Januaria
La notte era calata sulla città, dove infinite luci costellavano le superfici dei grattacieli e delle case.
Corridoio dopo corridoio, i computer centrali avevano disattivato i monitor del rifugio, lasciando accese solo alcune telecamere di sorveglianza usate come deterrente contro gli atti di vandalismo con i quali le ragazze solevano sfogare la rabbia repressa.
Queste ultime a due a due, si erano ritirate nelle loro stanze.
Erano camerette minuscole, munite ciascuna di due letti a scomparsa e di un piccolo tavolo smart ribaltabile. Non avevano finestre ed erano dotate di un bagno con doccia che una porta magnetica separava dal resto della stanza.
Januaria giaceva sul suo letto con lo sguardo rivolto verso il soffitto e le mani incrociate in grembo.
La luce era spenta e Amalia, la sua compagna di stanza nonché migliore amica, si era già addormentata e stava respirando pesantemente con il corpo girato verso la parete blu.
Januaria adorava quel momento in cui sul rifugio calava il silenzio e le tenebre le concedevano un angolo di privacy da dedicare ai suoi pensieri.
Quel giorno lei e Amalia erano cadute sul pavimento e, quando si erano riprese, non erano state in grado di ricordare niente.
Le loro compagne gli avevano parlato di lampi, scariche elettriche e una perla che galleggiava nell'aria, ma lei non aveva mai creduto alle favole e ora si interrogava su cosa potesse esserle accaduto di così grave da causarle un'amnesia.
Eppure la sua memoria aveva sempre funzionato benissimo.
Ad esempio rammentava perfettamente quando a 9 anni aveva attraversato il prato correndo come una forsennata e, come per istinto, si era addentrata nella capanna semibuia per inginocchiarsi ai piedi dell'anziana che sedeva a terra su una stuoia.
Il suo capo era avvolto da un fazzoletto rosso e il corpo magro era coperto da un ampio abito color ocra.
La donna l'aveva guardata intensamente. Gli occhi vivi risaltavano sul viso coperto di grinze.
Poi la voce aveva rotto il silenzio:
"Una pioggia blu coprirà i campi e Madre natura diventerà matrigna. Allora l'uomo bianco verrà a prenderti, figlia mia. Ma tu non essere schiava. Combatti nel nome degli antenati".
Januaria aveva fissato ipnotizzata la donna, ma pochi minuti dopo, quando era uscita dalla capanna, quelle parole erano scivolate in un recondito della mente accanto alle memorie dei suoi sogni infantili.
Era diciassettenne quando quegli oggetti romboidali avevano sorvolato i vasti campi del suo paese.
Poi un odore di disinfettante aveva invaso l'aria e una polvere blu era piovuta dal cielo, posandosi sulla vegetazione e sui corpi dei braccianti come una seconda pelle.
Stava raccogliendo il grano, quando aveva alzato gli occhi giusto in tempo per osservare gli oggetti volanti che sfrecciavano a tutta velocità e sparivano all'orizzonte.
Allora le parole della donna erano riaffiorate vivide nella sua memoria, non più un sogno ma l'eco funereo di un presagio.
Qualche ora dopo, lei e gli altri contadini si erano accorti che le spighe di grano erano marcite.
Così le donne avevano iniziato a piangere, gli uomini a imprecare, mentre gli anziani si erano radunati per implorare gli spiriti affinché annullassero la terribile maledizione che aveva colpito la loro terra.
Ma Januaria sapeva da tempo quale fosse la maledizione.
Aveva osservato altre volte quegli ordigni che di tanto in tanto sfrecciavano nel cielo.
Al loro passaggio, l'aria calda diventava pesante e irrespirabile e per tutti i mesi a venire la pioggia cessava di cadere.
In quel periodo si era convinta che qualcuno ce l'avesse con la sua terra e aveva intuito il motivo qualche mese dopo, quando l'equipaggio di un aereo dipinto di blu si era presentato per imbarcare gli abitanti del suo villaggio con il pretesto di salvarli dalla siccità.
In quei giorni una serie di aerei simili era atterrata nelle adiacenti zone ormai ridotte a deserti; dai portelloni erano scesi piccoli gruppi di occidentali che indossavano divise blu rifinite di bottoncini dorati e approcciavano le persone con fare rassicurante.
Con l'ausilio di alcuni militari, gli eleganti signori avevano bussato a tutte le porte, offrendo acqua e promettendo una nuova vita piena di comfort. Subito gli abitanti erano andati loro incontro come avrebbero corso verso un'oasi nel bel mezzo del deserto.
Erano assetati e affamati e in quei mesi avevano visto morire i loro cari uno a uno.
Così Januaria, che era orfana da anni e viveva in una baracca condivisa con altre sopravvissute alla siccità, aveva seguito i militari ed era salita su quel lunghissimo aereo che sembrava il degno baluardo di tante belle promesse.
Sollevati, gli altri passeggeri si erano sistemati sui sedili blu, dove i corpi magri risaltavano in un crudele contrasto con le superfici lucide del velivolo.
Tutti sembravano entusiasti di quel volo inviato dalla provvidenza, ma quando Januaria era giunta al rifugio aveva intuito subito che qualcosa non andava.
Ore e ore di studio, l'impossibilità di uscire a conoscere la metropoli con la scusa che le nuove arrivate non fossero ancora pronte ad affrontare la vita moderna così piena di insidie...
Nonostante le premesse, la ragazza si era dedicata anima e corpo all'apprendimento dell'informatica, diventano ben presto la migliore della classe, colei che la stessa Orsola aveva definito un genio.
Ma quando l'istituto aveva costretto lei e le sue compagne a lavorare gratis come programmatori di androidi, aveva percepito l'inganno: i suoi salvatori erano gli stessi che avevano avvelenato il terreno del suo paese e costretto le persone a evacuare per poi usarle come schiave. Per l'ennesima volta la profezia si era avverata.
I programmatori specializzati costavano moltissimo al governo che trovava vantaggio nel prelevare persone dai paesi poveri per sottoporle a una formazione che consentisse loro di svolgere prestazioni lavorative di altissimo livello in cambio dell'ospitalità.
Così Januaria, accecata dall'odio, si era ribellata: aveva organizzato sommosse in cui erano state distrutte telecamere bruciate bandiere e ridotti gli androidi docenti in mille pezzi.
Ma alla fine era stata costretta a rassegnarsi davanti alla minaccia di essere rispedita al proprio paese, dove non la siccità aveva raggiunto livelli incompatibili con la vita umana e i raggi del sole stavano annientando animali e persone. Un fenomeno che le sirene non avrebbero mai potuto comprendere.
Loro vivevano sotto i mari, circondate da chilometri d'acqua dai quali alcune uscivano per puro capriccio! Non sapevano cosa significasse girare lo sguardo e trovare il deserto, desiderare l'acqua e mangiare la sabbia, cercare il cibo e sfamarsi con gli insetti!
La nuova arrivata poi, con quei capelli verdi così lucenti e quell'aria da principessa, aveva il potere di farle saltare i nervi.
Era la classica ragazza incontentabile che aveva ottenuto tutto ma voleva sempre di più. Januaria alzò gli occhi verso la lucina blu della telecamera di sorveglianza applicata al soffitto.
Era lo stesso blu lucente del mare che aveva visto quando l'aereo che la stava trasportando da un continente a un altro aveva sorvolato le coste per atterrare poco più in là. In quel momento Januaria desiderò essere una sirena per spiccare un salto dagli scogli e tuffarsi tra le onde, conquistando la libertà e il benessere che aveva sempre sognato.
Era sicura che in quei fondali nessuno conoscesse la fame e l'arsura di una gola assetata.
Voleva esplorare le grotte, giocare con i pesci e raccogliere le conchiglie rosee che aveva visto sul monitor della scuola durante l'ora di scienze.
Sognava di avere una coda e perdersi nell'oblio di quell'acqua trasparente...
Le lacrime iniziarono a solcare il volto della ragazza, ma lei, fiaccata dalle dodici ore di studi e di lavoro intensivo, si addormentò senza accorgersi che stava piangendo.
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