Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 14 (pt.2): È così che va

Il ragazzo atterrò in ginocchio, una mano per terra ad attutire la caduta stranamente aggraziata. Alzò appena la testa per rivolgere all'essere a pochi passi da me un'occhiata spavalda, mettendo in mostra due occhi che al buio della foresta brillarono di convinzione e capelli disordinati che gli ricaddero pigramente sulla fronte, di un castano così chiaro da sembrare quasi biondo.

Dall'aspetto doveva avere all'incirca la mia età, se non poco di più, e quando si mise in piedi e sguainò la spada che aveva al fianco, notai come i suoi movimenti fossero disciplinati e volutamente trattenuti, come fosse pronto a giocare. Indossava una vecchia maglietta incrostata così tanto di terra e fango da apparire marrone scuro e una giacca smanicata dello stesso colore aperta sul davanti. Sulla sua schiena riuscii a intravedere quella che doveva essere un'arma: imponente, larga e smussata, dalla forma a croce. Non la riconobbi, ma la mia attenzione fu presto catturata da ciò che invece mi era molto più familiare.

Legate ai calzoni aveva stretto due cinture da cui facevano la loro bella figura diversi coltelli, più il fodero della spada che aveva appena sguainato. Con la mano libera si slacciò una delle due cintole, lasciandola ricadere sul terreno insieme con un sacchetto tintinnante.

L'essere ligneo gli aveva ormai concesso la sua più totale attenzione. Le braccia protese dietro la schiena cercavano inutilmente di estrarre la lama che lo aveva colpito al petto, ma le lunghe dita glielo impedivano, non riuscendosi a stringere abbastanza saldamente intorno all'impugnatura da afferrare. Spostò quindi i tentativi sulle lame conficcate dietro la testa, riuscendo a tirar via quella che gli aveva perforato la gola.

Tornò a ruggire con rabbia mentre il ragazzo lo guardava con un sorrisetto in volto, sornione e, beh, un po' troppo ottimista. Ma che gli passava per la mente a quel tizio?

Io, d'altro canto, realizzai immediatamente di dovermela dare a gambe. Ora che l'attenzione della bestia era su quel tipo... era il momento perfetto per scappare il più lontano possibile, per salvarmi la pelle.

Dovevo pensare a me stessa, alla sopravvivenza.

Eppure rimasi immobile, a guardare la scena con l'impressione di essere impazzita.

«Non ne vuoi proprio sapere di stare zitto, eh ragazzone?» ridacchiò divertito il ragazzo, rispondendo al nuovo ruggito furioso della bestia. Il mostro non prese bene la provocazione, perché estrasse con forza l'ultima lama dalla sua cavità oculare, strappando con essa alcune radici e lanciandola con mira precisa verso il ragazzo. Lui la schivò con un movimento rapido in laterale, senza apparire minimamente affaticato.

Strabuzzai gli occhi, capacitandomi ben poco della prontezza di riflessi di quel tipo. Il pugnale finì contro il tronco alle sue spalle e il giovane lo recuperò prima di rivoltarsi verso l'essere, mettendosi in posizione con la spada all'altezza della spalla, il gomito che sporgeva indietro.

I suoi occhi scuri incontrarono i miei e il suo sorriso si allargò. Chissà quanto dovevo sembrargli terrorizzata in quel momento... non per nulla, gridò nella mia direzione: «Niente paura! È arrivata la cavalleria.» Si indicò, facendomi l'occhiolino. «Sei ancora tutta intera, vero?»

Come faceva a trovare il coraggio di scherzare, in un momento come quello? Avrei volentieri alzato gli occhi al cielo, ma mi costrinsi invece ad annuire, indietreggiando al nuovo ruggito del mio mostruoso amico di legno. Yozzi non aveva ancora smesso di ringhiare, strattonandomi per una gamba e tenendo gli occhi fissi sulla bestia.

«Beh, ragazzone, fatti avanti.» Una nuova provocazione, un sorrisetto di sfida.

