Acqua nel deserto
"Stavolta la tua inadempienza ha superato il limite, Sasuke" Madara accavalla le gambe sulla poltrona di velluto verde piazzata apposta al centro del salone della sua villa, galleggia al centro del pavimento di marmo. Il suo tono calmo sembra provenire da uno di quei supercomputer che si vedono nei film di fantascienza. Sasuke sa che la scenografia del teatrino è stata studiata nei dettagli "Tuttavia, come sempre, sarò generoso e farò in modo che torni tutto come prima. Dovrai smetterla di considerare Itachi un membro della famiglia e scordarti di averlo incontrato."
"Come puoi avere una pretesa simile, Madara? È mio fratello" Sasuke digrigna i denti sfidando la canna del revolver che Obito gli preme sulla tempia.
Sasuke avverte il freddo del metallo sulla pelle da quando ha ripreso i sensi nel letto di Madara, Obito ha atteso che aprisse gli occhi per fargli sentire il suono del caricamento, un caso in cui le parole sono inutili, testa dolente e bava alla bocca perdono subito importanza.
"È un perfetto estraneo, Sasuke" Madara si incrocia le dita sotto il mento, i gomiti sui braccioli di legno "Ha un cognome diverso, fino a tre settimane fa tu ignoravi la sua esistenza e noi il suo aspetto. Sappiamo tutti che te lo sei portato a letto."
"Chiudi quella boccaccia, Madara!" nessuno sobbalza al ringhio di Sasuke, anzi ridacchiano.
Sasuke è addossato a un lungo mobile bianco laccato con intarsi dorati, Obito gli impedisce di muoversi. Non spunta fuori un'arma da fuoco da quando Sasuke è andato, a diciott'anni, a costruire un capanno di caccia con Madara, dal giorno in cui ha perso la verginità. Madara ha solo atteso il momento propizio.
Sarebbe fantastico riuscire a lanciare una delle statuette di ottone, in bella mostra là sopra, alla base del grosso lampadario che Madara ha sulla testa per farglielo precipitare addosso. Ma, se anche andasse a segno, Obito gli farebbe saltare le cervella prima che il lampadario tocchi terra. Sasuke deve escogitare un sistema per distrarli entrambi, qualcosa che non sia da lui. Un diversivo abbastanza potente per farlo passare in secondo piano agli occhi dei cugini.
Non si è mai chiesto chi tenga pulita la villa, nonostante lui abbia vissuto lì anche diversi giorni consecutivi, non ha mai visto nessuno.
Distrarsi dalla situazione può aiutarlo a pensare, la tensione porta sempre a errori mostruosi e ora Sasuke non può permettersi si sbagliare.
"Itachi è un estraneo perché voi ce lo avete fatto diventare" Sasuke guarda la statuetta più vicina, basterebbe allungare la mano pochi centimetri per afferrarla "Ve ne siete liberati come fosse spazzatura, ma è nato prima di me. Se i miei non se ne fossero disfatti a quest'ora anche Itachi striscerebbe ai tuoi piedi, Madara. Scommetto che, se fosse andata così, non avresti avuto niente da ridire. Magari saresti stato proprio tu a portartelo a letto."
Madara e Obito sghignazzano ancora. Sasuke pensa che, in vita sua, non è mai stato remissivo o impaurito. Cacasotto per lui è sempre stata l'offesa peggiore, non perché sia grave, piuttosto non ci si rispecchia per niente. Se diventasse cacasotto all'improvviso, Madara e Obito ne sarebbero davvero allarmati.
Sasuke si volta verso la grossa finestra con l'espressione atterrita, finge di sobbalzare e che la voce gli tremi: "Oddio! Chi è quello?"
Un attore nato.
Sebbene la canna del revolver non gli si sposti dalla tempia, Sasuke non è più il centro delle attenzioni di Obito e Madara per diversi secondi, tanti. I cugini più grandi si impegnano sul serio per capire quale grave minaccia Sasuke abbia scorto, hanno le facce assorte e i muscoli tesi mentre passano al setaccio la finestra con gli occhi. Il tempo per agire è comunque limitato, Obito e Madara si accorgeranno a breve che li ha ingannati.
Sasuke afferra la statuetta, non potrà mai arrivare a staccare il lampadario, ma alla testa di Obito sì.
Il cugino non emette lamenti, il corpo non produce praticamente rumori schiantandosi sul pavimento. La pozza rossa si allarga a vista d'occhio, percorre diversi metri in pochi istanti, incredibile di quanto sangue si nutra il cervello.
Obito è morto.
Sasuke afferra la pistola che Obito ha lasciato andare, la piazza in mezzo agli occhi di Madara prima che possa alzarsi dalla poltrona.
"Ti prego, Sasuke. Ho un fratello anch'io" Sasuke non ha mai visto Madara tremare, non pensava che il cugino potesse produrre lacrime "Izuna non ha che me, se mi uccidi morirebbe anche lui dopo pochi minuti."
Ecco la chiave del cuore di Madara. Sasuke avverte uno strappo dietro lo sterno, prova quasi pietà per lui.
"Allora lo capisci perché non posso fingere che Itachi non esista" Sasuke sibila, con il revolver spinge Madara per obbligarlo a raddrizzarsi e a guardarlo negli occhi "Perché dovrei risparmiarti? La sete di potere ti ha reso desertico."
"Se fosse così non penserei a Izuna in un momento come questo, lotterei per salvarmi la pelle fregandomene delle sorti di mio fratello. Non posso rischiare che resti solo."
"Avevi tante potenzialità, Madara" senza accorgersene, Sasuke preme un poco meno con la canna "Sei bello, potente, saresti stato anche sensibile se non avessi prosciugato tutto con l'orgoglio. Avresti potuto trovare qualcuno innamorato di te davvero, non una marionetta come Obito e... me. Se solo tu avessi aperto il cuore senza vergognarti del buono che avevi."
"Mi dispiace, Sasuke" le lacrime scendono copiose sul viso di Madara "Di più non posso dirti adesso. Posso solo ripeterti l'ultima volta di non uccidere Izuna tramite me, lui non c'entra niente con la creazione di Doors e con quello che è successo a Itachi."
Sasuke fa un passo indietro, abbassa la pistola. Madara non si alza, non scappa, non reagisce.
Il primo impatto è passato, la tensione si allenta, Sasuke ha un punteruolo che gli scava lo stomaco e il sangue di ghiaccio come quello di un rospo. Un puzzo strano e mai sentito gli sale dai vestiti, il sudore generato dallo stress è diverso da quello dovuto al caldo o allo sport. Suo cugino Obito ha smesso di esistere a causa di un movimento della sua mano che è stato voluto, desiderato, calcolato.
"Non vedrai mai più me e Itachi, te lo prometto" Sasuke ha bisogno di incamerare un bel respiro, è bianco come un cadavere "Non volevo. Non mi aspettavo di colpire così forte."
"Va' da Itachi" la voce di Madara ora vibra di emozioni, non sembra più una macchina "Portalo a casa e spiegagli tutto. Poi vieni con me al fiume Naka, sistemeremo la tua macchina in modo che vi credano morti entrambi in una disgrazia. La mattina successiva prenderete il primo volo usando il mio nome e quello di Izuna, io sparirò il tempo necessario per rendere verosimile il tutto. Qualcuno forse piangerà, ma nessuno vi cercherà mai."
Già, gli unici a disperarsi saranno Shisui e la padrona dell'agriturismo, Sasuke può darsi li contatterà una volta giunti a destinazione.
"Perché, Madara?" ora è Sasuke a piangere "Perché lo fai?"
"Itachi ha bisogno di te. E tu di lui. Come vedi, dentro di me non c'è il deserto che hai sempre pensato" Madara arriva a sorridere, ma è febbrile, colmo d'amarezza e quasi isterico "Archivieranno l'accaduto per morte del reo, cioè tu. Sono rimasto solo io a conoscere tutti i segreti di Doors, Izuna non è in grado di rintracciarvi."
"Grazie, Madara. Non lo scorderò."
Sasuke butta la pistola per terra e si avvia senza avere il coraggio di voltarsi. È bizzarro, ha avuto finora davanti un cadavere spiaccicato sul marmo e un morto vivente su una poltrona, però vuole evitare quell'attimo di troppo non necessario, già sa che lo farebbe crollare.
Sasuke è fermo davanti al portone scrostato, adesso anche rotto; Itachi ha bisogno di vestiti, non può certo riportarlo a casa con quel camice aperto dietro tenuto insieme con due fettucce annodate, il poco che indossava glielo hanno tagliato per salvargli la vita.
Itachi è amato persino nel quartiere malfamato, qualcuno si è preso la briga di accostare la porta scassata e di appoggiarci davanti le pantofole perse da Itachi durante la corsa in ospedale. Gesti di gente semplice fatti col cuore.
Nel camino c'è solo un mucchietto di cenere, la compilation blues è finita e un lumino verde lampeggia sulla radio in standby. Sasuke la spegne, poi posa le pantofole sul tappeto davanti al divano. Ha le lacrime agli occhi, stanno per lasciare quella casa per sempre.
Piega le coperte e recupera il cellulare di Itachi ormai scarico per posarlo, insieme al libro che lo aveva visto leggere attraverso la finestra, sul tavolo generatore di schegge. Nessuno ha toccato le buste di soldi nel vaso.
Sasuke sobbalza, non si era accorto di avere quella macchia sotto i piedi. È il sangue rigurgitato da Itachi, ormai rappreso e annerito. La lacrime tracimano mentre entra in camera di Itachi, preleva dall'armadio le felpe e i pantaloni che gli sembrano più caldi, dispone sul letto anche il giaccone che gli ha regalato lui, Itachi lo ha riposto con cura nel cellophane. Lo ha messo lì ogni giorno dopo averlo indossato, il viso di Sasuke si accartoccia mentre accarezza il colletto di pelliccia con i polpastrelli. Il telefono a disco della nonna è sempre lì.
Sasuke avverte quella sensazione che non aveva più sentito dopo aver conosciuto Itachi: il desiderio di liberarsi del passato, degli attimi di vita già deteriorati dal tempo. Va in bagno, si spoglia e si infila sotto la doccia. Imposta l'acqua più bollente possibile, la pelle gli si arrossa. Singhiozza mentre si strofina con la spugna, gratta via la morte di Obito e il viso disperato di Madara.
Itachi non ha la caldaia e l'acqua calda lascia spazio, senza rimedio, a quella gelida. Quando Sasuke esce ha la pelle grinzosa e sanguinante. Scorge allo specchio appannato solo l'ombra di se stesso, lo spettro che è felice in un modo parallelo dove lui e Itachi sono fratelli, Obito è vivo e gli unici pranzi organizzati da Madara sono quelli delle feste in famiglia.
Gli occhi gli cadono sui vestiti afflosciati sul pavimento. Non può liberarli del passato, indosserà qualcosa di Itachi e li getterà nella spazzatura.
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