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Capitolo 18 (pt.1): Il suo destino

Il Prescelto

Il ragazzo che odorava di sale si accovacciò davanti a una delle piccole fontanelle all'ingresso dell'arya di Lyede, fissando le iridi di ghiaccio sul fiotto d'acqua di fronte a sé. Una brezza leggera gli scompigliò i capelli, portando con sé il profumo del mare e i sussurri della donna che si era lasciato indietro, per cui si era spinto fin lì.

Sfiorò l'acqua con due dita, sorridendo e schizzando scherzoso la ragazza che l'aveva atteso fino a quell'ora tarda sulla porta Est dell'arya. Quella ricambiò con una smorfia di disapprovazione, il viso allungato e dai lineamenti morbidi distorto per la noia, la lunga chioma bionda che si arruffò appena quando lei gli fece segno di muoversi, incamminandosi verso l'interno della città.

Inutile continuare a rimandare, pareva dire.

Il giovane si alzò con aria flemmatica, passandosi le dita bagnate tra i capelli e seguendo la ragazza senza far storie. Teneva d'occhio i lati della strada a ogni passo, avanzando con spalle dritte e il portamento che da tempo ormai lo contraddistingueva.

Un portamento che gli era sempre appartenuto, per quanto in passato avesse fatto fatica ad accettarlo.

Lui era il Prescelto.

E c'era qualcosa che doveva recuperare – per lei, sempre e soltanto per lei.

"Devono essere pronti, Baryon, devono essere preparati. Tutte le pedine al loro posto, e tu al mio fianco."

Le sue parole, l'unica verità da seguire.

Per noi.

Sorrise, camminando a passo svelto tra i mercati di Lyede, tra povertà e ricchezze. L'odore del mare lo avvolgeva, malinconico ricordo di ciò che aveva avuto, un tempo...

Poi avvertì una presenza alla sua sinistra, e piegò appena il capo verso la sua fonte, intravedendo una figura inaspettata.

Si bloccò, lo sguardo curioso che si fissò su un bantù dalla folta pelliccia grigia. L'animale si stava allontanando esitante dalla compagnia del bambino che lo aveva abbracciato fino a quel momento, che adesso lo richiamava a gran voce. Il Prescelto lo osservò mentre si avvicinava, fissandolo nei tre piccoli occhi e guadagnandosi uno sbuffo da parte della donna che lo accompagnava.

«E ora che succede? Perché ti sei fermato?»

Lui non le diede peso, inginocchiandosi di fronte al bantù. «Abbi pazienza, Morgaine» le mormorò, e poté quasi immaginarla mentre alzava gli occhi al cielo, esasperata.

Ciò nonostante, l'avvertì fermarsi a pochi passi da lui, in attesa.

Con un sorriso il giovane allungò una mano verso l'animale, notando le zampe deboli su cui si reggeva, memori di stanchezza e digiuno. Quell'immagine lo amareggiò, lo convinse a sfiorare la folta pelliccia con le dita, fino ad accarezzargli il muso con delicatezza.

Il bantù gli annusò il palmo aperto con la curiosità tipica degli animali, leccando appena la pelle salata. A quello, il ragazzo prese a mormorare parole in una lingua antica, lenta e ipnotica.

Dok'atant del baie, hymia. Sussurrano loro il tuo nome, anima.

Sentì un brivido corrergli lungo le braccia: una sensazione conosciuta e mai scontata, di compiacimento e realizzazione. Eccolo, il suo destino – il regalo più grande che la donna che l'aveva salvato gli avesse mai potuto fare.

Era tutto ed era niente, era il mare in tempesta che aveva sempre amato osservare da quella che un tempo era stata la sua casa; era la pioggia che gli aveva baciato gli occhi e la bocca il giorno in cui aveva compreso ciò che doveva essere.

Yende mha ryende lel baie, hymia. Tessono il tuo nome nel cielo, anima.

Presto, tutto avrebbe avuto inizio.

D'improvviso, i tre occhi del bantù davanti a lui si sgranarono appena. L'animale balzò sulle zampe posteriori, cercando di raggiungere le guance striate di barba scura del giovane. Ora era in piene forze – il manto lucido e gli occhi brillanti di contentezza, la stessa felicità di chi aveva ritrovato le forze dopo chissà quanti giorni trascorsi senza mangiare. Il ragazzo lo accarezzò sulla nuca e tra le orecchie, catturando con la coda dell'occhio il movimento di un'altra figura, minuta e impaurita.

Il bambino... il padrone del bantù.

Morgaine, alle sue spalle, sembrava essersi stufata di aspettare. «Hai finito? Possiamo continuare?»

Il Prescelto si rimise in piedi, prendendo un passo indietro e infilando una mano nella sacca che portava al fianco. Senza dare corda alla giovane che lo stava aspettando spazientita, estrasse un paio di monete d'oro dalla borsa, lanciandole al bambino che le afferrò goffamente al volo.

Il ragazzino le fissò a bocca aperta, gli occhi che cercarono i suoi, le piccole mani che iniziarono a tremare.

«Mio signore, io... io...»

«Fai strada» disse il ragazzo, rivolto alla compagna. Non diede corda al bambino, perché non era quello il suo compito, non era quello ciò a cui avrebbe dovuto pensare.

Fermarsi è stato un errore, Baryon.

Sì. Era stato un errore.

Distolse lo sguardo dal bantù e il suo padrone, riprendendo a camminare a passo spedito. Superò Morgaine infilandosi in un nuovo vicolo dell'arya, avviandosi su per una salita invasa da carretti e viandanti, donne e bambini.

«Baryon, quantomeno aspettami!»

Lasciò che la bionda lo affiancasse di nuovo, rivolgendogli un'occhiata torva.

Dopodiché proseguì, la mente rivolta nuovamente al suo unico, vero obiettivo.

L'ora è quasi giunta.





***

Note autrice: eccoci, lettori! Il Canto delle Spade riprende dopo una lunga pausa estiva (già XD lo ammetto...) e l'ultima sessione d'esami della mia vita u.u adesso ho un po' più tempo, mi sono portata avanti con l'editing e ho intenzione di pubblicare tutta la terza parte della storia di lunedì e venerdì (come annunciato nello spazio avvisi qualche settimana fa).

Si riparte con un personaggio che alcuni di voi ricorderanno... apre questo romanzo con il Prologo e ha una sua novella (Sale sulla Pelle, disponibile sul mio profilo Wattpad e su Amazon) a lui dedicata. Vi aspettavate di rivedere Baryon? E cosa starà andando a fare...? ;D

A presto e buone letture,

Isa

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