Il ragazzo si concentrò sul mostro, lanciandosi in un assalto con audacia. Corse verso di lui, la spada che disegnò una curva leggera nell'aria, sollevandosi in tempo per incontrare l'essere ligneo a metà strada. Bloccò una sua sferzata quando la bestia tentò di colpirlo con i lunghi arti, centrandolo subito dopo in petto con un calcio.

La lama del tipo non scalfì le braccia di quel mostro, segno che dovessero essere particolarmente robuste. Tuttavia il ragazzo non se ne preoccupò, perché con movimenti rapidi e precisi si riavvicinò alla bestia, facendo vorticare la spada con una mano e stringendo nell'altra il coltello appena recuperato, bloccando ogni assalto.

Era il momento. Dovevo sfruttare l'occasione, dovevo scappare! Perché le gambe non si muovevano? Perché!?

Incapace di correre via, fissai i due scontrarsi, fare pressione l'uno contro l'altro per lunghi secondi dopo i quali il giovane balzò indietro, prendendo fiato e ritornando in un batter d'occhio alla carica, accovacciandosi ai piedi dell'essere e sferrando un fendente agli arti inferiori.

Quelli non si spezzarono, ma il mostro ne risentì. Cadde in ginocchio il tempo necessario perché il ragazzo sollevasse la lama del coltello e la conficcasse in uno dei polpacci legnosi dell'essere, strappandogli un grido rauco e velenoso. Lo vidi tentare di colpire il biondino, graffiandogli un braccio grazie alle lunghe dita affilate - non riuscì, però e per fortuna, a raggiungere il suo viso.

Il ragazzo balzò rapido a distanza di sicurezza mentre l'essere stringeva la nuova lama con una mano legnosa, facendo per estrarla e liberarsene. Prima di riuscirci, però, un secondo coltello - ma quanti ne aveva quel tipo? - gli si conficcò nel lungo collo, affondando nel tentativo di mozzargli la testa. Purtroppo non ebbe successo, ma penetrò abbastanza a fondo da strappare al mostro un nuovo grido di dolore. L'essere fu costretto a tentare di recuperarlo, raschiandosi le dita contro il filo d'acciaio.

Riuscì a tirarlo via con un po' di difficoltà e un rivolo di sangue giallo fuoriuscì dalla ferita, macchiando gli arti lignei di... resina. Era davvero resina, di quello fui sicura, e scendeva lenta e inesorabile lungo le dita dell'essere, come fosse liquida e viscosa.

In un battito di ciglia il mostro artigliò il coltello e lo scagliò contro il ragazzo che l'aveva intanto distanziato. Quello stava provando a sfilare in tutta fretta i lacci che legavano l'arma alla sua schiena, ai lati della giacca di pelle, lanciando scorse rapide verso l'avversario.

Pochi secondi prima che la lama arrivasse a destinazione, il ragazzo girò su se stesso tenendo la spessa arma a croce tra le mani, lasciandola andare in tempo per cozzare direttamente contro il coltello della bestia. Le due armi si scontrarono, deviandosi a vicenda, e la croce si perse nell'aria nello stesso momento in cui il ferro del mostro si conficcò a terra.

Nel frattempo l'essere si era rimesso in piedi, spezzando fino alla guardia uno dei pugnali che l'avevano ferito e gettandolo lontano, abbandonando nel polpaccio legnoso il resto dell'acciaio. Vidi il giovane indietreggiare ancora, piegando la testa di lato e osservando il rozzo lavoro della bestia.

«Sai quanto ci metterò a recuperarla?» domandò, sospirando e indicando con un cenno del capo la lama nella gamba del mostro. «Tra l'altro, non hai idea di quanto costi farla riparare. Potevi evitare di rovinarla così.»

Un simpaticone, non c'è che dire.

Alla sua battuta l'essere ruggì nuovamente, furioso, muovendosi però più lentamente di prima. Forse era stanco per i colpi subiti, o magari stava sfoderando un minimo di cautela... di fatto avanzò puntando al giovane fin quando un fischio in lontananza non attirò l'attenzione di tutti i presenti, me compresa.

Mi voltai in tempo per vedere una figura roteare nell'aria, avvicinandosi a gran velocità: la croce del ragazzo, che si schiantò contro il petto del mostro riuscendo ad attraversarlo da parte a parte.

Rimasi a bocca aperta mentre l'essere cadeva in ginocchio, lanciando un ultimo urlo che lacerò l'aria. Poco dopo, la parte superiore della sua figura ricadde in avanti, ormai separata dalla vita in su, un corpo inerte che capitombolò a terra senza vita.

Boccheggiando senza parole, osservai il tutto senza fiatare. L'arma del giovane - un boomerang, realizzai - affondò a pochi passi dai suoi piedi, sulla riva del fiume. Lui si fiondò a recuperarlo con nonchalance, incurante della grottesca scena davanti a noi.

Incurante della resina che sgorgava come sangue dallo stomaco della creatura segata di netto, scivolando lungo i suoi arti e bagnando l'erba sotto di lui.

Era strano vedere un liquido come la resina correre così rapido su una superficie del genere, e quell'immagine non fece che intensificare la mia nausea.

Non avrei resistito. Lo sentivo, stavo per... stavo per...

Ebbi una fitta allo stomaco e mi piegai a vomitare.

Era passato un po' di tempo dall'ultima volta che era accaduto, ma adesso... quel che era appena successo mi pesò sulle spalle così tanto che caddi in ginocchio, continuando a prendere lunghi respiri strozzati, rigettando tutto ciò che avevo ingerito quel giorno. Intravidi vagamente Yozzi allontanarsi da me, probabilmente disgustato dalla mia reazione; avvertii anche delle mani gentili raccogliermi i capelli e sollevarli, sorreggendomi finché lo stomaco non smise di vendicarsi per tutto quello che gli avevo fatto passare.

Dovettero trascorrere alcuni minuti prima che realizzassi come le stesse mani che avevano ucciso quel... coso, ora stessero toccando me, aiutandomi e ignorando completamente i resti dell'essere mostruoso a pochi passi da noi.

Non capii perché, ma quel pensiero mi turbò terribilmente, più di quanto avrei voluto. Respirai a fondo ancora per qualche secondo prima di allontanarmi dal tocco del mio salvatore - non rudemente, no, ma con gratitudine nello sguardo. In fondo se ero viva lo dovevo solo a lui, lo dovevo...

Non vomitare di nuovo, Wes. Trattieniti, dannazione.

Il ragazzo ricambiò la mia occhiata con espressione incuriosita mentre io mi rialzavo, lisciando le pieghe dei pantaloni sporchi di terra e avvicinandomi al fiume per sciacquarmi il viso. Da quella distanza potevo ora osservare il biondino, notando come fosse meno alto di quel che avevo inizialmente creduto: lo era poco più di me, ma il modo sicuro in cui teneva la schiena dritta e la testa alta lo faceva apparire fiero. Un combattente capace di reggere lo stress di quello scontro.

Io, al confronto, dovevo sembrargli una mocciosa sperduta.

«Stai bene?» mi domandò infatti, visibilmente titubante. La sua voce mi giunse alle orecchie distorta dallo scroscio dell'acqua con cui continuavo a rinfrescarmi. Lo sentii avvicinarsi e vidi i suoi stivali fermarsi accanto al punto in cui ero inginocchiata.

Non fece segno di volersi sedere accanto a me.

Gli lanciai una scorsa da sopra la spalla, sentendo la mia stessa espressione distendersi in una smorfia stanca e abbattuta. Sfiancata.

Mi limitai a fissarlo.

«Sei messa male, eh» fece lui divertito, studiandomi con attenzione. Tornò serio il tempo di dire: «E immagino tu non sia di qui?»

«No» replicai seccamente, più acida di quanto avrei voluto. Spostai l'attenzione su Yozzi, trovando il bantù intento a odorare la carcassa della creatura lignea, ringhiando nel mentre e girandovi attorno con cautela.

Senza pensarci due volte mi rimisi in piedi e mi avvicinai anch'io ai resti del mostro, furtiva. Li aggirai per alcuni secondi insieme con Yozzi, avvertendo la figura del ragazzo poco dietro di me, a seguire ogni mio passo. Un'ombra senz'altro divertita dalle mie espressioni disgustate gli danzava sulle labbra, mentre il suo sguardo mi percorreva con crescente interesse.

Mi bloccai di fronte alla testa dell'essere, piegata di lato a mostrare le fauci spalancate in un grido silenzioso. Al suo interno si stava accumulando quella resina densa e giallastra, mentre le formichine abitanti del tronco si stavano dileguando in fila indiana tra i ciuffi d'erba, muovendosi rapide lungo i percorsi più asciutti su quella creatura.

Prima ancora di rendermene conto, mi ritrovai a parlare.

«Questo...» Il ragazzo mi osservò, attento, l'espressione curiosa. «Coso» continuai, propinandogli il mio lessico più forbito. Lui sollevò le sopracciglia, ma non mi interruppe.

Non che ci fosse molto da interrompere. Feci un'altra pausa per raccogliere le idee.

«Questo coso è uscito da un albero» affermai, indicandolo con un dito. Mi fece un po' strano dire una cosa simile ad alta voce, ma la confusione era troppa e il desiderio di ricevere solidarietà ancora di più. «Intendo dire, è uscito in grande stile. Con tanto di insetti.» Ancora una frase stranita, forse scontata vista la puntualità con cui quel tipo era arrivato a salvarmi e il modo in cui mi stava guardando adesso. Magari l'aveva vissuta anche lui la scena, l'aveva vista con i suoi occhi... senza farne una piega.

Che non fosse la prima volta che vedeva esseri simili? Il modo in cui aveva reagito, come era venuto in mio soccorso...

«Sì» ammise lui, confermando in parte i miei dubbi. «È così che va, ultimamente.»

Ero abbastanza certa non 'andasse' così.

Almeno, non nel mio mondo.

Fissai la testa della creatura, cercando di affiancare il concetto di normalità alla sua smorfia deforme. 'Normale' sarebbe potuto essere vedere uno scoiattolo saltellare di ramo in ramo, ma non ritrovarsi di fronte a un mostro di legno in grado di prendere vita da un albero, ruggendo come una bestia assetata di sangue.

È così che va. Lo hai sentito, Wes... 'è così che va'!

Dannazione.

Mi coprii il viso con le mani, respirando a fondo. Sentii una pesante stanchezza calare sulle spalle, accompagnata dal desiderio bruciante di correre a nascondermi da qualche parte, meglio se nella catapecchia di Fidel. Volevo di nuovo gridare, sfogare le pressioni della giornata come non facevo da troppi giorni.

Odiavo come quello stupido di Fidel non fosse ancora tornato. Odiavo che un ragazzo sconosciuto mi stesse fissando preoccupato, come fossi io la tipa strana da quelle parti.

Ed era stato lui a uccidere quella creatura. Lui a non farne una piega.

Il ragazzo continuò a osservarmi senza provare a consolarmi, senza dirmi qualcosa che potesse essere d'aiuto in quella situazione surreale. Schiusi le dita e lo trovai a studiarmi con sguardo grave, la preoccupazione dipinta in volto. Da così vicino riuscii a distinguere il colore dei suoi occhi: un blu tanto liquido da rassomigliare il cielo notturno della valle, lo stesso che potevo ammirare la sera quando rimanevo sveglia fino a tardi, lo sguardo perso tra le montagne, la foresta...

Il pensiero della foresta mi riportò con la mente alla creatura, e con lei arrivò la certezza che non mi sarei più azzardata a scappare da sola tra quegli alberi; non di notte, non senza un gran bel pretesto.

«Senti, dovremmo...» Il tipo si guardò alle spalle, posandomi una mano sul gomito. Notai stesse puntando gli occhi verso la baita di Fidel, ancora buia. Che lo conoscesse?

«Dovremmo andare, si sta facendo buio» mormorò sovrappensiero, gli occhi ancora fissi sulla baita. Per alcuni secondi spostò lo sguardo da me alla creatura mutilata, pensieroso.

Poi sembrò avere un'illuminazione, perché prese un passo verso di me, inspirando profondamente.

Ma che diavolo...

Mi stava... annusando?

«Oh» fece sorridendo, visibilmente sollevato. Improvvisamente parve rasserenarsi, il viso disteso in un'espressione gioviale. «Tu devi essere Jane.»

E quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro