Capitolo 24 (pt.2): Fattezze familiari
L'avevo persa. Ero seriamente riuscita a perdere Nina dentro un dannato portale luminoso quanto un solarium in sovraccarico, e il tutto senza nemmeno rendermene conto. Mi maledissi mentalmente con i peggiori insulti che mi vennero in mente al pensiero di come, solo pochi minuti prima, la tigre mi avesse avvertita di non perderla di vista.
Se lo ha fatto ci sarà stata una ragione, Wes.
Stupida, stupida, stupida.
E adesso, cosa sarebbe successo? Sarei rimasta lì in eterno, a girovagare nel nulla, in mezzo alla luce più accecante e senza sapere cosa fare del resto della mia esistenza?
Prospettiva allettante. Semplicemente fantastico. E il tutto a un passo dal tornare a casa...!
Dibattei tra me e me di muovermi, di cercare io stessa Nina o l'uscita da quel posto. Da un lato sapevo di non avere molta scelta, anche se dall'altro temevo che, spostandomi adesso, sarebbe stata la fine. E se Nina fosse tornata indietro a cercarmi? Ormai doveva essersi senz'altro accorta della mia assenza. Potevo quasi immaginarla a ringhiare contro la mia stupidità con ancora più impeto di quanto ce ne avrei messo io.
Stupida, stupida, stupida.
Decisi di darmi una mossa. Se Nina poteva ritrovarmi ferma in quel punto, poteva farlo anche un po' più avanti. Per quel motivo mi incamminai facendo attenzione a ciò che mi circondava: il nulla più assoluto, l'immobilità che solo la morte può concedere.
Quel pensiero mi angosciò ancora di più.
Camminai con cautela, avendo la netta sensazione di essere osservata. Mi tornò in mente l'ombra di prima e il terrore mi strinse le viscere, facendomi affrettare il passo. Tutto finché...
Finché non vidi in lontananza una figura dapprima sfocata, poi sempre più chiara. Doveva essere una persona... che si faceva mano a mano più vicina e ben visibile.
Non è possibile...
Rimasi per alcuni istanti senza parole.
Era una donna bellissima, dai lunghi capelli castani che le ricadevano intorno alle spalle formando onde morbide che le avvolgevano le spalle minute. Contribuivano a dare una forma al viso lungo e delicato, donandole un'espressione gentile e lineamenti dolci, femminili. I suoi occhi erano l'unica cosa che non andasse: erano bianchi, privi di iride, e brillavano della stessa luce che ci circondava e che rischiava di accecarmi.
«Sei arrivata, alla fine» mi disse sorridendo, trasmettendomi però un'infinità tristezza. «Ho resistito finché ho potuto.»
La sua voce mi raggiunse con una tonalità estranea, una cadenza che non avevo mai udito prima. Forse solo in sogni dimenticati che ora mi tornavano in mente come lontani, surreali. Era assurdo: assurdo che fosse lì, assurdo che trovassi la cosa quasi... naturale. La sua presenza, per quanto imprevista e improvvisa, calzava perfettamente in quel contesto a dir poco inverosimile. Era etera ma reale, era il torpore del sogno e il bagliore che si propagava dalla luce intorno a me
Forse lo conoscevo il suo viso. Forse un tempo i suoi occhi avevano avuto un colore diverso, più vivo...
Si fece vicina e mi posò il palmo aperto sul cuore. L'avvertii scrutarmi, leggermi dentro. «Per secoli la Natura ha ascoltato le mie parole, i miei consigli... ma adesso è stanca. Stanca di dormire, stanca di attendere. Lui l'ha convinta.»
Quel viso, quel viso... e quell'espressione tremendamente triste. Ripensai alla statua nel Tempio dello Sguardo, notai la somiglianza con la donna che avevo davanti. Che potesse essere lei...?
A tutto c'è un limite, e una tizia morta e risorta è veramente troppo.
«Per... per quale motivo non si sveglia?» domandai, cercando di seguire il filo dei suoi discorsi e di ignorare i suoi movimenti leggeri e ipnotici, tutto ciò che in lei mi continuava a confondere e immobilizzare. «Cosa sta aspettando?»
La donna si limitò a scuotere la testa, abbassando gli occhi a terra. Aspettai una sua risposta, ma tutto ciò che ottenni fu silenzio... un silenzio a cui seguì un dolore improvviso proprio al centro del mio petto.
Gridai, sentendo le unghie della donna conficcarsi sottopelle con violenza inaspettata. Sgranai gli occhi e tentai di allontanarmi dalla sua presa, senza avere però successo: la sua figura era vicina, troppo vicina, e stava mutando a una velocità inaspettata.
Un secondo prima era la donna eterea, dai lineamenti maturi e gentili...
L'istante dopo, di fronte a me c'era un ghigno conosciuto e al contempo estraneo; occhi di ghiaccio che stonavano su fattezze assurdamente familiari, mie.
Ma che cazz...
Davanti a me, Blaine Wes mi sorrise con malizia e con la promessa che sarebbe andato tutto rapidamente a rotoli.
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