Capitolo 25 (pt.1): Un cambiamento
Vladimir I Darui
Nelle ultime settimane il Principe Vladimir I Darui aveva stretto la conoscenza di una fedele compagna che, temeva, sarebbe presto diventata una presenza costante nella sua vita.
La furia. Quella lenta a montare e viscerale, che difficilmente lo avrebbe lasciato libero fino a che il suo orgoglio non fosse stato risanato, in qualche modo. Fino a che non avesse rimesso tutto a posto.
Vladimir era furioso. Era furioso perché Blaine Wes era fuggita, e lui si era ritrovato ancora una volta a girovagare di villaggio in villaggio in quella terra povera e morente, alla ricerca di una stracciona di Dya per colpa di cui era quasi annegato non fosse stato per il fedele scienziato al suo fianco. Era furioso perché i tentativi di raggiungerla e infilzarla a fil di spada si stavano rivelando tutti vani e, spesso, bellamente derisi - come era accaduto a Ivern, l'arya della caccia, dove lui e James erano riusciti a sfuggire a una sommossa solo grazie a un assurdo colpo di fortuna. Si erano ritrovati rincorsi da animali da pascolo dopo una rissa con un folle convinto di essere il Principe di Lyede, Bramante Bramoi, pronto a dimostrarlo a suon di pugni.
E ora. Ora alla furia si univa anche la vergogna: quella stessa vergogna che Vladimir si sarebbe dovuto trascinare sino al suo regno, Chev, di ritorno al castello del re suo padre che, stanco di essere stato lasciato in disparte, aveva deciso di richiamare a corte il figlio.
Il pensiero gelava il sangue di Vladimir, nonostante il fuoco che lo animava al pensiero di ritrovare e far fuori la dyaren. L'idea di tornare da Re Luiss accompagnato dalla vergogna della disfatta lo colmava di astio; la consapevolezza della delusione che il re avrebbe provato, del disprezzo che avrebbe manifestato alla notizia di come una donna avesse tratto il principe in inganno.
Vladimir sentiva crescere l'odio verso la ragazza che aveva rovinato tutto, costringendolo a tornare a casa senza nulla in mano, a vagare senza meta per Lyede fino a che una vita del sole dal pelo dorato non lo aveva scovato proprio quella mattina.
Erano animali rari, le vite del sole, in particolare nelle terre di Lyede. Si nutrivano di magia, per cui trovarne una in quelle terre aveva avuto subito un solo significato: la piccola messaggera doveva essere stata inviata da Chev con il preciso obiettivo di ritrovarlo e riportarlo indietro. Se non fosse bastata la sua presenza, la certezza sarebbe giunta insieme con il rotolo di pergamena che la bestiolina aveva stretto tra le zampine sottili, diretto proprio a lui.
Le vite del sole erano animali veloci ed efficienti; seguivano l'odore della magia del destinatario di ogni lettera con una precisione impeccabile e, anche in quel caso, la comunicazione spedita da suo padre aveva raggiunto Vladimir all'alba, nell'accampamento improvvisato in cui si era fermato la notte precedente.
La vista della messaggera luminosa aveva mandato un brivido di timore lungo la schiena del principe, il pensiero già rivolto a ciò che il re gli avrebbe mandato a dire. L'unico tranquillo a quella prospettiva era stato James, steso a terra nella sua forma umana, intento a scrivere pacatamente sul taccuino che portava sempre con sé.
Lo scienziato aveva sollevato gli occhi nel momento in cui Vladimir si era irrigidito, incrociando immediatamente lo sguardo del principe. C'era stata comprensione nelle sue iridi scure, ma anche la consapevolezza che poco avrebbe potuto fare - ogni richiesta del re era un ordine implicito, e nessuno dei due avrebbe potuto opporsi.
«Buone nuove, suppongo» aveva commentato James mentre la vita del sole lasciava cadere una pergamena nel palmo aperto di Vladimir, appollaiandosi fremente sulla sua spalla. Il principe non aveva risposto, stringendo i denti e fissando il simbolo della sua famiglia impresso sulla carta: due code di drago intrecciate tra loro e una sfera bianca al centro, incisa dagli antichi nomi dei sovrani di Epohyen.
Aveva aperto la pergamena... e aveva letto.
Prima della partenza, suo padre aveva domandato l'assassinio di Lucinda Bramoi, la principessa del regno di Lyede, e il principe non era riuscito ad adempiere al suo compito. Peggio ancora, da quelle stesse terre dimenticate giungevano ora racconti di ribellione, voci che sussurravano del risveglio della Natura, di parole al vento e storie di tigri dal manto di neve - ritorno della Bianca dopo anni di esilio.
Era scontato sarebbe venuto a saperlo immediatamente...
Non osava immaginare come avrebbe reagito il re quando avesse avuto conferma della veridicità di quelle voci. Per non parlare di come, una volta tornato a corte, Vladimir avrebbe dovuto difendersi dalla peggiore delle verità: tutto era iniziato in concomitanza con l'arrivo del principe a Lyede... e con la maledizione mal riuscita.
«Dobbiamo tornare» dichiarò tetramente a James dopo un po', trattenendo a stento la rabbia, sentendola unirsi al dubbio di come si sarebbe dovuto comportare.
