.: CAP 7 :.
Quella notte nel mio letto non trovavo pace, guardavo Noah che fissava con un sorriso stampato la sua mano, e poi tornava a guardare fuori passandosela fra i capelli. Ma che mi prendeva, mi veniva solo da piangere, e non sapevo neanche bene il perché; o forse lo sapevo e non volevo ammetterlo; e cioè che le cose stavano peggiorando alla grande per me; percepire la sua presenza, questo andava ben oltre la schizofrenia, mi stavo innamorando del mio migliore amico; fin qui niente di male, se solo fosse esistito davvero. Stavo affondando in un abisso che sapevo avrebbe portato solo guai e non potevo permettermelo. Le giornate successive cercai di non pensare a quella stupida notte, cercai di sviare i discorsi sull’argomento, e Noah non sembrava insistere quando non gli rispondevo. <<Sei ancora tra le nuvole!>> Disse Regan mentre nell’ora di Supplenza nel caos totale della classe non spiccicavo una parola. <<Scusami.>> Continuai a scarabocchiare sul banco. <<Mi è giunta voce che Sam vuole portare te come sua accompagnatrice alla mia festa! Non ringraziarmi, ma quando te lo chiederà fai finta di niente!>> La notizia mi fece tornare il sorriso, era il ragazzo più bello e corteggiato della scuola, la cosa mi lusingava parecchio. <<Grazie per la soffiata, almeno farò la faccia sorpresa anche se finta, al posto di una da scema! Ahahahah>> Rise con me. <<Si, sarebbe stato molto probabile. >> <<Chi lo avrebbe mai detto….nel senso che a Sam piacessero le ragazze che combinano guai come un pericolo ambulante ahahahah e brava la mia Kelly. >> Neanche a farlo apposta la finestra della classe dava sul cortile, e sotto stava passando lui, più bello che mai, e mi salutò con la mano. Io risposi impedita, sotto gli occhi maligni e dispiaciuti delle altre compagne di classe. All’uscita della scuola tornai a casa da sola, Regan se ne era andata a spasso con Simus, non volevo di certo essere il terzo incomodo della situazione. <<Kelly Giordan!>> Mi girai non appena sentii il mio nome. Avevo già visto quella ragazza, poi notai quei braccialetti luccicanti, era la ragazza che mi fissava mentre ero seduta nel parco. <<Ciao, io sono Ambeta.>> Porse la mano verso di me, con sospetto la strinsi. Non appena la toccai ebbe come un sussulto, e anche io <<Tutto bene?>> domandai nel vederla tesa. Era davvero strana, aveva un tatuaggio sulla fronte sembrava una runa celtica, aveva i dilatatori alle orecchie e dei piercing ai lati delle guance. <<Lo sapevo che le carte non sbagliavano!>> Tirai indietro la mano. <<Come scusa?!>> I rasta ricadevano morbidi e gli occhi color cioccolato brillavano come se avesse visto un pacco di caramelle girargli attorno. << so che ti sembrerà strano ma io sono una sensitiva e le carte mi hanno predetto che il tuo futuro è in grave pericolo. C’è una forza oscura che ti accompagna, la sento perfettamente! >> La cosa mi inquietò parecchio, le girai le spalle e iniziai a camminare. Non mi sarei di certo fatta abbindolare da quella pazza da manicomio, già dovevo avere a che fare con me stessa, non avrei sopportato un'altra matta nella mia vita <<Non puoi nascondere il tuo passato!>> Come faceva a sapere del mio passato? chi diavolo era quella? Di certo aveva perso qualche rotella e quello era assodato. <<Io so di Noah!