Capitolo 24 (pt.1): Occhi su di me
Fu una sensazione strana, ma ero abbastanza certa che tutto in quella grotta si fosse fermato. Così come era accaduto prima all'esterno della caverna, laddove l'aria si era fatta pesante per minuti che erano sembrati infiniti, anche lì era successo di nuovo, e il silenzio era calato pesante e carico di magia.
Persino Fen'Aver, di solito l'unico capace di ignorare certi momenti, era immobile al mio fianco, gli occhi fissi sull'arco in pietra nuda inciso da parole che da lontano non riuscivo a distinguere. L'imponente costruzione svettava al centro del lago gettando una luce eterea sulla superficie dell'acqua, illuminando l'intera grotta più di qualsiasi muschio sulle pareti rocciose.
Era una sensazione così strana vederlo rilucere di tutti quei colori, di quella magia primordiale che sentivo danzare nelle vene, a contatto con Fusberta e nel palmo della mano, nel simbolo che mi univa a Fidel, pulsante.
Nina si fermò sulla sponda del laghetto, acquattandosi con cautela. «L'Antico Portale» mormorò, spostando l'attenzione su di me quando l'affiancai. «Sono secoli che non lo vedevo aperto» continuò in tono meditativo, tinto di una lieve incertezza. «Sta cambiando tutto troppo rapidamente...»
Annuii, anche se di fatto non ero così sicura delle sue parole. Una strana sensazione mi scorreva sulla pelle, sussurrando in una lingua a me sconosciuta ma che avvertivo chiamarmi a sé. Era un canto che avrei definito quasi soffice alle orecchie, come le dita di un amante o una presenza che si legava con delicatezza a una parte di me che neppure sapevo di possedere.
«Dobbiamo... dobbiamo attraversarlo?» domandai, ignorando quelle strane sensazioni e concentrandomi sul laghetto intorno al portale. Dovevamo raggiungerlo?
La tigre emise un suono roco di assenso, accennando in direzione dell'isolotto. «Le consiglio di levarsi di dosso ciò che non ritiene strettamente necessario.» Eccola, l'affermazione peggiore che potesse fare. «Dobbiamo nuotare.»
Sospirai, preparandomi al peggio.
Adocchiai il mio abbigliamento trasandato dopo settimane di utilizzo no-stop: stivali di pelle usurati dalle lunghe camminate, le braghe strappate dopo le centinaia di cadute, la felpa del ladro che odorava... beh, inutile descriverlo. Puzzavo terribilmente – un odore a cui mi ero ormai abituata, ma che un'occhiata disgustata di Fen'Aver bastava a ricordarmi di avere. Nina era abbastanza educata da non sentire il bisogno di farmelo notare, ma lo stallone non sembrava avere lo stesso tatto e, anzi, ci teneva a farmelo capire a ogni scambio di sguardi.
Con un sospiro iniziai a spogliarmi, eliminando più indumenti possibili. Mi levai la felpa, usandola come cuscino per sedermi e togliermi anche gli stivali. Rimasi scalza ad avvertire la sensazione dell'acqua tra le dita per qualche istante, così piacevole da farmi star male; alla fine rimasi in braghe e reggiseno, pregustando già la febbre da cavallo che mi sarei beccata da lì a poco.
Non fosse stato per Fusberta legata al fianco sarei stata probabilmente molto più leggera. Invece avvertivo un peso non indifferente contro la gamba destra, ma non avevo comunque intenzione di abbandonarla: era una presenza confortante da cui non riuscivo ad allontanarmi troppo a lungo.
Vidi Nina entrare nell'acqua per prima non appena annunciai di essere pronta. La tigre nuotò rapida, la sola testa a emergere dalla superficie del lago. Io la seguii con un braccio stretto intorno al collo largo e teso di Fen, per non affondare miserabilmente per via del peso della spada. Diversamente da Nina noi nuotavamo lenti, spingendoci in avanti l'un l'altra... una coppia goffa che si lanciava sguardi irritati ogniqualvolta uno dei due rischiava di fare annegare l'altro. Fen'Aver evitò perlomeno di sbuffare – lo fece piano, occupato com'era a reggere entrambi durante tutto il tragitto. Arrivati all'isolotto aspettò addirittura che avessi raggiunto anche io la sponda, prima di proseguire.
