La congiura
Orsola prese un'abbondante porzione di purè dal tegame e la posò su un piatto sopra il vassoio blu, accanto a un contenitore termico pieno di minestrone. Vicino alle pietanze calde mise una mela, poi esitò, si morse le labbra e aggiunse un cartone di latte e tre biscotti al cioccolato che aveva prelevato dalla madia della cucina dedicata al personale, quella che conservava i cibi biologici del Vecchio Mondo. Sfiorò un touch screen sulla parete e subito le icone blu si illuminarono.
"Marilù!", esclamò rivolta al citofono interno. "Potresti venire qui per favore?".
Pochi secondi dopo la porta elettronica della cucina emise un ronzio e la ragazza entrò nella stanza. Sorrise.
"Mi dica pure Miss Orsola, sono a disposizione".
"Beh... vedi... ho controllato il microchip di Januaria da remoto, i suoi parametri vitali sono buoni. Dopotutto non mangia da sole 24 h!" fece Orsola, senza sapere che Marilù aveva provveduto a rifocillare regolarmente la prigioniera tra una chiacchierata e l'altra, diventando in breve tempo sua amica.
Marilù deglutì. "Giusto!".
"Tuttavia," proseguì la direttrice, "un giorno di digiuno mi sembra sufficiente. In fin dei conti, gli anni passati ha combinato di ben peggio e... beh... insomma le ho preparato un vassoio con qualcosa da mangiare!", disse indicando i piatti sul ripiano blu davanti a sé. "Vorrei che glieli portassi. Ma a una sola condizione! Dille che è stata una tua idea. Che hai dovuto insistere con me! Sai com'è Januaria, no? Le dai un dito, si prende tutto il braccio...".
Marilù trattenne a stento una risata. Se solo Orsola avesse saputo! Prese il vassoio dal quale arrivava un profumo delizioso, esclamando: "Ma certo! Provvedo subito!". Poi si avviò con lentezza al seminterrato.
La mattinata trascorse in fretta tra una lezione e l'altra, mentre nel seminterrato Marilù chiacchierava allegramente con Januaria.
"E così Orsola ti ha detto di portarmi il cibo? Non la riconosco più!", rise la ragazza.
"Sì, ma non dirle che te l'ho riferito! Non voglio finire in punizione anch'io. Secondo me ha capito che il digiuno era eccessivo...".
La verità era che Orsola si era resa conto di aver decretato una punizione così severa perché Januaria, durante la lite, le aveva detto la verità. Da anni lei sfruttava ragazze per programmare gli androidi come una vera e propria schiavista. Non sapeva Januaria, però, che i responsabili di tali sciagurate decisioni risiedevano nelle segrete di un antico palazzo dall'altra parte della città. Un palazzo chiamato Loggia, dove gli accoliti si radunavano in piena notte per decidere le sorti degli umani nel Nuovo Mondo. Riunioni che erano precluse alla stessa Orsola, costretta ad obbedire da qualcosa che sfuggiva al suo stesso controllo.
Pensò a quella statua a forma di Baphomet, la scultura che veniva esibita durante le feste pagane.
"Ambasciatore non porta pena", mormorò la donna uscendo dalla classe dopo la lezione di informatica.
Erano ormai le 16. A un tratto l'allarme che sanciva la pausa pomeridiana suonò nelle aule e per i corridoi dell'enorme edificio.
Le ragazze si alzarono e si avviarono in fretta verso i corridoi per salire sulla pedana che le avrebbe condotte nel seminterrato, dalla parte opposta alla stanzetta in cui si trovava Januaria che ora si era addormentata dopo aver divorato il suo pasto.
"Miriam! Layla! Dobbiamo metterci d'accordo", bisbigliò Amalia a due ragazze che erano in piedi accanto a lei.
Presto l'intera classe si trovò davanti all'ingresso dell'aula relax nella quale si riversò con un grido di liberazione.
Sybil e le altre sirene entrarono per ultime saltellando e si adagiarono insieme su un materassino in un angolo.
