4 Dream or reality?
Scoprì che l'uomo che mi aveva rudemente portato di sopra si chiamava Bayley mentre la donna Jasmine.
Sentendo il suo nome mi era subito venuto in mente il fatto che sembrasse quello di una escort americana, ma capì che fosse meglio tenersi questo pensiero per me. Mi accompagnarono in una piccola stanza dove era riposto un letto, un armadio, una finestra dove era possibile sedersi grazie ad una rientranza e una sedia sotto la finestra. La stanza era spoglia, bianca e priva di effetti personali, sicuramente non era usata.
- Mi spiace per i modi di nostra figlia Caroline, ma devi pur comprendere che sta solo cercando di proteggere sé ed il cane-.
Annuì anche se non comprendevo come potevo causarle qualche problema. Non importava, avrei trovato il giovane con cui si frequentava Jocelyn e gli avrei chiesto di aiutarmi, avremmo ritrovato White e tutto sarebbe andato per il meglio.
- Buonanotte- mormorarono.
Era strano quando mi accorgevo che la lingua in cui parlavano non era l'italiano ma l'inglese: ancora non riuscivo a capire come facessi a capire così bene ogni parola. Ero sempre stata una pippa in inglese. Avevo sempre sognato di saper parlare l'americano, ma rimaneva pur sempre un sogno.
Mi girai di scatto mentre loro chiudevano la porta.
"Come cavolo ho fatto a non pensarci subito" pensai.
La soluzione era lì, davanti a me, semplicemente non l'avevo saputa vedere: non era uno scherzo, non era un viaggio nel tempo, era solo... un sogno. Uno stra maledettissimo sogno.
Con una punta di disgusto afferrai un topo e cominciai a mangiarne le carni. Mi faceva schifo, ma allora come poteva sembrare che mi piacesse?
Dalla mia bocca uscì uno strano suono prima di continuare a camminare: era strano, vedevo tutto da un'angolazione più bassa e sentivo il pavimento con una diversa intensità. Cominciai a correre e sembrava quasi di volare mentre i miei piedi toccavano terra. Con mio enorme stupore arrivai fino alla porta del locale dove stavo dormendo. Mi alzai sui piedi posteriori e solo allora mi accorsi di stare gattonando e non camminando. Mi poggiai sulla porta e cercai di vedere qualcosa oltre il vetro semitrasparente, poi cominciai ad annusare l'aria.
A quel punto, dalla mia bocca, uscì un altro strano suono, poi ricominciai a correre lontano da quel luogo. Avevo il fiatone e sentivo la lingua pendermi e solleticarmi le labbra, sentivo il bisogno urgente di bere dell'acqua e vidi una pozzanghera lì vicino.
I piedi mi facevano male e la forza mi stava abbandonando, avevo bisogno di riposare. Mi avvicinai alla pozza e mi rispecchiai lì sopra; ciò che vidi mi fece quasi urlare, ma non ero io ad avere il controllo di quel corpo.
Rispecchiato sull'acqua non c'ero io, ma White: il suo orecchio era sempre molto basso mentre l'altro era vigile, i suoi occhi squadravano l'immagine come se avessero visto un mostro. Dalla mia bocca uscì un altro suono che finalmente riuscì a decifrare: era un ringhio.
"Esci dalla mi testa" pensai con una voce che non era la mia. Una voce profonda che era risuonata nelle pareti della mia mente, a dirla tutta non sembrava neanche una voce.
Ringhiai nuovamente e lo stesso fece il riflesso: "Esci dalla mia testa!".
Aprì gli occhi di scatto e mi misi a sedere: ero sudata e maledettamente spaventata. Non riuscivo ancora a capire cosa fosse successo, sapevo solo che era stato un'esperienza tanto bella quanto orribile.
Mi guardai intorno sperando di vedere la mia stanza ricoperta da disegni e da fotografie, ma ero ancora nella stanza spoglia e deprimente nella quale mi ero addormentata.
Chiusi gli occhi e cercai di calmarmi: stavo ancora sognando e non ne potevo più, volevo svegliarmi.
Mi pizzicai il braccio sperando di svegliarmi per la seconda volta quella mattina, ma il mio cervello non ne voleva sapere.
-Forza!- mormorai pizzicandomi di nuovo.
- E dai!-
- Bells?-
Mi chiamò una voce. Guardai verso la porta e vidi Jessica che mi fissava.
- La colazione è pronta. Puoi venire a mangiare con noi, se ti va- mi propose gentilmente.
Non dissi nulla, sorrisi e mormorai un indeciso grazie.
