Capitolo 8 (pt.1): Non è vino
«Grande lucciola ubriacona...»
Se ieri mattina mi avessero annunciato come una foglia di fico mi avrebbe ripresa da lì a poche ore in un locale sconsolato di Temple Bar, avrei probabilmente riso a crepapelle.
In quel preciso istante, invece...
No.
«Il vino rovina la luce, grande lucciola!»
Presi un lungo sorso dal mio boccale, cercando di guardare oltre Vanilla e osservare la fila di birre e liquori esposti dietro il bancone del Nido della Stella, il pub in cui Nina ci... mi aveva trascinata quel pomeriggio. L'aveva fatto con tutta la circospezione che avrebbe potuto avere una donnina dallo sguardo furtivo, che studiava i vicoli e i dintorni in pieno giorno mentre alle sue spalle si alzavano strani squittii che erano riusciti a richiamare in più momenti l'attenzione di molti, troppi passanti.
La foglia, nascosta nelle tasche del lungo vestito di Nina, era riuscita a unirsi a noi nel momento in cui avevamo abbandonato la macchina. Era rimasta nascosta fino a che non avevamo fatto il nostro ingresso nel locale, lanciando tutto il tempo gridolini impazziti agli innumerevoli turisti che affollavano la zona. Questi avevano risposto in buona parte con occhiate di disapprovazione rivolte proprio verso di me, probabilmente credendo fossi io l'origine di quei suoni irritanti.
Magari credevano li stessi prendendo in giro, li stessi additando.
Se solo avessero saputo...
Adesso, all'interno del bar, ero stata abbandonata da Nina sull'ingresso mentre quest'ultima si era affrettata dietro una porta riservata ai dipendenti, lasciando indietro anche Vanilla. Quella era rimasta stranamente silenziosa fino al momento in cui non avevo ordinato una birra, finché non si era avvicinata al liquido dorato picchiettando sonoramente contro il mio boccale.
«Che strano vino, grande lucciola.»
«Non è vino» sibilai, cercando di non farmi sentire da nessuno a parte la foglia, che pareva avere un ottimo udito. Il locale era quasi completamente vuoto a quell'ora, eccezion fatta per due ragazzi che ridevano in un angolo, raccontandosi battute sconce. Vanilla, invece, era stesa fremente sul bancone, ma stranamente sembrava finalmente capace di mostrare un po' di educazione.
Doveva aver capito la necessità di far silenzio in un luogo pubblico.
Strisciò fino a raggiungere il gomito su cui mi reggevo, dandomi leggeri e freschi colpetti. «Il vino rovina la luce, il vino non piace alle foglie. Non disseta.»
«Meno male che non sono una foglia, allora.»
«Il vino rovina le grandi lucciole, anche.»
Fulminai Vanilla con lo sguardo, allontanandola con un dito. «Non è vino, è birra. E ne berrò finché vorrò.»
«Ma la luce...» Le estremità della foglia tremolarono di disappunto.
Bevvi un altro sorso, ignorandola. Per tutta risposta, lei emise uno squittio di paura e si gettò con forza sul mio braccio, rovesciandomi l'intero boccale sulla t-shirt bianca che quella mattina avevo tirato a caso fuori dall'armadio.
Razza di foglia demoniaca.
Mi sfuggì un gemito frustrato e mi alzai di scatto, iniziando a scrollare le braccia. I ragazzi dietro di noi smisero di ridere, probabilmente incuriositi dalla mia imbranataggine, forse convinti fossi già ubriaca.
Ma magari. Una sbronza avrebbe sicuramente potuto spiegare tutte le stranezze degli ultimi giorni meglio della mia cameriera.
Ancora stesa sul bancone, la foglia sospirò soddisfatta, strusciandosi contro la superficie in legno. «Vanilla ha salvato la grande lucciola ignorante.»
L'ammazzo.
Come avrei potuto ammazzare una foglia parlante? Strappandole lo stelo, forse. Oppure gettandola in un camino acceso?
L'avrei scoperto.
Una risata sommessa alla mia destra bloccò la smania omicida che stava prendendo il sopravvento. Spostai l'attenzione sul nuovo arrivato: un ragazzo poco più alto di me, dalla testa rasata e le spalle larghe, con indosso una semplice maglietta nera e un paio di jeans. Lo vidi scavalcare il bancone e raccogliere un panno asciutto, facendo poi per avvicinarsi al punto in cui si trovava Vanilla. I suoi movimenti svelti e fluidi mi ricordarono tanto quelli di un predatore.
Un viscido predatore.
Con un sorriso sulle labbra sottili, il ragazzo indicò la foglia poggiando il panno sul legno scuro. Alzò gli occhi su di me, lo sguardo giovane e allegro - doveva avere all'incirca la mia età. «Sposti la tua amica? Devo pulire.»
Rimasi immobile, in attesa di capire appieno la domanda. Stava parlando di Vanilla? Parlava di una foglia come se non ci fosse nulla di strano nella sua presenza?
Nella sua esistenza?
Per carità, non che lei non gli avrebbe volentieri risposto, ma... la indicai, una domanda silenziosa nell'aria.
Vanilla squittì indignata, alzando le estremità verso quello che iniziavo a credere fosse il barista prima di strisciare lontana dalla pozza di birra. «Vanilla sa farlo anche da sola.»
Lui tornò a guardarla, le sopracciglia inarcate. «L'hai addestrata bene. Le ultime che ho visto non riuscivano neppure a formulare frasi compiute.»
La cosa si faceva sempre più strana. «Le ultime cosa?»
«Le ultime foglie» specificò il ragazzo, iniziando a pulire. «Saranno state una dozzina, tutte di due signore ubriache convinte di poterle addestrare e rivendere nei mercati notturni di Lyede. Le loro foglie però non riuscivano a dire più di qualche monosillabo; sbadigliavano e crollavano a terra come pesi morti.»
Sentii la testa girare e mi risedetti, mormorando un assenso poco convinto. Con un po' di fortuna avrei capito qualcosa di quella frase più tardi, quando avrei avuto il tempo di pensarci. Altre foglie? Mercati di Lyede?
Lyede? E che cos'era?
Ora come ora, quel ragazzo stava solo contribuendo a confondermi le idee ancora di più.
«Posso offrirti qualcosa?»
Il bancone era adesso asciutto, anche se odorante di birra... la birra che non avevo potuto gustare. Il barista mi osservò con curiosità mentre Vanilla si avvicinava di nuovo al mio gomito e iniziava a strofinarcisi contro.
Non ci feci molto caso - purtroppo credevo di starmi velocemente abituando alla sua presenza molesta.
L'avrei definito istinto di sopravvivenza. Per non sentire i brividi, tentavo di ignorarla.
«Io sono Pin, comunque, originario di Lyede» aggiunse il barista, sorridendo mellifluo.
Soffocai una risata al suo nome, tossendo più volte. «Blaine. Blaine Wes.»
«Wes?» Quello ci pensò su, storcendo le labbra. «Non mi sembra di conoscere famiglie con questo nome.»
Aggrottai leggermente le sopracciglia. «Non penso sia così strano non conoscere le famiglie dei propri clienti.»
Lui rise sotto i baffi, strizzando il panno sporco nel lavandino. «Mi piaci, sei simpatica. Orwey allora? No, con quella foglia forse... vieni da Chev? Cosa ti porta dal regno di Chev a questo posto sperduto, Blaine?»
Rimasi in silenzio. Perché tante domande? Se avesse parlato in aramaico, poi, avrebbe avuto più senso. Cosa voleva dirmi? Mi sentivo come allo zoo: uno strano animale di fronte a me e tanta incomprensione di mezzo.
«Veramente sono di qui» dissi con cautela, cercando di ascoltare il mio stesso accento nel mentre. Era normale? Nessuno aveva mai dubitato da dove venissi. A meno che... «Dove si trova questo Regno di...» Com'è che si chiamava? «Chem?»
Pin mi osservò, il sorriso che scivolava lentamente via. «Non sei di Chev?»
Chev, non Chem. Si chiamava Chev.
Lo sguardo del barista si spostò da me a Vanilla, per poi tornare indietro. Piegò la testa di lato, limitandosi a un cenno brusco del capo e a darci le spalle, avvicinandosi alla fila di liquori.
Diedi un'occhiata veloce intorno a me, intravedendo i due ragazzi di prima uscire dal locale. Vanilla si accorse del silenzio nel bar e si alzò in volo, scrollando le sue estremità e voltandosi verso Pin. Quest'ultimo stava sfiorando le bottiglie una a una, soffermandosi su alcune e ticchettando su altre con le lunghe dita. Non mi sfuggì come stesse mantenendo una postura rigida e le spalle tese. Mi chiesi se c'entrasse con quello che mi aveva appena chiesto.
Gli dava fastidio non fossi di Chev? Era un qualche modo di dire che mi stava sfuggendo?
«Chev si trova nelle Terre del Tempo» proseguì il ragazzo con nonchalance, scegliendo una bottiglia di liquore e recuperando due piccoli bicchieri. Il suo tono leggero strideva con i movimenti bruschi, ma non gli diedi troppa importanza. «Ci sei mai stata?»
