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:. CAP 5 .:

Entrai in camera e mi asciugai i capelli umidi con un asciugamano, ero troppo stanca per entrare nella doccia, e non potevo rischiare di svegliare i miei. L'avrei fatta domani, tanto non c'era scuola. Tolsi il vestito fradicio e lo buttai nella cesta dei panni sporchi, anche se avevo un aspetto orribile ero contenta, perché oltre che tutti erano nelle mie stesse condizioni, quindi non avevo rischiato una delle mie solite gaff, era stata una serata divertente e incredibilmente romantica. <<Ti sei divertita alla festa?>> La contentezza sparì subito quando quella voce se pur dolce come il miele mi entrò nella testa come una lama di ferro. <<Devi smetterla di comparire quando sono senza vestiti!>> Ero troppo euforica per farmi distrarre dalla mia immaginazione. <<Guarda che io vengo su tua chiamata sai!>> Infilai il pigiama e mi allungai sul letto mentre lui mi seguiva. <<Quello li ha una strana faccia. Non mi piace come ti guarda!>> Disse infine disegnando un quadrato con le mani. Persi le medicine che avevo sul comodino e le buttai nel cestino, era ovvio che ormai non facevano effetto. Ormai era chiaro, in qualche modo era tornato, e non se ne andava se non lo scacciavo io, quindi quelle pillole non avrebbero di certo aiutato La cosa che non sopportavo era che per quanto ci provassi a scacciarlo si ripresentava sempre. <<Non sono affari tuoi.>> Risposi acida pettinando i capelli intrecciati. Forse ora potevo fare in modo che nessuno mi scoprisse, infondo non ero più una bambina e non prendevo più quegli stupidi psicofarmaci che mi facevano sbarellare! Si avrebbe potuto funzionare...se ne sarebbe andato da solo prima o poi, ne ero convinta! E detto sinceramente mi era mancato davvero; anche se odiavo dirlo, anche se portava alla luce un ricordo che mi uccideva, mi era mancato tantissimo <<Hai deciso di credere alla tua testa finalmente?>> Incrociò le gambe e si mise di fronte a me. <<No, ho solo dedotto che cacciarti sta diventando uno spreco di tempo, quindi fai come vuoi.>> La mia risposta non sembrò piacergli, voleva che ammettessi che io non fossi matta, ma un amico immaginario andava bene alle elementari, alla mia età era qualche cosa di serio, ma sinceramente di passare di nuovo tutto quello che avevo passato non mi andava proprio, sarebbe stato il mio segreto, nemmeno Regan doveva sapere...non questa volta <<Mi sei mancato Noah.>> Dissi piano senza guardarlo, ormai era li, e non se ne sarebbe andato tanto facilmente, tanto valeva riprendere il filo da dove lo avevamo lasciato. <<Ho sofferto molto quando hai fatto quello che hai fatto, non credevo che la mia presenza ti avrebbe fatto fare un gesto tanto estremo, ti chiedo scusa ... volevo che lo sapessi.>> Lo fissai senza dire nulla, il suo sguardo era dispiaciuto e pieno di rammarico. Avrei voluto dirgli tante cose ma nemmeno io sapevo spiegare cosa successe quel giorno, ricordo solo che mi ritrovai su quel maledetto tetto e mi sentii trascinare giu. <<Non voglio parlare del mio passato, facciamo conto che non sia mai successo che ne dici?>> Era una bugia, niente avrebbe cancellato il mio passato, lui lo sapeva bene, ma annui ugualmente. Continuava a fissarmi mentre mi pettinavo. <<Che c'è?>> Si avvicinò ancora di più. <<Sei davvero cambiata, non sei più una bambina ormai.>> Sorrisi allontanandomi. <<Ma che genio Sherlock! Sono passati anni! Neanche tu sei più un bambino non te ne sei accorto? >> Era li davanti a me, come un ragazzo vero, ma sapevo che se lo avessi toccato la mia mano sarebbe passata attraverso di lui. Eppure il mio cuore fece un sussulto. << Scusami, sono stato impertinente.>> Mi poggiai sul cuscino guardando verso la finestra, lui si stese accanto a me, come faceva sempre. Non sembrava passato un giorno da quando se ne era andato, anche se le guance gonfie se ne erano andate, e la mandibola morbida ora era marcata e ben definita. Lui non aveva paura a sostenere il mio sguardo in quel caso fui io ad abbassarlo sentendo uno strano calore salirmi sulle guance. <<Dove sei stato? Quando ti ho cacciato via?>> Mi sentivo in colpa a dire quelle parole, ma volevo sapere. Lui guardò fuori. <<Era un posto strano, non c'era luce, ero solo, eppure sentivo la presenza di qualcuno accanto a me, voci in lontananza che parlavano. Delle volte vedevo una lunga luce, ma per quanto cercassi di arrivarci non la raggiungevo mai, e poi sentivo la tua voce, spesso che mi cercava, come un sussurro; fino a due sere fa. Il tuo richiamo è stato talmente forte che mi ha come svegliato da un sonno e mi sono ritrovato qui.>> Lui sentiva la mia voce? almeno era un segno per lui che lo pensavo spesso, anche solo per un istante. <<Non ti lascerò più solo in un posto del genere.>> Avrei voluto tanto piangere, e una lacrima effettivamente scappò. Lui si sporse verso di me, voleva prenderla, ma quello che ottenne fu solo un brivido da parte mia. Ritrasse la mano. <<Non fa niente, come hai detto tu; è passato ormai.>> Il suo viso era scuro e triste. Tolsi la lacrima dal mio viso e dopo pochi minuti mi addormentai con la consapevolezza che lui sarebbe stato li l'indomani, e per la prima volta dormii serena; il mio posto sicuro era tornato. Quella sera sognai molto, sognai Sam, la sua guancia calda, il suo tocco forte e un po' grezzo, che poco dopo divenne una carezza delicata e davanti a me c'era Noah, e mi sentivo cosi bene sotto il tocco della sua carezza; ma il sogno durò poco, perché il cellulare mi svegliò facendomi tornare alla realtà. Lo presi e ero ancora mezza addormentata, ma non era affatto presto, erano le 11 passate. "non immagini cos' è successo, devo parlarti urgentemente, vengo da te dopo pranzo". Sinceramente non capii nemmeno se il messaggio lo avessi letto per davvero, avevo ancora un sonno assurdo, e sinceramente avrei voluto continuare a sognare ancora. <<Sveglia dormigliona, sei diventata più pigra di quello che mi ricordavo.>> Mugugnai qualche cosa da sotto il cuscino, ero sveglia, eppure amavo sentire quel risveglio che tanto mi mancava, anche se la sua voce era totalmente diversa era sempre il mio caro amico, anche se immaginario. Mi cambiai facendogli la linguaccia. Mi convinsi di non dovermi vergognare più di tanto con lui, dopo che avevo dedotto che la sua presenza era solo frutto dei miei pensieri, quindi perché vergognarsi? Ma lui a differenza delle altre volte si era voltato, come se si fosse accorto solo in quel momento di provare vergogna. In effetti doveva provare vergogna. Ma cosa stavo dicendo!? Era frutto della mia immaginazione, non era reale, era solo ciò che io volevo che facesse. Mi misi la tuta e con la scusa degli allenamenti di calcio me la svignai prima che mia madre mi intercettasse per stendere il bucato o piegare la biancheria, quella era la sola cosa che odiavo più della matematica. Misi l'auricolare, ma senza far partire la musica, cosi nessuno si sarebbe insospettito se vedevano movimenti della bocca anche se stavo da sola. Arrivai di corsa al parco e mi sedetti sotto una quercia. Noah era seduto accanto a me. Ci godevamo il sole, o almeno io me lo stavo godendo. <<Sei silenzioso oggi!>> Gli feci notare. <<Sto solo ammirando il panorama.>> Non mi convinceva, sembrava stanco, una fantasia poteva stancarsi? ovviamente no! E non continuai. Dall'altra parte della strada notai una ragazza, aveva un aria sospetta, mi guardava in modo strano. <<Perché quella ci fissa?>> Dissi senza togliere lo sguardo da lei. <<Ti fissa...nessuno mi vede tranne te.>> Eppure aveva una faccia strana, da quella distanza non potevo essere sicura al cento per cento che stesse guardando dalla nostra parte, ma non poteva essere altrimenti; non c'era nessun altro accanto a noi. Aveva dei rasta lunghissimi, dei strani segni sulla fronte, sembravano tatuaggi, non aveva più di venticinque anni, indossava tanti bracciali, li vedevo brillare al sole. Dietro lei si vedevano delle strane figure, come delle ombre, ma non venivano da lei. Mi strofinai gli occhi e non c'erano più. Attraversammo la strada, lei continuava a fissarmi, portai il cappuccio nero e rosso della felpa sulla testa, e ripresi la mia corsa verso casa; avevo già abbastanza problemi a cui pensare.

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