Sei una delusione. Una delusione per tutti.
Quello era l'ordine perentorio contenuto nella lettera: Vladimir sarebbe dovuto tornare a castello per partecipare agli annuali festeggiamenti per l'inizio della bella stagione, e la conseguente Danza delle Foglie. Gli sembrava un motivo così futile... eppure allo stesso tempo un chiaro segnale di come il re fosse stufo di attendere, di come volesse informazioni e notizie reali, tangibili.
Alla sua affermazione, però, James rispose in maniera inattesa: con il silenzio.
Lo scienziato, come il principe, aveva ricevuto una lettera firmata dal re e indirizzata esclusivamente a lui. L'aveva letta rapidamente prima ancora che Vladimir finisse di aprire la sua, cadendo poi in un silenzio pesante, lo sguardo fisso sulla firma elegante e il sigillo della famiglia Darui.
Dopo anni trascorsi insieme, il principe sapeva bene quando lasciare James ai propri pensieri e quando doverlo invece riscuotere dal suo torpore. Per quel motivo aveva capitolato di lasciare lo scienziato alla sua lettera fin quando non si era deciso a leggere la propria, fino a che non aveva sentito a sua volta il bisogno di confrontarsi con l'amico.
Tuttavia, non si era aspettato un riscontro diverso dal proprio... che suo padre avesse potuto dare indicazioni differenti a James.
«Mio principe, temo dovrete tornare senza di me.»
Parole che spiazzarono Vladimir, nonostante il principe evitò di darlo a vedere. Rimase immobile, lo sguardo fisso in quello dello scienziato - lo stupore cresceva nel suo petto, e James l'avrebbe colto ugualmente visto il modo in cui poteva prevedere qualsiasi suo gesto e reazione. Erano l'uno il contrappeso dell'altro, due facce di una stessa medaglia e specchi riflessi, ma mai del tutto identici.
Un nuovo incarico... solo per James?
C'era qualcosa di assurdamente sbagliato in quel risvolto.
«Capisco» si limitò a mormorare il principe, studiando l'espressione tesa del Marof. Perché dare un incarico a James soltanto? Che cosa aveva in mente suo padre? «Tornerai in tempo per l'apertura delle Danze?»
Quello strappò un sorriso a James - una piega delle labbra che però non raggiunse lo sguardo. «Certamente, mio principe. Come potrei perdermele? Le fanciulle a castello non me lo perdonerebbero mai.»
Le sue parole, per quante pregne di ironia, non lo rassicurarono affatto. Se lo scienziato aveva ricevuto un messaggio ufficiale dalla corte, però, a poco sarebbero servite le remore di Vladimir; per quello il principe si mise in piedi senza troppe discussioni, avviandosi a recuperare le redini del suo stallone. «Dove ci separeremo?» domandò, pensando già al tragitto più opportuno da affrontare, per poter accompagnare almeno in parte l'amico. «Mi accompagnerai fino ai cancelli di ossidiana?»
Lo scienziato si lasciò strappare una smorfia avvilita, tirandosi in piedi con fare svogliato. «Temo di no, mio signore. Continuerò direttamente da qui.»
Ma cosa...?
A quella nuova informazione Vladimir si immobilizzò ancora una volta, una mano già sulle redini del cavallo e l'altra alla cintura, sul pomolo della sua Durlindana. Dopo un attimo piegò il capo a studiare James da sopra la spalla, percorrendo con lo sguardo il tatuaggio che correva lungo metà del volto dello scienziato, la fiamma rossastra che faceva risaltare il biondo sporco dei suoi capelli.
Che il re volesse... vuole che continui il mio compito, da solo?
La domanda doveva essere palese nell'espressione di Vladimir, perché il Marof scosse appena il capo, parlando con amarezza: «Re Luiss desidera occhi su Vyen'arya.»
Vyen'arya...
La città degli schiavisti.
Al che Vladimir comprese - lo sguardo amareggiato di James, il volere inespresso di suo padre. Lo scienziato avrebbe dovuto ubbidirgli, recarsi in uno dei luoghi più malfamati di tutte le Terre del Tempo, per compiere con tutte le probabilità lo sporco lavoro del loro sovrano... un disonore sul nome di James, un modo come un altro per gettare vergogna su una delle casate più antiche della vecchia Epohyen.
Che odiasse i Marof è sempre stato chiaro, ma infierire così...
Il motivo poteva essere solo uno.
Vuole farmela pagare punendo James. È colpa mia se dovrà andarci.
A quel punto, Vladimir smise di far domande o cercare risposte.
I due amici si prepararono insieme alla partenza, e divisi si avviarono per strade opposte. Il principe verso Nord, lo scienziato verso Sud.
Allontanandosi Vladimir credette di poter sentire uno strano odore nell'aria. Un venticello salato che smuoveva le foglie degli alberi in un richiamo silenzioso e sfumato di magia.
Un cambiamento, forse.
Se in bene o in male, era ancora tutto da vedere.
***
Note autrice: siamo alla prima parte dell'ultimo capitolo. Questa non è un'esercitazione: ci siamo arrivati davvero.
E niente. Torno a editare *sviene di nuovo*
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro