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Capitolo 1 (pt.2): Tra le ombre

Quando trovarono la casa in legno di Weland la notte era ormai calata e le ombre proiettavano strane figure sulla nuda terra che si estendeva di fronte a loro.

Una volta abbandonata la strada di cinta, Lya e la sua banda erano entrati nella foresta che circondava le pendici del Monte Pyr dal lato orientale della valle. Avevano iniziato l'esplorazione in lungo e in largo, raccogliendo nel mentre tutto il necessario per accendere un fuoco nel caso in cui non fossero riusciti a trovare il fabbro prima di sera. Era stato proprio quando le lamentele di Orin si erano fatte troppo pressanti e il gruppetto era stato sul punto di cedere che il Rostro aveva detto di aver intravisto una coppia di conigli dalle orecchie d'acciaio, conosciuti con questo nome per via delle loro orecchie che si dicevano essere di metallo, frutto di magia antica. Lya aveva sentito dire che le orecchie d'acciaio fossero attratte da qualsiasi tipo di lama, motivo per cui si narrava di come alla fine di grandi battaglie come quella della Valle del Pianto, secoli prima, fosse stato possibile raccogliere i resti delle orecchie argentate dei conigli, simbolo di ricrescita e fertilità. Alcuni sostenevano persino che le orecchie d'acciaio fossero permeate di magia, ma erano tanti i ciarlatani al mondo e Lya non credeva che degli esseri magici si sarebbero fatti scuoiare tanto facilmente da macellai e cacciatori.

La banda di mocciosi aveva quindi seguito i conigli fino a una piccola radura, verso cui gli alberi erano diminuiti sempre di più fino a lasciare tra la folta erba solo ampi cespugli che circondavano la casa. Dall'esterno il covo di Weland sarebbe potuto sembrare un'abitazione abbandonata, se non fosse stato per le flebili luci rossastre che venivano dalle due finestre laterali e le piccole ombre che, creando immagini surreali, attirarono immediatamente l'occhio fantasioso di Lya: animali fantastici, tigri e cavalieri.

«Siamo sicuri di essere nel posto giusto?» chiese Orin con voce spaventata, rannicchiato dietro un cespuglio, con gli occhi fissi sulla foresta dietro di loro. «E poi il sole è ormai tramontato. Potremmo accendere un fuoco, tenere lontani gli animali e aspettare le prime luci dell'alba.»

A Lya quella proposta non piacque affatto. Avrebbe preferito correre in quel momento dentro la casa del vecchio fabbro e strappargli di mano tutte le spade che aveva forgiato negli ultimi anni, senza che nessuno se ne accorgesse. In fondo era veloce, era piccola e... cosa poteva un anziano signore contro di lei? Sarebbe stato meglio per tutti. Per lui, che non se ne sarebbe neppure accorto, per Klab e la banda, che avrebbero avuto quel che volevano, e per Lya, che non avrebbe avuto il tempo di pensare a quell'ennesima malefatta. Magari sarebbe riuscita a tornare in tempo al paese per la danza dei fiori che una volta al mese affollava la piazza al mattino per una settimana con petali di ogni genere, che danzavano e danzavano lanciati in aria dai bambini, portando il canto della vita tra i popoli. Si raccontava che secoli prima nessuno avesse mai avuto bisogno di far danzare i fiori... ma adesso, senza magia, erano i più piccoli ad avere quell'onore e Lya non se lo sarebbe potuto perdere anche quell'anno. Non poteva lasciare accadesse.

«Smetti di piagnucolare, Orin!» sibilò il Rostro, fissando con avidità le finestre della casa da sopra un altro cespuglio. «Guardala, è solo una capanna. Quanto credi sia difficile entrare e prendere qualche spada? Dicono non pesino nulla nelle mani dei loro proprietari. Ebbene, noi lo siamo! Lya entrerà e le recupererà prima che tu possa dire chevargan

Tok e il Biondo si scambiarono un'occhiata dietro il cespuglio dove si erano nascosti, spostando poi entrambi lo sguardo sul Rostro. «E il vecchio Weland?» domandò Tok, confuso. «Cosa farà Lya se il vecchio Weland dovesse scoprirla?»

