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Prologo+ trailer

Trailer in alto ⬆️

I disegni uscivano senza che dovessi far nulla per cercarli. Simboli, animali... Leggere mi stimolava. Ogni volta che finivo un libro mi veniva una voglia irrefrenabile di scrivere e disegnare.
Ogni volta che lo facevo mi sentivo libera, mi sentivo viva.
Un'aquila. Assurdo ma facendo solo una linea dritta su un foglio, la mia fantasia cominciava a vagare. Una linea diventava un uccello. Un uccello diventava una bellissima aquila. Un'aquila libera, in grado di volare nel cielo senza dover rendere conto a nessuno.
- Bells-
E quell'aquila più volava, più si sentiva potente.
- Bells-
E più potente diventava, più sicurezza acquisiva.
- Bells-
Nessuno avrebbe potuto fermarla ormai...
-Bells!-
Sentì sbattere le mani sul banco e subito alzai lo sguardo.
La mia professoressa era lì, con quello sguardo omicida sul volto. Era vecchia, rugosa e molto severa... Senza contare il fatto che insegnava matematica. Io odiavo la matematica. Sentivo il suo fetido alito accanto al mio viso, mi stavo sciogliendo per colpa di quel tanfo. L'istinto di vomitare era tanto, ma io resistetti all'impulso di scappare.
Sentivo le risatine dei miei compagni di classe. Li odiavo. Odiavo soprattutto quando fingevano di essermi amici.
- Quante volte ti devo ripetere che non devi metterti a disegnare. Sei proprio una bambina- disse sprezzante.
- Per fortuna dopo oggi non ti dovrò vedere più-.
Si tirò in piedi e andò verso la cattedra.
- Il sentimento è reciproco- sussurrai.
Si girò di scatto.
- Cosa hai detto piccola insolente?-
Tirò via il mio disegno e lo strappò in mille pezzi.
- Sappi che hai superato quest'anno per miracolo. I tuoi voti in matematica sono talmente bassi... O meglio lo erano- sorrise.
- Non avrei mai potuto sopportare un altro anno con te, quindi li ho alzati perché tu non rischiassi la bocciatura. Mi auguro di non incrociarti ancora sulla mia strada- sospirò, poi si mise a sedere. Poggiò una mano sulla tempia e guardò in basso.
"Povera pazza" pensai.
"Beh, almeno è messa peggio di me". Sorrisi all'idea.
Poi sospirai e mi voltai verso la finestra cercando di ignorare i miei compagni che mi fissavano. Fu allora che la vidi: un'aquila possente e bella proprio come me l'ero immaginata. La cosa più strana era che l'avevo già vista. Sapevo con certezza che era la stessa perché aveva una stella sul becco. Come se fosse intagliata. Erano anni che la vedevo... Sempre quella, sempre ed ovunque. Non capivo come ciò potesse essere possibile: io abitavo lì da solo un anno, prima stavo in Piemonte. Come era possibile che mi avesse seguito fino in Sicilia? La cosa era inquietante. La osservai ancora e fu allora che lei bruciò. Letteralmente.
- Oh mio Dio!- mi alzai in piedi e mi portai un mano sulla bocca.
- Che cosa c'è adesso!-
- Professoressa quel povero uccello è bruciato... Completamente- e mi avvicinai alla finestra.
- Basta così! Io non ho più intenzione di ascoltare le tue follie-.
Intanto sulla finestra non c'era nulla. Né uno scheletro, né una piuma.
- Tua madre avrebbe dovuto lasciarti all'asilo anziché farti entrare a scuola! Ora voglio che tu ammetta di voler fare ridere la classe- sbraitò.
- Mi scusi professoressa, ero proprio convinta che lì ci fosse...- la guardai con le lacrime agli occhi.
Rise.
- Sai che ti dico? Io farò finta di nulla solo se ammetti di essere una bambina pazza e ignorante-.
- Perché mi fa questo?!-
- Sto aspettando...-
Mi avvicinai asciugandomi le lacrime.
- Sa che le dico?- sorrisi - Se ne può andare pure all'inferno!-.
Mi avviai verso la porta.
- Se uscirai senza permesso ti farò una nota davvero enorme! E un'altra nota non credo che ti servirebbe- rise di nuovo.
- Sa che le dico? Io un giorno diventerò medico, la matematica sarà una delle materie che saprò fare meglio. Mi diplomerò con il massimo dei voti e gli sbatterò in faccia il diploma...- sorrisi.
-E non può farmi una nota per essere uscita senza permesso, perché è già suonata la campana che annuncia che la scuola è finita-
In quell'esatto momento la campana suonò lasciando la classe e la professoressa storditi.
- Ma come diamine...-
Puntuale come un orologio svizzero: ero sempre stata un'attenta osservatrice, specialmente dei dettagli, come per il fatto che la campanella suonava ogni ora ma con un minuto e sei secondi di anticipo. Poi uscì a testa alta, certa che avrei onorato la promessa fatta alla mia cara insegnante.
Andai in cortile: la scuola era finita, le medie erano terminate... Ma a cosa era servito? Ci eravamo trasferiti con la promessa di una vita migliore, ma ciò che avevamo trovato faceva schifo. Ero una egoista lo sapevo, i miei genitori stavano bene. Perfino mio fratello, ma io non stavo affatto bene. Non avevo neanche un'amica, i ragazzi mi passavano accanto senza avvicinarsi troppo, come se avessi la peste, e andavo malissimo a scuola.
Sospirai. Sospirare era il tema del giorno.
- Il mio zaino!- mi guardai intorno.
- Oh no! Ho dimenticato lo zaino in classe- mi buttai sull'erba senza la minima voglia di affrontare nuovamente la professoressa per prendere i miei libri. Se c'era una cosa che mi piaceva di quella scuola, era l'aiuola sempre curata. Guardavo i ragazzi che si salutavano, che andavano a casa: aluni erano felici, altri un po' meno.
- Credo che tu abbia dimenticato questo- guardai.
- Tiffany- dissi afferrando lo zaino.
- È stato fico ciò che hai fatto in classe. Le ragazze e i ragazzi del mio gruppo mi hanno detto che meriti un'opportunità per entrare a farne parte-.
Era bionda, occhi azzurri. Cappelli mossi e fisico perfetto. Super truccata nonostante avesse solo quattordici anni.
Dietro di lei c'era un'altra ragazza, leggermente scura in viso: anch'essa esageratamente truccata e con indosso una minigonna non adatta per la scuola.
- E ovviamente, essendo la leader, sei tu che devi comunicarmelo-
- Esatto. Giusy è la testimone, io seguo ciò che vuole il gruppo. Sono il leader ma in questo caso sono stati loro a scegliere. Quindi ti farò una proposta e tu sceglierai quale risposta dare-
- Sto aspettando- dissi impaziente.
- Oggi andremo al mare, sarai dei nostri?-
Oggi non avevo nulla da fare, certo avrei dovuto studiare per gli esami ma non ne avevo la minima voglia, sarebbe stato bello andare al mare.
- No, oggi devo andare in biblioteca per prendere un nuovo libro-.
Quella risposta era stata improvvisa, non controllata, però era vera. All'improvviso il desiderio di prendere un nuovo libro era altissimo. Dovevo andarci.
- Visto? Che ti dicevo- disse rivolta a Giusy - È una secchiona. Anzi, è solo una sfigata. Le secchione sono brave in tutte le materie, lei a malapena è brava in italiano- .
Vidi Giusy sorridere, poi andarono via.
"Oche senza cervello". Odiavo quella scuola.
Presi il cellulare, o meglio il catorcio che avevo, e digitai un numero.
- Pronto?-
- Pronto mamma- dissi cercando di sembrare felice, cosa non facile.
- Tesoro, posso venirti a prendere?-
- Si, ma ho voglia di andare in biblioteca... Non so, per caso mi potresti accompagnare...- chiesi quasi implorando.
- Certo tesoro-.