Come temevo. Ancora quelle terre... le stesse di cui aveva parlato Nina il giorno prima. Non potevo più ignorare come qualcosa non tornasse. Stavano accadendo troppe cose strane, e persino il barista sembrava saperne più di me.
Dovevo chiarire la situazione.
Pin lasciò dardeggiare lo sguardo verso di me, aspettandosi una risposta.
Scossi la testa.
Lui strinse le labbra, studiando la bottiglia che aveva tra le mani. La scambiò con un'altra prima di riavvicinarsi al bancone e tirarsi su le maniche.
Trattenni il respiro.
Il braccio destro con cui iniziò a versare il liquore era completamente ustionato. Dal polso al gomito, una ragnatela di cicatrici gli solcava la pelle che un tempo doveva essere stata chiara, ma che era adesso rossastra e dall'aspetto al tempo stesso duro e fragile.
Quando lo sollevò per versare le ultime gocce, notai il tatuaggio di un lupo in procinto di ululare alla luna nell'incavo del gomito, di un colore scuro che contrastava con la sua pelle.
Imbarazzata, fissai lo sguardo sulle mie mani mentre Pin poggiava la bottiglia sul bancone, spingendo uno dei due bicchierini verso di me.
Vanilla rimase in silenzio.
«Dove l'hai trovata la foglia?» chiese il barista con palese curiosità, rigirandosi il proprio bicchierino tra le dita.
Afferrai il mio, portandomelo al naso. Aveva un buon odore, di fragola e cioccolato, la mia combinazione preferita. «La domanda esatta sarebbe come lei ha trovato me» borbottai, ignorando il fremito della foglia che mi si stava di nuovo avvicinando.
«Niente vino, grande lucciola. Spegne la luce.»
La ignorai, buttando giù il liquore e chiudendo gli occhi. Era forte - molto forte. Ero abituata a reggere bene l'alcool, ma questo... woah.
Pin me ne versò ancora e io lo mandai giù.
Era forte, ma buono. Più che buono.
Me ne versai io stessa un altro bicchierino.
«Ti ha trovata lei, quindi? La foglia?»
«Già» annuii mesta, guardando la bottiglia di liquore. Che marca era? Dovevo scoprirlo. Ne avrei comprata qualche bottiglia... cinque, forse sei. Anche Maggie l'avrebbe apprezzata. «Ha trovato anche le mie chiavi, le aveva sul dorso. È anche incredibilmente forte, sai? Come l'Incredibile Hulk.»
«Vanilla è forte!» esclamò la foglia, iniziando a danzare in aria con allegria. «Ma il vino fa male lo stesso, grande lucciola.»
Alzai gli occhi al cielo. Dio, era peggio di Nina.
«Perché sei qui, Blaine?» domandò Pin, studiando Vanilla con attenzione.
«Ottima domanda.» Annuii, scacciando l'essere demoniaco con una mano, versandomi un altro bicchierino. «Me lo chiedo anche io. Dovresti chiedere a Nina, però... penso sia andata di là.» Agitai l'indice verso la porta riservata ai dipendenti, e improvvisamente trovai così affascinante il mio stesso dito che lo mossi a cerchio qualche altra volta.
Uno, due, tre...
Era così strano. Leggero.
Mi sentivo brilla, ma non era possibile. Ero abituata a reggere ben più che due, tre miseri bicchierini di liquore.
Almeno credevo. Ne avevo bevuti di più?
Il mio dito si sdoppiò e di riflesso scoppiai a ridere. Anche Vanilla si mise a ridere, o così parve, e fu talmente strano che mi costrinse a ridere ancora più forte. La foglia emetteva suoni acuti, striduli e contagiosi che mi fecero piegare in due. Ridevo così tanto che mi stesi sul bancone, sentendo l'esserino accasciarsi su di me emettendo quegli strani suoni a intermittenza.
Era tutto così divertente!
Un ruggito mi fece raddrizzare di colpo. Mi voltai ridendo verso la porta dei dipendenti.
Non c'era nessuno... ma cosa? Risi di gusto al pensiero della mia stupidità. Perché mi ero girata? Non lo ricordavo più.
«Grande lucciola!»
Mi misi in piedi, sorridendo sorniona verso Pon.
Pen.
Pin. Verso Pin, che adesso mi guardava con un sorriso divertito, gli occhi che brillavano di una luce maliziosa. Si mise un dito sulle labbra in segno di silenzio e mi fece segno di seguirlo. Io mi alzai traballante, scossa dalle risate e con Vanilla al seguito, forse brilla anche lei.
Pan spalancò la porta dei dipendenti e mi fece entrare.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro