Il dialogo
"Entra, accomodati", disse Paul indicando una sedia.
La prima cosa che colpì Jim fu la modestia della stanza. Una cucina semplice, dai vecchi mobili grigi, ornata solo di ordine e pulizia scrupolosa.
"Cosa ci facevi ancora in giro di notte? Iside è molto pericolosa a quest'ora...è pericolosa sempre...", continuò Paul.
"Oh, non preoccuparti! Ho una pistola laser e il mio microchip può smuovere un esercito. Senza contare che Rocky è dotato di un allarme integrato che si collega con la polizia in caso di pericolo. È meglio di una guardia del corpo, vero Rocky?".
Per tutta risposta il cane scodinzolò compiaciuto.
"Una bella innovazione", rise Paul.
"La verità è che sarei disposto a girare il mondo per trovarla, Paul...intendo Sybil. È scappata. Se n'è andata via in piena notte e non so dov'è...".
"Sybil? Credevo che ti avesse avvisato! È venuta qui circa venti giorni fa, mi ha detto che a casa vostra non poteva più restare, che non voleva farvi rischiare un arresto a causa della legge sulla cattura delle sirene. Ha dormito qui, poi l'ho accompagnata al rifugio. Sai, se mi trovassero con una sirena andrei dritto in carcere, non posso pagare il riscatto. E i controlli sono serrati anche qui...".
"Non sapevo niente, si è allontanata senza avvertire.
Sybil non ha una smartband né altri dispositivi per contattarmi. Sono contento di sapere che è al sicuro! L'ho cercata al rifugio, la direttrice mi ha detto che non c'era...".
Paul ridacchiò.
"Chi, la signora Orsola? È un bel tipo, mi hanno detto. Però è stata l'unica leader che ha firmato un trattato di pace con il Vecchio Mondo, posso solo ringraziarla".
"Grande amica dei miei, mia madre ha sempre detto che non è cattiva come sembra. Però a quanto pare mi ha mentito e io Sybil la voglio assolutamente rivedere. Voglio almeno parlarle per sapere se è felice, se si trova bene al centro...".
"Anch'io vorrei notizie, ma comunicare con il centro per me è impossibile. Sono un cittadino del vecchio mondo, rischio un arresto anche solo se passeggio per Iside. Non ci vedono di buon occhio, come sai...", sospirò Paul.
Si alzò e si avviò al frigo. Da quando la Regina dei Mari gli aveva concesso il miracolo, era sempre pieno di cibo. Ora la sua modesta pensione di agricoltore gli consentiva di sostenerne tutte le spese senza essere costretto a lavorare sulla barca per dodici ore al giorno.
Prese due bottigliette di analcolico, le aprì e le adagiò sul tavolo.
"Ti va? Le ho comprate al minimarket qui vicino. Dopo la guerra ci siamo risollevati, tutto funziona di nuovo. Ma non è finita in tempo purtroppo", disse indicando la foto di una ragazza sulla parete davanti a sé.
Jim guardò e sobbalzò.
Dalla cornice, un viso pieno di lentiggini gli sorrideva. Aveva splendidi occhi verdi e lineamenti delicati.
"Ma...è identica a Sybil!".
"Mia figlia Teresa", spiegò Paul. "Uccisa da due androidi terroristi pochi dopo mesi la fine del conflitto. Hanno sparato anche a mia moglie. La guerra si era conclusa ufficialmente, ma alcune cellule impazzite dei modernizzatori hanno continuato a spargere sangue per un po'..."
"Maledetti! Mi dispiace tantissimo!", esclamò Jim. Ora sentiva la gola secca. Sollevò la bottiglia di analcolico e inghiottì un sorso del liquido rosso che subito gli solleticò le narici. Era fresco e buono.
"Hey, ma questo coso è fantastico. Paul...sono preoccupato per Sybil. La nostra città è una giungla. E per quanto Orsola non sia cattiva, non voglio che Sybil rimanga nel centro. È troppo diversa dagli altri, non credo che la capirebbero. Là dentro sono molto severi...".
Paul sospirò.