Chiusi lo sportello. La biblioteca era enorme. L'edificio era un po' vecchio e la vernice rosa era sbiadita, ma il parco lì intorno era meraviglioso. Lì erano tutti gentili, la Sicilia era nota per l'affettuosità degli abitanti ed era vero. Io purtroppo ero capitata nell'unica scuola dove gli insegnati e gli alunni erano degli stronzi. Forse era lì che li chiudevano: era una specie di prigione per i cittadini non degni della Sicilia. Feci un debole sorriso a quel pensiero.
- Eccoci qua-.
- Grazie mamma- e le diedi un bacio sulla guancia. Mia madre era bellissima: i capelli erano scuri e gli occhi color nocciola. Era leggermente più bassa di me e sul suo viso non c'era nessuna traccia di rughe. Il suo viso era pallido, rotondo e attraente, l'opposto del mio.
- Tesoro so che quest'anno è stato difficile. Una madre comprende sempre i suoi figli e, anche se tu dici che va tutto bene, so che hai difficoltà ad ambientarti. Ma quest'anno è passato... Non importa se i voti non saranno tanto alti, perché il prossimo anno sarà diverso-.
Le tenni la mano.
- Mamma non serve che...-
- Si invece... Credimi quando ti dico che sarà diverso. E lo sai perché? Perché il prossimo anno inizia il liceo e saranno tutti come te, disorientati, senza amici, persi. Quest'anno è passato, il prossimo sarà migliore-.
Le sorrisi debolmente.
- Ti verremo a prendere dopo aver fatto la spesa-.
Era stato mio padre a parlare, era dall'altro lato dell'auto e mi guardava con un sorriso dispiaciuto.
Mi madre mi diede un bacio sulla guancia e salì in macchina mentre il mio caro papà mi guardò un ultima volta facendo lo stesso. Dopodiché partirono. Egli era l'opposto di mia madre: molto alto, robusto, scuro di carnagione, occhi verdi simili ai miei e capelli biondo scuro. Il carattere però era molto dolce e comprensivo, proprio come il suo.
Decisi di entrare in biblioteca pronta a restituire il libro che avevo preso.
Guardai, per un ultima volta, il libro di Zenl: era bellissimo ma odiavo il finale. Ad alcuni poteva pur apparire bello, ma secondo me non aveva senso: il mondo nascosto di Zenl non doveva crollare e i protagonisti non dovevano morire. Sospirai e mi guardai intorno. Non potei fare a meno di sorridere. Il mio mondo era pazzesco. Quella biblioteca era pazzesca. Quella biblioteca era il mio mondo perché, se c'era un posto dove ero felice in Sicilia, era quello. In Piemonte le biblioteche non erano così grandi, non erano così misteriose. Leggere mi aveva sempre aperto le porte per un mondo parallelo. Un mondo nuovo, migliore. Un mondo senza razze, senza divergenze, un mondo diverso dal nostro. Forse era proprio per quello che amavo leggere. Questo mondo, il mondo normale, crudele e senza colpi di scena mi stava stretto. Forse sognavo di più. Guardai fuori: il sole spaccava le rocce ed io ripensai ai ragazzi della mia scuola.
Si divertivano a ridere di me, si divertivano a ridere della ragazza stupida, della svitata che viveva di fantasie, ma preferivo essere così che non avere una personalità mia.
Meglio sfigata che conformista. Poi ritornai a osservare la stanza: era enorme, il tetto era molto alto e gli scaffali dei libri erano tutti più alti di me.
Tutto tendeva al marrone, un colore monotono, un po' come i miei compagni. Tutto, tranne i libri: i libri colorati, spiccavano in quell'atmosfera cupa. Non potevano non renderti un po' felice. Mi piaceva pensare che, quei libri, fossero le persone come me, colorate e diverse dagli altri, e che dunque non ero sola. Intanto io mi perdevo nell'ammirare quei romanzi; a volte mi sedevo per terra con un libro già letto in mano mentre con le dita sfogliavo le pagine più belle. Mi piaceva leggere i libri di tutti i generi: mi distraeva dalla mia noiosa e deprimente vita. Stare in quella biblioteca mi ricaricava, mi dava la forza di non crollare ed io non dovevo crollare: dovevo resistere per la mia famiglia.
Ad un certo punto mi accorsi di non essere sola. Da qualche scaffale dietro di me era arrivato un rumore, sembravano libri che cadevano. Guardai incuriosita cercando di non farmi vedere: non veniva spesso gente in quella biblioteca. Fu allora che la vidi: una ragazza dai capelli color oro e dagli occhi blu intenso. Sembrava avesse la mia età. Cercai di avvicinarmi un altro po' appoggiandomi ai libri sugli scaffali. Il libri caddero ed io finì ai piedi di quella bellissima ragazzina.
- Ohi ohi ohi, che male - dissi dolorante.
Lei rise e mi porse la mano. Era gentile, cosa insolita.
La presi e mi rialzai, poi dissi:
- Io mi chiamo Bella, anche se preferisco Bells come la protagonista di Twilight -
Appena dissi quella frase mi misi le mie mani sulla bocca ed arrossì: quei discorsi li facevano i bambini piccoli non una ragazzina di quattordici anni e passa. Era proprio per quell'atteggiamento che non avevo amiche, sicuramente anche lei avrebbe riso di me. Si accorse del mio imbarazzo ed aprì la bocca per parlare. Pensai che lo stesse facendo per insultarmi ma ciò che disse mi disorientò ancora di più.
-Io mi chiamo Jocelyn, come la mamma di Claire, la protagonista di Shadowhunters-.
Arrossì pure lei ed io scoppiai a ridere. Non per il suo nome, non per il mio, ma perché si era messa in ridicolo per non ridicolizzare me. Cominciammo a ridere ed io non riuscì a non pensare al fatto che era da tanto che non ridevo così... Sembrava un vita, era da così tanto che lo stomaco mi faceva male. Mi era mancata quella sensazione.
Cominciammo a parlare di libri, di quello che potevano fare i protagonisti e di cosa non avevano fatto.
- Hai degli occhi bellissimi- mi disse ad un tratto.
Io sorrisi imbarazzata, era davvero gentile. Non ci ero più abituata alla gentilezza.
- Li ho presi da mia madre... Anche i tuoi sono belli-.
Lei sorrise. Era strano essere seduta a terra a parlare con una estrania.
"No, non una estrania" pensai sorridendo " Un'amica".
Intanto vedevo lei dubbiosa, forse voleva chiedermi qualcosa.
-Dove sono i tuoi genitori?- disse alla fine.
-A fare la spesa, quando finiscono mi verranno a prendere, così facendo ho più tempo per scegliere. E i tuoi?-
- Beh ecco. Se ne sono andati tanto tempo fa. Non lo hanno fatto per scelta. Il destino non è stato paziente con loro... Io vivo in un orfanotrofio. A volte scappo per venire qui. I libri mi aprono un mondo senza preoccupazioni e, così, anche se per poco, io mi sento libera... - cadde il silenzio. Mi sentivo in imbarazzo, e un po' in colpa per la domanda posta.
- Sai... Io prima non abitavo qui... Vengo dal Piemonte, sono qui dall'incirca un anno. Ho lasciato amiche, ragazzo e voglia di vivere lì. Come se questo non fosse già abbastanza doloroso, le mie amiche non si sono più fatte sentire, il mio ragazzo mi ha lasciato e la voglia di vivere continua a mancare. Non ho avuto nessuno per tutto l'anno. Non ho avuto neanche un'amica... Ma devo resistere per i miei genitori, mio padre fa l'avvocato, mia madre l'insegnante... Loro dicono che qui stanno meglio e se loro sono felici lo devo essere anch'io-.
Le sorrisi.
- Quindi fatti forza... Fallo per loro, per i tuoi genitori... Ma non solo per loro, anche per te. Perché adesso hai trovato un'amica- le toccai la spalla - e l'ho trovata anch'io-.
Lei mi guardò, poi annuì facendo un timido sorriso.


Capitolo revisionato.

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