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Capitolo 10: Nell'oscurità

Troy era già oltre i cancelli quando lo raggiunsi. Camminava a grandi passi, con il fucile appeso alla spalla e una determinazione feroce negli occhi.

"Troy, aspetta!" lo chiamai di nuovo, ma non rallentò.

"Non puoi venire," disse senza voltarsi.

"Non puoi fermarmi," ribattei, accelerando il passo per stargli accanto.

Finalmente si fermò, voltandosi verso di me con un'espressione che era una miscela di frustrazione e preoccupazione. "Questo non è il tuo problema, Sarah."

"Jake è tuo fratello," dissi, fissandolo negli occhi. "E se pensi che me ne starò ferma al Ranch mentre tu vai là fuori a rischiare la vita per trovarlo, allora non mi conosci affatto."

Troy mi guardò per un lungo momento, la mascella serrata. Poi fece un profondo sospiro e scosse la testa. "Sei testarda."

"Già."

Non aggiunse altro, ma riprese a camminare, e io gli stetti dietro.

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La notte era fredda e silenziosa, il vento che soffiava tra gli alberi come un sussurro inquietante. Avevo la sensazione che qualcosa ci stesse osservando, nascosto nell'oscurità.

"Jake è bravo a lasciare tracce," disse Troy, esaminando il terreno con attenzione. "Ma se ha incontrato dei problemi..." Non finì la frase, ma non aveva bisogno di farlo. Sapevo cosa intendeva.

Camminammo per ore, seguendo ogni indizio che Troy riusciva a trovare. Una scarpa persa, un ramo spezzato... tutto sembrava condurci più lontano dal Ranch e più vicino a un pericolo invisibile.

"Sei sicuro che stiamo andando nella direzione giusta?" chiesi, cercando di tenere a bada la mia ansia.

"Sì," rispose Troy senza esitazione. "Jake non si sarebbe allontanato troppo senza un motivo. Deve essere successo qualcosa."

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Era quasi l'alba quando trovammo la prima vera prova che Jake era nei guai.

Un piccolo accampamento abbandonato, con un fuoco ormai spento e tracce di una lotta. C'erano segni di sangue sul terreno, e una delle giacche di Jake era stata lasciata lì, strappata e sporca.

"Maledizione," mormorò Troy, stringendo i pugni.

Mi abbassai per esaminare la giacca. "Non sembra molto sangue," dissi, cercando di rassicurarlo. "Forse è solo ferito."

"Non è abbastanza," replicò Troy, la voce carica di frustrazione. "Dove diavolo sei finito, Jake?"

Continuammo a seguire le tracce, che ci portarono sempre più in profondità in una zona che non conoscevo. Gli alberi erano più fitti qui, e il silenzio era quasi opprimente.

"Troy," sussurrai, afferrandolo per il braccio. "C'è qualcosa che non va. Non ti sembra troppo silenzioso?"

Lui si fermò, ascoltando. Poi annuì lentamente. "Sì. Questo non mi piace."

Improvvisamente, un rumore alle nostre spalle ci fece girare di scatto. Qualcosa si muoveva tra gli alberi, troppo veloce per essere visto chiaramente.

"Tieni pronta l'arma," disse Troy, alzando il suo fucile.

Seguii il suo esempio, il cuore che mi batteva all'impazzata. Mi sentivo come se fossimo osservati da ogni angolo, e il pensiero che potessero essere vaganti mi fece gelare il sangue.

Poi li vedemmo.

Non erano vaganti. Erano uomini.

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Erano tre, vestiti di nero e armati fino ai denti. Apparvero dai cespugli con movimenti sicuri, i loro volti parzialmente coperti da bandane.

"Chi siete?" chiese Troy, puntando il fucile contro di loro.

Uno di loro rise, un suono basso e inquietante. "Non è importante chi siamo noi. La domanda è: cosa ci fate qui?"

"Stiamo cercando qualcuno," dissi, cercando di mantenere la voce ferma.

"Ah, sì? Forse abbiamo visto qualcuno," disse l'uomo, avvicinandosi di un passo. "O forse no. Dipende."

"Dipende da cosa?" ringhiò Troy.

"Lavoriamo a scambio, amico," rispose un altro. "Tu ci dai qualcosa, e noi ti diamo informazioni. Semplice."

Troy strinse la presa sul fucile, ma io gli toccai il braccio, cercando di calmarlo. "Cosa volete?" chiesi.

"L'arma," disse il primo uomo, indicando il fucile di Troy.

"Non se ne parla," rispose Troy secco.

L'uomo sorrise, ma non era un sorriso amichevole. "Allora non avete bisogno delle informazioni."

La tensione nell'aria era insostenibile. Sapevo che Troy era a un passo dal perdere la pazienza, e che sarebbe finita male se non avessi fatto qualcosa.

"Fermi," dissi, alzando una mano. "Possiamo trovare un altro accordo. Cibo, medicine..."

"Non ci interessa," disse il secondo uomo. "Vogliamo solo l'arma."

Troy fece un passo avanti, puntando il fucile contro di loro. "Allora dovrete prendervela."

Le cose stavano per degenerare quando un rumore alle nostre spalle interruppe la situazione. Ci girammo di scatto e vedemmo Jake, debole e sanguinante, appoggiato a un albero.

"Troy..." mormorò, prima di crollare a terra.

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Gli uomini approfittarono della distrazione per sparire tra gli alberi, lasciandoci soli con Jake. Corsi verso di lui, il cuore in gola. Era vivo, ma ferito gravemente.

"Troy, dobbiamo portarlo via di qui!" dissi, cercando di fermare il sangue che usciva da una ferita sul suo fianco.

Troy si inginocchiò accanto a noi, il suo viso contorto dalla preoccupazione. "Ce la faremo, Jake. Ti porteremo al sicuro."

"Non... non sarebbe dovuto andare così," mormorò Jake, stringendo i denti per il dolore.

"Non parlare," disse Troy, afferrandolo per le spalle. "Risparmia le forze."

Ma mentre lo sollevavamo, sapevo che il vero problema era appena cominciato. Quegli uomini non avrebbero lasciato correre. E il Ranch non era più il posto sicuro che credevo fosse.

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