"Dobbiamo trovare un modo per portarla fuori. Devo essere prudente ma prometto che ti aiuterò. Per me Sybil è come mia figlia Teresa...".
Jim annuì. È terribile, pensò, una ragazza giovanissima uccisa così, da due androidi. Gli stessi che suo padre costruiva ogni giorno.
"Sai Paul, quando sarà uscita non voglio più stare qui. Questo mondo mi fa paura. Il nuovo, il vecchio... la gente sembra impazzita. Troppa violenza e morte, Sybil è così indifesa. C'è quel pianeta, Avatar. Sogno di andarci con lei. È un posto bellissimo ma mio padre non vuole...".
"Un momento, ma tuo padre non è Nathan Anders, il più rinomato produttore di navicelle della città? E perché non te ne regala una...".
"Sì, è lui. Dice che lo spazio è pericoloso, che è imprevedibile. Io però ho già pensato a tutto, sono anni che studio la vita su Avatar... conosci mio padre?".
"Eccome", rise Paul. "Non ti ho detto niente l'altra volta, ma quando ti ho sentito parlare di lui ho capito subito chi era. Seguimi", disse alzandosi dalla sedia.
Jim lo seguì. I due varcarono la soglia e uscirono fuori. Il campo era inondato dalla luce della luna. Un concerto di grilli e cicale accompagnava i loro passi.
Paul si diresse sul retro dell'abitazione e percorse un viottolo con Jim che camminava a breve distanza da lui accanto a Rocky.
In fondo alla strada sterrata il ragazzo vide una vecchia rimessa di mattoni rossi.
Paul si avvicinò al pesante portoncino che la chiudeva.
Dalla tasca estrasse alcune tessere magnetiche, un mazzo di chiavi e iniziò ad armeggiare con la serratura.
Quando la porta si aprì, i sensori delle luci scattarono e subito dei fasci dorati piovvero dal soffitto illuminando lo stanzone.
"Quella l'ho comprata più di vent'anni fa, circa un anno prima che Teresa e mia moglie fossero uccise. Volevo scappare con loro, peccato che non l'ho fatto", disse Paul indicando qualcosa davanti a sé.
Jim guardò. Su un supporto metallico splendeva un oggetto tondo argentato, nuovo di zecca come se aspettasse ancora che qualcuno lo guidasse nello spazio.
"Una navicella!", esclamò il ragazzo. La stessa serie prodotta da suo padre. Con meraviglia Jim scorse il logo blu con la A di Anders stampata sopra che spiccava accanto al bordo.
"Comprata direttamente da tuo padre, mi ricordo ancora quando ho firmato il contratto di vendita. Mi ha fatto un grosso sconto e ha accettato il pagamento con la moneta del vecchio mondo, cosa rara oltre che vietata. Tuo padre è un uomo pieno di risorse, uno che sa il fatto suo...".
Jim guardava tutto a bocca aperta. Una navicella spaziale lì, in quella rimessa di campagna...
"Volevo rivenderla", continuò Paul. "Ma il desiderio di fuggire nello spazio non è mai sparito del tutto. Ho passato un brutto periodo ma l'ho conservata come ultima spiaggia. Ora però non ne ho più bisogno, le cose vanno bene...".
"La comprerò io!", esclamò subito Jim. "Guadagno benissimo come programmatore, basta che mio padre non venga a sapere niente! Potrebbe bloccare la partenza, sai, conosce tutti qui e...".
"Piano ragazzo, piano!", rise Paul. "E chi ti ha detto che voglio vendertela?", fece ammiccando.
"Ti prego Paul! Sono anni che voglio partire per Avatar, ora potrei portare Sybil se solo riesco a tirarla fuori da lì, sai io...".
"Jim, fermati! Non ti vendo nulla, siamo amici e poi servirà anche a Sybil. È un regalo. Puoi usarla quando vuoi. Promettimi solo che sarete prudenti...".
Jim fece per parlare, ma le parole gli morirono in gola. Deglutì. L'emozione era troppa.
Davanti a lui la navicella luccicava, immersa nella luce artificiale.
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