Tanta gentilezza era una novità da parte sua, ma non durò a lungo: si rifece in fretta non appena tentai di tenermi in equilibrio accanto a lui, mollandomi quasi a ricadere a faccia in giù in acqua.
Nina fu anche la prima a raggiungere la terra ferma, scuotendo le zampe possenti e schizzando la roccia del portale. Su di esso potevo ora leggere le incisioni; erano le stesse utilizzate sui libri di Fidel, quella che avevo scoperto essere la vecchia lingua di Epohyen. Antiche e potenti, le parole sulla superficie nuda erano un insieme di nomi e racconti, poesie e frasi lasciate a metà.
«Su questa pietra è raccontata la storia della Natura» spiegò la tigre prima che potessi chiedere, studiando le scritte più in basso. «Parla di mondi che non esistono più.»
Colsi la malinconia nella sua voce, rapidamente sostituita però da uno dei soliti ordini perentori. «E adesso mi segua. Siamo a un passo dalla fine di questa assurda faccenda.»
A una passo dalla fine, a un passo da casa. L'idea di tornare a Dublino mi stringeva il cuore, mi riportava con la mente a Fidel e al suo sorriso folle mentre mi costringeva a fuggire su Fen. Ripensavo al principe e ai suoi occhi smeraldo, alle minacce che mi aveva rivolto... quante cose erano successe in quei pochi mesi, e quante cose stavano finalmente per concludersi.
Nina, la mia tigre bianca, attraversò il portale con un unico avvertimento: «Tenga gli occhi fissi su di me, Blaine.»
E io la seguii.
Attraversare il portare fu un esperienza più unica che rara, forse la più strana della mia vita. Una volta dentro una folata di vento caldo mi investì il viso, seguita da luce.
Abbagliante, accecante.
Non permisi che quell'improvvisa sensazione mi travolgesse, ma continuai piuttosto a tenere gli occhi fissi sul manto di Nina, sui suoi movimenti sicuri e controllati. Sembravamo diretti verso un punto disperso nella luce, e tutto in me seppe che non sarei mai riuscita a uscirne senza la sua guida. Avvertivo al tempo stesso anche la figura dietro di me, Fen'Aver, che dopo poco si stancò della mia andatura e superò rapido me e la tigre, finendo per guidare l'avanzata di quel gruppetto improvvisato.
Passo dopo passo. Passo dopo passo.
«Quando arriveremo?» chiesi, cercando di calmare il cuore che, assurdamente, era già partito per i fatti suoi. Contavo le righe sul manto di Nina per tranquillizzarmi – in fondo erano l'unico colore in quel bianco accecante, l'unica cosa che pareva trattenermi dall'impazzire.
Lei non mi degnò di uno sguardo, limitandosi a rispondere con un "porti pazienza" sussurrato, come fosse solo un'eco delle sue parole.
La cosa non mi piacque affatto, e mi piacque ancora meno quando colsi con la coda dell'occhio un'ombra correre rapida alla mia sinistra, scomparendo quasi immediatamente.
Distolsi gli occhi dalla tigre per pochi secondi, accertandomi che non ci fosse nulla di strano e...
Persi miseramente Nina di vista.
Mi bloccai sui miei passi, immobile in mezzo a tutta quella luce. Il cuore saltò un battito mentre senza muovermi cercai con lo sguardo la figura felina della tigre, o quella più alta e altezzosa di Fen'Aver. Ovviamente, sfiga volle che non trovai un bel niente.
Tenga gli occhi fissi su di me, aveva detto Nina, e io ora riuscivo a pensare solo una cosa.
«Merda.»
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