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Bullismo in età adulta

Il bullismo è un fenomeno che spesso viene associato esclusivamente all’infanzia e all’adolescenza, ma questa non è la realtà. Purtroppo questa forma di violenza si protrae anche nell’età adulta, in particolar modo in quegli spazi che caratterizzano la quotidianità di un adulto come il luogo di lavoro. Tra le forme più diffuse di bullismo sul lavoro è possibile trovare il mobbing, ovvero un’aggressione piscologica e morale, reiterata nel tempo da parte di più aggressori, i quali agiscono nei confronti della vittima con l’intento di nuocere alla salute della stessa. Secondo Heinz Leymann, sono 5 le condizioni che non possono mancare per parlare di mobbing:

1. Un’aggressione

2. Protratta nel tempo

3. Che tende ad aumentare d’intensità

4. Associata alla percezione dell’impossibilità di difendersi

5. L’effettiva intenzione dell’aggressore di vessare col proprio comportamento e con le proprie azioni la vittima, con il preciso scopo di estrometterla dalla realtà sociale e lavorativa.


Analizzando più a fondo il fenomeno Heinz Leymann, individua inoltre due tipologie principali di mobbing:

- Il mobbing verticale: viene messo in atto da parte dei datori di lavoro verso i dipendenti per indurli a licenziarsi da soli, schivando così eventuali problemi di origine sindacale.

- Il mobbing orizzontale: viene messo in atto dai colleghi di lavoro verso uno di loro per varie ragioni: gelosia verso colleghi più capaci, necessità di alleviare lo stress da lavoro oppure per trovare un capro espiatorio su cui far ricadere le disorganizzazioni lavorative.


Una recente indagine sul lavoro in Europa risalente al 2012, segnala che il 14% dei lavoratori europei è stato vittima di comportamenti vessatori sul luogo di lavoro. Tuttavia, è difficile definire un comportamento vessatorio isolandolo dal contesto lavorativo in cui viene messo in atto, ed è proprio per questo motivo che è importante sottolineare che molti dei comportamenti definiti ‘vessatori‘, sono tali perché fanno parte di un disegno più grande, che ha l’obiettivo di ledere la vittima del mobbing sul lavoro.

Per definire la presenza di mobbing, sono infine molto importanti i due parametri di durata e frequenza. Indicativamente, Leymann ha fissato 6 mesi minimi di soglia per potersi riferire al fenomeno. Per quanto riguarda la frequenza dei comportamenti vessatori è importante individuarne la sistematicità, nonostante non sia possibile fissare un indice di occorrenza ben preciso.

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