Il Rostro sorrise, passandosi la mano martoriata sulla nuca pelata e mostrando i denti. «Weland è un vecchio. Cosa vuoi che possa fare? Rincorrerla con un bastone?»

Lya fece per dargli ragione. Sarebbe riuscita a fare come al solito un lavoro pulito, tornando con il bottino in men che non si fosse detto, ma prima che potesse aprire bocca Tok la interruppe continuando con fervore: «Tempra del giorno volse a sé, pagando vecchiaia per amore. Mai più il tramonto gli sorrise, e il dolore eterno lo derise. Weland non può invecchiare!»

Il Rostro assunse un'espressione sorniona, fissando l'amico di Lya e scuotendo la testa divertito. «Quelle sono solo storie, stupido. Non si vive di storie, ancora peggio quando canticchiate da poveri menestrelli come te. Lya» intimò, abbandonando definitivamente il discorso con Tok. «Noi teniamo d'occhio la radura. Vai e torna – ci troverai qui.»

Senza aspettare oltre e senza degnare di uno sguardo il resto della banda, Lya si mise in piedi e con cautela iniziò ad avvicinarsi alla casa, sentendosi gli sguardi di tutti addosso. Da vicino l'abitazione del vecchio fabbro non era altro che una capanna, proprio come aveva detto il Rostro, quindi Lya si prese di coraggio e avanzò con più decisione, facendosi strada tra l'erba che le arrivava quasi alla vita e intravedendo tra i cespugli numerosi animali, altre orecchie d'acciaio e, notò con stupore, una vita del sole che illuminava il buio con il pelo dorato che vibrava piano.

Era strano, pensò, perché le vite del sole non erano molto comuni da quelle parti, ma non ci fece troppo caso e continuò ad avanzare.

Giunta davanti alle finestre, Lya si alzò in punta di piedi spiando l'interno della casa e chiedendosi quale sarebbe stato il modo migliore per entrare, ben sapendo che non avrebbe potuto contare sulla disponibilità del vecchio Weland nei confronti di una bambina. Se c'era qualcosa che Klab le aveva raccontato prima di costringerla ad andare con gli altri, era come il fabbro fosse conosciuto da molti come un uomo solitario e senza scrupoli, che non concedeva facilmente benevolenza e ospitalità. Era quello il motivo per cui viveva in reclusione alle pendici del Monte Pyr, e sempre quello per cui il padrone della topaia era stato sicuro della presenza di qualcosa di prezioso nella casa.

Adesso, in punta di piedi di fronte alla finestra, Lya poteva vedere il focolare che scricchiolava silenzioso e illuminava una piccola stanza dall'aria intima e vissuta. Un vecchio tavolo di legno era stato addossato a una parete, e un cestino di vimini ripieno di quella che sembrava frutta faceva la sua bella figura al centro, facendo venire l'acquolina in bocca alla bambina. Quanto tempo era passato da quando aveva mangiato per l'ultima volta della frutta fresca? Nemmeno lei lo ricordava più, visto che gli alberi che circondavano il paese non erano il posto migliore in cui trovarla e al mercato sarebbe costata cara. Ebbe il folle desiderio di rompere la finestra, in qualche modo, e abbuffarsi, ma riuscì a trattenersi e iniziò a tastare il vetro per trovare un modo di entrare.

Senza avere successo, aggirò la casa lanciando un'ultima occhiata verso il suo gruppo di mocciosi e vedendoli ancora tutti lì, lo sguardo fisso su di lei. Quando il Rostro intercettò i suoi occhi le fece segno di avanzare, e Lya si voltò di nuovo verso la casupola, girando intorno al suo perimetro e bloccandosi direttamente al lato opposto. Da questa parte non vi era alcuna finestra da cui sbirciare, quindi Lya si avvicinò tentando di trovare un punto in cui le assi di legno fossero cedevoli.

Si abbassò per studiare il fondo e vide qualcosa di molto, molto strano.

Nel punto in cui si trovava ora, accovacciata per terra, notò alcune assi che al suo tocco si piegarono morbide verso l'interno. La bambina ritrasse la mano, spaventata per un secondo che qualcosa potesse essere dall'altra parte. Avvicinò un orecchio per sentire e...

