Giovani bulle
Lunghi corridoi blu che attraversava saltellando, file infinite di monitor dove numeri e caratteri di tutti i colori si illuminavano all'improvviso.
Quel giorno l'intera classe aveva già trascorso 8 ore ininterrotte studiando programmazione seguita da una moltitudine di materie che Sybil non riusciva più a ricordare.
All'ora di pranzo Orsola in persona aveva distribuito loro una barretta energetica alla vaniglia che sapeva di plastica.
Poi si era avviata alla zona ristoro riservata ai docenti per mangiare un panino farcito con formaggio, scaglie di tartufo e verdure grigliate fresche acquistate dai vecchio mondo appositamente per lei. Come dessert aveva prenotato una fetta di dolce di pasta frolla, ricotta e crema pasticcera, pietanza bandita in città dalla stessa leader per l'eccesso di grassi.
"Vi tengo d'occhio!", aveva esclamato, mostrando alle alunne l'orologio da polso collegato alle telecamere dell'aula.
Ma non appena varcata la porta elettronica, tra le ragazze si era sollevato un brusio.
Tutte avevano iniziato a parlottare tra di loro, indicando Sybil che sedeva al suo banco, guardandosi intorno spaventata.
Poi Januaria, la più grande di loro, si era alzata dalla sedia elettronica e si era avvicinata alla sirena con aria di sfida.
Gli occhi neri brillavano di una strana luce.
"Così oggi dovrò saltare l'intervallo per colpa tua".
Sybil la ascoltava con lo sguardo basso, chiedendosi cosa avesse fatto per irritare tanto la ragazza.
Si sentiva in imbarazzo, vagamente in colpa.
Le due sirene, Kelly e Jelly, guardavano Januaria con la paura negli occhi.
Per troppo tempo avevano subito le sue aggressioni e ora sapevano che Sybil sarebbe stata la prossima vittima di quella diciottenne irascibile che sembrava arrabbiata con il mondo.
Januaria era cattiva con tutte le persone diverse da lei.
Nella classe aveva un gruppetto di amiche con le quali si divertiva a tormentare le allieve più deboli ed era talmente feroce che nessuna osava mai ribellarsi.
"Più tardi facciamo i conti", aggiunse prima di tornare a sedersi.
Adesso le altre giovani ridacchiavano di fronte all'atteggiamento pavido e indifeso di Sybil che fissava il monitor integrato al banco senza parlare.
La barretta che le era stata distribuita dalla direttrice giaceva lì, davanti a lei.
Sybil le aveva dato un morso, ma era troppo turbata per continuare a mangiare e lo stomaco le si era chiuso in uno spasmo.
Pensava ai pasti prelibati consumati a casa di Jim, dove la tavola era sempre imbandita di cibo fresco che Karen le aveva servito con la premura di una madre.
Gli occhi le si riempirono nuovamente di lacrime.
Fortunatamente la pausa pranzo non durò che pochi minuti.
"NON VOGLIO SENTIR VOLARE UNA MOSCA, COSA AVETE TANTO DA RIDERE, MALEDETTE OCHE?", gridò Orsola appena rientrata nell'aula, dove calò un subitaneo silenzio, fatta eccezione per il ronzio dei banchi elettronici, dove le giovani allieve avevano il compito di memorizzare i testi scolastici.
Di solito i loro studi proseguivano fino all'ora di cena e le pause concesse erano un intervallo di 20 minuti da passare sedute al banco in compagnia di Orsola, insieme all'ora che le allieve potevano trascorrere all'interno di una stanza del seminterrato adibita ad angolo relax.
La domenica era stata cancellata quale festa religiosa.
Il riposo veniva osservato ogni 15 giorni ed era stato denominato Restday.
Questa politica di oppressione e di schiavitù aveva reso incontenibili le giovanissime, esacerbando gli animi della maggior parte di loro che, come Sybil, erano cresciute a contatto con la natura selvaggia.
Orsola si avvicinò al monitor, lo sfiorò e ricominciò a illustrare una serie di formule matematiche, mentre le presenti sbadigliavano per la fame che quel minuscolo pasto non era riuscita a placare.
Finalmente i computer emisero una dolce musica di carillon che annunciava l'arrivo delle h18.
Le ragazze scattarono in piedi, fremendo per l'impazienza di raggiungere l'aula relax.
"Mettetevi in fila!", ordinò Orsola mentre le giovani si allineavano.
Sybil saltellò e si unì alla fila, ultima delle venti giovani che uscirono dall'aula e iniziarono a procedere.
Svoltarono a sinistra e una a una salirono su una pedana nera situata in fondo a un breve corridoio. Questa si mise in movimento, portandole sempre più in basso fino a raggiungere uno stanzone semibuio del seminterrato.
Laggiù il tempo sembrava fermo a molti anni prima.
Il soffitto era pieno di ragnatele e le pareti non avevano l'abituale colore blu che ricopriva i muri della scuola, ma erano di un bianco ingiallito.
Sybil si guardò intorno con un brivido, mentre le altre si accalcavano davanti a una vecchia porta di legno e la aprivano con violenza, quasi la volessero sfondare.
Orsola era rimasta ai piani superiori e in quel posto le telecamere non erano installate, così le giovani poterono finalmente dare sfogo alla vivacità repressa dall'austera direttrice.
"Riposo!", gridò una di loro fiondandosi nell'aula relax, una vecchia stanza col pavimento marrone e priva di computer e dei monitor che tappezzavano la scuola.
Un gruppo di allieve si sistemò in cerchio e improvvisò un girotondo.
Altre si gettarono su alcuni materassini di spugna adagiati per terra e iniziarono e lottare tra loro, schiaffeggiandosi e tirandosi i capelli.
Una volta quella stanza era presidiata da androidi, ma le giovani li avevano distrutti un pezzo dopo l'altro, approfittando del fatto che il regolamento prevedesse che questi ultimi fossero sprovvisti di armi all'interno delle scuole.
Così Orsola, pentita per quella regola che aveva stabilito lei stessa, aveva assunto alcuni addetti alla sorveglianza i quali, tuttavia, erano stati costretti a fuggire dopo una settimana, terrorizzati dalla violenza di quella classe.
Infine la direttrice aveva deciso di concedere quell'ora di libertà. Sperava che trascorrere l'intervallo lontano da telecamere e docenti le avrebbe ammansite, consentendo loro di sfogare l'esuberanza che avevano in corpo.
Sybil si guardò attorno, scrutando i vecchi mobili impolverati, le sedie di legno poggiate sul pavimento in disordine...
Le due sirene gemelle le si avvicinarono con un timido sorriso.
Sybil non le aveva mai viste sotto i mari, di certo provenivano da un'altra tribù, pur avendo a capo la stessa Regina.
"Come hai visto, l'ambiente non è dei più amichevoli...", iniziò Jelly.
Ma una voce la interruppe:
"Guarda qui, che bella riunione di pesci!" esclamò Januaria avvicinandosi. "Ora siete in tre. Presto in questa classe ci saranno più sirene che gente come noi!".
Le altre allieve si erano immobilizzate e osservavano la scena sghignazzando.
Poi gli occhi di Januaria si fissarono sulla catenina che indossava Sybil.
"E questa cos'è? Una perla! Da quando voi sirene andate in giro con questi orpelli addosso? Non sarà mica un simbolo religioso? Lo sai che Miss Orsola vuole la semplicità?".
Poi, prima che la sirena potesse replicare, sganciò la catenina con un gesto rapido e sfilò la perla che ora riluceva nella sua mano.
"Ridammela!", esclamò Sybil col cuore che le batteva all'impazzata. Il suo ciondolo, la sua protezione! L'unico ricordo tangibile di sua madre adesso era nelle mani di Januaria che ridendo era corsa in mezzo alla stanza dove era posizionato un tavolino da ping pong!
"Amalia, vieni!", disse afferrando una racchetta e infilando la catenina in tasca. "Abbiamo una nuova pallina direttamente dal mare!"
"Wow!", rise Amalia avvicinandosi al tavolo e prendendo una racchetta, mentre Januaria colpiva la perla e la lanciava nella sua direzione.
Le due iniziarono a giocare divertite, mentre Sybil a pochi passi, scrutava la scena con gli occhi lucidi.
"Ridatemela!", gridò disperata. "È la perla della mia mamma!".
Kelly e Jelly sembravano sconvolte, ma tutte le altre allieve adesso avevano circondato il tavolinetto da ping pong e stavano sghignazzando alla vista di quella inusuale partita dove una grossa perla veniva usata come pallina.
Ma a un tratto la pallina che stava scatenando tanta ilarità emise un bagliore.
Le due giocatrici riuscirono a colpirla ancora per un paio di volte prima che si fermasse a mezz'aria.
Poi iniziò a ruotare su se stessa, emanando raggi luminosi che si muovevano zig zag in tutte le direzioni.
Ora le presenti guardavano l'oggetto ipnotizzate. Dal gruppo si levarono esclamazioni di stupore, poi due dei raggi si propagarono nelle direzioni di Januaria e Amalia, che erano immobili, con la bocca spalancata e le racchette in mano.
Subito una scarica elettrica attraversò i loro corpi e le sventurate finirono distese sul pavimento, rotolandosi a contatto con quella misteriosa energia che le faceva sussultare.
"Madre!", pensò Sybil a quella vista. La paura che aveva avvertito aveva spazzato via il ricordo di quanto sua madre fosse potente! Si era sentita sola, ma in realtà la Regina era stata sempre accanto a lei per proteggerla! Come aveva potuto dimenticarlo?
In quel momento non poté fare a meno di provare compassione per le sue aguzzine che adesso erano in preda a violente convulsioni.
Sybil lo sapeva: erano scappate da un posto caldo, invivibile e una madre probabilmente non la avevano più.
"Non fargli male, ti prego!", sussurrò, rivolgendo con intensità il suo pensiero alla Regina dei mari.
Subito la perla cadde, rimbalzò sul tavolino da ping pong e finì sul pavimento, rotolando fino alla coda di Sybil, che la raccolse in fretta.
Adesso le allieve sembravano in preda al panico e si erano radunate, chine intorno ad Amalia e a Januaria per tentare di rianimarle.
Alcune di loro singhiozzavano spaventate, altre si stavano cimentando in un goffo tentativo di massaggio cardiaco.
Ma le due adolescenti stavano bene e giacevano per terra a occhi aperti, con un'espressione fissa e stordita sui visi.
"Ma cosa è successo?", farfugliò Januaria sollevandosi lentamente sui gomiti.
Non ricordava nulla tranne di avere iniziato una partita di ping pong con Amalia che adesso si stava rialzando a sua volta.
Ora tutti gli sguardi erano rivolti verso Sybil che era lì, in un angolo della stanza, con la sua perla luccicante in mano.
Adesso si sentiva sollevata per il fatto che Januaria e Amalia fossero incolumi: non era capace di sentire odio e nel suo cuore da sirena non c'era posto per alcun tipo di rivalsa.
A un tratto Januaria sembro ricordare qualcosa e con una mano si frugò in tasca.
Poi estrasse la catenina, attraversò la stanza con aria trasognata e la porse a Sybil.
"Questa è tua...ma come ci è finita qui?", domandò soltanto, mentre le presenti la guardavano incredule.
Sybil arrossì. "Grazie", sussurrò. E, presa la catenina, la fece passare delicatamente nel piccolo gancio fissato sulla perla.
Poi la indossò.
Le altre ricominciarono a sghignazzare e a darsi il gomito di fronte alla mitezza di Sybil, ma nessuna di loro osò provocarla di nuovo.
Almeno per quel giorno...
Poco dopo i computer della scuola fecero suonare l'allarme che segnalava la fine dell'ora di relax.
In fretta la classe rientrò e riprese le lezioni di informatica, mentre la sera scendeva sul rifugio, placando gli animi e portando via gli echi di quelle voci come una mareggiata.
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