>> Mi bloccai non appena urlò il suo nome. Non mi voltai, rimasi solo di sasso, come diamine faceva a sapere di lui? non la conoscevo nemmeno, e Regan non aveva di certo sparso ai quattro venti il fatto che avessi un amico immaginario. Fermai l’autobus prima che lei mi raggiungesse, e me ne andai via. La frase di quella strana ragazza mi ronzò in testa per tutto il viaggio e una volta a casa, Noah arrivò come sempre non appena lo pensai con poca più intensità. Quella ragazza mi aveva davvero spaventata, e io in quel momento avrei solo voluto piangere e abbracciarlo forte, ma non potevo. Sentivo che stavo perdendo il controllo della mia vita e questa volta ero io che ci stavo mettendo il carico da novanta. <<Tutto bene? Che è successo!>> Con il sorriso più falso che avevo addosso gli risposi. <<Benissimo, ho saputo che Sam molto probabilmente mi inviterà alla festa di Regan come sua accompagnatrice…stupendo, non trovi anche tu?>> <<Si, stupendo!>> Anche la sua risposta fu altrettanto fredda e falsa, ma non me la presi, anzi, doveva essere per forza cosi, perché era cosi che dovevano restare le cose. Mi avvicinai sul davanzale della finestra per prendere una boccata d’aria. <<E questo che cos’è?>> Presi della polvere rossastra e fissai il tetto, forse qualche tegola del tetto si era sgretolata. <<Vado a fare quattro passi, torno subito.>> Lui capiva quando volevo rimanere da sola, e restò li, steso sul letto a fissare il soffitto con quell’aria pensante che tanto amavo e odiavo per quanto fosse seducente. La voce di quella ragazza mi perseguitava, per quanto camminassi, non mi abbandonava. Era palese fosse uno scherzo, uno scherzo idiota, ed ero furiosa, volevo sapere chi aveva detto in giro di Noah, e lo avrei gonfiato di botte; non era affatto divertente. Il tramonto calava, colorando di rosa e arancione il cielo azzurro chiaro. Iniziava a fare freddo, ma non doveva farne cosi tanto, dalla bocca uscì della condensa. Mi sentivo osservata e in lontananza sentii un rumore di zoccoli di cavallo rimbombare nell'aria come fosse portato dal vento e si faceva sempre più vicino. Sentivo la paura galoppare al ritmo di quei zoccoli e il cuore mi era arrivato ormai alla gola. <<Come sei seria!>> Mi spaventai a morte, tanto che sobbalzai, la condensa dalla mia bocca era svanita, e la brezza fresca e non fredda tornò a solleticarmi il viso. Mi girai attorno e tutto sembrava essere tranquillo. <<Sam, Dio mio, mi hai spaventata a morte!>> Lui si grattò la capigliatura a perfetta. <<Scusami, non era mia intenzione!>> Quando ripresi fiato mi accorsi che non aveva solo i capelli in tiro, ma era vestito come un figurino dalla testa ai piedi. <<Che eleganza, vai da qualche parte?>> Abbozzai un complimento senza sprofondare dalla vergogna. <<Grazie, in effetti stavo per chiederti di uscire, ma ci siamo incontrati a metà strada>> Rimasi stupita. <<Stavi venendo da me per invitarmi ad uscire?>> Si accostò a me. <<Perché sei cosi stupita? sei una bella ragazza, ami lo sport, cosa non da poco! perché non dovrei chiederti di uscire?!>> Non risposi alla sua domanda, ero troppo impegnata a perdermi nelle sue parole, la verità era che non mi sentivo alla sua altezza; insomma lui era il più bello della scuola e io ero…una delle più anonime e con la vita più incasinata! Non poteva essere vero che provava un interesse nei miei confronti. Era più sciolto dalla sera sulla spiaggia. Mandai un messaggio a mia madre per avvisarla che non sarei tornata a cena, e rimisi il cellulare nella piccola borsa sportiva che mi portavo dietro. L’ansia camminava passo passo con me, non mi abbandonava mai. <<Dove stiamo andando!?>> Prendemmo una scorciatoia, e finimmo al centro della città. Le luci illuminavano la via buia, i negozi invadevano le due corsie. <<Ho notato che balli molto bene il latino americano, qui all’angolo c’è un locale davvero carino!