Nulla.

Sfiorando ancora le assi avvertì di nuovo la morbidezza, ma questa volta fece pressione e le spostò verso l'interno della casa, rivelando un passaggio abbastanza grande da far passare una ragazzina piccola come lei. Felice per la nuova scoperta e ancora più soddisfatta delle sue ricerche, Lya alzò le assi e sbirciò all'interno dell'abitazione, ritrovandosi di fronte a una stanza questa volta piccola e fiocamente illuminata, la porta aperta su un corridoio buio.

Con una spinta Lya si infilò nel passaggio e, con cautela, si spostò nell'ombra osservando lo spazio intorno a sé, le spalle rivolte alla parete di legno. Ora che era dentro, dove avrebbe trovato le spade? Iniziò a pensare, chiedendosi dove un anziano fabbro avrebbe potuto lasciare vecchie lame forgiate da giovane. Pensò a dove le avrebbe messe lei, se ne avesse possedute, e decise quindi di cercare la stanza da letto di Weland, perché se mai ne avesse avute di sue le avrebbe tenute lì, per uccidere i mostri che la notte venivano a rovinarle i sogni.

In punta di piedi, Lya percorse lo stretto corridoio che dava soltanto su altre due camere: la piccola cucina che aveva intravisto da fuori e quella che doveva essere la stanza del fabbro. C'era anche un bagno minuscolo, grande quanto il ripostiglio di Klab, che aveva al suo interno solo una vasca stretta e dall'aspetto scialbo, accanto a una latrina asciutta e sporca.

Di Weland non c'era traccia.

Non vedendo il fabbro da nessuna parte, Lya si concesse di affrettare il passo, mantenendo però la cautela. Alcuni sostenevano Weland avesse due abitazioni: quella a Li'yra e una a Ovest del Monte Pyr, vicino alla Foresta Dormiente dove nessuno mai si spingeva. Se ciò era vero, il fabbro sarebbe potuto essere lì, e allora Lya avrebbe avuto tutto il tempo necessario per il suo piccolo furto.

Non poteva, però, abbassare la guardia.

Prima di controllare la stanza da letto non riuscì a trattenersi e fece una capatina in cucina, infilandosi nelle tasche tutti i chicchi d'uva che riuscì ad afferrare e lasciando cadere nella camicia larga due mele rosse e un altro frutto arancione che non riconobbe. A operazione finita aveva i bordi della camicia infilati nei pantaloni che minacciavano di cedere, ma se li sistemò ancora più a fondo e sogghignò osservando lo strano rigonfiamento che la frutta formava sul suo ventre. Sperò che una volta terminato il furto gli altri mocciosi non se ne sarebbero accorti, troppo presi dalle spade che Lya avrebbe portato loro.

Sorridendo tra sé e sé, poi, si diresse con passi leggeri verso la camera da letto del fabbro.

L'ingresso della stanza era buio pesto, con l'unica eccezione data dalla luce che si proiettava dal camino nella cucina di fronte, che illuminava in parte un letto stretto addossato al muro e un lenzuolo bianco stropicciato che quasi sfiorava il pavimento, come se qualcuno lo avesse abbandonato lì dopo una lunga nottata tormentata. Lya fece un breve passo in avanti stagliando la propria ombra sul materasso, e lo sguardo le ricadde immediatamente su quello che sembrò essere un grande armadio, quasi completamente oscurato se non per un'anta semi-aperta.

Stava per avvicinarsi quando lo sentì.

Un respiro affannato, di quelli a cui lei si riduceva dopo una corsa estenuante tra i vicoli di Li'yra, veniva da un angolo della stanza alla sua destra. Da un angolo buio della stanza alla sua destra. Per un secondo pensò di stare immaginando tutto – un brutto incubo che stava prendendo forma per colpa delle storie raccontate da Tok – ma il suono si fece presto più insistente, accompagnato da un gemito strozzato, come il pianto rotto di un bambino.

Senza pensarci due volte, Lya si avvicinò alla fonte del rumore e sfiorò il muro.

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