1 Il cane
- Dammi il tuo numero così potremo organizzarci- dissi afferrando il telefono di corsa.
- Mi dispiace ma non uso mai il mio telefono. Non è con me- disse serena.
Mi irrigidì, poi pensai che avrei potuto prendere una penna e scriverle il mio.
- È inutile che continui a pensare a come lasciarmi il tuo numero o a come prendere il mio. Non lo voglio-.
- Cosa?- dissi improvvisamente triste e conscia di ciò che stesse accadendo. Mi ero illusa che si fosse instaurato qualcosa, che quell'affinità che avevo sentito, fosse reciproca. Mi sbagliavo. Sicuramente l'avevo annoiata per tutto quel tempo.
- Io credo nel destino. Se è destino, ci rincontreremo. Nessuna scorciatoia, nessun trucco, nessun cellulare, solo il fato-.
- Ma- fui interrotta dalla suoneria del telefono.
- Tesoro esci che tuo padre ha una chiamata urgente dall'ufficio. Dobbiamo andare-
- Non farci aspettare come al tuo solito- disse mio padre schietto e io deglutì.
Non potevo rimanere lì a convincere Jocelyn che ciò che pensava fosse un'assurdità: mio padre mi avrebbe ucciso se non fossi arrivata in tempo... O peggio, non mi avrebbe fatto più andare in biblioteca per un mese.
- Allora spero di rincontrarti- dissi soltanto prima di scappare verso la porta.
Uscì con l'intento di arrivare nel minor tempo possibile, ma qualcosa mi bloccò. Guardai la macchina messa lì davanti, i miei genitori che mi invitavano a salire, eppure non riuscivo a muovermi. Poi sentì un respiro accanto a me. Mi voltai lentamente mentre tutto il resto attorno sembrava silenzioso. Vidi un meraviglioso esemplare di cane lupo: era bianco, dal pelo lucente, dagli occhi azzurri e verdi. Esatto, diversi.
Tutto il resto del mondo sembrava nulla in confronto a ciò che avevo davanti.
Un clacson mi riportò alla realtà: i miei genitori erano visibilmente arrabbiati... Quanto ero rimasta ferma? Secondi, minuti... Non lo so.
Distogliendo lo sguardo corsi verso l'auto ed entrai.
Un rumore improvviso mi svegliò di colpo. Ogni notte la stessa storia, lo stesso sogno. Erano già passate due settimane da quando avevo visto Jocelyn l'ultima volta: il fato non l'aveva riportata da me e io non facevo che pensare al fatto che sarei stata sola per sempre.
La notte però, non riuscivo più a dormire tranquillamente per colpa di quello strano cane che avevo visto di sfuggita.
Gli esami erano passati, la scuola era ufficialmente finita lasciando spazio all'estate eppure io ero sempre a casa, a non far nulla. Sbuffai e mi alzai dal letto diretta verso la cucina e verso la mia adorata colazione.
- Ehi sorellina- disse una voce fin troppo conosciuta.
- Ehi Carlo-.
Sentì la sua mano scompigliarmi la testa prima di sorpassarmi come se nulla fosse.
Carlo era il classico ragazzo perfetto: biondo, occhi azzurri, bravo a scuola, fisico atletico ... Non c'era da stupirsi del fatto che si fosse ambientato così facilmente.
- Ciao mamma- disse mio fratello dandole un tenero bacio sulla guancia prima di sedersi a tavola.
- Ehi tesoro- mi sorrise mia madre porgendomi i cereali.
Le sorrisi come risposta e versai il latte nella ciotola.
- Cosa avete in programma di fare oggi?- domandò interessata.
- Io credo che andrò al mare con Eleonora e con qualche altro mio amico- sussurrò Carlo prima di leccarsi le labbra sporche di latte.
- Tu non me la racconti giusta con questa
Eleonora-
Sbuffò poi sorrise tranquillo.
- Siamo solo amici. Ti giuro che non mi interessa-.
- Ma a lei tu interessi- constatò mia madre.
- Certo. Come le interessa qualsiasi altro essere umano di sesso maschile. Credimi non è il mio tipo- poi si alzò mettendo la tazza nella lavastoviglie.
- E tu?- mi chiese.
In quel momento lo odiai, odiai lui e la sua vita perfetta.