- Oh, i tuoi vestiti sono messi nel cassetta dell'armadio ma credo che, per questo "periodo" sia più adatto un vestitino largo e corto abbinato ad un paio di tacchetti. Non preoccuparti si occuperà la domestica di te- disse facendo passare una cara paffuta signora anziana. Indossava un completino nero con un grembiule sporco di polvere legato sopra, lo sguardo era quello di una gentile signora di novant'anni.
Il suo sorriso era tirato e chiuso: non le si vedeva un accenno di denti. Gli occhi grigi, in perfetta sintonia con il colore dei capelli legati, sembravano pronti a chiudersi da un momento all'altro.
- Oh dolce cara. Hai proprio bisogno di qualcosa di più adeguato- sussurrò accarezzando e guardando i miei capelli.
- Non sei particolarmente munita qui- e mi strizzò le tette.
- Ahi!-
- Ma con il vestitino giusto si potranno aggiustare. Ci vorrà un po' di trucco e un'acconciatura raccolta, ma potresti anche sembrare una diciassettenne-.
Mi prese dalla mano e mi alzò spingendomi a sedermi sulla sedia sotto la finestra, accanto all'armadio.
- Perché diciassettenne?-
- Perché, per entrare al ballo che avviene ogni sera qui, bisogna aver superato i diciassette anni-.
- Ma Jocelyn non aveva questa età- mormorai senza comprendere.
- Jocelyn pur avendo solo quindici anni sembra una donna molto matura in viso. Non ha molte tette, un po' come te, ma ha un bel di dietro e un costituzione corporale niente male, inoltre si muove con sicurezza oltre ad essere molto gentile- poi mi guardò seria prima di spazzolare i capelli: -per quanto riguarda il seno, non preoccuparti: crescerà-.
Erano parole fatte per rassicurare, ma a me sembravano più una condanna a morte. Intrappolata in un sogno americano degli anni '20 con un cane che può viaggiare nel tempo, un'amica quasi morta che non capivo se fosse realmente esistita, una ragazza tanto inquietante quanto bella come Caroline e una vecchietta che mi consolava per le dimensioni del mio seno... Poteva mai esserci qualcosa di peggio?
- O mio Dio piccolina, hai un enorme brufolo sulla fronte. Spero proprio che questo ragazzo ti dica tutto ciò che vuoi sentire basandosi solo sulla fiducia, perché dubito che riuscirai a sedurlo-.
Sospirai.
"C'è decisamente di peggio" pensai.
- Ciao- mi disse cortesemente Caroline.
Indossava un vestito semplice rosso, lungo fino alle caviglie e adatto per gironzolare al mattino.
Gli occhi erano resi più grandi da un po' di mascara.
"Non sapevo esistesse il mascara negli anni '20".
Aveva uno sguardo magnetico e inquietante: fingeva indifferenza ma vedevo come mi guardava. Mi stava studiando attentamente, non si fidava per niente di me, il che era una cosa reciproca.
Xeno intanto stava sdraiato accanto a lei e non celava il suo disprezzo, anche se non ne capivo il motivo.
- Pronta per stasera?- domandò d'un tratto spezzando un biscotto.
- Credo di si-
- Non vorrai andarci vestita in quel modo mi auguro- disse velenosa guardando i miei abiti.
Avevo deciso di rimanere in casa e di indossare gli abiti con cui ero arrivata a New Orleans, non mi sentivo a mio agio nell'indossare dei vestiti corti che sembravano sotto vesti e non mi stavano bene i vestiti lunghi e pomposi.
- Preferisco indossare questi finché sono a casa-
- A casa mia vorrai dire- sorrise.
- Certo mia cara amica- le presi la mano.
- E ti assicuro che nulla mi fa più piacere che stare con un'amica tanto stretta di Jocelyn-.
Lei mi guardò un po' sorpresa, poi si ricompose e mi chiese dove si trovasse Jocelyn adesso.
Mi irrigidì ed il mio improvviso cambiamento non passò inosservato, ma mi sforzai di sorridere.
- Non lo so. Ricordo solo di aver toccato White e poi di essere arrivata qui-.
Mi strinse la mano fra le sue e cominciò a recitare con le sue maniere dolci e persuasive. La nostra era proprio una guerra: non ne sapevo bene il motivo, ma lei odiava Jocelyn e, di conseguenza, odiava me... E allora perché l'aveva sempre aiutata in tutti quegli anni?
- Povera, povera piccola. Così dolce e indifesa, per una della tua età deve essere difficile patire tutte queste emozioni e che dire di White? Scappare così non è da cani buoni, l'ho sempre detto a Jocelyn che fosse un pericolo. Doveva abbatterlo- mi sorrise.
