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La mano della provvidenza

21 anni prima

I ronzii e i rumori attutiti degli apparecchi elettronici si intercalavano al silenzio notturno che avvolgeva il laboratorio in cui tutto continuava a funzionare, mentre la città dormiva profondamente.

La zona dedicata agli esperimenti era stata allestita in fondo alla stanza, dove una fila di uteri artificiali brillava sotto le luci fredde che piovevano dal soffitto.

Fedora stava supervisionando con diligenza i macchinari in funzione, quando il suo cervello elettronico intercettò una voce femminile.

"Sono venuta a controllare le gestazioni. C'è anche il figlio dei miei amici, Jim Anders. È stato sottoposto al trattamento sperimentale".

Subito l'androide si voltò e vide Orsola dritta sulla soglia. Il microchip della neo leader aveva aperto tutte le porte elettroniche, lasciandola entrare indisturbata nella stanza, senza nessun preavviso.

Fedora rimase un attimo in silenzio, poi elaborò una risposta:

"La signora deve avere il permesso dei nostri scienziati per accedere alle informazioni. Sono coperte dal segreto di Stato..."

Orsola sospirò. "Per favore, chiama l'assistente umana".

Un allarme risuonò dalla bocca dell'androide. Pochi secondi dopo, una giovane infermiera fece il suo ingresso nella stanza in uno svolazzare della divisa blu. Una cascata di riccioli neri era trattenuta dalla cuffietta annodata dietro al capo.

Le sue pupille si fissarono su Orsola, muovendosi pigramente sotto le palpebre un po' gonfie.

"Io...chiedo scusa, mi ero addormentata. Non mi aspettavo un'ispezione proprio adesso...sono le tre di notte..."

Gelida, la voce di Orsola rimbalzò tra le pareti asettiche:

"Si chiamano ispezioni a sorpresa proprio per questo! Non mi accontento della supervisione da remoto, troppi dipendenti fanno sparire i filmati scomodi! E comunque io posso entrare qui quando voglio, senza nessuna autorizzazione! Lo stavo spiegando alla tua collega androide".

L'infermiera la scrutava con incertezza: "Ma..."

"Non c'è nessun ma. Io sono la nuova leader di Iside! Scordatevi i governi precedenti! Senza autorità, senza spina dorsale! Ora comando io e faccio quello che ritengo più opportuno. È chiaro?".

La giovane infermiera sospirò. Era una tirocinante trasferitasi da poco in città e ancora non aveva ben chiara la scala gerarchica dell'élite da cui era governato il Nuovo Mondo.

In quel momento il suo intuito le sussurrò che doveva obbedire senza truppe esitazioni.

"Sì, Miss Orsola. Sono a sua disposizione".

La donna parve soddisfatta. "Così va bene!", esclamò attraversando la stanza e osservando con attenzione una fila di culle termiche disposta accanto a quella degli uteri artificiali. Erano tutte vuote, tranne una.

"Dove sono i bambini? Hanno appena terminato la gestazione, perché li avete consegnati alle famiglie? Dovevano restare in osservazione per almeno un mese!"

Un'ondata di gelo percorse l'infermiera ancora stordita dal sonno recente. In un angolo del suo cervello cercò quella risposta che qualcuno le aveva fatto ripetere un'infinità di volte:

"Purtroppo non sono sopravvissuti. Lei sa, abbiamo utilizzato una tecnica di inseminazione sperimentale e ...beh, non tutti hanno superato le prime notti. Erano troppo fragili..."

La leader girò di scatto la testa verso di lei, simile a una vipera che si accingeva a colpire. La luce autoritaria dei suoi occhi fece retrocedere la ragazza.

"Cosa? E non mi avere detto niente? E qual'è la causa esatta del decesso?".

"È...è...sono alcune malformazioni...abbastanza prevedibili in casi come questi. Erano deboli, più esposti ai patogeni nonostante le cautele...".

Ora lo sguardo di Orsola stava correndo sulla fila di culle per fermarsi all'ultima, sulla quale brillava un piccolo schermo elettronico occupato dalla scritta: "Jim Anders, SE436". Dentro il giaciglio, sotto una copertina blu, un bambino muoveva le piccole mani come per acchiappare qualcosa di invisibile. Quando i suoi occhi incontrano quelli di Orsola, il piccolo accennò un sorriso.

In quel momento un presentimento si fece strada nella mente della donna, che fu scossa da un brivido. Ma questa sensazione non mutò il suo sguardo di ghiaccio.

Diede un'occhiata al complesso macchinario collegato alla culla: "I parametri sono ottimi, nessuna malformazione riscontrata." Fece Orsola rivolta all'infermiera. "Tuttavia potrebbe rischiare di contrarre il virus che magari ha ucciso gli altri neonati. Jim Anders è il figlio dei miei amici, possono permettersi la migliore sanità privata che ci sia a Iside! Sono programmatori specializzati della nuova azienda di elettronica e hanno ricevuto un cospicuo assegno per questo esperimento! Non lascerò il bambino qui un minuto di più". E con un gesto rapido, sollevò il neonato e lo avvolse nella copertina azzurra che lo copriva.

L'infermiera sembrava allarmata, mentre Fedora osservava tutto con gli occhi cibernetici.

"Miss Orsola, cosa fa? Non può portarlo via...".

Ma la donna si era già allontanata a passi veloci per raggiungere l'uscita con il bambino in braccio.

"Oh sì che posso!", gridò al personale. "Sono la leader, posso prendere decisioni importanti in completa autonomia."

Nessun allarme si attivò quando Orsola abbandonò la clinica con il neonato in braccio. Il suo microchip le consentì di oltrepassare tutti i sensori di sicurezza delle porte senza che queste venissero bloccate.

Pochi minuti dopo, la leader sistemò il bambino sulla Flying Car, sfiorò un touchscreen e sparì nella notte.

Erano circa le 4 del mattino, quando una meravigliata Karen fece entrare Orsola in casa sua.

"Ma...cosa..."

"Karen, ecco il bambino. Nella clinica dev'esserci qualche virus e...". Esitò. La casa era cosparsa di telecamere collegate con le autorità governative. "E...sì, dev'essere proprio un brutto virus, alcuni bambini hanno avuto qualche problema. Te ne parlerò meglio domani...", continuò, porgendo il neonato a Karen che ascoltava il tutto preoccupata.

"Orsola, ma che succede? Mio figlio è sano? L'ultima volta che sono passata dalla clinica mi hanno detto che era tutto a posto. E come stanno gli altri bambini."

Orsola deglutì. "Ehm...certo, è tutto a posto, solo, è meglio se lo fai curare dai tuoi medici di fiducia. Sai, in clinica c'è del personale nuovo e non sembrano tanto preparati, ecco tutto. Anzi, non riportarlo lì. Non farlo per nessuna ragione al mondo!".

Esclamò la donna, prima di girare sui tacchi e uscire dalla casa muovendosi in un elegante tailleur blu.

Karen rimase lì, ferma al centro della stanza con il bambino in braccio che sbadigliava aprendo la piccola bocca sdentata.

Lo strinse a sé: "Ora va tutto bene, Jim. Ora c'è la mamma..."







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