- Pensavo di andare in biblioteca- mormorai finendo di mangiare.
- Ma non credi sia meglio...- mia madre lo bloccò posandogli una mano sulla spalla.
Carlo sospirò poi ci salutò lasciandoci lì.
- Mamma io vado- affermai sulla porta di casa.
- Se vuoi posso accompagnarti- le sentì affermare.
Sapevo che cercava di recuperare il nostro rapporto, ma non ci riuscivo.
Non riuscivo ad essere felice in quella parte del mondo, non faceva per me, e di certo non volevo far sentire in colpa i miei per essere tornati qui.
Mia madre era un'insegnante che, pur di lavorare, era stata costretta a trasferirsi in una cittadina del Piemonte e mio padre l'aveva seguita perché era innamorato di lei, ma nessuno dei due aveva mai dimenticato la Sicilia. Da piccoli li vedevamo cercare concorsi, cattedre, posti annuali in Sicilia solo perché mia madre amava i propri genitori e voleva farceli amare anche a noi.
Perfino quando i miei nonni materni morirono e qui in Sicilia non c'era più nessuno della famiglia, mia madre voleva tornare a tutti i costi, solo per amore della propria patria. Mio padre invece non aveva un buon rapporto con sua madre che, dopo la morte di suo padre, si era risposata e, presa dalla sua nuova famiglia, si era dimenticato di lui trattandolo più come una seccatura di cui non ci si può liberare, che come un figlio. Non avevo mai conosciuto la mia nonna paterna e, detto francamente, ne ero felice.
- Preferisco camminare-.
Ecco, avevo bisogno di fare due passi. Di schiarirmi le idee che, da quando avevo incontrato Jocelyn, erano ancora più confuse. In quel periodo disegnavo parecchio, il che poteva anche non essere inquietante se non fosse per il fatto che disegnavo sempre quello strano cane lupo bianco. Ne ero ossessionata: lo disegnavo, lo immaginavo, lo sognavo.
Chiusi la porta senza attendere la risposta di mia madre e cominciai la mia passeggiata.
Presi a girovagare odorando le foglie degli alberi e i profumi della Sicilia.
C'era un caldo davvero opprimente ma io ero ugualmente in pantaloni lunghi e maglietta larga: non mi sentivo a mio agio col mio corpo né col mio viso. Non mi ritenevo all'altezza, non ero come mio fratello, non ero bella come lui.
Arrivai in biblioteca e guardai dove qualche settimana prima, si trovava quel lupo bianco.
Perché mi assillava tanto?
Un rumore di foglie che si spostavano attirò la mia attenzione e mi girai a guardare, rimasi immobile davanti a quella strana scena.
Vidi una ragazzina con i miei stessi vestiti correre verso il dietro della biblioteca rincorsa da QUEL cane. Non vidi la ragazza in viso e qualcosa mi spinse a non cercare di guardarla, come se ne valesse la mia vita. C'era qualcosa di inquietante: dai movimenti mi assomigliava in maniera agghiacciante.
E poi c'era il cane, era identico a quello che avevo visto, ma allo stesso tempo non era quello, era come se fosse... Sbagliato.
Mi avvicinai un po' per vedere meglio, per scorgerli di nuovo. Vidi la coda del cane fra i cespugli e mi avvicinai un altro po' ancora un altro secondo e...
- Ehi-
Mi fermai improvvisamente e mi voltai a guardare: lei era lì, bella come sempre.
- Jocelyn- sussurrai sorridendo dimenticando di guardare cosa di nascondesse fra i rami di quelle piante.
La bionda si avvicinò radiosa e fu allora che vidi lui: aveva un pelo più bianco della neve nel pieno inverno, un occhio era blu come il mare mentre l'altro era verde come i più bei smeraldi, un orecchio era dritto mentre l'altro era chinato verso l'interno, la postura era possente, era un essere perfetto. Egli mi scrutò curioso, si fermò e ispezionò ogni centimetro del mio corpo.
Non mi ero mai sentita così esposta come in quel momento, come se potesse vedere ogni mio difetto ma allo stesso tempo potesse capirmi. Non sembrava un cane, sembrava una persona, anzi di più... Sembrava fosse una parte di me.
- Oi- mormorò Jocelyn un po' confusa dal mio sguardo.
Con un po' di riluttanza distolsi l'attenzione dal cane e la guardai.
- Ci rincontriamo dunque-
- Eh già-
- Il cane è tuo?- chiesi cercando di continuare a guardarla.
- È l'ultimo regalo dei miei genitori- mormorò abbassandosi per accarezzare la testa del lupo.
- Da quanto tempo sono morti i tuoi genitori?- domandai con schiettezza stupendomi di me stessa.
Perché mi stavo comportando così?
Jocelyn si irrigidì, poi disse che erano passati undici anni.
- Sembra nel fiore dei suoi anni. Che razza è?-
Jocelyn tornò a sorridere.
- Lo so. È bellissimo. Sembra molto molto giovane, non ha una razza di cane ben precisa. Appartiene ad una categoria- si fermò a pensare - particolare. Non immagineresti neanche-.
- Ma è un cane, un cane lupo, un lupo... Cos'è?-. Poi mi ripresi e mi diedi dell'ignorante: era illegale tenere dei cani lupo come normali cani, figurarsi dei lupi.
La biondina sorrise e rispose serenamente:- Alcuni lo considerano un cane, altri un lupo, altri ancora entrambe le cose... Dubito che qualcuno riuscirà mai a capire cosa questo essere sia davvero. Per te cos'è?- .
Rimasi zitta, poi cominciai a fissarlo: lui, la sua regalità, la sua bellezza.
- Non lo so neanche io. Di certo ti è molto fedele, caratteristica del cane-.
- Guarda che un lupo grigio rimane fedele ad una sola compagna per tutta la vita, non lo sapevi?- contrattaccò.
- Ma ha comunque la regalità di un lupo e, di certo, possiede la sua bellezza e la sua abilità sull'intimorire i nemici-.
- Esistono cani regali e, quasi egualmente, magnifici-.
Non c'era molto da dire: per quanto riguardava il suo cucciolo, Jocelyn era molto presuntuosa e arrogante.
- Io direi che sia entrambi-
- Lo consideri un cane lupo?-
- No. Non lo considero un semplice miscuglio, un essere che non è né l'una né l'altra cosa... Sembra che lui sia entrambi. Sembra quasi che possa scegliere chi essere. Lo so è una cosa stupida da dire- mormorai, eppure la pensavo così.
Jocelyn mi sorrise e mi disse che non lo era affatto.
Rimasi un po' ferma a pensare, poi afferrai il telefono e presi il telegiornale del 17 giugno, ovvero di tre giorni prima.
- Assomiglia molto a questo cane- dissi cliccando il video.
Vidimo una donna che raccontava di un furto da Tally Weijl. La responsabile era una ragazzina di all'incirca quindici o sedici anni, dai capelli neri la cui identità era sconosciuta e un cane bianco identico al suo. Ebbi di nuovo quei brividi lungo la schiena e anche Jocelyn sembrò rabbrividire. Fece una risata nervosa e spense il telefono.
- Non è che assomigliasse così tanto al mio White- sussurrò evidentemente spaventata.
Poi tornò tranquilla.
- Non ho voglia di andare in biblioteca, ti va di fare una passeggiata? Potremo andare fare una passeggiata-
Scossi le spalle ancora un po' confusa ed annuì.
La vidi guardare dietro di me, sembrava disorientata e anche un po' spaventata.
Certo che era molto strana...
- Cominciate ad andare verso il parcheggio- mormorò.
Io cercai di voltarmi per scorgere ciò che la spaventasse tanto, ma lei mi bloccò dalle spalle.
- Ho visto una rosa davvero bellissima- sussurrò di nuovo sorridente.
- White va- mormorò e il cane obbedì.
Cominciò a camminare e io lo seguì a ruota: ci fissavano senza smettere di camminare, nessuno dei due sembrava ricordarsi di Jocelyn.
Poi mi fermai di botto e mi girai a osservarla, sembrava un po' triste, ma allo stesso tempo rassegnata.
Mi raggiunse con un sorriso spento e mi porse una rosa bianca.
- Tieni, voglio che la tenga tu. Se ci rivedremo me la darai-.
- Ehm... Okay-.
Poi cominciò a camminare accarezzando il cane nuovamente serena.
-Allora...- dissi sorridendo.
- Dove abitavi prima che i tuoi...- dondolai evitando di finire.
- Non c'è bisogno di evitare la frase che includa "morti" e "genitori... Ormai credo di averla superata inoltre non sembravi avere tanti peli sulla lingua qualche minuto fa- mormorò sorridendo e io arrossì.
-Prima abitavo in una casa enorme: all'incirca venti camere, isolata e con un'enorme giardino sempre curato. Aveva due piani, esclusa la soffitta ovviamente. All'apparenza sembrava di legno, ma per la maggior parte era fatta di cemento dipinto. Era bella... Molto bella. Dormivamo al piano superiore: c'erano un mucchio di camere degli ospiti e perfino due bagni solo sopra. Al piano di sotto c'erano una cucina, altre camere, soggiorno, stanza da pranzo...- scrollò le spalle -Era davvero enorme come luogo. Apparteneva alla mia famiglia da secoli ed ora l'ho persa. Adesso è proprietà dello Stato-.
Abbassò lo sguardo rattristata mentre io non dicevo nulla. Doveva essere lei a parlare.
- E tu invece? Come è la tua casa?- mi fissò intensamente mentre io continuavo a guardare avanti. Forse quella conversazione stava andando troppo sul personale. Troppi ricordi.
- È molto grande, due piani, più di dieci stanze. Comoda, bella e accogliente. Abbiamo perfino il wi-fi qui...- risi mostrando il cellulare con i tasti che avevo in tasca.
-Bruttino non è vero? Ne sto comprando un altro, qui la vita è più facile... Dove stavamo prima avevamo solo un appartamento di cinque camere, non avevamo internet, né wi-fi-.
Risi, una risata finta e piena di tristezza.
-Sono proprio felice del fatto che siamo qui... Insomma lì i miei genitori erano soli. Mio padre arrivava a fatica a fine mese ed io e mio fratello non avevamo neanche i soldi per mangiare a scuola-.
Lei mi fissò, forse analizzando il mio sguardo apparentemente felice.
- Qui è tutto meno inquinato, più verde e più semplice. Questo posto sembrava essere davvero l'inizio di una nuova vita ed è vero, i miei genitori, amano stare qui. Amano svegliarsi sapendo che lavoreranno bene e che saranno pagati onestamente. Inoltre il denaro dei miei nonna ci sta aiutando davvero tanto. Perfino mio fratello è felice del nuovo liceo-.
- Perché fai così?-
Mi voltai di scatto, ero stata stordita da quella domanda.
- Cosa?-
- Perché fai finta che vada tutto bene?!Non devi nascondermi le tue emozioni, sfogati. Ti farà bene- disse sorridente.
- Dovrei sfogarmi? Come fai a dire di sfogarmi se anche tu fai finta di non provare nulla parlando della morte dei tuoi genitori?-. Marcai le parole "morte" e "genitori". Fu in quell'istante che capì di aver esagerato: il suo sorriso si spense e il suo sguardo tornò a fissare il pavimento.
Mi sentì in colpa: ora era ferma lì a non dire nulla. Ero stata molto cattiva con lei, ero stata cattiva con l'unica ragazza che dimostrava interesse per me.
- È successo tanto tempo fa... Un incidente d'auto. Dopo tanti anni di pianto e sfogo, mi sto riprendendo: sto andando avanti. Ma se tu vuoi andare avanti, dovrai prima sfogarti-.
Mi fissò rimanendo ferma. Voleva farmi cedere.
- Mio fratello non ha mai avuto problemi in nulla: bello, alto, muscoloso. È così bello che tutti gli cadono ai piedi, è così bravo in tutto che non fatica neanche a trovarsi amici...- guardai il cielo scrollando le spalle - Io non sono come lui. Io sono diversa: timida, sfigata e negata in matematica. Io non sono in grado di fare come lui. A volte sento semplicemente di non far parte di questo mondo-.
Poi fissai il cane: la sua cosa folta, il suo pelo morbido.
- Sento di essere incompleta-.
I nostri sguardi si incrociarono e io mi avvicinai per accarezzarlo.
- No- mormorò fredda come il ghiaccio afferrandomi la mano.
- Perché?-
- Perché non è per niente prudente-.
Capitolo revisionato.
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