"Aspetta... Cosa? Abbattere White? Si può sapere cosa ha questa pazza contro di noi?"
Di certo c'erano dei problemi fra me e quel magnifico lupo bianco ma, perfino nel periodo più buio, non gli avrei mai fatto del male. Fra noi c'era qualcosa di unico e speciale, come un filo che ci univa e rendeva impossibile odiarci o separarci del tutto. Io non ero lui, non ero White, eppure sapevo che anche per lui era lo stesso ed era per questo motivo che lui si trovava ancora a New Orleans: non poteva lasciare quella città, non poteva allontanarsi troppo da me.
- Il mio cane non ha nulla che non va, piuttosto credo che sia il tuo che dovresti abbattere, non fa altro che ringhiare- replicai sorridendo cercando di mantenere la calma. Mi aspettai di vederla cercare qualche altra frase tagliente ed invece esplose come una prugna rinsecchita al sola.
"Ma le prugne secche esplodono?"
Non avevo una risposta a quella strana domanda ma, se lo avessero fatto, di certo sarebbe stata una scena simile a questa. Inoltre sapevo ciò che le prugne facevano ed in quel momento avevo una gran voglia di regalargliene un po' così da mandarla a cagare sia in maniera figurata che retorica.
Caroline si alzò dal tavolo con le guance viola per la rabbia.
- Tu- sputò.
- Come osi, insulsa feccia. Jocelyn era sempre stata brava a questo gioco, era brava a fingere e ad incassare i colpi con dignità. Era una battaglia ben giocata ma tu... Tu non devi permetterti ad insultare Xeno!-
Non appena sentì il suo nome, l'enorme lupo si alzò e cominciò a ringhiare seriamente, con lo sguardo di chi sta per saltarmi addosso. Non era più un semplice rombo minaccioso appena udibile, era un ringhio di premorte con tanto di denti all'infuori e occhi da assassino.
- Vi credete meglio di noi, vero? Lo pensate tutti, siete degli idioti- si puntò un dito al petto.
-Siamo noi che cresciamo i vostri cani! Siamo noi che li addestriamo, li educhiamo mentre voi vi godete la vita!-
Non avevo capito una sola parola, vedevo solo il cane avanzare. Il mio corpo mi imponeva di tremare, di girare i tacchi e correre, ma non potevo: mi avrebbe raggiunto. L'unico modo era mostrare chi era il capo, mostrare di essere superiore.
Lo guardai con uno sguardo carico di forza e decisione.
- 'fanculo te e la tua amica Jocelyn- mormorò.
Non ci visti più dalla rabbia: come osava insultare la mia amica!
- Stronza- mormorai sentendo il cane ripartire verso di me.
- A cuccia tu!- urlai furiosa e lui si fermò.
Abbassò lei orecchie all'indietro e mise la coda fra le gambe; smise di ringhiare e guaì sdraiandosi a terra con la testa bassa avanzando verso di me strisciando. Sia io che Caroline dimenticammo di continuare ad urlare: guardavamo quella scena senza capire cosa fosse successo a Xeno.
- Mi dispiace- disse qualcuno.
Mi girai ma era tutto deserto: era stata una voce maschile a parlare, non troppo profonda ma comunque adatta ad un diciottenne.
Caroline aveva uno sguardo sconvolto ed il viso bianco di chi ha appena visto un fantasma.
- Non lo farò mai più...-
Il suono della risata di Caroline interruppe quella voce sconosciuta che sembrava provenire da davanti a me.
- È stato divertente- disse fra le lacrime per le risate.
Adesso non ero più arrabbiata e in allerta, in confusione sì, ma non preoccupata.
Anche Xeno tornò normale, si alzò e si avvicinò alla ragazza senza smettere di fissarmi.
- Adesso basta scherzare. Dobbiamo parlare del tuo appuntamento di stasera- continuò lei prima di avvicinarsi e circondarmi il collo con il braccio come delle vecchie amiche.
Sembrava che fosse stato tutto uno scherzo, o che Caroline volesse farsi perdonare per aver perso le staffe senza chiedere scusa, però qualcosa era successo, qualcosa di ben più importante di un banale litigio.
Xeno era cambiato, era bastato un mio ordine per fargli dimenticare ciò che gli aveva chiesto la sua padrona. Il che mi riportava sempre alle stesse domande: chi erano quelle persone? Chi era Xeno? Chi erano Jocelyn e White? Era davvero tutto un sogno?
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