camicia mentre avanzavo, il cuore che martellava nel petto.

"Carlos!" gridai, la voce rotta.

"Qui!" rispose una vocina tra i singhiozzi.

Seguii il suono fino a una stanza sul retro. La porta era bloccata, ma riuscii a spingerla con tutta la forza che avevo. Dentro, il bambino era accovacciato in un angolo, le guance rigate di lacrime. I suoi occhi erano spalancati dal terrore.

"Vieni!" gli dissi, tendendo una mano.

Carlos scosse la testa, paralizzato dalla paura. "Non riesco..."

Cercai di mantenere la calma, anche se il fuoco stava avanzando rapidamente. "Ascoltami, Carlos. So che hai paura, ma dobbiamo uscire da qui. Puoi farcela. Io ti aiuterò."

Lentamente, il bambino si alzò e afferrò la mia mano. Lo sollevai, tenendolo stretto contro di me mentre cercavo di tornare indietro. Le fiamme sembravano aver guadagnato forza, bloccando il corridoio da cui ero venuta.

Pensai rapidamente, cercando un'altra via di fuga. Una finestra sul retro era l'unica opzione. Senza pensarci due volte, mi avvicinai e la aprii con un calcio, facendo entrare una ventata d'aria fresca.

"Vai, Carlos," gli dissi, spingendolo verso l'apertura.

Il bambino esitò, ma alla fine si lasciò scivolare fuori, atterrando tra le braccia di qualcuno. Quando cercai di seguirlo, un pezzo del soffitto crollò davanti a me, intrappolandomi.

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Il calore era insopportabile, e il fumo mi faceva lacrimare gli occhi. Mi sentii improvvisamente sopraffatta, convinta che non sarei uscita viva da lì. Ma poi, una voce familiare ruppe il caos.

"Sarah!"

Troy.

Lo vidi attraverso il fumo, avanzare con determinazione. Era coperto di cenere, ma il suo sguardo era ferreo. Senza esitazione, afferrò un pezzo di legno che bloccava il mio passaggio e lo spinse via con tutta la sua forza.

"Che diavolo stavi pensando?" mi gridò, prendendomi per il braccio e trascinandomi verso l'uscita.

Non risposi. Non potevo. Avevo perso troppo tempo cercando di respirare.

Finalmente raggiungemmo l'esterno, dove l'aria fresca mi colpì come un pugno. Mi lasciai cadere sull'erba, tossendo e ansimando, mentre Carlos correva verso sua madre.

Troy si accovacciò accanto a me, il viso teso. "Sei impazzita?"

Alzai lo sguardo verso di lui, il respiro ancora spezzato. "Non potevo lasciarlo lì," dissi semplicemente.

Lui mi fissò per un lungo momento, poi scosse la testa, una scintilla di qualcosa di indefinibile nei suoi occhi. "Tu sei... incredibile," mormorò, il tono più morbido.

E mentre le fiamme si spegnevano lentamente e il caos si placava, mi resi conto che non stava parlando solo della mia azione. Guardandolo negli occhi, sentii il cuore battere più forte. Quel fuoco, dentro di me, non era solo paura o adrenalina.

Forse, stavo iniziando a sentire qualcosa di più.

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