Avatar, fantastico pianeta
Disteso sul suo letto dalle lenzuola blu, Jim ascoltava musica:
“Forza prendi le tute
Questa sera partiamo
Sulle ali di un robot
Lo spazio più buio
Noi insieme esploriamo
Dove andiamo non lo so
Verso Nuovi pianeti
Nuove forme di vita
In un mondo di magia
Forza partiamo
Arriveremo lontano
E una stella sarà mia
Avatar
Fantastico pianeta
Avatar
Seguiamo una cometa
Lo spazio è infinito
Ma la forza è con me
Non avrò paura di
Volare insieme a te…”
Musica AI, parole mie
Stava sorridendo al pensiero della fuga imminente a fianco di Sybil, loro due nello spazio per raggiungere il pianeta in cui aveva sempre sognato di vivere sin da bambino, finalmente libero da quella realtà e da quel mondo folle che non riusciva più a comprendere né a tollerare.
La sua mente correva tra le stelle, quando il ragazzo fu scosso da una voce:
“Da quanto non parliamo un po’ da soli, io e te?”. Guardò davanti a sé: suo padre era entrato e gli sorrideva in piedi, accanto all’ingresso della sua stanza.
Lo aveva perdonato per le parole imprudenti che avevano causato la fuga di Sybil, tuttavia non gli andava molto di chiacchierare con lui. I loro caratteri erano sempre stati profondamente diversi, lui introverso ma coraggioso, suo padre meno intraprendente e spesso guardingo e sospettoso all’inverosimile .
Jim cercò di usare un tono affabile:
“Non siamo mai soli qui…abbiamo telecamere dappertutto”.
“Beh, non c’è niente da nascondere, giusto? Mi piace questa canzone. È di un gruppo che andava tanto quando avevo la tua età, I “Dark Lane”. Oggi non fanno più una musica così…”
Jim rise: “Papà non incominciare…”
“Va bene, va bene, però ammetterai che i tempi sono cambiati...”
Adesso anche Nathan rideva. Lui e suo figlio erano sempre stati amici, pensò. Anche se spesso non riusciva a comprenderlo, cercava sempre di andargli incontro.
“Sono cambiati in peggio, papà…”
L’uomo sospirò. “Forse è per questo che ascolti una canzone così vecchia? Stai ancora progettando di andare su Avatar?”
Jim rimase imperturbabile a queste parole. Aveva innalzato una barriera tra gli altri e il suo progetto. Chiuse gli occhi e per un attimo immaginò che il ghiaccio gli scorresse nelle vene.
“Non ho mai abbandonato quel sogno, lo sai vero?”
“Certo. E sei libero di sognare quello che vuoi, ma ricorda che se acquisti una navicella, questa una volta partita per Avatar trasmetterà il tuo nominativo alla torre di controllo. E io darò ordine ai controllori di volo di farla rientrare subito”
Jim prese fiato per sputare una risposta aggressiva, poi la trattenne in gola, lasciando che la diplomazia prevalesse sull’improvviso tumulto che lo stava scuotendo.
“Tu sei potente. E usi il tuo potere anche dove dovresti semplicemente comportarti come una persona normale. Non ci hai mai pensato?”.
“Io sono solo preoccupato per te. Avatar è un pianeta bellissimo, ma nessuno sa ancora cosa accada lassù…”
Jim sospirò. “Ancora questa storia delle sirene vampiro? Io non ci credo, non voglio crederci! È una bufala confezionata ad arte…”
“Tu ne sei certo, Jim? L’altra sera un uomo è partito per Avatar e non risponde più ai segnali radio da 24 h! Tra poco la sua navicella verrà richiamata e sai una cosa? Io sono sicuro che tornerà a terra senza di lui. E nessuno andrà lassù a salvarlo, tu conosci le leggi sulla conservazione del pianeta rifugio. Se vai lì sono cavoli tuoi…”
Jim aveva ascoltato lo sfogo del padre con uno sguardo vitreo. Seguiva ancora quella musica in loop : “Avatar, fantastico pianeta”, come fosse un antidoto per mantenersi calmo.
“Papà, ne abbiamo già parlato. Per me è solo una bufala, è probabile che quell’uomo non risponda perché vuole rimanere per sempre lassù. E come possiamo biasimarlo? Questa terra è diventata invivibile”. Il ragazzo deglutì, preparandosi a mentire. “Comunque non preoccuparti. Non ho intenzione di andare su Avatar. Voglio continuare la mia carriera di programmatore specializzato. Per il momento è tutto quel che conta, diventare importante e stimato come te…”
Il volto di Nathan fu illuminato da un sorriso che distese i suoi lineamenti in un’espressione gioviale, quasi giovane, come se tutte le preoccupazioni per la vita del figlio stessero scivolando via insieme agli anni. Un giorno forse, avrebbe spiegato al ragazzo perché temeva tanto le sirene e cosa era successo a sua madre. Fino a quel momento e anche dopo, loro due avrebbero continuato a essere i migliori amici.
“È questo che volevo sentirti dire, Jim. Il lavoro prima di tutto. Quando ti sarai realizzato, non sentirai più l’esigenza di fuggire su Avatar. Ma poi non avevi paura dello spazio? Da piccolo urlavi che c’era un alieno nel tuo armadio…”
Una risata solleticò la gola di Jim.
“Era tutta una recita, così la mamma veniva a portarmi il latte caldo al cioccolato. Io non ho mai avuto paura di niente. Né da bambino, né ora.”
***
Le ombre delle candele danzavano sul muro della sala riunioni, dove i fratelli della congrega erano seduti di fronte al Grande Maestro.
“Fratelli, è accaduta una cosa molto grave. I nostri scienziati mi hanno riferito che uno degli androidi infermieri nella clinica per la riproduzione umana si è suicidato. In quarant’anni di attività non era mai successo…”
Uno dei presenti, un uomo paffuto sulla settantina dai folti capelli castani prese la parola:
“Maestro, io non mi lascerei impressionare. Voglio dire, i nostri programmatori sono impegnati a costruire robot che abbiano atteggiamenti molto simili a quelli umani. E quanti umani oggi vanno in depressione? Il tasso di suicidio è altissimo in questa città…”
Lo sguardo del Maestro era gelido, in quel momento lui stesso poteva essere scambiato per un androide.
“Francamente Roman, non mi sono mai preoccupato troppo di chi si suicida a Iside. Il mondo è sovrappopolato, nemmeno con il controllo delle nascite siamo riusciti a ottenere dei risultati soddisfacenti. Il problema è un altro. Temo che gli androidi abbiano intuito che alcuni dei bambini sono destinati a lui”. Disse rivolgendo un’occhiata alla parete di fianco. Al centro un grosso quadro raffigurava un Baphomet con lunghe corna. Era seduto su un trono, la mano destra la puntata verso l’altro con due dita che indicavano una mezza luna dipinta in un angolo del quadro.
Un silenzio carico di timore reverenziale era calato nella sala. Dopo una breve pausa, il maestro continuò:
“Questa notizia non deve trapelare. Farò richiamare i nostri scienziati, li diffiderò per l’ennesima volta dal divulgare qualsivoglia informazione su quello che avviene con i neonati prescelti. Pensate se Orsola lo venisse a scoprire! Si ribellerebbe subito alla nostra autorità, saremmo costretti a eliminarla .E Orsola ci serve viva. È l’unica che riesce a incutere ancora un po’ di timore agli abitanti di Iside, nonostante la odino per i suoi modi. Orsola non è sacrificabile, non ancora almeno”.
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