Sybil poteva percepire il rancore che arrivava dalle altre ragazze. Tutte erano arrabbiate con lei per quanto era accaduto al ballo. La sirena si sentiva in colpa per aver causato quel trambusto ma non era veramente pentita. Quell'atto di ribellione le aveva consentito di riprendere contatto con la sua vera natura, la natura di creatura dei mari che aveva cercato di reprimere per tanto tempo.
Sorrise con timidezza a Kelly e Jelly: "Oggi mi aspettavo che ci avrebbero attaccate, invece...", disse piano, volgendo le pupille in direzione delle altre allieve
Alcune stavano giocando a ping pong, altre sghignazzavano. In fondo alla stanza, Amalia e un piccolo gruppo di amiche stavano confabulando a bassa voce. Sui loro visi si poteva leggere una strana eccitazione.
"Januaria è in punizione per colpa di quella maledetta sirena!".
"Ma hanno cantato tutte e tre, quelle stronze!" obiettò Miriam.
"Delle altre due mi importa poco", rispose Amalia. "Hanno capito da tempo che qui comandiamo noi. Ma Sybil! Guardatela! Con quell'aria da principessa, con quei modi irritanti! Sybil ha bisogno di una bella lezione! Deve imparare a comportarsi!".
Miriam sogghignò. "Hai ancora quell'idea? Quella di cui mi hai parlato ieri?".
"Sicuro!", ribatté Amalia convinta. "Sai cosa devi fare stasera, prima che suoni l'ora dal riposo notturno. Fingerai di andare in camera, ma andrai a prendere la scatola mentre lei tiene occupata la cicciona. Io invece rientrerò in classe, andrò al PC di Orsola e procederò allo spegnimento delle telecamere e dell'allarme. Conosco il metodo, me l'ha insegnato Jan, ma dobbiamo fare presto. Devo provocare un bug nel sistema...".
Dietro di loro c'era un vecchio magazzino abbandonato, dove un mucchio di oggetti inservibili giaceva sugli scaffali metallici appesi alle pareti.
Scatole di viti, bulloni e rivestimenti per androidi erano abbandonati lì da un tempo immemore sotto un sottile velo di polvere.
Il tutto era stipato in contenitori e scatole di cartone.
Amalia sogghignò guardando le altre, poi spinse la porta di legno, chiusa da una comune maniglia e sgattaiolò dentro, mentre le altre si stringevano in cerchio davanti all'ingresso per evitare che il resto della classe vedesse cosa stava accadendo.
Mentre le restanti allieve continuavano imperterrite i loro schiamazzi, ricorrendosi nello stanzone, Amalia si aggirava tra gli scaffali del magazzino, cercando di abituare la vista al buio.
Dalla porta socchiusa la luce elettrica disegnava una scia che si allungava sul pavimento e striava la parete.
A un tratto Amalia lanciò un gridolino. Davanti a lei, sulla mensola, qualcuno aveva allineato dei rivestimenti per il viso degli androidi. Una serie di maschere di silicone la guardavano con le loro orbite vuote.
Era già stata là dentro ma non ricordava cosa venisse conservato in quella stanza.
"Mavaff...", rise la ragazza.
Abbassò lo sguardo. Ai suoi piedi c'era una partita di bulloni dentro alcune scatolette di cartone sparpagliate sulle mattonelle. Amalia ne vuotò una, trasferendo il contenuto in un'altra confezione semiaperta, poi si avvicinò alla porta.
In prossimità dei cardini, in un angolo compreso tra un mobile e la parete, alcune ragnatele scendevano dal soffitto e ricoprivano lo stipite con i loro fili.
La ragazza strinse le palpebre cercando di decifrare quei contorni illuminati malamente dalla poca luce che filtrava dalla porta socchiusa. "Eccoli!", esclamò.
Sulle loro tele, tre grossi ragni aspettavano con pazienza i pochi insetti sopravvissuti al grande inquinamento che da tempo affliggeva la città.
Amalia ridacchiò. "Proprio quello che ci vuole...".
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