>> Che dolce che era. Il locale era stra colmo, eppure tramite una sua conoscenza trovammo un posto per due. Nel locale splendevano luci calde, la pista da ballo era piena di gente che si muovevano a ritmo di Salsa, sembrava di essere nell’America latina, c’era davvero una bella atmosfera. Sam si tolse il giacchetto della squadra verde e nero, la maglietta nera gli ricadeva sul corpo perfettamente, snellendolo parecchio. Feci lo stesso, per fortuna non ero un totale disastro. La maglietta a maglia larga faceva vedere la canottiera rossa sotto, e i jeans erano nuovi, un regalo di mia madre per essermi svegliata in orario; voleva essere spiritosa. <<Andiamo, questa sera sei mia!>> Non credevo che un giocatore potesse essere cosi bravo nel ballo, non lui ameno; invece mi sbagliavo. << posso farti una domanda? >> Per l’agitazione non so quante volte gli pestai i piedi, e lui non disse una parola, solo qualche smorfia qua e la. Poi finalmente una Bachata. << Dimmi pure! >> non ci girai troppo intorno. << Tu sai chi sono no? sai che cosa ho fatto? >> Dissi riferendomi al mio tentato suicidio; tutti nella scuola lo avevano saputo e non riuscivo davvero a credere che lui si stesse interessando a me. << Se dovessimo guardare il passato di ognuno di noi scommetto che troveremmo parecchi altarini non trovi?! >> La sua risposta fu abbastanza esaustiva; la musica rallentò mi accorsi solo allora di come mi stesse abbracciando, il calore che emanava, la passione col quale le stringeva e come l’altra mi afferrava saldamente la schiena; di come la mia mano afferrava la sua spalla accaldata, era tutto cosi perfetto, e come una valanga gelida mi venne in mente Noah, del nostro tocco breve e cosi delicato da non sembrare neanche reale, e rimpiansi amaramente quel pensiero, perché comparve tra la folla poco dopo. Non volevo guardarlo, volevo solo che andasse via, perché quello era il mio momento, e non volevo che nessuno lo intralciasse, anche se non riuscivo a fare a meno di pensare a lui. Quasi come in cerca di aiuto affondai il viso tra la spalla e il collo di Sam, il suo profumo intenso mi riportò a quel momento. Lui mi strinse ancora più forte a se, mi baciò sulla guancia, talmente vicino alla bocca da farmi avvampare come una ragazzina al suo primo bacio. Passammo il resto della serata a ballare senza strane apparizioni fortunatamente. Quando rientrai dormivano tutti, e la presenza di Sam mi fece dimenticare la “cotta” che mi stava venendo per Noah tirando un sospiro di sollievo. <<Ciao!>> dissi piano togliendomi le scarpe e buttandomi sul letto. <<Che serata!>> Sospirai profondamente. <<Racconta!>> Lo guardai, e vidi che era tranquillo e incuriosito, e mi faceva piacere vederlo cosi. Gli raccontai della serata, non disse nulla, neanche una parola, si limitava ad ascoltare. <<Lo so ti stò annoiando scusa.>> Lui con aria seria si allungò accanto a me. <<E’ questo che fanno gli amici immaginari, ascoltano! >> Rimasi di sasso a quella frase secca e dura. Quasi volesse farmi sentire in colpa, ma non dovevo farlo, perché aveva ragione, e mi stavo riattaccando a lui come nella mia infanzia, e questo non doveva succedere. << bhè non è di certo colpa mia se… >> mi bloccai perché l frase che stavo per dire era davvero pessima. << Cosa Kelly? Non è colpa tua se sono cosi? È questo che volevi dire? Bhè non sarà colpa tua ma almeno potresti evitare di pensare a me mentre baci un altro non trovi?!>> Rimasi di sasso, era la prima volta che lo vedevo arrabbiato, e tra noi calò il gelo.
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